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Sarda Salata

Le pizze d’autore sono ormai una moda diffusa lungo tutto lo stivale, Sicilia compresa. Ci aspettavamo molto da questa nostra visita ma, sinceramente, ciò che abbiamo trovato ha superato ampiamente le nostre aspettative. Possiamo tranquillamente affermare che la cura per l’impasto, lievitato almeno 48 e formato da farine di qualità eccelsa, proietta la pizza della Sarda Salata direttamente nel podio delle migliori pizze di Sicilia.

Non dimenticando poi che la mozzarella, prodotta a pochi km da Licata, è di qualità medio alta, e che la salsa di pomodoro impiegata, quasi scontato a queste latitudini, è di tutto rispetto.

Il nome di questo interessante e piacevole locale nasce dalla riscoperta delle tradizioni antiche di questa zona: la sarda salata è l’umami per eccellenza, la sapidità intensa e pervasiva di un cibo tanto povero quanto nobile. Utilizzata dai pescatori al rientro dal lavoro per lo spuntino tardo-pomeridiano, ma non solo. E partendo dalla povertà di una semplice pizza qui tutto è in verità nobilitato: lievitazioni, ingredienti, abbinamenti ed accompagnamenti.

La lunga lista delle pietanze, consultabile sul sito aggiornato (evviva!) e ben realizzato, non vi faccia preoccupare. Una proposta variegata che comprende anche qualche piatto di pasta e molte sfiziosità, decisamente intriganti, tutte quante proposte con cura ed attenzione.
Interessante anche la selezione di bevande e vini, questi ultimi disponibili anche al calice, fanno da contorno ad un servizio attento, seppur giovane, e molto cordiale.
Unico neo, forse, la scarsa proposta di birre di qualità, in abbinamento alle straordinarie pizze.

Un punto di riferimento indiscutibile per i lievitati in Trinacria. Non mancate una visita.

Gli ottimi fritti del pizzaiuolo palermitano, arancini, panelle, mozzarella in carrozza, crocchette di patate.
fritti, Sarda Salata, Licata, Sicilia
La pizza scelta tra le creative rosse: Pirandello. Pomodoro, mozzarella, salsiccia, rucola, radicchio e scaglie di grana.
Pizza,  Sarda Salata, Licata, Sicilia
La casereccia (qui definita ‘fuazza): pomodoro fresco, olive, alici, ragusano.
Casereccia,  Sarda Salata, Licata, Sicilia
A per finire, una splendida granita all’american bar in Piazza Progresso.
Granita,  Sarda Salata, Licata, Sicilia

Fino a qualche anno fa parlare di pizza era molto più semplice.
C’era quella di Napoli, dai più considerata la più buona e comunque quella originaria. Cornicione soffice, elastica al punto da non spaccarsi una volta piegata a portafoglio, di norma alquanto indigeribile. Ma tutto sommato generalmente buona.
Poi c’era la versione sottile e croccante fatta propria dai romani, generalmente di livello tutt’altro che eccelso soprattutto (ma non solo) per la scarsa qualità degli ingredienti utilizzati nella maggioranza dei casi.
A completare il quadro la pizza nella teglia grande, rotonda, alta, tipica della tradizione toscana (genere Spontini, i milanesi conosceranno) e quella al trancio cotta nel forno elettrico, assai diffusa nella Capitale e soprattutto sempre assai unta, troppo.

