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Tokuyoshi

Cucina italiana contaminata: il sunto dell’intrigante cucina di Yoji Tokuyoshi

Cos’è la contaminazione secondo il pensiero di Yoji Tokuyoshi?
Innanzitutto è il rigore delle tecniche applicate alla tradizione italiana. È l’estetica nipponica che passa attraverso “impiattamenti” a volte artistici, altre ludici e comunque sempre originali e vede l’introduzione di stoviglie disegnate e pensate appositamente per i piatti concepiti.

E’, soprattutto, l’amore e l’attaccamento ai meravigliosi ingredienti della nostra penisola, con i quali vengono create combinazioni di sapori che si innestano nella tradizione dando luce ad un piacevole ibrido estremamente leggibile. Tanto divertente e golosa, quanto intrisa di pensiero, una cucina personale che sorge dall’incrocio tra due culture gastronomiche che hanno pochi rivali nel mondo.

Yoji ha ormai quasi staccato il cordone ombelicale che lo lega al suo noto mentore, evolvendo e sviluppando i concetti appresi, come quest’ultimo ha fatto, nel tempo, con i suoi maestri; lo sgombro Gyotaku o l’anguilla in polvere sono solo imprescindibili retaggi di un’esperienza difficilmente ripetibile che rendono omaggio con fierezza al periodo creativo trascorso in Via Stella e sono, senza dubbio, espressione di cucina in costante evoluzione. Ogni portata viene servita con un elemento liquido a latere, a volte un brodo, a volte un succo, quasi intingolo di accompagnamento, mai avulso dal piatto principale, capace di apportare un valore aggiunto in termini di risvolti gustativi. Una trovata che funziona e che, a memoria, è una peculiarità nel panorama nazionale attuale.

Come l’estratto di olive e pomodori verdi che accompagnano lo splendido spaghetto alla chitarra con ricci di mare, con lo iodio in allungo, o il magistrale piccione “mediterraneo”, con mandorle fresche, pistacchi, finocchietto ed altri ingredienti provenienti dalla amata Noto, servito con il brodo del suo mangime (mais), a creare un intrigante gioco di consistenze voluttuose con risvolti dolci, amari e marini, sapientemente bilanciati. Un colpo d’ala preceduto da una stimolante accoppiata di lingua e coda di rospo, tanto buona quanto è bella la mise en place. Da non perdere, infine, il signature di Tokuyoshi: cemento e terra, un piatto che non è mai uscito dalla carta, un esempio di equilibrio, golosità e azzardo.

Nonostante si possa fare ancora di meglio con la frittura del cannolo di baccalà, un filo troppo unto, o con il Tiramisù al Parmigiano, abbastanza evanescente, ci è piaciuto tutto, molto di più rispetto all’ultima visita, constatando di fatto una cucina più matura e strutturata, sicura e anche estremamente piacevole.

Cantina in crescita, ma ancora distante dal livello del cibo. Sul servizio, comunque volenteroso, si può e si deve migliorare in considerazione del livello della cucina. In una serata con la sala stracolma, abbiamo notato qualche piccola dimenticanza o la mancanza di alcune piacevoli consuetudini formali.

Uno dei più grandi geni dell’informatica affermava che ciò che distingue un leader da un seguace è l’innovazione.
Massimo Bottura è, al contempo, un leader e un genio del nostro tempo. La grande cucina d’autore italiana, supportata dallo sterminato patrimonio gastronomico del nostro Paese, non era mai stata così al centro dell’attenzione mondiale com’è oggi, grazie al carismatico innovatore modenese.
E farne soltanto una questione di cibo sarebbe riduttivo.
Cucina, arte, beneficenza, cinema, musica, spettacolo. Sono tutti campi socio-economici, citati in ordine rigorosamente casuale, in cui l’icona Bottura ha dato un importante contributo, mentale e fattuale, inesauribile fonte di ispirazione per cuochi (giovani o meno che siano), nonché esemplare traguardo da raggiungere in carriera.
Il concetto cardine della Francescana è guardare al passato con occhio critico -e non nostalgico- per estrapolarne il meglio e consegnarlo al futuro, senza compromettere la tradizione. Quest’ultima, che certamente infonde senso di sicurezza e stabilità, è una connotazione carissima allo chef, specie quando viene accostata ad altri imprescindibili concetti chiave, come “evoluzione” e “contaminazione”, con i quali, alla fine, rappresenta due facce della stessa medaglia ed ha quale fine ultimo quello di consegnare al commensale, da qualsiasi luogo esso venga, un ricordo di vita vissuta o una traccia di esso.

L’Osteria Francescana è la tradizione del nostro Paese racchiusa in un piatto.

Le “cinque stagionature del Parmigiano”, oltre ad essere la sublimazione di una delle perle alimentari italiane, rappresenta la trasposizione metafisica dello scorrere lento del tempo in Emilia. La parte croccante della lasagna ripesca nei meandri dell’uomo adulto il ricordo del sogno da bambino di accaparrarsi l’angolino croccante e bruciacchiato di lasagna dalla teglia sfrigolante.
L’Osteria Francescana è la tradizione del nostro Paese arricchita da omaggi al mondo intero, come la grande tela di Schifano o come i tre piccioni veneziani di Cattelan che scrutano i “turisti” in quello che è anche un piccolo museo di arte contemporanea. E proseguendo in questa direzione, si rende omaggio a ciò che è degno d’esser omaggiato. Come l’ossequiosa interpretazione dei sapori della Normandia racchiusi in una conchiglia di ostrica senza il mollusco, perché si crea una simbiosi tra il sapore degli agnelli che brucano nei prés salés e le onde del mare, con le alghe posate sul bagnasciuga dopo la marea, o la reinterpretazione della lepre à la royale dei grandi cucinieri transalpini, in cui la sontuosa salsa civet si arricchisce di cioccolato e diventa anche una “mole” messicana per ricoprire insieme un “finto” bollito emiliano -i confini si ampliano passando dal Vecchio al Nuovo Continente con disarmante disinvoltura- avvolto dalle pregiate carni del germano e della pernice, cacciagione da piuma che rappresenta il momento stagionale in cui l’autunno lascia il posto all’inverno.

