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Papillon

Un cuoco tristellato ha lasciato i fasti delle cucine più blasonate di Francia per aprire il suo bistrot

Chi ha detto che meno si fa e meno si vorrebbe fare? Christophe Saintagne è la personificazione del relativismo della cultura popolare. Alla corte di Monsieur Ducasse (dal 1999 al 2016) lo chef normanno sembra aver sviluppato un approccio scientifico all’arte della semplificazione. Pregio e limite allo stesso tempo di un locale, il Papillon di cui è chef patron, dai tratti tecno-eleganti ben delineati, che mostrano il fianco solo quando le emozioni cercano un rifugio sicuro.

A Parigi, tra l’XIII e il XVII arrondissement, il rigore di un tre stelle Michelin si mostra attraverso le vetrate che lasciano intravvedere i profili dorati dei tavolini ravvicinati e le sedie di legno. Il neo bistrot di Saintagne non lascia spazio a interpretazioni. Il talento eleva a scelta valoriale la comodità estetica dell’arredamento del locale, affiancato a una cucina tagliente come la lama di un rasoio, diretta come un insulto e ricca, palatalmente parlando, come le tasche di un milionario.

Cultura mediterranea e tecnica francese con la miglior materia prima

Il servizio squisitamente francese, parsimonioso nei sorrisi e molto professionale nella sua informalità, accompagna l’evoluzione di una degustazione che abbraccia la cultura mediterranea, a cavallo tra Europa e Nord Africa. Date le indubbie qualità tecniche maturate negli anni di gavetta dorata, Saintagne firma il suo menu attraverso la selezione del prodotto, raggiungendo vette in materia che superano la comune comprensione. Gli asparagi crudi, la rucola e soprattutto lo scalogno servito con l’insalata dettano nuovi parametri di valutazione in grado di rappresentare non solo il centro della composizione del menù, ma addirittura di fare ricordare lo stesso per la sua violenza gustativa e non per la tecnica, ineccepibile, espressa dalla brigata di Saintagne. Tecnica millimetrica, forse troppo, che anche a causa di una deformazione culturale italiana (la nostra), stempera il carattere dei piatti, che invece per concezione e risultato ambirebbero a una maggiore libertà, a una anarchia tecnica controllata e non a un controllo tecnico sul loro spirito anarchico. L’irruenza dei sapori è tale da lasciare immaginare che ogni giorno, a ogni servizio, al Papillon si possa trovare uno spunto nuovo, una sfumatura diversa, un’idea intrigante. Il “fattore ritorno” diventa dunque un tema da considerare nella valutazione di questo locale che si identifica nel continuo cambiamento, tanto da renderlo uno dei punti di forza che ne determina il successo.

La galleria fotografica:

Una pausa pranzo a Parigi, di qualità ma senza svenarsi

Come tutte le grandi città europee, Parigi può riservare grandi gioie gastronomiche ma anche solenni delusioni. Bisogna saper scegliere con attenzione, evitando le trappole spenna-turisti e dirigendosi sicuri verso uno dei tanti locali di qualità che popolano la capitale francese.
Una regola da tenere bene a mente ovviamente per le cene più impegnative, ma valida in tutte le circostanze abbiate voglia di mangiare qualcosa di davvero buono, che sia un panino, un dessert o degli udon fatti come si deve.
Oggi vi parliamo di due indirizzi molto diversi, ma in egual misura adatti a una pausa pranzo veloce e di qualità.

