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Elzeviro Culinario: Paolo Lopriore

ZUPPA PAVESE
Si narra la Zuppa pavese nascesse in mezzo alle guerre che Franza e Spagna combattevano sul suolo di un’Italia divisa.
Uno sconfitto re di Francia, Francesco I, rifugiatosi dopo la battaglia di Pavia in una cascina, sarebbe stato rifocillato da una contadina con tutto ciò ch’ella aveva da mettergli in tavola: una fetta di pane raffermo, un uovo, del brodo magro e vegetale, in questa successione e sintesi, uniti dall’urgente necessità del momento. S’era nel 1525.
La matrice di un piatto che si fa ancora. Tanta è la forza del nostro brand: non dimenticare le radici, superare i punti di crisi, rinnovando e reinventando la tradizione senza perderla.
Chi codesto metodo in cucina non l’ha nel proprio dna può creare sul momento, sulla Moda, ma lascia poco o punto traccia, muore nell’effimero.
Lopriore, il cuoco che più di tutti scava l’essenza, rifà questa zuppa, ma concentrata …in un uovo! V’è un magnifico tuorlo, del brodo di radice di prezzemolo e midollo, un tocco in chiaroscuro di gocce di cardamomo nero, crosta di pane, parmigiano, prezzemolo, memoria in limone disidratato (a ricordar pavesi passatelli).
Si mangia d’un tratto la storia, ma viva, si assume in un flash che non si dimentica tutto un regno dei sapori, concentrati in bellezza. Obliando giochi di tapas, ossequi alle sguide.
Piatto d’attualità, com’è sempre una verticale, o il buon millesimo, mica sempre solo l’ultima annata!

Elzeviro Culinario, Chef Paolo Lopriore, Zuppa Pavese

La rentrée di Paolo Lopriore si è senza dubbio rivelata, e non poteva essere che così, uno degli eventi più rilevanti di un 2014 gastronomico che, soprattutto intorno a una Milano in preda alla febbre pre-Expo, sta regalando le maggiori sorprese in dirittura d’arrivo. Lasciatisi indietro Siena e le peripezie ivi affrontate negli ultimi anni, lo chef di Appiano Gentile è ripartito praticamente da casa, da quella Como che non ha sembrato finora portare troppa fortuna ai ristoratori che vi abbiano intrapreso progetti volti all’altissima qualità.

A sei mesi dall’apertura è ora tempo di stilare un primo, positivo bilancio dell’avventura di Lopriore in riva (o quasi, giacché l’hotel che ospita il ristorante si trova appena all’interno del lungolago) al Lario. Fondamentale, nell’inevitabile confronto fra le performance fornite alla Certosa di Maggiano e quelle cui abbiamo assistito a Como, è il considerare l’insieme a partire dall’enorme differenza che corre fra i due territori. Le spigolosità viste a Siena, con l’esclusione della parentesi “rassicurante” del 2013, vengono qui attutite, come assorbite dall’aria di lago che tutto ovatta e smussa, lasciando spazio, anche nei momenti gastronomicamente più audaci, alla discrezione lombarda più che all’estroversa schiettezza toscana.
Questo non vuol dire in alcun modo che la cena si svolga nella noia, anzi! Solo che la scelta espressiva, ci si consenta il paragone, pare andare, con uno chef per sua natura poco incline al titanismo di Beethoven o di Wagner, in direzione del rarefatto simbolismo debussiano più che del pungente sarcasmo à la Satie che era il marchio di fabbrica delle sue creazioni senesi.

L’apertura del menu degustazione, da noi richiesto in questa occasione in versione ampliata rispetto ai 5 passaggi previsti dalla carta, marca già la differenza fra le suggestioni offerte dai due territori (parliamo di sensazioni, non di km 0): distante anni luce dall’ardito gioco iodato-amaro della storica insalata di erbe, alghe e radici vista in toscana è l’insalata di melone bianco, sedano e cetrioli, che gioca sulla dolcezza, su un amaro assai moderato e, soprattutto, su note balsamiche e salmastre.