L’Italia che omaggia la Francia e il mondo intero, rappresentato dalle nuove frontiere della cultura gastronomica, custodendo la stagionalità modenese sotto un’aria che racchiude il sapore del ceviche peruviano.
Tutti possono riconoscere qualcosa in questi piatti.
L’Osteria Francescana è anche l’ideale di un cuoco aristocratico che elogia la materia povera, a simboleggiare il potere del cibo quale mezzo capace di dare dignità anche a chi crede di averla persa -ecco la potenza del “Refettorio”- così la povertà indossa le preziose vesti dell’opulenza nelle modeste lenticchie che si nobilitano in un brodo di anguilla e vengono adagiate su una crème fraîche e riposte nel contenitore del più nobile caviale.

L’Osteria Francescana è divertimento, come quando riserva, in verità spesso, un straordinario omaggio all’America, seconda patria di Bottura, con l’ennesima geniale trovata di servire una spuma dolce-salata di pop corn, a chiusura di uno spettacolo gastronomico, perché la cucina è anche un gioco (molto serio).
L’Osteria Francescana è la perfezione. Stilistica, tecnica, gustativa, che si può trovare anche in un pentolino di tortellini alla panna, esaltazione della tradizione, o nell’imperfezione di una crostatina al limone (ri)composta nel piatto come se si dovesse recuperare dopo la caduta.
L’Osteria Francescana è anche una squadra che si è consolidata con gli anni, una squadra che ormai tutti conoscono, fatta di fenomeni veri, capitanata dai Beppe Palmieri, dai Davide Di Fabio, dai Kondo Takaiko; anch’essi, ormai, sono il cuore pulsante di questo straordinario ristorante.

Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
La pagnotta, fatta con lievito madre.
pagnotta, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
E l’olio aretino prodotto a Loro Ciuffenna.

olio, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura

Poi le ciabattine e i sottilissimi grissini all’olio d’oliva.
pane, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Prima di tutto c’è l’Aulla in carpione, versione emiliana del fish & chips inglese. Disco di tempura con triotti (scientificamente rutilus aula) e gelato di carpione.
aulla, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
In via stella i sapori sono emanati in altissima definizione, a cominciare dagli appetizers: macaron farcito di coniglio alla cacciatora e baccalà e pomodoro, di rara intensità.
appetizers, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Chiude le quattro mini sequenze il borlengo con lardo e parmigiano.
appetizers, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Omaggio alla Normandia: la tartare di agnello pré-salé frollato crudo, alghe, acqua di ostrica, granita di sidro e gocce di menta (che evoca il giardino di erbe aromatiche dell’Abbazia del Mont-Saint-Michel).
ostrica, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Una lenticchia meglio del caviale. Le lenticchie sono cotte in un brodo di anguilla e colorate con nero di seppia. Alla base, una crema di rapa rossa e una creme fraîche con cetrioli.
lenticchie, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Sogliola mediterranea. Esplosione di mediterraneità ma anche omaggio alla Francia. Capperi, pomodoro, bergamotto, olive e salsa agli agrumi alla base e una sogliola cotta a bassa temperatura con una salsa alla mugnaia. Il tutto è ricoperto da un finto cartoccio fatto di acqua e sale.
sogliola, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Ravioli ripieni di rana pescatrice in salsa del proprio fegato e filtrato di coniglio alla cacciatora.
ravioli, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Una ceviche in autunno, a Modena. Uno straordinario omaggio al piatto simbolo del Perù, il cui sapore viene compresso in un’aria (i maestri omaggiano i maestri, in questo caso Adrià) intensa, sotto la quale si nascondono i sapori stagionali della città, ossia tutte le verdure autunnali che il territorio può offrire, dalla zucca alle castagne.
ceviche, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Cinque stagionature del Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature. È un piatto che ci sembra ogni anno migliore del precedente.
Parmigiano reggiano, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
La parte croccante di una lasagna non ha bisogno di presentazioni. Pochi assaggi da divorare. Una cialda croccante -e tricolore- di chips di pasta bruciacchiata con la fiamma ossidrica a ricordare la crosta bruciata, sormonta una besciamella di consistenza eterea che ricopre una straordinaria carne al ragù, cotta a bassa temperatura e mantecata con il midollo, probabilmente il vero ingrediente segreto ed imprescindibile della ricetta.
lasagna, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Arrivano gli utensili adeguati per uno dei capolavori del giorno.
posate, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Il già mitico “A volte germano, a volte pernice, ma anche bollito”. Omaggio alla storica ricetta di Antoine Carême presentata alla maniera di Ducasse, con qualche piccola, personalissima, licenza d’autore. Tanta Francia (nell’esecuzione), molta Italia (nelle salse di accompagnamento, peperone giallo, peperone rosso, salsa verde e mostarda di mela campanina).
Antoine Carême, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Piatto da mangiare in alternanza con un crostino di pane, burro e tartufo nero…
Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
…e con il “chawanmushi”, un budino giapponese di verdure fatto con un brodo “di tutto”.
chawanmushi, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Al confine tra il dolce e il salato ci sono gli straordinari tortellini del dito mignolo (piccolissimi!) con panna di affioramento e Parmigiano, da togliere il fiato.
tortellini, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Croccantino di foie gras. Un omaggio ad un altro grande maestro di Bottura, Georges Cogny. Una terrina di foie gras con cuore di aceto balsamico tradizionale di Modena, riserva speciale dello chef.
foie gras, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Tiramizucca. Divertissement stagionale di uno dei dolci più amati dagli italiani. Eccezionale nella consistenza, un tiramisù in cui il sapore della zucca spicca più di qualsiasi altra cosa.
tiramizucca, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Oops! Mi è caduta la crostatina al limone… che non ha bisogno di presentazioni.
oops, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Un nuovo, buonissimo e divertentissimo dessert, omaggio all’America:
dessert, america, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Pop corn.
pop corn, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Una piccola, grande, pasticceria favolosa.
piccola pasticceria, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Macaron foie gras e tartufo.
macaron, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
La versione in miniatura di Camouflage (lepre e cioccolato).
camouflage, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
e un omaggio a Vignola (ciliegia liquida).
vignola, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
sala, Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura
Osteria Francescana, Modena, Chef Massimo Bottura

