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Ponte Pietra

Michael Silhavi e la sua cucina neoclassica, affacciata sull’Adige

L’Osteria Ponte Pietra è un vero e proprio gioiellino, in uno degli angoli più suggestivi di Verona, proprio di fronte all’antichissimo, meraviglioso Ponte che le regala il nome. L’interno non è da meno: dappertutto risplendono boiserie, bottiglie, calici, specchi. Qualcuno sostiene che sia tra i più bei ristoranti di Verona e, dopo aver visto lo spettacolare tavolino posto all’esterno, con vista sull’Adige, non fatichiamo a crederlo.

In cucina c’è Michael Silhavi, veronese di origini francesi che coniuga perfettamente le tradizioni venete con qualche spunto internazionale, sempre all’insegna di una studiata e perfettamente interpretata classicità che, tuttavia, nel corso degli anni ha irrigidito un poco la proposta in menù. Nel corso delle nostre precedenti visite avevamo già sottolineato come qui si ha, forte, l’impressione di non voler scontentare nessuno: dalla coppia in cerca di una serata romantica non necessariamente impegnativa, gastronomicamente parlando, al gourmand che invece vuol trovare il modo di appagare le proprie papille gustative passando per il turista, curioso di saggiare la cucina di quest’angolo d’Italia e così via fino al più esigente gourmet – che troverà maggiori spunti di interesse nel menu degustazione pur rilevando, come detto, una certa staticità – non si potrà non apprezzare l’equilibrio, l’ottima tecnica e l’eccellente palato dello chef.

Cucina molto golosa per ogni tipologia di cliente

E lo confermiamo anche dopo questa visita: al Ponte Pietra la strategia è quella di non scontentare nessuno. Riuscirci è facile? Tutt’altro. Qui la scommessa però è ancora vinta grazie a una cucina che marcia in netta prevalenza su collaudatissimi binari di stampo prevalentemente classico che tendono però a rendere poco dinamica, per chi già la conosce, la proposta. Questo, in sintesi, il motivo del punteggio assegnato, associato a qualche eccessiva rigidità – a locale semivuoto avevamo chiesto di assaggiare un paio di piatti dal degustazione ma ce n’è stato concesso laboriosamente solo uno – e la sensazione generale che ci si prenda tutti un po’ troppo sul serio.

Ciò detto, la maturità tecnica dello chef è più che evidente in piatti classici come i deliziosi Agnolotti di ossobuco che si sciolgono in bocca mentre maggiore creatività si coglie in accostamenti apparentemente arditi come quelli che caratterizzano la Faraona, ceci, yogurt, cetriolo e aglio nero, piatto equilibratissimo arricchito da un fondo impeccabile. Una sola citazione per quanto riguarda i dessert: la Crostatina di lamponi… come una pizza, ormai segnature dish di Shilavi nonché l’inossidabile sostanza di una sbrisolona di mostruosa bontà.

Questo gioiellino sull’Adige si conferma una sosta intrigante, caratterizzata da una cucina di ottima tecnica che utilizza eccellenti materie prime e conserva la capacità di non deludere mai.

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Oltre l’apparenza, l’infallibile diplomazia di Michael Silhavi

C’è un punto in cui il fiume Adige, cingendo Verona, passa dall’essere uno specchio d’acqua allo scatenare il suo carattere impetuoso rendendosi d’un tratto indomabile. Accade proprio sotto Ponte Pietra, lungo le mura del quale si appoggia l’Osteria Ponte Pietra. E mai luogo fu più contestualizzato rispetto a questo locale-cartolina, che gesta nel suo ventre un cuoco mai pago, con una mano delicata e gentile con cui sviluppa un’idea di cucina sempre più convincente. Michael Silhavi riesce nell’impresa di sviluppare per complessità la sua opera quotidiana senza scontentare i clienti affezionati, nel caso specifico divisi tra turisti e cittadini in egual misura. Con un palato diplomatico Silhavi si erge a capitano di una nave che necessita di una finissima strategia di navigazione per poter rimanere a galla tra le esigenze di una parte di clientela e la necessità di esprimere la propria creatività.

Il filo conduttore della cucina rimane la morbidezza, tratto stilistico di un cuoco che non si vergogna del suo animo mite, che si estranea quanto più possibile da trend stereotipati e che rende omaggio in maniera del tutto personale alla tradizione allargandone i confini a qualche influenza esterofila. Ma nel corso delle nostre ultime visite abbiamo notato una piacevole assunzione di rischi da parte sua, liberatosi finalmente da inibizioni limitanti.