Da applausi le due incursioni sul terreno, o meglio nel bacino, della cucina lariana: tanto il cavedano, supporto ad un tripudio di mandorle, radici, albicocche ed alloro che vede il seme oleoso tanto caro a Lopriore sotto l’occhio di bue e gli altri a passare la battuta, quanto il riso in cagnoni e persico in veste nipponica, si distinguono in un percorso di livello medio comunque assai elevato.

L’idea è che ci sia ancora un notevole margine di miglioramento per questa cucina. Un’impressione corroborata, oltre che dal ricordo delle migliori cene senesi, anche dalla costante crescita riscontrata lungo le numerose visite di questi mesi.
La scelta o, meglio, l’esigenza espressiva ed autoriale di interpretare il territorio più che limitarsi a descriverlo è d’altronde una strada lunga e tremendamente in salita. Siamo già ad un ottimo punto, ma, malgrado il nostro malcelato affetto per Paolo Lopriore, per questa volta decidiamo di arrotondare il punteggio per difetto, in modo da poter in un prossimo futuro dar conto di quella che ci attendiamo come la naturale evoluzione.

Anche il servizio, tutto al femminile in occasione di un sabato sera di tutto esaurito, sta man mano prendendo forma e trovando sintonia con una cucina che richiede da parte della sala, per le poche possibilità offerte tanto dalla carta delle vivande quanto da quella dei vini, un surplus di complicità e interazione. Forte di un rapporto qualità prezzo estremamente favorevole in relazione alla bellezza del luogo e al valore della cucina, Kitchen si impone comunque già così come una delle migliori tavole rintracciabili in Lombardia.