Articolo co-firmato da Andrea Grignaffini
Uscita contemporanea su lucianopignataro.it

Con questa recensione inauguriamo un nuovo simbolo, lo SFONDO PLATINO, che assegneremo a quei cuochi che si sono particolarmente distinti per aver creato uno stile molto personale e quindi unico, che certamente avranno un posto di prim’ordine nella storia della cultura culinaria mondiale.
Un riconoscimento a quanto fatto e in molti casi a quanto continuano a partorire per l’alta gastronomia.

Un’opera di trasposizione. Così potremmo definire, in poche parole, la cucina di Massimo Bottura: un testo dove si intersecano tecniche, ingredienti, culture, sensibilità e conoscenze in grado di generare, nel piatto, un unicum culturale totalmente personale. E il suo è un unicum autentico, giacché non sussiste alcun punto di riferimento, né storico né attuale, che possa avvicinare lo chef modenese a chiunque altro.

Ovviamente non stiamo parlando solo di cucina, ma di un’attività intellettuale di grande profondità e spessore, da indagare mediante lo spettro multidisciplinare di solito riservato all’opera artistica. E difatti, proprio come un grande artista, Bottura continua a reinventare, anzi a trasporre, portando su piani avanguardistici la tradizione tutta, non solo, ma anche e soprattutto italiana.

Sa inebriare aggiungendo stimoli, spunti di riflessione e verità sempre rispettando la tradizione senza mai violentarla. E poi inventa. Come i percorsi in cui, ad esempio, raggiunge il risultato inebriante del profumo della pizza usando ingredienti completamente altri e fornendo, tra le altre cose, anche spunti di riflessione sulla cucina come possibilità di trasposizione dell’opera d’arte. Prendiamo per esempio la sua pernice “à la royale”: essa rispetta la ricetta, ma lo fa attraverso un percorso attorno al globo che mai nessuno, all’infuori di lui, poteva concepire e realizzare.

Tecnicamente, si tratta di una royale alla francese perfetta, con una salsa dalla consistenza morbida e sugosa, complice il goloso ripieno di foie gras; ecco, questo dice il palato. Eppure, non tutto è quello che sembra. Il foie gras è sostituito dalla testina del maiale, mentre la salsa è realizzata con caffè e fave di cacao che le permettono di raggiungere l’eleganza di una salsa civet attraverso un mole messicano. Il risultato? Fenomenale, spiazzante, inebriante, ma sopratutto buono, buonissimo. Così come dovrebbe essere la cucina stessa, che è sì l’opera di un prestigiatore, un illusionista e un artista, ma anche l’opera di un genio che inanella piatti ed espressioni tendenti alla perfezione, ma con un approccio apparentemente istintivo e ricco, al contempo, di controllo e padronanza. Del resto, è come se operasse nell’arte pittorica: Massimo Bottura padroneggia le tecniche e la cultura figurativa del mondo intero rievocando in ogni piatto tutta la conoscenza del mondo per poi disperderla, annientarla e ricostruirla su altri paradigmi, con altri ingredienti, attraverso altre forme. Se ne deduce un livello di complessità poderoso: e difatti ogni piatto, per qualsiasi altro chef costituirebbe, più o meno, un intero menù degustazione mentre qui è opera nonché l’espediente per una riflessione, veicolo di una sensazione gustativa e di un trasporto papillare unico, contenitore di frammenti esistenziali che, uniti tra loro, sublimano in una cucina che è un’opera unica.

