Catelvecchio e l’Arena sono due tra i più celebri monumenti di attrazione turistica della bella Verona. Esattamente tra questi due riferimenti storici, in una viuzza un po’ nascosta, sorge, culinariamente parlando, un altro punto di riferimento scaligero, l’Oste Scuro. Dal 1998 al timone di questa nave, perché di solo mare parla il menù, c’è Simone Lugoboni. Poche idee in testa ma molto chiare: servire il miglior pesce della città senza cercare abbinamenti improbabili né complicarlo con lavorazioni superflue.
Il locale, lo si capisce appena entrati, cerca di andare incontro ai gusti un po’ di tutti. Tre piccole sale con muri originali del settecento danno quel tocco di storicità che non può mancare, i tavoli molto, forse troppo, ravvicinati lo rendono sia romantico che informale, il parquet e le travi a vista dei soffitti bassi scaldano l’ambiente senza però renderlo soffocante. A confermare il fatto di essere in un ristorante e non in un’osteria, oltre ai prezzi, ci pensano i ragazzi di sala, sorridenti e premurosi, capitanati dagli ottimi Igor Sartori e Simone Marchesini, entrambi con esperienze importanti alle spalle. La carta dei vini è coerente con lo stile del locale, e senza voler sorprendere presenta una buona selezione di etichette “VIP” con tutti i rincari del caso.
La cucina di Lugoboni si presenta semplice per volontà ma non per questo banale. L’impressione che il cuoco possa fare di più certamente c’è, data anche la sua gavetta in giro per l’Italia e le esperienze transalpine. Va detto però che l’Oste Scuro vive di una clientela indigena affezionata e questo potrebbe averlo indotto a cucinare più secondo il gusto del cliente che secondo il proprio. Scelta assolutamente legittima. Gli antipasti di crudo rendono giustizia alla nomea del locale, con una materia prima ittica di grande livello. All’oste Scuro è doveroso provare le ostriche, tra le migliori che si possano trovare nel panorama regionale. Notevole anche la selezione di caviale. Qualche incertezza invece nel momento in cui il pesce è stato lavorato, modificato, manipolato o semplicemente cotto, come nel caso dei gamberi rossi con la pappa al pomodoro o nel San Pietro fritto in verticale, tecnica che conferisce al pesce stopposità e secchezza. D’altro canto molto golosi gli spaghettoni con ricci di mare e burrata, dove, anche se il riccio si perde un po’, la mantecatura della pasta rende ogni boccone pieno ed avvolgente.
Simone Lugoboni è uno chef curioso, attento ai dettagli ed entusiasta. Siamo certi che in un futuro la sua mano già capace e sicura, possa risultare un po’ più incisiva, regalando maggiori emozioni e piatti che possano essere ricordati oltre che per la materia prima anche per la loro lavorazione.
Una passeggiata per il centro storico di Verona rimane comunque un’ottima scusa per provare la cucina dell’Oste Scuro, dove a breve sarà possibile anche cenare in un delizioso cortiletto interno.
Una delle salette del locale
Un aperitivo, calamaretti spillo fritti. Molto Buoni
Il pane caldo. Decisamente deludente
Le spettacolari ostriche. In alto una “Belle de selection”, in basso una “Speciale de marine” e a sinistra una ”Speciale de Utah Beach”
Il burro salato e lo scalogno in aceto da affiancare alle ostriche.
Piatto di crudità. San Pietro con timo, calamari con bottarga, pesce Limone o pesce Serra, scampo sardo al naturale con basilico e ventresca di tonno con salsa di soia e capperi. Pesce di qualità, piatto semplice ma appagante.
Piatto di antipasti caldi. Tonno scottato con caponata, pappa al pomodoro con gamberi rossi, seppie al nero con crema di patate e capperi fritti. Poco incisivi gli abbinamenti tra pesci e verdure. Ottima invece la caponata.
Spaghettini con alici di Menaica, capperi e origano. Spaghetto ben mantecato ma sapidità fuori controllo.
Ricciola, passatina di ceci e funghi glassati. Pietanza servita per arginare un errore di tempistica della cucina. Molto bravi.
Spaghettoni con ricci di mare e burrata. Golosi
Il nostro San Pietro pronto per la frittura
Il nostro San Pietro dopo la frittura
La sua testa, da sgranocchiare
La maionese da accompagnare al nostro pesce. Buona ma purtroppo un po’ slegata
Il nostro compagno di viaggio
Sorbetto di pesca e champagne e gelato alla liquirizia. Un gradito pre dessert
Mousse al cioccolato con sale Maldon e olio extravergine di oliva. Dolce semplice ma molto gustoso.