Sanukiya
parigi, sanukiya
Per trovare Sanukiya basta individuare la coda di giapponesi costantemente presente davanti la porta all’ora di pranzo. E se il binomio “pieno di clienti giapponesi = ottimo locale di cucina Jap” potrebbe sembrare un luogo comune trito e ritrito, beh, ci scuserete, ma in questo caso fila benissimo.
Non si può prenotare, quindi mettetevi in coda e aspettate il vostro turno: non temete, il ricambio è veloce e anche nelle ore di punta non si aspetta moltissimo.
Prendete posto al bancone e godetevi la maestria con la quale la ragazza davanti a voi frigge a ruota continua verdure, pesce e pollo.
Gli Udon sono fantastici, finanche meglio di quelli già buonissimi di Kunitoraya (link): gustosi e di consistenza perfetta. I brodi non sono da meno.
Con 15 euro placherete la vostra fame e gusterete un cibo buono, sano e altamente digeribile.
Una controindicazione? I vostri abiti sapranno inevitabilmente odore di fritto per alcune delle ore a seguire.
parigi, sanukiya
parigi, sanukiya
parigi, sanukiya
Il menù completo del pranzo: riso, pollo fritto e “frittata”.
pollo, parigi, sanukiya
Riso.
riso, parigi, sanukiya
Udon in brodo caldo, manzo e cipolla.
udon, parigi, sanukiya
Udon in brodo caldo, rucola, maiale macinato al miso, uovo “onsen tamago” (cioè cotto a bassa temperatura).
udon, parigi, sanukiya
parigi, sanukiya

Frenchie to go
parigi, Frenchie to go
Frenchie: soprannome di Gregory Marchand, il proprietario “dell’universo Frenchie”, affibbiatogli da Jamie Oliver a Londra quando i due lavoravano insieme.
Una storia di grande successo imprenditoriale: al primo ristorante, Frenchie appunto, Marchand ha aggiunto negli anni una rivendita vini, un bar à vin e questa panineria che ha subito riscosso grande successo, Frenchie to go. Che decidiate di mangiarlo qui o farvelo preparare da asporto, troverete un dei sandwich più buoni della città.
La nostra scelta è caduta sul classico della casa, da loro stessi definito “più che un sandwich, un mito”: Reuben sandwich, un Panino con la P maiuscola.
Menzione d’onore per la patatine fritte: semplicemente perfette.
Anche in questo caso, una sosta a basso impatto sulle vostre finanze: con 15/20 euro uscirete satolli e felici.
Frenchie to go
Frenchie to go
parigi, Frenchie to go
lunch, parigi, Frenchie to go
parigi, Frenchie to go
Reuben sandwich (PLUS QU’UN SANDWICH, UN MYTHE)
Pane di segale con semi di cumino, punta di petto affumicato di manzo razza Shorthorn, cheddar inglese Oggleshield, insalata di cavolo rosso.
Il formaggio arriva direttamente dalla mitica Neal’s Yard Diary di Londra. Formaggio inglese a Parigi? Chi l’ha detto che i francesi sono nazionalisti…
Il Brisket è marinato per 10 giorni, ricoperto di spezie e poi affumicato con legno di faggio per 8 ore.
fries, parigi, Frenchie to go
Reuben sandwich, parigi, Frenchie to go
Reuben sandwich, parigi, Frenchie to go
Reuben sandwich, parigi, Frenchie to go
parigi, Frenchie to go

P.S.Dopo il sandwich, consigliamo una caffè all’insegna di fronte: Arbre à café. Vi stupirete dell’attenzione dedicata al mondo del caffè dai due giovani proprietari…oltre ovviamente a gustare un caffè superlativo.

Chissà se Simone Tondo, nel corso della sua esperienza con Petter Nilsson alla Gazzetta (uno dei locali cult del fenomeno “bistronomie”), immaginò mai che un giorno quel locale sarebbe stato suo.
Il destino sa riservare delle buffe sorprese…
Lo avevamo lasciato al suo Roseval, locale che aveva infiammato la scena parigina registrando un consenso di pubblico oltre ogni più rosea aspettativa: ceduto, alla ricerca di nuovi stimoli (ora Roseval è diventato Dilia, altro successo targato Italia in mano a Michele Farnesi).
Lo ritroviamo al 29 di Rue de Cotte, in questo locale mitico rinominato semplicemente “Tondo”.