Del resto, se la scorsa decade del nostro millennio è stata cadenzata incessantemente dalla destrutturazione Adrianesca, questa decade è certamente il periodo della Trasposizione Botturiana; un momento cui tutto sembra fedele a se stesso, alla tradizione, senza non solo i confini italiani ma di tutto il mondo, ma che in realtà è frutto di uno stravolgimento e una concentrazione culturale assolutamente straordinaria. E unica. E possibile, peraltro, solo tra le mani di un genio superiore e in un unico luogo del mondo, la sua Osteria Francescana, appunto, che fa riflettere, fa pensare e fornisce stimoli culturali continui. Ma sa anche far gioire le nostre papille che trovano qui la possibilità di esperire una persistenza e una lunghezza gustativa senza pari, e senza ancoraggi, per giunta. È facile comprendere come qui si viene, in effetti, in pellegrinaggio, e a giudicare dal fully booked costante non siamo gli unici a pensarla così. Certo, molti proveranno invidia, tenteranno lo sgambetto oppure, per troppa audacia, si sentiranno autorizzati a provare di tutto pur di demolirlo. Ebbene, sarà un’impresa davvero ardua. Perché qui siamo di fronte all’unico luogo dell’ecumene dove l’arte diventa commestibile, e chi ha la fortuna di vivere in questo tempo non deve farsi scappare questa possibilità.

Quindi correte, mettetevi in coda al telefono o sul web al primo di ogni mese, giorno in cui vengono aperte le prenotazioni per l’intero mese fino a tre mesi di distanza. A Marzo, il primo di marzo, per esempio, quando apriranno le prenotazioni per il mese di Giugno.

Una chiusura importante del cerchio, con gli occhi del mondo puntati addosso, è da riferirsi allo straordinario gruppo che segue, come un punto di riferimento unico, il proprio condottiero. Qui la sala, capitanata da Beppe Palmieri, e la cucina è composta da una squadra di uomini e donne che, vuoi per selezione naturale vuoi per ambizione personale, giacché è difficile stare dietro alla velocità del capo, ha incredibili doti e capacità non comuni.

Quindi Chapeau, Hoed, Quabea, Barret, Sombreiro, Maozì, Hat, Chapo… insomma, in tutte le lingue del mondo!

Aula in carpione, Borlengo e coniglio, Baccalà mantecato… i benvenuti della cucina.

Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Ceviche in pannocchia tostata.
ceviche in pannocchia, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Il primo abbinamento… un fantastico Sake allo Yuzu.

sake allo yuzu, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Miseria e Nobiltà: Ostrica in panure di erbe con brodo di prosciutto (e non solo, anche croste di parmigiano e tanto altro). Un inizio fenomenale.

miseria e nobiltà, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Il secondo abbinamento: Vermouth bianco e tonica…

vermuth bianco, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Lenticchie quasi meglio del caviale: Salsa di rapa rossa, lenticchie cotte nel brodo di anguilla e colorate al nero… una creme fraiche alla base di sapidità, acetica e concentrazione ittica fenomenale!520

Abruzzo: gelatina acida allo zafferano (anche qui il ricordo di un carpione, acetico) che copre della testina di Maiale, dello sgombro ed una crema di aneto, ruta e altre erbe.

abruzzo, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Accompagnato da un sidro micidiale…

sidro, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Chitarra con ricciola bruciata e passata di pomodori verdi affumicati: gel di pomodoro verde grigliato, spaghetti cotti in un brodo di pomodoro rosso filtrato e chiarificato.

chitarra, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

E il curioso cocktail in abbinamento…

cocktail, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Si parte con l’accompagnamento enoico.

prum, vino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Uno spaghetto a Okkaido: vongole e ricci di mare, una panure d’erbe e un riscontro di affumicato che pare bacon, ma è ottenuto dal brodo di riduzione delle vongole. I ricci arrivati direttamente da Okkaido hanno completato l’opera.
spaghetto, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Zuppa di pesce: con a fianco il concentrato di brodo… un piatto da ola carpiata.

zuppa di pesce, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Polenta e riso come una pizza: farina di polenta abbrustolita, crema di pomodoro nascosta e riso mantecato al latte di bufala. Al naso e in bocca un pizza, fragrante, appena sfornata.
Polenta e riso Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

La birra abbinata… what else?

clandestino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Autunno a New York: zucca, frutti rossi, zucchina…

zucca, frutti rossi, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

…completato da un brodo di funghi, tartufo e altre mille diavolerie: da picchiare la testa contro il muro.

brodo Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Un grande Whisky ad accompagnare.

whisky, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

“These little piggies went to the market”: il giro del mondo con il maiale. America del sud, Africa, Asia, Nord America ed Europa. Differenti tagli del maiale abbinati a spezie di ogni singolo continente… un profumo inebriante ed un divertente, ma centratissimo, giro culturale.
maiale, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

E un idromiele, che con il maiale è perfetto!

idromiele, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

L’amaro di questo fantastico Barolo chinato…

barolo, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

…per il piatto dei piatti: a volte pernice, a volte germano… anche bollito, in salsa civet o mole.
pernice, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Accompagnato da crostino di pane, burro e tartufo.

crostino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

E il terzo servizio: brodo di funghi e tartufi, una royale (o chawanmushi, che dir si voglia) al vapore sul fondo, dischi di verdure a completare.

brodo di funghi, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Caesar salad in bloom.caesar salad, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Un tortello di zucca che vuole diventare un cannolo alla siciliana.

tortello di zucca, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

In abbinamento al piatto un ottimo Vermouth rosso.

vermouth, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Yellow is bellow: la reinterpretazione della torta mimosa.

yellow, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Nuove sfide.
Le uniche in grado di spazzar via la monotonia e scrollare di dosso la polvere della stabilità, della sicurezza, della routine.
Lo straordinario che diviene il nuovo, non in quanto favoloso bensì inteso come non-ordinario, in senso letterale.
Rimettersi in gioco: aria nuova, nuovi confronti, scommesse azzardate.
Arrampicarsi faticosamente in cima e, una volta raggiunta la vetta, spazzare via tutto per ricominciare, per tentare di tornare ancora più in alto.

