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L’Oste e il Sacrestano

L’Oste e il Sacrestano: uno dei panda della ristorazione a Licata

Forse non tutte le aspettative negli anni sono state ripagate. 8 o 9 anni fa Licata sembrava in rampa di lancio, c’era il fermento e la voglia di far rifiorire un luogo che tanto avrebbe da dire in termini di turismo: coste meravigliose, spiagge poco affollate, acqua limpida. E una proposta gastronomica che, sulla scia del successo folgorante di Pino Cuttaia a La Madia, stava sbocciando come una rosa.

Erano parecchi anni che non tornavamo a Licata e, francamente, non possiamo dire che la crescita del paese sia stata così sfavillante. Rimangono sotto gli occhi di tutti i problemi di una terra che non è riuscita a tenere il passo del ragusano o della Val di Noto. In questo contesto, non semplice, spiccano ancora di più le persone che hanno deciso di non mollare, le poche eccellenze che spingono turisti italiani e stranieri a fare ore di auto pur di sedere a una di queste tavole e godere della autentica ospitalità siciliana. Come nell’Azienda Agricola Mandranova, in cui abbiamo soggiornato (facendo tra l’altro alcune delle cene più appaganti di questa vacanza sicula) o come a L’Oste e il Sacrestano, il locale di Peppe Bonsignore e Chiara Sabella.

Sono questi i “panda” della ristorazione, piccole perle da conservare e proteggere perché portatori di un messaggio di qualità e, perché no, di speranza. Aziende con il sogno di poter portare avanti una proposta culinaria di alto livello, anche in una città certamente non facile da raggiungere. Loro lo fanno con caparbietà da anni: anche quando sarebbe più facile mollare tutto e proporre questa cucina in altri contesti, insistono su questa proposta che basa tutto sul gusto e i grandi ingredienti isolani, che a Licata contemplano i migliori gamberi rossi della Sicilia e, in generale, tutto il pesce di lenza.

Peppe fai tu!

Peppe, nella cucina de L’Oste e il Sacrestano, sa trattare il pesce con le mani di un grande artigiano, preservandone consistenze e profumi. I suoi primi di mare si collocano ai piani più alti della nostra personale classifica: piatti intensi, cremosi, sensuali. In questa occasione abbiamo assaggiato delle linguine alle vongole uniche: cotte in acqua di vongole, con clorofilla di zucchina e scorfano. Semplicemente perfette, un paradigma della linguina alle vongole. Bonsignore ha una vera e propria passione per la pasta, e lo si capisce facilmente dalla quantità di pacchi di pasta di diverse tipologie e produttori che sono presenti esposti nel locale.

Pane e uovo rappresenta un salto nei nostri ricordi, quando la nonna ci faceva il pane imbevuto nell’uovo e fritto. La zuppa di cozze è un bagno nel mare più fresco: sapida e intensa, come è giusto che sia. Il branzino con salsa matalotta, invece, un inno alla semplicità e al valore degli ingredienti locali: da un pesce di lenza di più di 4 kg, un trancio semplicemente meraviglioso, con una salsa tipica della tradizione siciliana a giocare tra il vegetale e il mare.

Unico appunto sul dessert, un filino troppo grasso per chiudere un pasto come questo, ma la soddisfazione non viene minimamente intaccata.

Memoria e gusto, nel ristorante L’Oste e il Sacrestano, sguardo al passato ma senza nessuna nostalgia, solo con l’occhio critico e la voglia di migliorare. La lezione di Massimo Bottura germoglia e fiorisce su sempre più tavole che stanno portando il concetto di trattoria a un nuovo livello. Come questo: un locale in cui si sta semplicemente benissimo, coccolati dal servizio schietto e cordiale di Chiara Sabella.

Un baluardo di ospitalità e cultura sicula, da preservare come un grande patrimonio della cucina italiana.

La Galleria Fotografica:

Licata, città spesso raccontata più per i suoi difetti che per gli altrettanto indiscutibili pregi, merita di essere narrata, non solo dal punto di vista culinario, per quello che può offrire. Un nuovo sindaco si è appena insediato e l’intento è quello di lavorare sul degrado e sulla trascuratezza per far tornare a splendere questa bella perla della Sicilia sud-occidentale.
Abbiamo raccontato qui, qui e qui di altri luoghi di interesse gastronomico, segno che la città non è affatto ferma ed immobile.

Licata è ricca di storia, di monumenti, sopratutto religiosi, spesso non adeguatamente valorizzati.
Molti licatesi hanno voglia di fare, hanno il desiderio di emergere e di far risorgere questa città. Il capofila indiscutibile, dal punto di vista enogastronomico, è Pino Cuttaia, che è riuscito a portare lustro attraverso ambiti riconoscimenti, ricevuti da pressoché tutte le guide gastronomiche dello stivale.

Ma, nel centro della Licata più profonda, un’altra stellina, speriamo presto de facto, brilla nel panorama cittadino. Un cuoco, Peppe Bonsignore, che si impegna ogni giorno nella riscoperta delle antiche tradizioni culinarie, che esplora nuovi terreni e profumi, non solo della tradizione, della terra Licatese.

Un lento ed inesorabile percorso che lo porta continuamente ad affinare, a migliorarsi. Toccando vette interessanti e consistenti sopratutto con i primi -ricordiamo un raviolo ripieno di ricotta e limone, gamberi, brodo di vongole e crema di datterino da sballo, purtroppo non fotografato nella nostra recente visita- ma non disdegnando alcuni passaggi altrettanto intriganti sulle entrate.

Abbiamo però colto anche alcune staticità, non abbiamo visto la solita spinta propulsiva che lo ha contraddistinto sino ad ora. La creatività e la voglia di continuare a crescere pare abbia lasciato spazio ad una saggia tranquillità. Che non ci fa cambiare per ora il giudizio sulla sua cucina e sulle sue capacità, anche se questa volta la nostra visita non è stata all’altezza delle precedenti.

Ma siamo convinti che lo chef ritroverà a breve le dovute motivazioni, ancor più di prima. Perchè se da un lato l’introduzione dei soli menù degustazione e l’abolizione della carta ha semplificato e razionalizzato la sua proposta, rendendola però più complicata per l’avventore, dall’altro questo minus deve essere da stimolo, deve fare da propulsione per un nuovo slancio in avanti della sua cucina, per una nuova giovinezza e freschezza che, ne siamo certi, è in grado di esprimere.

E che non gli farà mancare i giusti riconoscimenti che merita.

Acqua di pomodoro, ricotta, gamberi e pepe.
Acqua di pomodoro, L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata
L’ottimo pane.
ottimo, L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata
Il polpo al profumo di the verde, con carota e bieta.
polpo, L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata
Lo sgombro arrostito con pomodoro cofit, crema di patate, capperi e olive taggiasche.
sgombro, L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata
Bonbon di pappa al pomodoro e spada, forse un pò troppo asciutto, con patata affumicata, salsa di nonna Tina (emulsione di pomodoro e olio in macerazione).
Bon Bon , L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata
Ciliege dell’Etna e limone del mio orto.
Ciliegie dell' Etna, L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata
Il tiramisud.
Tiramisud, L'Oste e il Sacrestano, Chef Peppe Bonsignore, Licata

Chi l’avrebbe mai detto, anche solo sei anni fa, che Licata si sarebbe potuta candidare come la “Senigallia del Sud”? Gastronomicamente parlando, si intende. E con le dovute proporzioni, non mi sono ancora ammattito.
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