Ingredienti.
Intensi, coinvolgenti, travolgenti, violenti, appassionanti, coinvolgenti.
Trascinanti ed energici. Affascinanti e seducenti.
Per una volta non chiamiamola materia prima, come si farebbe per petrolio e affini. Chiamiamoli proprio con il nome che gli compete.
Il viaggio nel mondo degli ingredienti di qualità non può conoscere stanchezza.
E tra le perle che la splendida Sicilia può offrire, c’è senza dubbio uno dei re degli ingredienti in cucina: il pesce.
È solo il pesce di grande qualità che dovete venire a cercare in questo semplice ristorante a due passi dal mare di Santa Maria La Scala. Locale decisamente modesto nelle stagioni più fredde, ma nella bella stagione può sfoggiare anche una bella veranda vista mare. Carta dei vini molto limitata, dessert non di propria produzione e nemmeno particolarmente accattivanti. Ma sono dettagli non significativi qui.
Appena varcata la soglia farete conoscenza del protagonista assoluto: una esposizione del pescato giornaliero, reso particolarmente attrattivo dal rapporto diretto con alcuni pescatori locali.
Non resterà che scegliere i compagni con cui intrattenersi per le successive ore e il tipo di cottura preferito.
Il gioco è fatto.
Sono proprio le preparazioni più semplici, quelle che lasciano esprimere a pieno il sapore del pesce, le più riuscite.
Dimenticabili solo i primi, eccessivamente conditi, con una salsa non perfettamente amalgamata.
Ma il resto è puro divertimento. Senza tanti voli mentali.
Solo Ingredienti, con la I maiuscola. Punto.
Tartufi di mare e Ostriche
Occhi di bue e gamberi: il primo è tipico del litorale acese (il nome scientifico è Haliotis tuberculata lamellosa) anche se sempre più difficile da trovare (con conseguente notevole rialzo dei prezzi, qui infatti ci siamo attestati sui 90 euro/kg). Freschissimi i gamberi.
Insalata di mare: polpo di straordinaria qualità, cotto splendidamente.
Il Fritto: frittata di neonata (strepitosa), sarde a beccafico, calamaretti, masculini (alici).
Fusiati con melanzane e pesce spada e campanelle con scampi e zucchine.
Pesce alla griglia: Saraghi e Luvari. Semplicità.
Scorci di Santa Maria la Scala.
Per i più atletici, consigliamo vivamente la camminata che da Santa Maria sale verso Acireale, passando per la riserva naturale della Timpa. I panorami sono da cartolina.
“Driiin… Ciao Massimo, dove vado a mangiare del buon pesce fatto bene ad Alassio ? …al Pernambucco, ad Albenga”.
Belin quanto sono forti i liguri. Poni loro una domanda e ti rispondono così. Però la schietta sincerità che li caratterizza difficilmente sbaglia. Siete nei dintorni di Alassio e avete voglia di mangiare pesce cucinato alla vecchia maniera? Eccovi per tutta risposta un fritto da antologia, con degli scampi che parlano, con della verdura a Km zero (che pare arrivi dall’orto di famiglia) che la dice lunga sulla qualità di questo posto.
Accompagnare poi il pranzo con un buono, anzi ottimo bicchiere di vino dell’entroterra ligure fatto a due passi dal confine transalpino e con un taglio sud-francese, fa respirare un’aria decisamente costa-azzurrina.
Gran bel posto questo Pernambucco, in cui pare che l’orologio si sia fermato. Camerieri in livrea, patron, servizio e qualità della materia prima d’altri tempi, solo il conto appare … molto attuale. Ma alla fine il prezzo da pagare è ricompensato da una straordinaria accoglienza, da un’esperienza nel complesso molto soddisfacente sul lato mare e anche da dolci che vi faranno alzare sì la glicemia ma sapranno regalare più di un sorriso.
Un valido indirizzo da appuntare sul taccuino come valida alternativa ai più blasonati della zona. Qui troverete davvero del pesce ben trattato e mai mortificato. Il tutto in un’atmosfera un pò fané, forse agé… ma no, perché?
Tortino di zucchine trombetta… il benvenuto della cucina
Un fantastico Chateau de Beaucastel delle lande liguri
Zucchine trombette dell’orto e gamberi
Baccalà e i suoi accompagnamenti
Scampi
Polpo e patate
Cozze ripiene alla ligure
Pesce del giorno al forno con patate
L’imperiale fritto misto
La fantasia di dessert. Agé ma anche golosi e ben fatti.
Vado a farmi una bella mangiata di pesce a Fiumicino.
Fino a non molti anni fa questo leitmotiv caratterizzava molti romani e non che identificavano la cittadina laziale alle porte di Roma con una delle mecche più gettonate del litorale cui dirigersi per soddisfare un così basico desiderio.
Da alcuni anni è possibile andare oltre tale primario appagamento.
Officia, infatti, da queste parti, Gianfranco Pascucci, uno chef bravissimo e riservato che conosce alla perfezione e ama profondamente ogni ingrediente legato al mare.