Che sia una forma di lucida follia? Può darsi, certamente ci vuole un briciolo di irrazionalità e, comunque, tanto coraggio. Un vero e proprio sport estremo, nascosto nelle pieghe dell’ordinario.

Yoji Tokuyoshi in cima ci è arrivato, passo dopo passo, a piccoli passi. Nove anni trascorsi tra routine, perfezionismo, ripetitività e testardaggine. Un lavoro come tanti il suo, non fatto come tanti ma meglio di tutti, fianco a fianco dello chef del momento. Per questo, una delle posizioni probabilmente più invidiate nel settore: secondo di Massimo Bottura in Osteria Francescana. Colui che, in assenza del leader Maximo, dirige le cucine di uno tra i migliori ristoranti sull’ecumene terrestre, il ristorante che ha riscritto le pagine della gastronomia italiana degli ultimi anni. Anni di fatiche, certo, di sforzi, di sudore, vissuti non da stagista capitato nel periodo fortunato ma da asse portante, da ruota sterzante del carro.
Fatiche ripagate da un vero e proprio trionfo unanime di critica, pubblico e parere di colleghi.

Poi un bel giorno ti svegli e, come un fulmine a ciel sereno, decidi che non è più tempo.
Basta così.

Nonostante l’altissimo livello, forse la vita da “secondo” inizia a stare stretta. Cancellato tutto, si ricomincia da zero. Un nuovo ristorante, dove metterci la faccia, il nome, e assumersi la totalità degli oneri, dei fardelli che una scelta del genere porta con sé, con benefici, certo, ma soprattutto con rischi, talvolta, anche altissimi.

Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano

Ma del resto, “chi lascia la strada vecchia per la nuova…”
Un adagio popolare, che mal si addice alla straordinarietà tuttavia, in questo come in molti altri casi, serba un pizzico di verità.
Nove anni in un team d’elite, ai comandi di una macchina vincente, forgiano una mentalità indiscutibilmente vincente e un approccio, forse, di beata sicumera. Ma, dura lex valida per tutti i campioni, è necessario che la totalità dei tasselli siano al posto giusto per continuare a primeggiare, ed è per questo che questo nuovo attore della cucina contemporanea italiana, a tratti, sembra vacillare.

In via San Calocero, a Milano, risiede oggi indubbiamente un campione, che non riesce però ad esprimersi come tale in quanto le condizioni per farlo, ancora, non ci sono.

È per questo che la cucina di Tokuyoshi è, tuttora, un continuo e inesorabile richiamo alla Francescana, una continua e indefinita citazione sul filo che separa la forma mentis dal plagio; e infatti, se molte delle piccole idee, come germogli, a Modena trovavano terreno fertile per divenire grandissimi piatti, a Milano rimangono in stato embrionale, soffocati dalla carenza di terra e acqua.
Un continuo toboga in bilico tra sottocoppia e fuorigiri, con piatti che giungono in tavola portando in dote temperature incorrette, carenze di contrasti, deficit di concentrazioni o ridondanze evidenti intervallati ad altri nettamente più risolti e compiuti, che mostrano chiaro e limpido l’ingombrante background di colui che li ha pensati ed eseguiti.

Come un germoglio in stato di sofferenza, Yoji sembra risentire della mancanza di un team affiatato, in grado di affermarsi come tale durante tutta la sintassi del pasto, in tutti quei passaggi che dividono l’idea dal piatto perfetto: è per questo che, al momento, questa tavola fatica a trovare -e a mantenere- tanto la  rotta quanto la velocità di crociera.

Può un grande Secondo diventare un grande Chef? Certamente, a patto però che si ripristinino tutte le condizioni di partenza, perché il solo background rischia di restare una fondamenta priva di sostanza.
Come un pregiato tondino d’acciaio, che rimane tale senza la presenza degli indispensabili acqua e sabbia necessari per divenire cemento armato.

Gli Appetizer, che seguono la scelta del menù.
Nel nostro caso quello più ampio (chiamato “Sensazioni”, con un evidente richiamo al suo maestro), che negli otto mesi dall’apertura ad oggi è già stato ritoccato verso l’alto nel prezzo, da 80 a 100 Euro.

