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Pepe in Grani

Prodotto, ricerca e accoglienza: Pepe in grani è il tempio della pizza

A Franco Pepe va riconosciuto il merito, al Sud, di aver rilanciato il concetto di pizza in un universo multi-settoriale che, pur evitando una mera gentrificazione del concetto popolare di “pizzeria”, ha coinvolto artigiani e turismo ponendo sotto riflettori più luminosi tutto ciò che ruota intorno a uno dei cibi più famosi al mondo. La sua pizza è diventata un vero e proprio benchmark su scala mondiale e, da questo punto di forza, si è arrivati a quello che, oggi, è uno dei gioielli gastronomici della Campania: Pepe in Grani, non una semplice pizzeria, bensì luogo di ricerca e accoglienza a qualche chilometro dalla Reggia di Caserta.

Una pizzeria per tutti i gusti e molteplici esigenze

Pizzeria, appunto, ma anche luogo di ospitalità al passo coi tempi, che riesce a incontrare le diverse esigenze dei clienti che popolano Caiazzo per una serata in comitiva o per un’esperienza più contemplativa, presso una delle sale degustazione. Un’esperienza decisamente diversa dal solito, sebbene le pizzeria di qualità sparse in giro per lo Stivale abbiano portato l’asticella sul punto più alto del montante. Certamente Franco Pepe è stato tra i primi ad ampliare il discorso cibo fino a contemplare l’accoglienza e altri servizi: da Pepe in Grani ci sono, infatti, vere e proprie “stanze del gusto”, con differenti proposte e alcune camere di design, ideali per una sosta a spezzare, magari, un lungo viaggio.

I prezzi sono leggermente sopra la media pur restando, data la qualità del prodotto, popolari, ma la scelta di offrire un servizio più professionale, una carta dei vini che vede una interessantissima e fornita selezione di Champagne e tanto altro, scontano il dazio di dover sovraccaricare il conto finale con il costo del servizio (15%), certamente discutibile, ma non condannabile a prescindere. Ben oltre le critiche di contorno va la sua pizza di cui si è tanto parlato e scritto negli ultimi anni. Dalla nostra ultima esperienza, però, ci ha maggiormente soddisfatto la versione fritta del Maestro, forse ciò per cui vale realmente la pena spingersi fino a Caiazzo, ancora oggi. Pepe è riuscito a trovare una quadra perfetta con l’impasto che funge da struttura portante e principale per la sua vena creativa per un risultato finale etereo e goloso allo stesso tempo.

Oggi nelle cucine e al forno troviamo, a dar manforte al parte, il figlio Stefano, autore anche di alcuni nuove signature come la Cerasella, ossia pizza fritta farcita con Falernum, sfoglia fredda di fior di latte aromatizzata all’arancia, cioccolato fondente fuso, foglia di menta, fior di sale, zest d’arancia accompagnata da ciliegia sotto spirito, un trancio complesso che denota un grande entusiasmo ed inventiva del promettente figlio d’arte.

Il servizio è molto professionale e cerca di aiutare il commensale nell’ardua scelta delle pizze, specie se non si è in una comitiva numerosa. Fantastica anche la carta di vini e birre, tanto essenziale quanto fornita, ed anche in questo caso ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche.

Pepe in Grani, nonostante il grandissimo livello di pizzerie sparse tra Caserta, Napoli e tutto lo Stivale, a nostro avviso, resta ancora oggi, più che mai, un santuario della pizza da visitare almeno una volta nella vita.

La galleria fotografica:

L’ombelico del mondo. Oramai quella scalinata tagliata come col bisturi, tra i palazzi in pietra nel centro storico di Caiazzo, l’hanno discesa davvero tutti.
Il locale Pepe in Grani però, elegante e di buon gusto, non ingombra le pareti di fotografie con i sorrisi delle personalità che hanno scoperto l’esistenza di questo piccolo paese del casertano per venire a provare le sue pizze. Basterà però la modernità delle pagine web per comprenderne appieno la dimensione di tutto ciò, e pensare che c’è molto della favola in questa storia cominciata in bianco e nero, con i mille ricordi di famiglia.
A raccontartela, ancora con la meraviglia degli umili, sarà lui stesso, Franco Pepe, magari con le mani imbiancate di farina ad accompagnare i gesti, quelli precisi dell’impasto. La fama e le classifiche non gli hanno tolto lo stupore, lo hanno solamente reso consapevole della sua missione, del riscatto di un paese e dei suoi intorni, dei prodotti che quelle terre riescono a regalare e dei suoi artefici.
Ancora adesso, se glielo chiedi, gli piace pensare semplicemente che quella ricchezza gastronomica, frutto di lavoro antico che continua a scoprire nei dintorni, meritasse qualcosa per essere valorizzata, per essere conosciuta.

Lui sapeva fare la pizza, la migliore del pianeta come ora dicono, e così tutto ha potuto avere inizio.