E’ un periodo d’oro per i “nostri” cucinieri italiani a Parigi, con Passerini a rappresentare più di tutti l’immagine della cucina italiana moderna in grado di sfondare nella Ville Lumière.
Perché sanno innovare e rinnovarsi, anche nei momenti di grande successo non smettono mai di evolvere il loro concetto di cucina e di cercare nuove sfide.
Rilevare la Gazzetta è stato certamente un colpo di grande coraggio: un locale bello, più curato rispetto al Roseval (meraviglioso il pavimento e i tavoli in marmo), ma anche più grande, più impegnativo nella gestione.
La proposta è rimasta la stessa: menù fisso per tutto il ristorante, con solo due opzioni tra 4 portate a 45 euro e 7 a 60 euro. A pranzo una conveniente proposta a 25 euro.

La cucina invece presenta qualche evoluzione: la sensazione è che sia ancora in stato embrionale, che non si sia puntato perfettamente l’obiettivo. Eleganza o rusticità? Finezza o pienezza?
Ci si muove in maniera non sempre disinvolta tra piatti molto precisi, come l’anatra o lo strepitoso astice in crema di funghi, ad altri altrettanto buoni ma più da trattoria che da ristorante, vedi i ravioli, sormontati da molto pomodoro, piatto decisamente più gourmand che gourmet.
Un problema? Assolutamente no, l’appagamento può essere analogo, ma bisogna avere ben chiaro cosa si vuole fare. Altrettanto importante la concentrazione dei sapori, a volte sfuggenti, come nel caso del rombo e della sua salsa o del predessert, altre volte intensi (vedi i grandiosi dettagli dell’uva acetata o dell’ottimo cavolo nero nella portata principale di carne).

Insomma, si sta bene, molto bene, ma ancora si intuisce che non tutto sia perfettamente a fuoco.
Gli ingredienti per fare bene ci sono tutti: un cuoco di grande talento, un bel locale e una squadra di livello, con il reparto vino seguito da Jos Kjer, sommelier proveniente dall’altro locale mitico del fenomeno bistronomie, lo Chataubriand. Corsi e ricorsi storici.
Tempo al tempo.
Qui si faranno grandi cose.

Inizio con influssi orientali: brodo/dashi.
brodo, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi

Appetizer.
Sgombro, salsa verde e oxalis.
Focaccia.
Zuppa di crescione e calamari crudi.
appetizer, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
appetizer, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Arrosto di sottofiletto, cipolle marinate, foglie di mostarda e pepe nero.
Un buon piatto, il ricordo va agli arrosti delle Piole piemontesi.
arrosto, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Rombo liscio, rape marinate, salsa pil pil.
Qui manca proprio il gusto. Portata che scivola via anonima.
rombo, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Astice, funghi, crema di funghi, mizuna.
Primo colpo di alto livello. Abbinamento perfetto, grande eleganza, concentrazione di sapori. La strada è questa.
astice, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Ravioli di farina di riso con spinaci, ricotta e pomodoro.
Buoni, ma si fa a fatica a trovare un nesso con il resto del menù (se non nella voglia di riproporre un pezzo di Italia da cartolina). Se decidi di fare un piatto così nel corso di un menù di questo tipo, deve essere una cannonata tutto, dagli ingredienti all’effetto finale: risultato non raggiunto.
ravioli, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Anatra, purè di olive, uva acetata, cavolo nero.
Gran piatto in ogni dettaglio. L’apice della serata si tocca nel piatto più complesso e completo e questo è un ottimo segnale. Simone Tondo è indubbiamente un grande cuoco.
anatra, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Flan di yogurt di e mango: manca l’apporto del mango.
flan, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi
Torta cioccolato, pralinato e salsa al mandarino: torta semplicissima ma eseguita divinamente. Morbido/croccante, amaro/dolce, un pizzico di acidità. Ottimo.
torta, Tondo, Chef Simone Tondo, ParigiAnjou Mosse 2015.
vino, Tondo, Chef Simone Tondo, Parigi

Passerini, Passard, Partager, Pulp, Proseliti, Paris.