Poi, nel giro di qualche anno, anche nel mondo della pizza (come nel food in genere) è cambiato tutto.
Si è iniziato a parlare di lunghe lievitazioni, di ingredienti di alta qualità, di farine, di impasti, insomma di tutto ciò che è necessario per trasformare uno dei piatti poveri per eccellenza in una esperienza in grado di soddisfare anche i palati più esigenti.
Tre i principali artefici di questa vera e propria rivoluzione, i tre Cavalieri dell’Apocalisse della pizza.
Enzo Coccia (pizzeria La Notizia) che ha reso finalmente digeribile la pizza di Napoli, portandola a vette prima mai raggiunte. Grazie a lui, oggi, il livello medio della pizza napoletana si è incredibilmente elevato. Chapeau!
Gabriele Bonci, virtuoso degli impasti che ha sdoganato la pizzetta a taglio romana, facendo della sua piccola bottega uno dei luoghi di culto per i gourmet di ogni dove. Pizza a taglio (e lievitati in genere) di strabiliante bontà.
E, last but not least, il signore de I Tigli, Simone Padoan. L’uomo che in un certo senso ha inventato la pizza gourmet, un modo nuovo di intendere la pizza.
Pizza intesa come base, a volte come contenitore, su cui o dentro cui cucinare o comunque assemblare materie prime di eccelsa qualità.
La base è un grande impasto, che ha pochi eguali. Pizza sofficissima, leggerissima, digeribilissima. Lievito madre e un buon apporto di farina integrale negli impasti.
Grandi le materie prime utilizzate per le farciture, e grande gusto negli abbinamenti.
Ce n’è per tutti. Da quelle più tradizionali, tra cui abbiamo provato un eccellente pomodoro San Marzano e fior di latte, a quelle più spinte come l’eccellente Gambero rosso, fior di latte, rucola, mango e noci di Macadamia. E’ davvero difficile sbagliare.
Una buona selezione di birre artigianali e una discreta carta dei vini, con una bella scelta di bollicine, completano un quadro davvero da non perdere.
L’eccellenza della pizza passa anche da qui.

Pomodoro San Marzano e nodini di fior di latte di Alberobello. Perchè bisogna partire dalle cose semplici, essenziali per il giudizio. Cottura da manuale. Impeccabile.
pizza, pomodoro san marzano, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
pizza, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
Sashimi di Gambero Rosso, fior di latte, rucola, mango e noci di Macadamia. Gambero splendido, pizza che gioca su toni dolci senza esagerare.
Pizza Sashimi di gambero, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
Pizza sashimi di gambero, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
Burrata e Crudo San Daniele. Di una golosità senza limiti.
Pizza burrata e crudo, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
crudo e burrata, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
L’hamburger che non c’è: melanzane, pomodoro al forno, fagiolini, , cipolla agrodolce e senape.
hamburger, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio
hamburger, I Tigli, Simone Padoan, San BonifacioIdea di Rocher.
Rocher, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio, Verona
Cioccolando, viaggio nel mondo del Cacao Domori
cioccolando, I Tigli, Simone Padoan, San Bonifacio, Verona

Voglia di una buona pizza a Londra?
…e perché ridete? Possibilissimo, invece.

Non è questione di campanilismo, né il voler fare “gli italiani a tutti i costi”, con quella compulsiva e un po’ ingenua ricerca di “un piatto di pasta” all’estero… questo perché la pizza in questione è quella di Franco Manca, una serie di insegne di pizzerie londinesi di qualità, con “…di qualità” da leggere non con accento british ma in chiave nostrana, ovvero un luogo in grado di conciare per le feste il 95% delle pizzerie poste sul suolo italico.
Quindi non un nostalgico surrogato o una libera interpretazione, ma una pizza napoletana fatta come si deve, capace di fare bella figura anche se confrontata non solo con la “pizza” in generale, ma anche con le nostre migliori espressioni.
Tredici locali sparsi per la città, a partire dal locale storico del popolare Brixton Market, ed una carta grossomodo simile per tutti quanti, composta da 6/7 proposte fisse più un paio di pizze settimanali a rotazione sulla lavagna.
Noi abbiamo visitato la sede di Tottenham Court Road, ma il format è pressappoco il medesimo per tutte quante: ingredienti di buona qualità media, un occhio alla stagione, lunghe lievitazioni, forno a legna, giusto manico in cottura.
Tavoli piccoli ed essenziali, una spartana tovaglietta, secchiello delle posate in centro ed acqua microfiltrata gratuita. Nessuna bibita disponibile, ma succhi di frutta autoprodotti, qualche birra, qualche vino.
Preparazione e servizio rapidissimi, i pizzaioli (italiani, così come le cameriere) sono numerosi e anche a locale pieno, non passa più di un quarto d’ora dall’ordinazione alla pizza.
Cornicione ben lievitato, ottima cottura. Nessun affaticamento, appesantimento, e digestione senza preoccupazioni.
Marinara a 4.50£, la pizza più cara a 6.95£, caffè (di Gianni Frasi!) a 1,50£. Difficile spendere più di 10£ a testa, in centro a Londra.