Non a sproposito in questo caso si può usare il termine di passione per definire lo spirito che lo anima e che si manifesta chiaro e indiscutibile nelle sue preparazioni.
Laddove, infatti, sarebbe comoda e rassicurante la semplice riproposizione di materia prima declinata in ricette consolidate dal tempo, qui si riesce in modo sistematico e convincente ad associare sempre un elemento, una cottura, finanche una semplice affumicatura a ingredienti primari, ça va sans dire, di eccellente qualità.
In tutti i piatti nulla è banale o scontato essendo il loro concepimento legato sempre a un guizzo estroso, mai fine a se stesso ma volto sempre a sottolineare sapientemente e nobilitare questo o quel protagonista.
Questo modus operandi è esaltato ovviamente dalla scelta del menù degustazione, grazie al quale, specialmente in quello a mano libera, è possibile avere una panoramica completa e soddisfacente delle potenzialità della cucina.
Ma anche scegliendo random dalla carta sarà possibile “pescare” dimostrazioni esaurienti delle abilità dello chef.
I gobbetti alla verza accompagnati da squisito intingolo vivacizzato dalla presenza all’aceto, una vongola nuda e cruda servita dopo una chirurgica ed etxebarriana affumicatura alla brace, sono piccoli esempi di attenzione ai particolari di cui questa cucina è capace.
Altrettanto evidente, anche in piatti più golosi, il certosino equilibrio in essi profuso, come negli spaghetti ai gamberi in cui una dose calibratissima di peperoncino nobilita significativamente la preparazione o i fegatini di triglia con lamponi che accompagnano una tempura di calamaro di nipponica levità.
E’ uno di quei locali che rappresentano una sicurezza costante nel tempo, in una sala, tra l’altro, piacevole, dove l’unico appunto possibile potrebbe essere, con un pizzico di superficialità, la mancanza di una vista mare, cui supplisce però ampiamente la degnissima rappresentanza di esso nel piatto.
Cracker di nero di seppia, acciughe mariunate, ristretto di frutti rossi, crema di uova di ricciola.
Crema di patate, spuma alle acciughe, polvere dicaffè, limone.
Gobbetti alla verza con piccola bisque all’aceto. Squisiti.
Prosciutto di tonno, melone, cialda all’amaranto, aria al gazpacho, cetriolo, polvere di peperone di Senise. Fresco è dire poco.
Ostrica, sorbetto di mela e basilico. Anche se, forse, le ostriche andrebbero servite nature
Vongole alla brace.
Ottimo maccarello marinato prima, passato in salamandra poi, con maionese d’ostrica, forse superflua, cipolla essiccata e ultimi asparagi di stagione.
Gnocchi di carrube ripassati in burro e salvia, foie, calamari e alghe rosse. Per niente stucchevole. Un piatto di terra, di mare….
Spaghetti con gamberi, telline, tartufo scorzone e peperoncino. Piatto dalla golosità molto ben temperata.
Pezzogna cotta in foglie di limone, cialda sbriciolata, olio alle mandorle
Gamberi rossi al sale, erbe bruciate. Basico e appagante
Tempura di calamaro, gelato di cipolla di Tropea, arancia e pepe.
Fegatini di triglia, cialda sbriciolata, lamponi.
Sorbetto di pomodoro con frutti rossi, yogurth e menta
Bignè allo zabaione, meringa, polvere di caffè.
Dolce de leche, cioccolato e mango.
Petit fours.
Coerente accompagnamento.
Interno
“La Baracca dello Zazzeri” è ormai conosciuta da chiunque ami il pesce di qualità in tutte le sue possibili declinazioni: merito indiscusso del patron Luciano che, grazie alle sue indiscusse capacità in cucina, al suo indubbio carisma e alla sua capacità di fidelizzare la clientela con la giusta dose di empatia ed il consiglio giusto, è riuscito a creare un ristorante che, anche in questi momenti difficili, macina coperti a pieno regime.
La storia professionale dello Zazzeri e della sua creatura inizia nella primavera del 1964, dapprima nel piccolo stabilimento balneare, qualche cabina, qualche ombrellone ed in cucina nonna, mamma e zia a preparare piatti semplici e leggeri perfetti per i bagnanti affamati; già allora Luciano, ancora bambino, comincia a dare una mano e ad imparare il mestiere della cucina e della sala.
Grazie all’esplosione del fenomeno vino, cominciano ad arrivare in zona i turisti e gli stessi produttori frequentano assiduamente lo stabilimento ed il ristorante decretandone il successo.
Intanto Luciano cresce, comincia a fare il bagnino e a pescare sulla barca di proprietà della famiglia, ma è nel 1987, dopo una spaventosa mareggiata che danneggia seriamente la struttura, che prende definitivamente in mano le redini dello stabilimento e della ristorazione.
Nel 1996 il ristorante cambia nome, trasformandosi in “La Pineta di Luciano Zazzeri” e diventando punto di riferimento per la ristorazione della zona e non solo.