L’aperitivo secondo Paolo Lopriore: uno sferzante drink al sambuco.
aperitivo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
…da accompagnare con gli usuali snack, con la polvere di semi di zucca da prendere con le dita.
snack, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
La Valtellina non è distante e così fa la sua comparsa a tavola uno sciàtt, servito su un brodo di abete rosso.
sciatt, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Insalata di sedano, melone bianco e cetrioli.
insalata di sedano, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Un colpo di genio venato di ironia: spaghetto alla lombarda, con prezzemolo, limone e parmigiano. La pasta, di popolare marchio commerciale facilmente riconoscibile e praticamente insapore, diventa puro veicolo di una salsa multisfaccettata in cui i semi di prezzemolo, amplificati dal burro, danno un’estrema lunghezza gustativa.
spaghetto alla lombarda, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Cavedano, radici, albicocche, mandorle e alloro.
cavedano, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
L’intingolo dell’anatroccolo (gradito omaggio dalla cucina)
anatroccolo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
L’aromatico luccio con salsa olandese (strepitosa), cannella e chiodi di garofano.
luccio, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
La ciotola in attesa di uno speziatissimo brodo
brodo speziato, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
in cui preziosi bocconi di capriolo
bocconi di capriolo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
andranno calati come in uno shabu shabu.
shabu shabu, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
A contorno una sinfonia d’autunno: porcini e zucca
porcini e zucca, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
e in un gagnairiano quadro d’insieme, una crema di castagne di cui avremmo gradito un bis e poi un ter.
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Il Lario visto dal Giappone: riso in cagnoni con persico, col non trascurabile dettaglio di un concentratissimo “wasabi” di salvia.
lario, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Predessert: uovo e frutto della passione.
predessert, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Millefoglie di mela, un dessert in cui la mela è un poco scarica rispetto ai contrasti di sapidità dati dalle cialde e dal mascarpone maison.
millefoglie, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Uno dei nostri compagni di viaggio, insieme a Les Murgiers di Francis Boulard.
giulio ferrari, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Quando un appassionato e girovago gourmet entra in un ristorante si aspetta sempre di scovare il sacro fuoco del talento, quello più nitido e cristallino. Egli ha bisogno, per la sua sopravvivenza, di scoprire anche in un angolo sperduto del globo quel cuoco che gli sappia regalare nuove emozioni, nuovi stimoli: brama per essere sorpreso, affascinato, rapito. E questi non sono desideri così facili da soddisfare. Ma quando succede, perché fortunatamente ancora succede, ecco che il luogo dove l’onirico si trasforma in realtà riesce ad assumere un significato ancor più profondo e ricco di sfumature. E a La Gazza Ladra succede.
David Tamburini è un condensato di talento, passione, applicazione e dedizione.
Come alcuni suoi colleghi dotati di estro e fantasia, oltre che di indiscusse doti tecniche, è rinchiuso nel suo ristorante per gran parte delle 24 ore che compongono una giornata. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andare via.
E’ lui che tutte le mattine prepara di buon ora l’impasto del pane ed è lui a salutare, la sera tardi, l’ultimo degli ospiti che, felice, esce da questo fantastico palazzo ibleo.
Questa parte di Sicilia è ricca di fascino e storia. E’ frutto di contaminazioni che si sono susseguite nei secoli, per merito dei vari popoli che l’hanno prima conquistata e poi dominata, ma che hanno lasciato in eredità una cultura straordinaria, che la terra stessa ha assorbito, rielaborato e reinterpretato, soprattutto nella sua tradizione culinaria.
E’ qui che un toscano, ma ormai siciliano di adozione, ha trovato la sua dimensione espressiva. E’ stato catturato da questa terra meravigliosa, l’ha letta e riletta, ha imparato, scrutato uomini e luoghi, ha infine elaborato una sua visione che ha tradotto nella sua interpretazione di cucina, davvero unica, precisa e personale.
Ha proiettato una tradizione secolare con i suoi prodotti e i suoi ingredienti nel millennio moderno in cui viviamo, aggiungendo tanto, tantissimo di sé.
E il risultato è semplicemente sensazionale. Non abbiamo timore di affermare che con il tempo e l’adeguato sostegno del pubblico, che ci auguriamo raggiunga Modica copioso, David Tamburrini possa essere uno dei grandi interpreti della cucina siciliana e italiana di domani con il suo La Gazza Ladra.
Il nostro pranzo non è stato affatto privo di sbavature, certo.
Ma ormai è evidente quanto la cucina espressa qui a La Gazza Ladra sia tra le più personali e originali della nostra penisola. Farcita di grande tecnica, mai troppo ostentata ed evidente, e di una capacità, rara, di concentrazione di sapori e di gestione delle consistenze davvero formidabile.
Ma l’uomo, il cuoco, è nulla ormai senza una adeguata squadra, soprattutto in sala.
E qui troviamo due giovani ed interessanti, nonché bravi e preparati esponenti, come Salvatore Corsino (classe ’87) e il Sommelier Alessandro Melita (classe ‘72). Che ci auguriamo rimangano a lungo, entrambi, al servizio di questo talento dell’Ibleide e dell’Italia intera.

Entrata e benvenuto con crema di melanzane affumicate, pomodoro confit e mozzarella avvolta in pasta kataifi. Il benvenuto è semplicemente fantastico: pani raffinati alle carrube, alla semola di grano duro e bianco si affiancano a cialde di cipolla disisdratata, di riso rosso e peperone crusco e di sesamo e ceci (foto di chiusura) accompagnati da un delizioso kefir alle spezie iblee e da questa parmigiana di melanzane di una concentrazione inimmaginabile.

Una melanzana perlina ripiena di crema di melanzane affumicate, salsa di pomodoro ristretta e cialda di parmigiano

Pane, panella e gamberi. Il gambero pura textura, forse un piccolo apporto in dolcezza, appoggia su una fantastica crema di panzanella all’acqua di cozze e sedano, con asparagi di mare e polvere di cozze disidratate. Fantastico connubio con la cialda di ceci fritta. Veramente sensazionale.

Modica – Hamamatsu e ritorno.
Il nome, evocativo, pensato dallo chef in ricordo delle sue esperienze giapponesi. Un turbante di spatola laccato all’essenza di uvetta, a richiamare l’anguilla laccata tipica della cittadina a sud di Tokyo, ricoperto di spuma di cipolla rossa e cipolla rossa marinata all’agro. Per finire un gel di essenza di menta. Un piatto interessantissimo per consistenze e sapori. Con una spinta di commistione tra Sicilia e Giappone formidabile.