Appetizer, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Bruschetta di canocchie”.
Piatto essenziale, che risente della non rilevante qualità della canocchia. Decisamente migliore il brodo di crostacei in accompagnamento, concentrato e carico di umami, da bere in chiusura.
bruschetta di canocchie, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
La prima bottiglia, per iniziare.
champagne, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Cannolicchi nel porro”.
Piatto goloso, che però trova a fatica un punto d’incontro tra la natura filamentosa del porro e quella gommosa del cannolicchio. Nemmeno la concentrata salsa di caciucco, versata a finire il piatto, riesce a creare una doverosa amalgama.
cannolicchi nel porro, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
cannolicchi nel porro, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Sarde bruciate non bruciate”
Pregevole la presentazione (nonostante “l’ispirazione” evidente, tanto nello stile quanto nel nome), che utilizza la tecnica Gyotaku per la stampa della testa del pesce sul piatto. Peccato che il riscontro al palato sia alquanto basilare, ovvero poco altro che un filetto di pesce, nulla più nulla meno.
sare bruciate, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Scampi a merenda”.
Uno scampo, tagliato longitudinalmente e unto con dell’olio siciliano, farcito con del mascarpone all’interno del carapace. Vista l’esiguità e la difficoltà di estrazione del formaggio, all’atto pratico uno scampo all’olio. Evidente inoltre l’eccesso di grassezze e la carenza di contrasti.
scampi, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Il secondo vino, scelto come sostituto ad un altro presente in carta ma non in cantina.
vino, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Lumache & Anguille nella vigna”
Ci risiamo: ispirazione evidente oltre ogni spiegazione, tanto nel nome quanto nell’impiatto, purtroppo non nel risultato finale. Fungo, anguilla, lumaca, salsa, foglie, lardo di Colonnata: oltre alla ridondanza, ogni ingrediente prende una strada differente dagli altri, senza mai raggiungere una fusione auspicabile.
lumache, anguilla, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Risotto alla milanese sempre croccante”
Altro giro, altra… ispirazione: piatto molto, molto simile ad uno del 2011 già provato a Modena. In ogni caso, qua il passo cambia, la portata si rivela piacevole, golosa e divertente.
risotto alla milanese, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Riso all’olio con pelle di pomodoro.
Altro piatto ben riuscito, rivolto prettamente verso le note dolci ma equilibrato e piacevole. Cottura magistrale del riso e ottima mantecatura.
riso all'olio, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Il terzo vino, scelto come sostituto ad un altro presente in carta ma non in cantina (no, non è un maldestro copia-incolla non corretto dal vino precedente).
vino frappato, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
“Piccione”.
Il piatto della serata: davvero eccellente, con il piacevolissimo contrasto tra lo jus e la nota pungente-piccante del rafano.
Praticamente inutile invece il dolce bicchierino di succo di pomodoro, servito a parte, in quanto non complementare al piatto.
piccione, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Il predessert: meringa, erba fungo, zafferano.
predessert, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Il dessert, “Cemento e Terra”.
Dolce molto, molto buono, dallo stile moderno ma gradevole e sostanzioso. Meringa al carbone vegetale, gelato al topinambur, mascarpone, crumble salato al cacao.
dessert, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Il bancone ereditato da Wicky’s, il predecessore. Chiedete espressamente di volervici sedere all’atto della prenotazione, se gradite.
banco, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
banco, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano
Curiosi dettagli all’ingresso.
dettagli, Tokuyoshi, Chef Yoji Tokuyoshi, Milano

Osteria Francescana e Massimo Bottura.
Non sempre è facile distaccare sé stessi dalle proprie creature e trovare una collocazione importante anche fuori dal proprio naturale habitat. Perché alla volte è la creatura stessa che piano piano ti divora e prende possesso di te, tanto che tu senza di lei non esisti più per il mondo lì fuori.
Con i ristoranti capita spesso.
Siamo stati abituati per anni a pensare al cuoco in cucina, quello che parla solo ed esclusivamente attraverso i suoi piatti, nel suo ristorante, e non può ambire a generare cultura, figuriamoci ad influire sul sociale.
Forse dobbiamo cominciare a modificare i nostri paradigmi.