No, non è provincialismo cercare una pizza all’estero, ma lo è indubbiamente credere ottusamente di essere sempre i migliori, a tutti i costi.
Senza dubbio le espressioni più alte in fatto di pizza sono sul nostro territorio, questo è fuori discussione. Deve però certamente far riflettere, non solo a livello meramente qualitativo ma soprattutto a livello imprenditoriale, il successo di un’idea “cut&paste” capace di replicare il format svariate volte, e in grado di mantenere ogni volta prezzi bassi e alta qualità, tutto questo all’estero, quando in Italia le collaborazioni con pizzaioli di grido riescono a mantenere i livelli di qualità giusto il tempo di una (lunga) lievitazione…

…perché non ridete più, ora?

Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
“Tomato, mozzarella, basil”: ovvero, la Margherita.
pizza, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
Prosciutto cotto artigianale di Gloucester, mozzarella, ricotta di bufala, funghi (poco pomodoro).
Pizza, prosciutto, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
Lo spartano tavolino.
tavolino, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
Un eccellente espresso, della torrefazione Giamaica caffè.
caffè, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London

Per gli appassionati milanesi della pizza il 2014 si era aperto con l’annuncio delle imminenti aperture sulla piazza meneghina tanto di Franco Pepe quanto di Gino Sorbillo: un uno-due il cui solo pensiero aveva scatenato negli adepti della sacra triade lievito/pomodoro/mozzarella un sontuoso tripudio papillare.
Per chi si aspettava, legittimamente, che la Pizza a Milano non sarebbe più stata da subito la stessa, le cose non sono in seguito andate proprio secondo le aspettative, con il progetto del Maestro di Caiazzo arenatosi in questioni di distanza e costanza e quello del paladino di via dei Tribunali in forte ritardo sui rumours, che lo volevano aperto già nei primissimi mesi dell’anno.
L’attesa creatasi nel corso dei mesi è però infine terminata, e a metà ottobre Lievito Madre al Duomo ha aperto ufficialmente i battenti in Largo Corsia dei Servi, alle spalle di Piazza San Babila.
Il progetto promette un livello di qualità assoluto, con materie prime provenienti dai migliori distretti dello Stivale, un impasto realizzato manualmente da un Maestro come Gennaro Salvo e una produzione limitata a 400 esemplari quotidiani, 200 per ogni servizio, che garantisce l’artigianalità del prodotto e al tempo stesso strizza l’occhio alla clientela meneghina, sempre attenta all’”esclusività” di un bene.
E le promesse, dobbiamo dire, sono decisamente mantenute nel piatto, perché il livello della pizza è davvero ottimo: leggera, saporita, pregevole (ma per il momento con qualche saltuaria defaillance) nella cottura. Caratteristiche inattese sono l’olio, qui più ingrediente che condimento (ma non è certo un difetto quando, come in questo caso, è di ottima qualità) e il gusto dell’impasto, dato sorprendente quando si ha a che fare con pizze di scuola napoletana.
Ed è questo il dato più rilevante: quella di lievito madre è la pizza di un pizzaiolo napoletano ma non è una napoletana in senso stretto, e forse neppure leggermente più largo. Per chi abbia infatti provato a Napoli le pizze dell’universo Sorbillo, il riferimento sarà allora non tanto quella di Via dei Tribunali, perlomeno nei procedimenti estremamente ortodossa, quanto quella “rivoluzionaria” che Gino Sorbillo propone in Via Partenope: lievito naturale, quindi (le insegne d’altronde non lasciano adito a dubbi), farine biologiche ed integrali e disco di dimensioni notevoli ma meno strabordanti che nella sede storica.
La carta dovrebbe in teoria contare sette alternative di pizza, come per gli antipasti, i dolci e i vini. La tovaglia monouso che funge da menu in realtà recita quattro referenze in più e pare che a richiesta sia possibile provare la marinara (dettaglio che, ahinoi!, scopriremo solo alla cassa), per cui anche per i più difficili non sarà impossibile scegliere qualcosa di proprio gusto.
Al resto penseranno i tanti camerieri, ben coordinati in un servizio efficiente fin dalla “chiama” dei clienti in attesa fuori dal locale. La scelta della proprietà è stata, infatti, quella di mantenere il sistema, adottato già a Napoli, di non accettare prenotazioni, per cui una volta giunti si entra, si lascia il proprio nome e si spera che le pizze non finiscano prima del proprio turno. Nel nostro caso, arrivando intorno alle 13.30 di un giorno infrasettimanale, l’attesa è stata relativamente breve (circa un quarto d’ora) e resa ancor meno pesante dalla velocità con cui le pizze sono giunte in tavola una volta accomodatici all’interno. Un’importante informazione di servizio per il lettore è invece che, malgrado l’orario del locale preveda l’apertura fino alle 15, i clienti arrivati una mezz’ora prima della chiusura sono stati (molto gentilmente) rifiutati perché il limite dei 200 pezzi era stato raggiunto.