Cipollotto farcito di pane ammollato in succo di cipolla di Giarratana, salsa di cipolla di Giarratana e coriandolo.
In questo cipollotto, in cui sono commestibili anche le radici lievemente fritte, il vero protagonista è, oltre la cottura dell’insieme, la salsa di cipolla di Giarratana abbinata, spunto geniale, al coriandolo. La cipolla di Giarratana, varietà tipica iblea, ha la caratteristica di essere estremamente dolce, quasi mielosa.
Cipollotto farcito, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
“Patata e polipo”
La buccia fritta ripiena della sua spuma, insalata di polipo, olive e limone. Il tocco, oltre alla tecnica e alle proporzioni dell’insieme, è sicuramente la salsa di olive verdi, amara e acida al contempo.
Patata e polipo, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Carpaccio di Vitello. Ricordo di un viaggio in Giappone. Piatto composto da fettine di vitello, rösti di patate, maionese e tartufo nero estivo. Il tutto accompagnato da polveri essicate di porcini e carrube.

Carpaccio di vitello, dettaglio, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
I fantastici e concentrati Tortelli di bufala in brodo ‘Nzuliddu”. Ripieno di mozzarella di bufala filata due volte, “brodo” tiepido di estratto di capperi, pomodoro e basilico
Tortelli di bufala, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Gli stupendi, forse solo un pò troppo sapidi, Spaghetti all’acqua di melanzana bruciata, pomodoro e ricotta salata
Spaghetti all'acqua di melanzana bruciata, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Ottimo il riso cotto nel siero del kefir, quindi molto acido, con polvere di olive e fiore di origano. Il tutto finito con una leggera idea di olio a crudo. Stupefacente!
Riso cotto nel siero del Kefir, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
San Pietro, salsa di canocchie e cocco, zucchina
San Pietro, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Piccione con una cottura da manuale, la sua coscia farcita e una salsa alla cacciatora da incorniciare per grassezza, opulenza e concentrazione
Piccione, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Stupendi e fuori scala per eleganza e finezza i dolci, in cui il richiamo alla Sicilia è evidente non solo negli ingredienti. La volontà di lavorare sulla ricostruzione dei frutti, con l’ispirazione che trae spunto dalla classica Martorana alle mandorle.
Arancia: Zabaione all’arancia in glassa croccante, latte di mandorla tostata
Arancia, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Carruba: Croccante di pasta choux, budino di carruba e cioccolato modicano.
Carruba, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
La piccola pasticceria.
Piccola pasticceria, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa
Le cialde iniziali sopra descritte.
Cialde, La gazza ladra, Chef David Tamburini, Modica, Ragusa

Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena

Il mondo della critica gastronomica si muove spesso alla stregua di un insieme apparentemente disordinato di corpi celesti.
Come per gli astri, però, accade che anche opinioni abitualmente distanti finiscano periodicamente per allinearsi sulla medesima linea di entusiasmo verso una nuova cucina, talvolta con rincorsa al baudiano “l’ho scoperto io!”, e Gianluca Gorini è, in ordine di tempo, l’ultimo chef riguardo al quale non si sia ancora sentita una voce fuori dal coro di elogi.
Il fatto suona in prima battuta sorprendente, non certo perché Gorini, da circa un anno al comando della cucina delle Giare, non meriti il giusto riconoscimento del proprio considerevole talento, quanto perché in fondo la cucina di Gianluca non rinnega affatto il forte legame dello chef con Paolo Lopriore, divisivo per eccellenza della ristorazione italiana.
In un secondo momento, però, ossia quando dalla lettura e dalla vista dei piatti si passa all’assaggio delle preparazioni, la mano di Gorini si rivela in realtà meno spigolosa, coraggiosa sì nell’azzardare qualche soluzione inconsueta ma anche più cauta, in particolare negli antipasti.