La sensazione è che quanto accade all’Osteria Francescana non sia più l’unica cosa importante.
E’ solo una parte di un complesso mosaico, in cui un pezzo perde di senso senza l’altro. Proprio come nella vita di ognuno di noi, dove è impossibile trattare gli avvenimenti a compartimenti stagni.
A seguito di un lungo percorso, che non è mai stato agevole se non negli ultimi anni, per Bottura è arrivata la possibilità di affermarsi sempre di più come entità singola, o comunque come portavoce di un gruppo. E forse la novità è proprio che “il sistema Italia”, probabilmente complice l’evento Expo, questa volta sta lasciando le chiavi in mano a una persona.
L’Osteria Francescana diventa quindi la casa in cui rifugiarsi e trovare serenità e tranquillità, ma non è più l’unico luogo in cui dare forma al pensiero dell’uomo. Come per l’artista, non è un solo museo il veicolo per la sua espressione.
E’ il mondo il palcoscenico attuale.
Un mondo fuori via Stella, fatto di azioni, di frasi, di pensieri, che stanno rendendo Massimo Bottura sempre più simile a un artista o un leader. E in cui le immagini di Lara Gilmore, sua moglie, e di tutta la sua famiglia “allargata”, assumono un ruolo centrale nell’espressione del pensiero. Come è normale che sia per ogni essere umano che decida di condividere un percorso di vita con alcune persone.
Questo rende tutto terribilmente più complicato, ma incredibilmente affascinante. Pensiamo di poter dire con assoluta leggerezza che non c’era mai stato in Italia un cuoco che partendo dalla sua cucina fosse riuscito a fare ciò che avviene alla Francescana.
Il cuoco diventa un punto di riferimento per la comunità e la cucina assume sempre più la forma di un gesto sociale.
Con questo non vogliamo dire che l’Osteria Francescana abbia perso senso o cambiato il suo modo di porsi.
Tutt’altro.
E’ tappa imprescindibile per visualizzare il disegno completo.
Chi non ama o semplicemente non vuole porsi domande, può venire in via Stella e godere di una delle cucine più potenti del panorama mondiale.
Immediata, eppure così profonda, una matrioska di sapori e sovrapposizioni a disposizione di ogni cliente: il più pigro godrà della mirabile impostazione classica, una superficie consolatoria al limite del gourmand, il più ardito cercherà gli strati più profondi di queste preparazioni incredibilmente strutturate e minuziosamente costruite. Non c’è nessuno spazio per la improvvisazione in queste creazioni, vere e proprio installazioni in cui si percepisce l’estenuante lavoro di progettazione.
Anche per questo non vedrete all’Osteria Francescana variazioni stagionali del menù creativo: non ce ne sarebbe la possibilità e, forse, nemmeno il senso.
Sostenibilità, recupero, promozione del territorio: sono tutti spunti su cui ragionare e che non trovano casa in un punto preciso.
Torniamo quindi a fatica a ricollocare la nostra attenzione su quello che succede tra queste mura, ma la nostra mission ce lo impone.
Torniamo a parlare di una grande sala, fatta di ragazzi giovani, preparati ed entusiasti.
Guidati da un “cameriere” (al secolo Giuseppe Palmieri) che, come tutte le personalità sotto i riflettori, divide il pubblico, tra chi lo ammira e chi invece ne ha scarsa considerazione. Noi crediamo che andrebbero riconosciuti i meriti della crescita di questo luogo a chi questo luogo l’ha visto crescere e l’ha cullato amorevolmente. Crediamo che non esista un grande ristorante senza un grande direttore di sala.
Forse è vero che l’abbinamento vino avrebbe bisogno di qualche bottiglia di maggiore valore (non prettamente economico), o di maggiore varietà nel tempo, ma è anche vero che questo ristorante gira come un orologio svizzero ed il merito è anche di chi questa sala la vive quotidianamente.
Torniamo a parlare di piatti, di ingredienti, di cibo.
Torniamo dunque a parlare di questo nuovo menù Sensazioni, la prosecuzione logica del cammino iniziato con “Vieni in Italia con me”. Una prosecuzione nel segno della pulizia, gustativa e visiva, del neoclassico, della riscoperta di antiche ricette regionali portate al massimo livello possibile.
Ci sono delle riproposizioni, come la Ceasar Salad o l’Ostrica in Pineta, ulteriormente perfezionate e migliorate.
E poi ci sono le novità, con una vetta assoluta raggiunta nei ravioli di anguilla e alzavola, omaggio al Delta del Po e alla cucina rinascimentale della corte Estense.
Cucinare come si cucinava 500 anni fa, ma con la sensibilità e le conoscenze attuali.
C’è bisogno di tornare molto indietro per poter continuare ad andare avanti.
Senza dimenticare quello che succede oltre il muro, mai, come oggi, così parte dell’insieme.