Termini apparentemente accomunati dalla sola iniziale. Ma con un filo conduttore importante e significativo.

Perché Giovanni Passerini è un po’ di tutto questo. Lo ricordiamo ancora, nell’estate di quasi dieci anni fa, alla porta del bistrot Uno e Bino di Roma, luogo che lo rese famoso ai gastronomi erranti, raccontarci come, a esami terminati alla facoltà di economia, decise che la sua strada non sarebbe stata quella di sedersi ad una scrivania di una banca qualsiasi. E volle diventare cuoco, contro tutto e tutti.
E poi la svolta, da noi incoraggiata in tempi non sospetti, di approdare a Parigi, proprio da quell’Alain Passard che ce lo ricorda tanto. Arrivato per uno stage di pochi mesi non se ne è più andato.
Passard e Passerini: similitudini di pulizia gustativa, di avanguardia nelle forme, nei modi di fare ristorazione e di cosa mettere nel piatto. Similitudine anche nel creare una vera e propria filosofia, nel saper insegnare senza essere maestri… con il gesto, con le idee.
E qui ecco il collegamento ai proseliti.
Che per un quarantenne al giro di boa sono già tanti. Più che proseliti o discepoli li identificherei come compagni di viaggio, che però hanno innegabilmente preso qualcosa, più di qualcosa, dal loro mentore. E mi riferisco a nomi del calibro di Simone Tondo, oggi a rivitalizzare l’ex La Gazzetta (ora “Tondo”) di Rue de Cotte, a Michele Farnesi del Dilia (il vecchio Roseval, sempre a Parigi) e a Jeremiah Stone del Contra di New York. Tutti passati dalle sue cucine, tutti grandi talenti che oggi mostrano il meglio di sé altrove.
Ma, come la “generation Passard”, con l’imprinting del mentore ben in evidenza. Tondo come Barbot? Stone come Bosi? Farnesi come Colagreco? Le premesse ci sono tutte… e ottime diremmo.

Personaggio non comune Giovanni Passerini, che unisce talento culinario a visione, avanguardia a sana capacità imprenditoriale, un filo di follia “pulp” a lucida e razionale precisione.

Ecco così nascere l’ennesima sfida. Dopo molto tempo dalla chiusura di Rino, bistrot di successo non venduto, non atteso al declino ma semplicemente chiuso. Tempo passato a riflettere, a vivere la vita, a respirare il profumo della libertà, per rigenerarsi. Ma anche passato a progettare, a pensare, a programmare.

L’apertura del pastificio, alcuni mesi or sono, è stato solo il primo passo in direzione di un progetto ambizioso.
Un bistrot che non è né italiano, né francese. È passeriniano, nuovo neologismo da tenere ben impresso nella mente. Un gioco di collaborazione virtuosa in cui la macelleria al piano di sotto serve per prendere animali, d’acqua o di terra poco importa, di grossa pezzatura, rigorosamente interi, che poi vengono lavorati per i clienti “à Partager”, in condivisione, con una spinta estrema verso la convivialità.  E nell’annesso pastificio si lavora, egregiamente, il resto dell’animale per le paste ripiene, e viceversa si producono le basi per degli ottimi primi per il ristorante.

Innovazione nel modello di ristorante, conviviale e molto terreno, molto concreto, ma anche avanguardista e raffinato. Con un occhio attento ai conti e agli sfridi, per riciclare tutto. Idee apparentemente scontate, invero geniali.

Una cucina che fonde tecnica sopraffina alla riscoperta di un antico modo di mangiare, con condivisione, con allegria, con piatti sporchi ripuliti con la scarpetta. Golosità unita a raffinata eleganza e profondità, senza disdegnare qualche tocco di innovazione avanguardista.

Siamo solo agli inizi di un percorso, un grande percorso, che vedrà fare faville a questa idea e al suo creatore.