Lo stile personale di Gorini ci pare si stia delineando mediante la giustapposizione dell’amaro prediletto da Lopriore e di componenti, soprattutto aromatiche, di maggior immediatezza, o all’aggiunta di un elemento estraneo, spesso di matrice acida o tannica, a ricette di tradizione. Il risultato è senz’altro meno estremo, non chiarissimo sul piano delle intenzioni in una quaglia dove non tutti gli elementi sembrano indispensabili, ma in alcune occasioni entusiasmante, con un piccione che resterà a lungo nella nostra memoria.

Nel nostro percorso guidato, il più ampio fra i tre a disposizione (denominato Cliffhanger), al di là di una veniale cottura sfuggita, non abbiamo potuto che ammirare una tecnica assai sviluppata.
Gli appunti più rilevanti, infatti, non vanno in realtà ai singoli piatti, che sono saliti di livello nel corso del pranzo, ma ad una costruzione d’insieme che potrebbe fare a meno di qualche ricorsività e meriterebbe di essere pensata in modo da permettere ai piatti di avere un maggior risalto.
In questo senso abbiamo trovato eccessivamente simili i primi due antipasti e soprattutto i due dessert, entrambi virati su temperature (assai) fredde.
Ciò non toglie che il Fucsia, alla fine del 2014, sarà probabilmente nella nostra top ten dei dessert dell’anno.

Classe 1983, e un livello già molto alto. Pensiamo sia presto anche solo per chiedersi se Gorini fra 5 anni sarà fra i primi tre chef italiani o “solo” fra i primi venti.
Di certo con la riapertura delle Giare l’Italia ha un altro ottimo ristorante in più. Per gli oracoli si prega di ripassare.

Piccolo giro di snacks, con a sinistra l’ottima gelatina di Bitter.
snacks, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Particolare.
snack, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Seppiolini ferro e fuoco, granita di lattuga di mare, salicornia, pepe, per un bell’inizio.
seppioline ferro e fuoco, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Anguilla in insalata cotta al fumo di brace, insalata e spremuta di acetosa. A parte la cottura problematica nel piatto di uno dei commensali, anche la fruizione del piatto potrebbe esser resa migliore. Inoltre la scelta di presentarla come antipasto nel degustazione (in carta è un secondo) causa un leggero squilibrio nelle porzioni.
anguilla in insalata, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Quaglia, camomilla, finocchio, finocchietto e mandarino. Molto accentuato il sentore della camomilla, soprattutto rispetto alla temperatura di servizio.
quaglia, camomilla, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Il gioco di aggiungere un elemento disturbante ad una ricetta consueta funziona alla grande nelle eliche con lumachine e bergamotto…
eliche con lumachine e bergamotto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
…così come nei tannici ravioli di erbe selvatiche con burro di malga, salvia e parmigiano 36 mesi affumicato.
ravioli di erbe selvatiche, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Di tono classico il rombo con cozze e cipollotto alla brace.
rombo con cozze e cipollotto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Semplicemente sontuoso il piccione con ginepro, mirtilli e cassis.
sontuoso piccione, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Predessert: sorbetto d’arancia (assai freddo), finocchio e liquerizia.
predessert, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Il sensazionale Fucsia: rabarbaro, mandorla amara (che concentrazione!) e lampone.
fucsia, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Pane, di notevole fattura.
pane, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Piccola pasticceria, in cui spicca la gelée al frutto della passione.
piccola pasticceria, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
The Bitter end.
bitter, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena

Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Paolo Lopriore è tornato.
Tre parole che, per molti, potrebbero avere poco significato, ma che in realtà il tam tam gourmet era da un pezzo impaziente di sentire. Poco o niente è trapelato durante l’attesa, coerentemente con la discrezione che sempre lo contraddistingue dallo star-chef-system: si conoscevano la città e la location, il Grand Hotel di Como, e poco altro. Si sapeva che Lopriore stava da qualche mese tastando il nuovo territorio, e niente più. Silenzio con gli addetti, con gli appassionati, sul sito, ovunque.
Oggi, nonostante gran parte di questo silenzio continui, le porte si sono aperte, i fornelli si sono infiammati e finalmente possiamo scrivere la tanto attesa frase: Paolo Lopriore è tornato.