Aulla in carpione.
Baccalà, pomodoro e cappero.
Macaron al pomodoro con farcia di coniglio.
Aulla, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
baccalà pomodoro, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
macaron, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ostrica in pineta.
Ostrica leggermente affumicata panata alle erbe, acqua di ostrica. Un piatto del 2014 riproposto in maniera ancora più convincente, con tutto il gusto dell’ostrica maggiormente sotto i riflettori.
ostrica pineta, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Distillato di Genziana di Boroni.
distillato genziana, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Moeche e Polenta in due versioni
Tortino di granchio con polenta croccante e gel di limone.
Brodo di mais affumicato e crema di granchio.
La prima novità è di quelle che fanno sobbalzare dalla sedia. L’idea di fondo è quella delle moeche con la polenta, quindi ancora alto Adriatico nel cuore e nell’anima. Ma quanto disposto sulla tavola non è altro che il mezzo attraverso cui permettere alla mente di viaggiare intorno al mondo.
Ci sono due modi diversi di intendere la cucina, a stretto confronto.
Un tortino “borghese”, intenso, morbido, gourmand, a ricordare vagamente la “crab cake” di Boston; l’immagine visiva che diventa racconto, con il granchio che si libera del suo carapace, proprio come avviene in fase di muta.
E poi il genio che si libera in un brodo di rara intensità, degno delle migliori tavole di Kyoto.
Ancora polenta, ancora moeche, ma in una energia travolgente e sconvolgente.
Dal Delta del Po al resto del mondo, andata e ritorno.
mosche, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Pecorino 2013 Tiberio.
vino, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Melanzana, calamari, pomodori, olive e capperi.
Brodo di olive, capperi e pomodoro; tempura di melanzane; calamari. Continua la grande attenzione per le tecniche giapponesi. La tempura è lievissima e riesce perfettamente a imprigionare tutto il gusto della melanzana. Ma è ancora una volta protagonista il brodo, un concentrato di italianità dalla persistenza infinita.
melanzane calamari, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ravioli Delta del Po.
Raviolo di anguilla, fondo di alzavola e melograno. Un urlo assordante. Questo piatto rasenta davvero la perfezione, sia dal punto di vista concettuale che da quello gustativo.
Un viaggio a ritroso nel tempo, alla corte Estense, alle idee di Cristoforo di Messisbugo, per ritrovare nel passato tutta l’energia da trasferire al presente. Questo è davvero il Delta del Po.
Se solo uno degli ospiti stranieri che frequentano queste mura, ignaro di cosa sia il Delta, andasse su Google a cercarne la storia e la realtà, il gesto sociale del cuoco sarebbe portato a compimento.
Cibo veicolo di cultura e conoscenza.
Raviolo Delta del Po, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento a questi ultimi due piatti: Malvasia 2010 Damijan.
Malvasia, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Astice in doppia salsa spumosa al riesling.
Astice cotto a bassa temperatura, funghi, tartufi, salsa alla bisque e salsa al riesling. Piatto che ammicca fortemente alla classicità francese (nella salsa al riesling, una piccola dose di panna rimanda ad alcune grandi tavole d’Oltralpe), riempie la bocca pur mantenendosi leggero e fresco grazie a una spiccata acidità delle salse. Una sottile nota piccante caratterizza la salsa alla bisque, di rara intensità. Forse difficile trovargli una collocazione concettuale all’interno di questo menù, ma è un piatto che riprenderemmo alla carta a occhi chiusi.
Astice in dubbia salsa, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Astice in doppia salsa, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Farewell Timorasso 2011 – Massa.
Farawelll timorrasso, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Intervallo: rinfreschiamo l’ugola. Gocce di limone concentrato, Mosto d’uva parzialmente fermentato Filari Corti Carussin, Pecorino Tiberio e gazzosa Lurisa. Break on through to the other side!
Intervallo, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
rinfrescante, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Cesar Salad.
Quasi un classico ormai, ulteriormente migliorato nelle proporzioni. 22 tipi di condimenti nascosti nel cuore dell’insalata. Sempre geniale.
Caesar salad, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Birra Beltaine castagne e ginepro.
Birra Beltaine, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Birra Beltaine, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Lo spaghetto che vuole diventare una lasagna.
L’evoluzione 2015 del piatto “La parte croccante della lasagna”. Gli spaghetti vengono cotti, frullati, uniti in impasti diversi con pomodoro, spinaci/bietole e parmigiano. Se ne ricava quindi una pasta che, una volta essicata, permette di ottenere il velo tricolore. Prima del servizio, viene passato al grill per donargli quel sentore di bruciato tipico, appunto, della crosta della lasagna. Alla base un ragù di coda, guancia e lingua di vitello e una crema leggera di parmigiano.
Questo è il piatto da palcoscenico, da esportazione. Lo sa, e non fa nulla per nasconderlo: bandiera italiana a far bella mostra di sé, morbidezza, gusto, contrasti. La lasagna è pronta a fare il giro del mondo.
la parte croccante della lasagna, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Ribolla 2010 Damijan
Ribolla damijan, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Inverno
Zucca, castagna, tartufo nero, erbe aromatiche, foie gras e brodo di funghi. Non è una novità quella di rappresentare in pochi cm^2 una stagione. Ma non tutti ci riescono così.
inverno, zucca, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Oh deer!
Cervo e foie gras.Infusione di marasche, petali di rosa e pepe rosa.
Rafano grattugiato.
Impronte: rosa, erbe aromatiche, erbe bruciate, frutti rossi, limone e polvere d’oro.
Un piatto davvero pop nella sua componente visiva. Si parte da una base fortemente classica (la carne con la salsa) per muoversi a passo di funk. O dall’idea mitteleuropea che vede associare la selvaggina a qualcosa di dolce (spesso marmellata) per arrivare a questa infusione dolce ma sferzante nella sua acidità. Con il pepe che esce piano piano.
E poi le finte impronte, dalla realtà (i frutti rossi, il bosco) fino al sogno (i limoni e l’oro, acidità e pulizia).
Questo è avere una visione nitida di quello che si vuole fare.
cervo e foie gras, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
cervo e foie gras, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Passo Nero 2011 – Arianna Occhipinti.
passo nero, occhipinti, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Tortellini tradizionali in crema di Parmigiano Reggiano.
Una nostra richiesta esplicita, per appagare il bambino che è in noi. C’è voglia di futuro…
Tortellini tradizionali, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
…magari direttamente dalla pentola.
tortellini direttamente dalla padella, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Trebbiano 2011 Tiberio Fonte Canale
trebbiano, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Predessert – Rosso: radicchio, rapa rossa, alkermes, concentrato di melograno, yogurt e aceto di mele. Il predessert che voleva essere un dessert. E potrebbe tranquillamente anche esserlo.
Pre dessert, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Una passeggiata nel bosco.
Topinambur, nocciole, erbe, gelato ai frutti di bosco. Prima di tutto una bellissima presentazione. Poi tutte le essenze, le concentrazioni, che hanno fatto grande questa tavola.
una passeggiata nel bosco, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ravioli di cioccolato e lenticchie, salsa al panettone, lenticchie e oro.
La ricchezza (oro) nel recupero (panettone), la rottura tra dolce salato (dove finisce uno e inizia l’altro?), lo studio della forma e dei colori (sembra un quadro di Klimt): tutto è costruzione maniacale, tutto è studio esasperato nel minimo dettaglio.
Raviolo di cioccolato e lenticchie, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Pane e oro.
Ecco il piatto pensato per l’Expo 2015.
Tre semplici ingredienti: latte, pane vecchio, zucchero.
E poi l’oro, a rappresentare la nobiltà che si può ritrovare anche negli ingredienti più semplici. Il ricordo del bambino e di una Italia che forse non c’è più (il pane inzuppato nel latte e zucchero) diventa il presente e, attraverso il gesto del recupero, si trasforma in un atto etico e in un simbolo di sostenibilità. Si trasforma, quindi, in futuro.
Spuma di pane tostato, cialda di zucchero e polvere d’oro, caramello salato, gelato di latte e zucchero.
Nutrire il pianeta, energia per la vita. Ci sembra un dessert sufficientemente significativo.
Pane e oro, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Piccola pasticceria
Piccola Pasticceria, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena