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Il Piastrino

La maturità come segno di libertà 

Riccardo Agostini ha varcato la soglia dei 50 anni proprio in piena pandemia. Eppure al Piastrino da cui, dobbiamo essere onesti, mancavamo da tanto tempo, la sua cucina ha subito un’ulteriore crescita: un impulso, crediamo, nella direzione della libertà stilistica. In particolare, ci pare si sia fatta più sottile, raffinata, eclettica, pur nel rispetto della godibilità e della orizzontalità di gusto che l’ha sempre contraddistinta.

L’uso di erbe, di spezie autoctone auto prodotte, di intingoli e di concentrazioni ha donato dunque slancio e apertura, non solo nella direzione dell’intensità ma anche nella lunghezza e nella profondità: merito delle erbe, che riportano spessissimo e in molte preparazioni l’effetto liquirizia, ossia una lunghezza balsamico-erbacea che allunga e rende intensi, e ancora più precisi, i sapori primari di ciascun piatto.

È quello che accade nel Riso Carnaroli, cipolla dolce, midollo e polipodio, emblematico, o negli Asparagi grigliati, uovo,  aringa e sesamo nero, così come nel Piccione e finanche dell’Anguilla. Per non parlare, poi, del dolce: quel Foglie e foglie, mandorle e Chartreuse di pariniana reminiscenza dona una freschezza e una balsamicità che solo la grassezza elegante della mandorla interviene a smorzare in maniera egregia e puntuale. Ottimo e, soprattutto, goloso, un piatto quasi interamente vegetale: Cavolo alla brace, latticello e caviale, elegante preludio e persistente partenza del menù degustazione che abbiamo scelto.

La sala è precisa e puntuale: un orologio svizzero capitanato da Claudia, compagna nella vita e di questa avventura dello Chef di Pennabilli. In estate vi potrà anche capitare una serata fresca e corroborante come la nostra perché, a queste latitudini, il clima non è quasi mai eccessivamente afoso. Il consiglio è quello di percorrere il tortuoso e sinuoso tragitto che vi accompagna qui, ed entrare nel regno di una cucina e di un ristorante che merita senz’altro la massima attenzione.

La Galleria Fotografica:

La solida e creativa cucina del Montefeltro: Il Piastrino a Pennabilli

In questo luogo magico, nel cuore del Montefeltro, in bilico e conteso in passato tra Marche e Romagna e lontano, purtroppo, dalle rotte abituali del turismo più colto e interessato, sorge un ristorante che è la casa di una coppia, nella vita privata e professionale, che non si racconta mai abbastanza.

Qui, dove ci si può perdere in un luogo dell’anima, l’Orto dei frutti dimenticati di Tonino Guerra, o fermarsi a meditare lungo i resti delle mura malatestiane, o pregando ai piedi della campana tibetana donata direttamente dal Dalai Lama, o più semplicemente lasciandosi rapire dal magico paesaggio ondulante del Montefeltro, Claudia e Riccardo Agostini hanno iniziato la loro avventura assieme ormai dieci anni or sono.
E qui sono rimasti, qui hanno trovato la loro dimensione, di vita e di lavoro. In una antica dimora ristrutturata sorge la loro piccola bomboniera che portano avanti con dedizione ed amore, viscerale ed intenso. In questo luogo, se avrete la fortuna di visitarlo, vi sentirete come a casa. Coccolati ed accuditi da persone semplici, schiette, ma al contempo profonde e naturalmente belle. Lucenti nella loro serenità, come questa terra. Che dona frutti dall’orto e dal bosco tra i più prelibati. Prugnoli, tartufi, selvaggina da piuma e da pelo, animali da cortile, erbe spontanee, verdura prelibata. E tanti, tantissimi frutti dimenticati.

Con questo ben di Dio e con un’ottima tecnica e sensibilità come bagaglio, Riccardo Agostini confeziona piatti di grande personalità e talento e vi condurrà in un viaggio evocativo e profondo lungo le colline sinuosamente in movimento di questa terra.

Per questo, l’unica presenza concessa all’itticità è qualche sprazzo di pesce d’acqua dolce, baccalà e acciughe, conserve che qui facevano la strada del sale e si fermavano come baratto di altre vivande. Null’altro sarà presente nei vostri piatti se non l’amore per il territorio, sapientemente riletto e ammodernato dal cuoco. Punta in alto, veramente in alto, l’anguilla suadentemente contrastata dai terrosi porcini e da una salsa al limone da manuale. Tremendamente buono il piccione in due servizi, in cui le più semplici cosce al barbecue sono precedute da un petto comme il faut con bietole amare e anguria al vermouth Dibaldo. Colpo da maestro il brodo, sapientemente acidulato, di capra con i passatelli anch’essi agri al punto giusto ed una melanzana affumicata a completare il cerchio gustativo. Su altri piatti, benchè tutti molto interessanti, avremmo preferito un passaggio di contrasto maggiore, perchè il rischio, seppur tutti ben eseguiti e ben forgiati, è quello di un appiattimento su toni similari che non giova agli straordinari ingredienti che li compongono e alla tecnica e inventiva impiegata a supporto.

Ottimi i dessert, con un rilievo particolare per cicoria, cioccolato bianco e mandorla, piatto tecnico e gustativamente centrato, oltre che moderno ed attuale.

E, ça va sans dire, un plauso alla padrona di casa Claudia, che governa un servizio impeccabile, cordiale, attento e delizioso.