Pizza Calabrese, con Fiordilatte misto bufala, basilico e ‘Nduja di Spilinga.
Pizza Calabrese, Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano
Cetara, con pomodorino fresco del Piennolo, olive nere e origano del Matese, capperi Lacrimelle, provola affumicata misto bufala e, ovviamente, alici.

Cetera, Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano

Margherita “Libera” con S. Marzano, mozzarella proveniente dall’associazione “Terre Libere dalla Mafie di Don Peppe Diana”, Parmigiano Reggiano, olio bio e basilico.

Margherita, Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano

Il babà, al solito di notevoli dimensioni, di Capparelli, storica insegna di Via dei Tribunali.

babà, Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano

La pastiera di Scaturchio.

Scaturchio, Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano

Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano

Lievito Madre al Duomo, Gino Sorbillo, Milano

Dove sta il segreto di un successo?
“Scegli di fare qualcosa, fallo al massimo livello possibile e comunicalo ancora meglio.”
Forse è la scoperta dell’acqua calda, o forse no.
In ogni caso non sono molte le storie da raccontare come quella di ‘O Fiore mio.
In poco meno di tre anni è incredibile quello che sono riusciti a costruire questi ragazzi.
Merito principalmente di Matteo Tambini e Davide Fiorentini, ma, quando i risultati sono di questo livello, la squadra al completo non è meno importante.
Siamo passati dall’apertura di una pizzeria dai grandi obiettivi, allo sviluppo di un vero e proprio marchio sinonimo di qualità.
L’efficacia grafica è tutta farina del sacco di Monica Zani, illustratrice di enorme bravura, ed è un aspetto da non sottovalutare.
Il resto lo ha fatto la voglia di puntare sempre più in alto e che vede oggi il gruppo ‘O Fiore mio proporsi anche come modello di franchising.
E’ questa voglia che ha portato a migliorare sempre più la riuscita dell’impasto: il salto qualitativo dell’impasto classico rispetto alla nostra precedente visita è straordinario.
Per l’impasto classico di grano tenero è stata utilizzata a lungo la Petra 1 di Mulino Quaglia, ora è sempre più utilizzata la Buratto di Mulino Marino e si sta testando anche un grano tenero bio a filiera marchigiana (zona Conero) del Mulino Mariani.
Gli impasti sono il classico, quello di idrolisi con grano spezzato e l’impasto di enkir.
Nel forno viene utilizzata legna proveniente dai boschi dell’Appennino Tosco – Emiliano (Palazzuolo sul Senio) di carpino, quercia e faggio.
Le lievitazioni e maturazioni sono molto variabili: si passa dalle 48 ore di alcuni impasti (grano tenero macinato a pietra) alle 24 ore per kamut, farro, mais e idrolisi (con grano spezzato).
Il lievito madre sta festeggiando i suoi 4 anni, nato dalla fermentazione naturale di una Pera Ubriaca, una Pesca Regina d’ottobre e 5 giuggiole.
