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Triglia

Un concept accattivante e una squadra giovanissima per portare il mare nel centro di Avellino

Avellino. Circondata dall’Appenino Campano con vette oltre i mille metri, costruita nella conca, giù a trecentoquarantotto sul livello del mare, con l’anno che inizia puntualmente con una temperatura media di sei gradi e la spiaggia più vicina a poco meno di trenta chilometri. Queste vetrine sarebbero potute essere facilmente ingresso dell’ennesima panineria, magari una di quelle con prodotti raffinati, di griglie esclusive per carni selezionate, di quei contorni etnici e mille pagine di birre ad accompagnare. Invece, per una volta, si è deciso di sfidare le convenzioni, di non assecondare la tendenza, di avere coraggio. Così, sotto i porticati di una delle vie del centro di Avellino ha aperto Triglia, nessuna ambiguità già dal nome. Qui si mangia pesce fresco, tutti i giorni a pranzo e cena.

Mirko Balzano, dopo tante cucine, qui si è vestito da consulente, e ha ragionato soprattutto da avellinese, come uno dei tanti avellinesi che avrebbero voluto sfogliare volentieri un menù di mare, sotto casa, per un pranzo diverso o per una cena piacevole e di gusto. E allora subito l’idea di mediterraneo, con il bianco di pareti, sedie e tavoli interrotto solo da un parato con le sagome di pesci nel verde marino, una scintillante cucina a vista, una robusta carta dei vini, elegante e pretenziosa, e uno stuolo di ragazzi dietro i fornelli e davanti i tavoli per dare forma compiuta al desiderio.

La carta, articolata classicamente in antipasti, primi e secondi, al contempo facile e ambiziosa, si apre con una batteria di proposte, da scegliere singolarmente o da infilare in sequenza in formato minimal, con ritmi serrati per un bella gita al mare.

Un tentacolo di polpo con le patate e gli spinaci ed una maionese ottenuta con la riduzione della sua acqua ad allungarne la memoria, un piccolo panino con il lungo stecchino a trattenere il tonno crudo e la sua bottarga, un gambero rosso con l’oriente della soia ancora nella vaporiera in bambù.

E ancora due ricci da ripulire con il cucchiaino, ai quali nulla si aggiunge e poi, più di sostanza che di maneggio, le alici in parmigiana, sapide da attraversare le melanzane e il pomodoro, un fiore di zucca gonfio di ricotta con la folgore del limone e dell’acciuga a movimentare.

Infine i due barattoli, da avvicinarci il naso: in vetro il primo, dove lenta si è consumata la cipolla sugli sfilacci di tonno profumato al cardamomo. La buatta poi, la latta da aprire per svelare un morso di baccalà rinforzato con l’arrosto del peperone, l’aglio e il perfetto inserimento della nocciola a donare rotondità.

Sulla stessa partitura i primi, con una fettuccella dove i frutti di mare si mischiano giustamente al vegetale amaro dei friggitelli, e a seguire una trofia dove anche la cacio e pepe vestita per l’estate con menta e limone, cerca la via del mare con i filetti di alici. Abbinato, il Fiano della Stella 2014 Joaquim. O si ama o si odia.
A chiudere freddo, frutta e gioco con le fragole tiepide spadellate sul bel gelato di basilico, in perfetto stile mediterraneo. Servizio attento e conto onesto che può crescere solo cedendo alla mille tentazioni della carta delle bollicine.

“Non tutti i locali della riviera romagnola propongono scarsa qualità, esistono luoghi come da Beppe, in darsena a Cesenatico, che fanno della qualità la loro bandiera”

La darsena di Cesenatico è un luogo davvero magico, pieno di locali e stimoli, di imbarcazioni d’epoca e carico di un fascino d’altri tempi. L’ideale per una passeggiata serale e, perchè no, per uno spuntino a tutte le ore, o per onorare il pranzo -ancor meglio la cena- in riva all’acqua.
Da Beppe è già di per sé un locale atipico. Molto conosciuto dagli indigeni è in realtà leggermente defilato dal trambusto e dal chiasso della riva-darsena. E’ però uno dei luoghi magici, pochi a dire il vero, dove la qualità regna sovrana. Qui troverete difficilmente posto a sedere senza prenotare in una qualsiasi sera d’estate, ma anche nella stagione invernale.

Crudi imperiosi, selezionati tutti i giorni dal giovane proprietario che si reca personalmente all’asta del pesce di Cesenatico. Una qualità del pescato invidiabile, ricca e sapida come solo l’Adriatico sa regalarci. Ecco allora comparire un tripudio di mazzancolle, sardoncini, calamaretti ma anche rane pescatrici, gamberi, pesce san pietro, scorfani, mazzole (qui chiamata gallinella) e chi più ne a più ne metta.

E il risultato nel piatto si fa decisamente sentire. Se poi uniamo una griglia davvero gestita da manuale ed un fritto talmente leggero e croccante da non apparire quasi reale il gioco è decisamente fatto. Peccato per la non perfetta cottura delle paste e per i dessert sottotono rispetto al resto delle preparazioni. Ma anche questo disegna chiaramente i tratti distintivi di un locale in cui crudo, griglia e fritto la fanno da padrone.

Con lo sfoggio e l’esibizione di un unico e importante protagonista: la qualità del pescato, prevalentemente di provenienza autoctona.

Il buon servizio, solo leggermente in affanno a locale pieno, e la buona selezione dei vini, con una discreta attenzione alle bollicine e ai bianchi, completano l’offerta di un luogo che anche sul prezzo, tutto sommato, ha il suo cavallo di battaglia, per l’offerta proposta. Da visitare, certamente.

Trattoria di lusso. Mai come per il ristorante di Nadia Vincenzi questa definizione ci pare azzeccata. Rende perfettamente l’idea di quello che troverete in questa accogliente casetta immersa nel nulla della bassa bresciana.
Qui non ci si capita per caso. Si viene apposta per mangiare del buon pesce, proveniente tutti i giorni dal mercato di Chioggia. E d’altra parte la materia prima che abbiamo trovato è inappuntabile. Sia che si parli di crostacei, sia di pesce povero il risultato non cambia. Solo pesce freschissimo e di buona qualità.
Fatta questa doverosa premessa sulla sincerità della materia prima proviamo ad entrare nel merito della definizione trattoria di lusso.
La confezione è certamente di lusso: ambiente elegante, tavoli correttamente distanziati, mise en place di buon livello. Anche i prezzi non sono certo da trattoria, come i ricarichi sulla non estesissima carta dei vini.
Poi c’è lei , Nadia Vincenzi, che interpreta alla perfezione la figura dell’oste di una volta. E il suo è un vero e proprio one woman show. Dominatrice assoluta della sala, grande affabulatrice, eccellente venditrice è lei ad illustrare ad ogni tavolo la carta che, come in ogni trattoria che si rispetti, è in parte scritta e in parte raccontata a voce a seconda del pescato del giorno.
Un approccio diretto e appassionato quello di Nadia, che in assoluto può piacere o meno ma che nello specifico raccoglie grandi consensi da una clientela composta in larga parte da clienti abituali. Segno che qui si torna, che la formula funziona.
Carta dei vini, dicevamo, non molto ampia ma ricca e di lusso sul versante bollicine.
Il servizio è volenteroso e gentile anche se qualche impaccio al momento del servizio del vino tradisce la mancanza di un sommelier professionista.
Quindi c’è la cucina, che, come noto, è quello che ci interessa di più.
Detto in premessa della bontà della materia prima, rileviamo che la cucina è molto semplice. In alcuni casi a nostro giudizio fin troppo semplificata, come cercheremo di chiarire di qui a poco.
Gli antipasti, assai abbondanti, sono suddivisi tra crudité assortite e assaggi caldi e sono di buon livello.
E qui tocchiamo con mano il talento di Nadia che ci presenta un buono ma semplice sauté di vongole come se fosse l’ultima creazione di un genio della cucina. E’ un piatto che, ci confessa, non può eliminare dal menu poiché sempre richiestissimo da tanti suoi clienti che pare vengano apposta per mangiarlo.
Quindi, la chef (che nel frattempo tra il serio e il faceto ha “intimato” ai ragazzi in sala di lasciare a lei sola il contatto con questo tavolo di clienti particolarmente “curiosi”) ci confessa che preferisce non servire pasta secca poiché i tempi di cottura le creano qualche problema in cucina. Per lo stesso motivo, riteniamo, in carta non c’è un risotto.
Grande tensione verso la semplificazione che però a nostro giudizio diventa eccessiva quando ci rendiamo conto che tre dei quattro primi in carta sono piatti pressocchè fotocopia e il quarto è “soltanto” molto simile.
Tutti basati su una base di pomodorini, prezzemolo e peperoncino, a variare è il formato di pasta e il crostaceo o il pesce di volta in volta utilizzato.
Per farla breve le Orecchiette mazzancolle canocchie pomodoro datterino e carciofi e gli strozzapreti gamberi rossi e guancette di pescatrice ci sono sembrati davvero cucinati allo stesso modo. Come può facilmente evincersi anche dalle foto si tratta di piatti davvero difficili da distinguere. Non abbiamo provato gli gnocchetti di patate, pescatrice, pomodorini datterini e canocchie ma non fatichiamo ad immaginarli.
Lo stesso intingolo che poi sembra riemergere nella zuppa di pesce, buona anche se non troppo “tirata”.
Nel solco della semplicità i secondi dove il pescato del giorno viene classicamente declinato alla griglia (anche sotto forma di divertenti spiedini), fritto o al vapore.
In sintesi, da Nadia ci è parso un locale dell’impostazione un po’ vintage che ha il suo pubblico di affezionati, cosa di cui siamo lieti, ma dalla cui cucina onestamente ci aspettavamo di più.
Ad Majora.