Semifreddo al pistacchio di Bronte con salsa ai lamponi. Temperatura di servizio da rivedere ma dolce intenso ed equilibrato.
Spuma di yogurt e fragole. Fresco e semplice.
Per concludere una buona sbrisolona
E’ una città piena di storia Bressanone, pardon Brixen. Tra l’altro è anche strategica come punto di appoggio per golose scorribande nell’Alto Adige versante gourmet, vista la sua posizione al centro della Valle Isarco da cui è facile raggiungere la sempre più nutrita comitiva di chef stellati tirolesi.
Passeggiando per le stradine del borgo vescovile si respira realmente l’aria di un luogo ad alto tasso culturale e i negozi del moderno sistema consumistico sono ben incastonati in un quadro dominato dall’architettura medievale e dall’austerità degli edifici.
Chiese e torri, affascianti e robuste, come il palazzo che ospita l’Oste Scuro, una delle costruzioni più antiche della città che affonda le sue radici addirittura al 13° secolo.
La genesi che ci porta oggi in dote l’Oste Scuro è una serie di avvicendamenti curiosi, cominciati nel 1743 quando in questi ambienti riservati ad abitazione dei canonici del vicino Duomo si faceva di tutto tranne che dimorare: il realtà qui c’era una vera e propria Osteria, in cui i canonici stessi servivano il vino dei contadini ottenuto come tributo. All’imbrunire in teoria era vietata ogni attività, anche quella di accendere le luci, ma in pratica si continuava a bere serenamente anche al buio, da cui il nome Oste Scuro.
Alla fine del 1800 la proprietà passò nelle mani di Anton Mayr e da allora due caratteristiche dell’Oste Scuro sono rimaste pressoché immutate: la gestione della famiglia Mayr (oggi c’è Hermann al comando) e la frequentazione di personaggi famosi che hanno reso celebre questa elegante Osteria.
Che un locale sia meta prediletta di alti prelati o importanti politici, di solito, è un chiaro indizio che siamo lontani dalle alte pretese di un gusto squisitamente gourmet. Ma non è il caso dell’Oste Scuro, che al netto delle foto degli ingombranti ospiti che vi avranno preceduto negli anni, saprà invero garantire una cena o un pranzo veramente piacevoli. Sale calde e accoglienti, estrema cortesia e professionalità nel servizio, buona carta dei vini e un menù costruito con intelligenza sulla tradizione gastronomica locale: in particolare le carni, la selvaggina, le paste ripiene e i formaggi, il tutto confezionato con attenzione e dopo una buona ricerca di produttori locali.
Alle volte non serve poi molto per accendere un po’ di luce in luoghi apparentemente “oscuri”.
Una delle belle sale dell’Osteria.
Pani e grissini da farina biologica.
Dal momento che siamo singoli avventori un gradito segno di cortesia con l’offerta di giornali e riviste da leggere in attesa delle pietanze.
Testina di Vitello (pancia e lingua) con croccante di formaggio “Graukäse” e vinagrette di verdure, chutney di cipolla rossa.
Variazione di caprino del Maso “Blauschmied” con chutney di zucca.
“Schlutzkrapfen” ai spinaci con formaggio “Graukäse” della Valle Aurina.
Filetto di cervo della riserva di caccia di Funes, con salsa al pepe, patate alla mela (il piatto migliore).
Canederli dolci alla ricotta e nougat con zuppetta di mela cotogna.
Particolare della sala principale.
La Stube in cui era solito consumare i pasti un cliente importante…
La foto ricordo di un’altra visita “importante”: sembra che quel giorno ci fosse solo un menù vegetariano per fortuna…
Questo pezzo potremmo intitolarlo così: “ Dichiara il tuo intento e sarai già a metà dell’opera”.
Nella mia seconda (o prima?) vita la chiamerebbero “mission aziendale”.
“Mi chiamo Simone Lugoboni, cuoco e proprietario dell’Oste Scuro di Verona. I miei capisaldi: trovare la migliore materia prima che il mercato mi offre e presentartela con meno arrangiamenti possibili. Cotture brevi o inesistenti, pochi azzardi, pochi piatti strutturati.
L’ispirazione risale alle brasserie parigine, sai, quelle dove si propongono crudità di mare, plateau royal e poche preparazioni di pesce con un unico denominatore: semplicità e qualità.”