Oggi La Pineta conserva il suo primitivo aspetto di rifugio per bagnanti golosi, ma l’offerta negli anni si è molto affinata: “lo Zazzeri” continua a districarsi ottimamente in cucina, ma anche in sala, dove riesce a cucire percorsi mirati per la clientela, in gran parte habitué, che si affidano totalmente alle sue cure.
Qui ogni giorno viene servito il meglio del pescato: le barche di proprietà sono diventate tre e permettono un approvvigionamento costante e di qualità indiscutibile.
La cucina della Pineta è quella tipicamente marinara, semplice ed essenziale, volta ad esaltare senza stravolgere la meravigliosa materia ittica.
Il livello rimane sempre costante sia che ci si lasci tentare dall’ormai classico bollito di pesci misti e crostacei, dalla fragrante frittura o da un semplice pesce al sale.
Anche sui primi piatti la mano è sicura, mentre i dessert continuano a non essere all’altezza del reparto salato.
Ottima invece la cantina, ricca di bottiglie importanti sia nazionali che estere, che permette di bere bene a prezzi ragionevoli.
Il servizio è cordiale, caratterizzato da quella punta di bonaria ironia tipicamente toscana che mette di buon umore e riesce a districarsi senza affanni apparenti anche a sala piena.
In conclusione una tappa sempre consigliabile per chi ama il pesce fresco e ben cucinato, in una sala che trasmette l’impagabile sensazione di essere un tutt’uno con il mare stesso.
Il cestino del pane.
Il pane carasau.
Il benvenuto della cucina: alice, pomodoro e cipolla fresca.
La trippa di mare: trippa di baccalà con fagioli, delicata e molto simile ad una comune trippa di vitello e trippa di pescatrice, dal gusto più deciso, presentata in un panino come il classico lampredotto.
Tartare della Pineta: Ricciola, gamberi e tonno, grandissima materia prima.
Gnocchi neri con calamari e carciofi fritti: gustosi e dall’ottima consistenza gli gnocchi, splendidi e piccolissimi i calamari.
Fritto di mare e verdure: croccante, ottima la varietà; insomma, un gran fritto.
Lupicante in guazzetto: un bell’esemplare di astice blu locale cucinato alla perfezione.
Il mitico bollito misto di pesce, crostacei e calamari servito con maionese.
Millefoglie con crema pasticcera e caramello.
Semifreddo al croccante di pistacchi.
Tortino di cioccolato bianco e salsa di arance.
Alassio, e più in generale le cittadine della Riviera Ligure, nelle giornate soleggiate di fine inverno hanno un fascino tutto particolare: si può godere appieno del panorama senza ostacoli che osteggino lo sguardo, camminare in pace, parcheggiare con facilità e, con un po’ di accortezza, anche godere di un pasto soddisfacente a pochi metri dal bagnasciuga.
Il Gabbiano ad Alassio, se desiderate tutto questo, può fare al caso vostro: un locale con un’impronta chiara e ben articolata, lontano anni luce dai troppi ristorantini acchiappaturisti che affollano i nostri litorali con proposte almeno improbabili.
Il Gabbiano, gestito con passione da Paolo Quartero e da sua moglie, si trova sulla passeggiata a mare della famosa località rivierasca e, nella bella stagione, permette di mangiare sia nella luminosa veranda panoramica sia nei tavolini esterni posizionati praticamente sulla battigia.
Al Gabbiano, però non si viene solo per il panorama, ma soprattutto per provare la cucina di Paolo.
Il mare è il grande protagonista e non potrebbe essere altrimenti, ma anche i carnivori possono trovare alcuni piatti non banali.
La cucina è piuttosto semplice, il grande protagonista è il prodotto che viene trattato con rispetto e cucinato il minimo necessario per esaltarne le peculiarità senza per questo fargli perdere l’identità.
Cotture precise, sapori netti e un buon equilibrio complessivo, anche se con qualche piccolo eccesso di sale qua e là, fanno sì che il tempo passato a tavola sia nel complesso più che positivo.
Ma oltre agli amanti della tavola, anche i seguaci di Bacco possono qui trovare soddisfazione; infatti l’altra grande passione dello chef è il vino e l’importante carta ne è la dimostrazione tangibile; ben compilata, con in grande evidenza la Francia tutta e la Champagne in particolare, riflette, nel suo complesso, la competenza e l’amore per il vino del suo redattore e permette di bere anche molto bene a prezzi tutto sommato ragionevoli.
Focaccia, siamo in Liguria e non può mancare.
Pane bianco e con la polpa di oliva.
Benvenuto della cucina: involtino di melanzana ripieno di palamita.
Scampi cotti a vapore, carciofi di Albenga, salsa al lemongrass: buoni con un pizzico di sale di troppo nei carciofi.
Passatina di ceci, calamaretti spillo e bacon croccante.
Ottima sogliola cotta alla brace con maionese fatta in casa, tortino di patate e dadolata di verdure.
Triglie spinate e fritte con carciofi: il pesce forse complice un’impanatura piuttosto spessa è risultatato troppo secco.
L’ottimo vino in accompagnamento.
Cannoli di pasta fillo ripieni di crema al mascarpone e ananas.
Piccola pasticceria.