Amuse bouche, sorprendentemente non marino: zuppa di farro e roveglia.
Amuse bouche, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Sautè di vongole. Per la precisione trattasi non di vongole veraci ma dei cc.dd. lupini.
Sautè di vongole, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Crema di patate e porri con rana pescatrice e olio al basilico.
crema di patate e porri, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Il piatto migliore: Schie della laguna veneta con polentina bianca. Qui la materia prima è non solo fresca ma anche ricercata.
Schie della laguna, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Strozzapreti gamberi rossi e guancette di pescatrice. Pasta di consistenza non entusiasmante.
strozzapreti, gamberi rossi, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Orecchiette mazzancolle, cannocchie, pomodoro datterino e carciofi.
orecchiette mazzancolle e cannocchie, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Gli spiedini di calamaretti, seppioline, gamberi e scampi sgusciati sul carbone.
spiedini di calamari e seppioline, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
La zuppa di crostacei e pesce di scoglio.
zuppa di crostacei, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Semifreddo lime e tequila.
Semifreddo lime, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia

Recensione Ristorante

La Michelin ci ha visto giusto. La tanto agognata stella arrivata quest’anno al Pascucci è più che meritata. E’ il giusto premio per un cuoco modesto e appassionato e per il suo ristorante che nel corso degli ultimi anni ha fatto continui, incessanti progressi fino a diventare un punto di riferimento assoluto tra i ristoranti di pesce in Italia.
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Questa recensione aggiorna la precedente valutazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Bisogna ammettere che Viviana Varese, dall’apertura di Alice nel 2007, ne ha fatta di strada. Ha reso più elegante e raffinata la sua cucina, agli inizi troppo generosa nell’uso di materie grasse per la levatura e l’ambizione che si proponeva. Oggi, attraverso un’incessante applicazione, tanta volontà, una buona dose di rigore e tante esperienze nei ristoranti da cliente ma anche da cuoca, la sua cucina è diventata più moderna, attuale e soprattutto più leggera, tanto che diversamente da un tempo l’assunzione dell’intero menù degustazione non lascia alcun senso di pesantezza. Lodevolmente tutto ciò è stato ottenuto senza rinunciare ad una vocazione decisamente Sud-oriented che, non dimentichiamolo, è il marchio di fabbrica di questa tavola, ciò che la rende un unicum nel panorama milanese, perlomeno all’interno della più ristretta cerchia dell’alta ristorazione. Ciò che manca ancora, è un dettaglio ma è esiziale, è l’equilibrio delle sapidità. Non solo perché il locale, pur con la già citata impronta meridionale, sia collocato vicino al centro della città simbolo del Nord, ma perché al di là del palato di ognuno esiste un limite che, lo sappiamo bene, non riguarda solo l’ambito gustativo. (altro…)