Tornato non solo in senso fisico: la controversa parentesi “moderata” tra l’annuncio della chiusura del Canto e l’effettiva partenza dello chef verso nord aveva lasciato non pochi… senza l’amaro in bocca. E una delle domande più ricorrenti, contestualmente all’attesa, era “…tornerà a fare la sua cucina, o manterrà un compromesso moderato?
Anche in questo caso, per la terza volta: Paolo Lopriore è tornato. Quindi non solo con al collo un grembiule di fronte ai fuochi, ma tornato a proporre la tanto attesa sua cucina ed i suoi piatti, amore/odio di gourmet e guide, shock per ignari clienti occasionali e al contempo uno tra i migliori chef per appassionati aficionados.

Nuove ispirazioni, nuovo territorio, nuove influenze: lasciato l’entroterra toscano, Lopriore ha impegnato alcuni mesi per scoprire ciò che il lacustre territorio comacino, in bilico tra lago e montagne, aveva da offrirgli. Dalle sue parole è emerso chiaro l’iniziale timore della riscoperta, la paura di lasciare una zona conosciuta e ormai praticamente sottopelle, per qualcosa di completamente nuovo.
All’atto pratico invece, sicuramente anche perché un po’ di Nord l’ha nelle vene, Lopriore si è scoperto in brevissimo tempo già carico di entusiasmo e soprattutto in sintonia con la zona e i suoi prodotti, soprattutto con la presa di coscienza che giorno dopo giorno questa commistione sarà sempre più forte. Non un discorso di rispetto del territorio, di km0 o altre amenità: è una faccenda simbiotica, un vero e proprio terroir tra l’uomo, le sue idee e il suo prodotto finale.

Carattere, personalità, voglia di tornare a stupire e far parlare di sé, questo oggi trasmettono i piatti del Kitchen. Il tanto atteso ritorno era senz’altro bilaterale, e i piatti lo raccontano chiaramente.

Non una “cena stampa”, un invito, un’inaugurazione o un evento: semplicemente tanta curiosità, in gran parte dettata dall’attesa. Una semplice telefonata, una prenotazione per la prima data utile, la scelta di un menù, un conto finale pagato, come nostro solito.
Di inusuale c’è che questa volta il resoconto non sarà una recensione, non vi troverete un voto e una analisi dettagliata, inconcepibile parlando di quello che realmente è un primo servizio.
Oggi è il momento per una sorta di tributo ad uno chef da noi ritenuto tra i più grandi, il nostro modo per dire …bentornato!

La sala del nuovo ristorante, per un totale di una trentina di coperti.
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Il benvenuto
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Interiora di agnello avvolte in una foglia di spinacio e pecorino, il tutto accompagnato da un bicchierino di estratto di carota
interiora d'agnello, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Insalata di erbe spontanee di acqua e di terra, bresaola e patè di agone
insalata di erbe spontanee, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Riso, missoltino, pepe nero, acetosella
riso missoltino, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Cavedano, midollo di bue, fave fresche, limone candito, mandorle amare
Cavedano, midollo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Crema d’aglio, pistacchio, anice
crema d'aglio, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Petto d’anatra alla genziana, pinoli e miele al pino “in due servizi”
petto d'anatra, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Il secondo servizio: l’intingolo dell’anatra con un boccone di pane per fare la scarpetta e -romanticissimamente- un’oliva raccolta alla Certosa da Paolo, prima di lasciarla per trasferirsi a Como
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Ratafià e lime
rtafià al lime, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Latte cagliato, cioccolato bianco, cialda al caffè, mousse al caramello
latte cagliato, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Pasticceria finale
pasticceria finale, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Alcuni amici che ci hanno accompagnato…
vino, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Agrapart, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Bourgogne, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
champagne, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como