L’impasto è alchimia di farine, lieviti, tempi e modi. Alle sue mani, a quei centimetri di pelle, alla sensibilità dei suoi pori è demandata l’arte e la scienza. Leggono l’umidità nell’aria, lo traducono in tempi e quantità.
E’ il miracolo che si compie ogni giorno, con gli stessi gesti, proprio quelli che aveva rubato al padre panettiere, ai tempi dei calzoni corti.

Guardate la carta delle pizze, quelle tre pagine che incolonnano oltre 40 proposte, tentazioni, idee. Impressiona per la quantità sicuramente ma anche per il suo essere altro, una sorta di catalogo ragionato di prodotti, scelti maniacalmente, con cura, recependo spesso consigli e consulenze di amici, ricordando tradizioni antiche o appuntando a memoria le osservazioni di tutti i grandi chef con cui si è trovato fianco a fianco negli eventi, che lo continuano a portare in giro per il mondo.
E poi l’impasto, certo. Un mix di farine con lievito di birra e lievito madre. Leggero al fuoco ed all’olio bollente, protagonista invisibile ed etereo. Ci si accorge paradossalmente della sua importanza quando talvolta viene sopraffatto da ingredienti ingombranti.

Le colorazioni variano ma il resto è cornicione pronunciato, alveolatura spiccata, dimensione media, cottura con evidenti bruciature di piccole parti superficiali. Non sappiamo quanta innovazione ci sia, non sappiamo se sia la migliore del pianeta, semplicemente è la pizza di Franco Pepe.
Locale di bella architettura ed un servizio che riesce ad essere attento e professionale, nonostante i ritmi serrati della sala. Si sceglie liberamente o ci si affida alla degustazione, tre diverse presenti in carta, con le pizze che vengono servite già ripartite al tavolo ed una alla volta.
Forse serve anche per non avere indecisioni o pentimenti sulla scelta.

Le targhe nel centro di Caiazzo.
Pepe in Grani, Franco Pepe, Caiazzo, Caserta
Il terrazzo con la parte coperta.
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Il mosaico con le tessere ramate del primo forno.
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I tavoli nella nuova sala con vista zenitale sul forno attraverso il vetro del foro nel solaio.
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Calzone fritto. Ricotta, scamorza affumicata, salame e pepe. Cominciare la lunga degustazione con questa tipologia già svela la leggerezza dell’impasto e la perfezione della frittura.
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Margherita sbagliata. Mozzarella di bufala, pomodoro riccio a crudo, basilico, olio evo. L’icona della pizzeria, quella che si ritrova anche sulle t-shirt. La modernità dell’Accademia.
margherita sbagliata, Pepe in Grani, Franco Pepe, Caiazzo, Caserta
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Schiacciata con mortadella, ricotta di bufala, pistacchi e bucce di limone. La continua ricerca approda in una sensuale ed appagante semplicità. Molto interessante l’acidità del limone, sgrassa e prepara immediatamente al seguito.
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Sfizio ai pomodori. Pomodorino giallo, Sam Marzano essiccato con sale di Trapani, mozzarella di bufala, olio evo. Si sono scelti due pomodori agli antipodi per caratteristiche, forza, sapidità. E il bilanciamento funziona.
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Profumi del Matese. Fiordilatte, formaggio ed origano del Matese, porcini, pomodoro confit. Pizza con spiccata deriva dolce, forse leggermente stucchevole, consigliata in chiusura.
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Sensazioni di Costiera. Pizza fritta con aglio, peperoncino, pomodoro cuore di bue, acciughe di Cetara, buccia di limone, olio evo. Si ritorna in cattedra con una pizza fritta risolta in maniera fresca ed originale. Per chi pensa che la frittura non si addica alla stagione estiva.
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Parmigiana. Pomodoro San Marzano, fiordilatte, melanzane, basilico, scamorza, parmigiano. Tra le proposte stagionali estive compare in carta la pizza sormontata da una parmigiana di melanzana. Buona ma eccessivamente carica, probabilmente non adatta ad una lunga degustazione.
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Calzone con scarola riccia. Scarola, acciughe, capperi, olive nere caiazzane, olio evo. Il monumento di Franco Pepe. Con la consistenza della scarola a crudo l’impasto davvero fa la differenza. Vale il viaggio. Inarrivabile.
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La Pinsa conciata del ‘500. Sugna di maiale nero casertano, pepe, conciato romano, basilico e confettura di fichi del Cilento. Altresì detta Mastunicola. L’unico dessert possibile, con il formaggio stagionato di Manuel Lombardi, altra icona del territorio.
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Distillato di Falernum, che con i biscotti artigianali accompagna il conto. La testimonianza dell’attaccamento al territorio e alla sua storia del maestro Pepe.
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Il Lido Mister Marlin che stagionalmente accoglie il temporary lab di Franco Pepe sulla spiaggia di Acciaroli, in Cilento. Menù semplificato ma risultati ampiamente soddisfacenti.
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Per una pizza sulla spiaggia. Solo a luglio ed agosto.
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