La proposta è divisa oggi sostanzialmente in due grandi settori. Il primo vuole legarsi maggiormente alla tradizione partenopea: nella sezione “come a Napoli”, infatti, sono presenti la classica marinara o margherita, ma anche pizze più rare da trovare al di fuori della Campania, come la Mastunicola, il Calzone di Scarola o la Cosacca. E’ certamente l’interpretazione che ‘O Fiore mio vuole dare di questi “totem” napoletani, perché è inevitabile che il lievito madre utilizzato cambi molto le carte in tavola: la pizza napoletana rimane altra cosa.
C’è poi il settore più personale, l’interpretazione “gourmet” della pizza all’italiana. Qui si raggiungono davvero vette altissime. I pomodorini fiaschetto di Torre Guaceto coltivati da Calemone di Serranova di Carovigno (Br), i pomodorini del piennolo del Vesuvio coltivati da Casa Barone di Massa di Somma (Na), i pomodori coltivati da Terra, Amore e Fantasia di Sabato Abagnale a Sant’Antonio Abate (NA), o ancora verdure che mantengono tutto il loro sapore anche dopo il passaggio in forno: tutto punta lassù, in alto. E gli oli, sempre diversi, da abbinare alle varie pizze.
Non mancano alcuni piatti di pasta fresca dalla cucina, pochi ma eccellenti, giusto per fare il pieno completo di italianità.
‘O fiore mio rappresenta quanto di meglio si possa chiedere oggi da una pizzeria moderna: un bell’ambiente allegro e vivace, personale cortese, ottime birre, dessert di alto livello, un marchio dal forte appeal e, ovviamente, una grande interpretazione di pizza.
Storia di un successo annunciato, appunto.

sala, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Come a Napoli… Margherita
Pizzeria Margherita, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
La Parmigiana
Mozzarella fior di latte, Pomodoro “Terra, Amore e Fantasia”, melanzana arrostita, Parmigiano Reggiano di Montagna 36 mesi, Origano di Pantelleria, basilico fresco
Parmigiana, Pizza, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizza Parmigiana, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizza parmigiana, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
L’olio in abbinamento
olio, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Fiorin Fiorello
Mozzarella fior di latte, fiore di zucca farcito di ricotta, alici adriatiche, cannella grattugiata
Fiorin Fiorello, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizza fiori di zucca, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizza Fiori di Zucca, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
L’olio in abbinamento che non ha bisogno di presentazioni
Valentini, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
La crema catalana
Uova, panna fresca, zucchero di canna caramellato: semplice, no?
crema catalana, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
BHEÉ – Birrificio La Mata, Solarolo (RA) 4%
Una birra che conoscevamo già e che siamo felici di ritrovare in pizzeria, speriamo presto anche alla spina.
Una birra bianca aromatica ad alta fermentazione, a bassa gradazione, molto fresca.
Buonissima, da berne a litri.
Bhèè, Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna, birra
Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna
Pizzeria 'O Fiore Mio, Faenza, Ravenna