E già oggi Parigi, città tra le più adatte per questo esperimento, risponde con il costante pieno tutti i servizi. Sarà difficile sedersi a questa tavola ma provateci con tutte le vostre forze, ne vale davvero la pena.

Una vista alla cucina in miniatura.

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

L’ottimo compagno di viaggio.

vino, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Les plats à partager… pour 2, 3 o 4…

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

L’ottimo pane, della panetteria di fronte al ristorante.

pane, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Il Passerini creativo. Trippa, seppia, nero di seppia, nasturzio, menta, salsa di ortiche e pecorino. Un piatto da fondoscala!

trippa, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

‘A scarpetta… doverosa.

scarpetta, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Gnudi di ricotta e granseola, acqua di pomodori, ciliegie e olio al fico: genial!

gnudi, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Pici ai peperoni arrostiti, anguilla e maggiorana.

pici ai peperoni, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Il rombo per 4?

rombo, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

…o l’anatra per 2?

anatra, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Fantastica anatra cotta intera, perfettamente…

anatra, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

…accompagnata da gratin di finocchi al burro, fenomenale.

gratin finocchio, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Crostini di interiora alle melanzane e cipolle…

crostini di interiora, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

…e insalata condita al fondo bruno.

insalata, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Et voilà, le plat.

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

E gli ottimi residui.

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Babà da manuale: con crema cruda, sorbetto di albicocche e olivello spinoso.

Babà, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Un ristorante giapponese che propone un menù Omakase tra i migliori degustati fuori dalla terra del Sol Levante. Il nome tradisce le origini: fa parte dello stesso gruppo del suo omologo italiano ma, chissà come mai, qui il rispetto della tradizione e la qualità della cucina espressa sono di un ordine di grandezza nettamente superiori.

Un giovane sushi Master che farà parlare molto di sé: bravo, preciso, metodico ma al contempo geniale. Nella preparazione dei piatti ma anche nella rifinitura e nella manualità con cui prepara quei piccoli bocconi-capolavori di sushi.

Sulla ristorazione del Sol Levante, fuori e dentro i confini della terra madre, abbiamo già detto e speso molteplici parole. Vi invitiamo solo a mettere in lista, in un viaggio a Parigi, questo che, a nostro modo di vedere, è il migliore della città della Ville Lumière e sicuramente tra i migliori dell’Europa intera.

Senza esitazioni, amanti del sushi, prenotate e volate a Parigi.
Lasciamo ora spazio alle immagini e ai video, molto eloquenti entrambi.

Il tavolo.
tavolo, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
interno, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
La mise en place.
mise en place, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Il sushi Master all’opera.
sushi master, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Taglio della seppia.

Preparazione del sushi.

Tofu al sesamo, salsa di soia, wasabi.
tofu, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Melanzane, funghi shitake, gamberi, mais, polpo, shiso, gel di dashi e yuzu.
Melanzane,funghi, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Sgombro, salsa di soia, erba cipollina, alga nori, wasabi, shiso rosso, succo di zenzero.
sgombro, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Ventresca di tonno e caviale… superbe!
Ventresccaviale, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Parisa di tonno,
Tonno grigliato al miso bianco, pepe giapponese, cetriolo fermentato e katsuobushi.
tonno grigliato al miso bianco, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Branzino.
Branzino, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Seppia.
nighiri, seppia, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Calamaro.
calamaro, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Scampo e il suo corallo.
nighiri, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Salmone selvaggio.
Nighiri, salmone, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Tonno.
nighiri, tonno, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Ventresca di tonno.
ventresca di tonno, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Ricciola.
nighiri, ricciola, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Sgombro affumicato.
nighiri, sgombro affumicato, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Brodo… immancabile.
brodo, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Maki.
Maki, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
La mitica Tamagoyaki, di qualità e fattura eccelse.
Tamagoyaki, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Stupendo mochi al te matcha con purea di azuki.
mochi, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris
Gelato agli Azuki e malto di riso.
gelato, Sushi B, Chef Masayoshi Hanada, Paris