Gioco, tecnica e un palato millimetrico

Alla luce di quanto appena detto ci sentiamo di lodare il coraggio che ha dato vita a un piatto ambizioso, non perfettamente centrato, ma che ci ha sorpresi per audacia. Il Risotto con piselli, pecorino e ricci di mare si pone concettualmente di diritto tra i piatti di una grande casa. Nel caso specifico i piselli apportano una nota di dolcezza forse addirittura pleonastica all’insieme, rischiando di limitare così l’energia sapida-ittica con retrogusto amaricante del binomio pecorino riccio di mare. A riportare l’equilibrio ci pensa la cottura del riso, croccante, in grado di donare al passaggio una perfetta armonia tra tensioni contrapposte. 

Impeccabili per armonia e tecnica l’animella e l’agnello (con fondi da antologia), a dimostrazione delle basi tecniche di un cuoco che con saggezza preferisce proseguire la sua ascesa uno scalino alla volta rispetto a fare il classico salto di qualità. 

A servizio della tecnica che già conoscevamo e dell’ardire subentrato, rimane un palato le cui rotte gustative sono perfettamente coordinate in direzione del piacere.

All’Osteria Ponte Pietra un grande passo in avanti è stato fatto. Rimane solo da aggiustare qualche dettaglio per consacrare definitivamente Michael Silhavi, piccole accortezze che siamo certi troveranno sistemazione in un immediato futuro.

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Michael Silhavi cavalca il cliché del romanticismo scaligero con grande personalità

Una città come Verona non avrebbe bisogno di alcunché per rendere godibile un soggiorno all’interno delle sue mura. Storicamente nota dal punto di vista gastronomico per due insegne come il Desco e Perbellini, oggi la città si trova nel bel mezzo di un fermento creativo di notevole interesse, dai toni classici, ma intriganti.
Attraversato Ponte Pietra, lasciandosi alle spalle Teatro Romano e Castel San Pietro, un locale che si sviluppa in profondità è diventato il quartier generale di Michael Silhavi, promessa dei fornelli, con alle spalle esperienze rilevanti in alcuni tra i ristoranti stellati della regione e qualche puntata in giro per il mondo. All’Osteria Ponte Pietra, specchi, mobili ottocenteschi e boiserie introducono alla fase prandiale che si sviluppa seguendo il movimento sinuoso dell’Adige. È infatti il fiume la colonna sonora del pasto in grado si dettare il ritmo del servizio, mentre gli ospiti seduti sulle poltroncine in pelle di fine ‘800 si immergono in un’atmosfera da belle époque.

Con intelligenza la cucina di Michael Silhavi galleggia tra la neofilia e la neofobia, ammalia i turisti, gratifica i cittadini e stimola l’immaginazione degli appassionati.

Innegabile il fatto di soffermarsi dopo ogni passaggio a pensare agli sviluppi palatali che il cuoco sarebbe stato in grado di imporre qualora avesse voluto o potuto. La golosità, la morbidezza e la facilità di approccio sono l’attuale fil rouge di una cucina che non stupisce, ma nemmeno annoia, il che è già molto. Con questa frase scomodiamo Tomasi di Lampedusa, in una sua citazione all’interno del Gattopardo in riferimento a Tancredi, avvicinando così lo chef a uno dei personaggi più celebri della letteratura italiana. Il paragone è forse azzardato, ma giustificato dalla mano decisa e delicata con cui Silhavi propone un menù di assoluto equilibrio in cui la nota lipidica si presenta sempre sotto forma gustativa senza mai lasciare traccia alcuna di sé nel proseguo della degustazione.

La carbonara di mazzancolle e tartufo nero è il compendio di un pranzo studiato per non scontentare nessuno. Cervo, topinambur e lamponi soddisfa l’aspettativa dei gourmand, lasciando intravedere la stoffa del campione visionario del cuoco ai gourmet che immaginano la proteina come dessert, disegnando con la fantasia la più straordinaria rivisitazione del bonet che in cucina sia mai stata creata. Lampi di genio ancora inespressi quindi, applicati a una tecnica ineccepibile e a un palato caratterizzato dal sommo equilibrio.

 Michael Silhavi sembra avere ancora una marcia, o probabilmente più di una, da poter ingranare. Per il momento l’Osteria Ponte Pietra Ristorante è un punto di riferimento nel panorama gastronomico veronese, in cui tornare e ritornare. Il voto riassume quanto la cucina oggi riesca a esprimere, a cui però vanno sommati un servizio di sala molto attento e sorridente, senza dimenticare la location da fiaba.

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