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El Bulli, chef Ferran Adrià, Roses – Costa brava di Orson

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Niente paura.
Questa non è una recensione del Bulli, perché non si possono fare recensioni del Bulli. O meglio: non si dovrebbero fare recensioni del Bulli perché, al meglio, cercano di riassumere con uno schema anche valido altrove (la foto, la descrizione, il commento, magari i migliori possibili) quella che è un’esperienza a sé.
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Recensione ristorante.

In un lungo soggiorno a Lyon e’ inevitabile pagare un tributo a M. Bocuse, visto che, oltre all’immutato successo della casa madre, ha riempito la città di suoi “annessi”, peraltro aperti in agosto quando le città francesi sono deserte quasi quanto le nostre.
La scelta familiare è caduta su l’Ouest, sulle rive della Saône, a poca distanza dal centro ma praticamente quasi in campagna.
Una (bella) piattaforma di legno e acciaio ospita centinaia di persone e se non fosse perché qualcosa di buono si è letto in rete e sulla “gialla” si potrebbe temere il peggio.
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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

E’ strano tornare al Pagliaccio dopo oltre 2 anni, trovare il locale così trasformato rispetto a quello che era e rallegrarsi di riconoscere la stessa cucina, così forte, personale, unica.
I sentimenti che ispira in chi era stato tra i sostenitori della primissima ora (quando ci si veniva in pochi, una piccola setta strafelice di avere scoperto il migliore chef di Roma a prezzi da bistrot, spesso tristemente semivuoto) sono contraddittori: da un lato la felicità, per il meritato successo oggi che il Pagliaccio gioca in un altro campionato; dall’altro il rammarico, perché, visti i prezzi odierni (anche tripli rispetto agli esordi), risulta piuttosto difficile farne un appuntamento frequente.
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Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

La mancanza di immediatezza non può essere considerata un difetto per uno chef, semmai è una caratteristica, un sigillo. Potrebbe essere un difetto per un ristoratore ma non per un artista o artigiano che dir si voglia.
Se la complessità e la difficoltà di “farsi leggere” sono diventati un difetto, allora abbiamo un problema. La voglia di uniformare tutto sta facendo molti danni.
Il mondo moderno è certamente più orientato alla sensazione istantanea, alla prima impressione. E’ sempre più difficile attendere, scoprire, non vivere di pregiudizi.
La cucina di Paolo Lopriore richiede di fare preventivamente tabula rasa e richiede pazienza, attesa, fiducia. Attributi difficilissimi per l’utente medio che siede al ristorante, che semmai ha desiderio di conferme, di sicurezze, di svago.
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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Se la cosa più complicata nello scrivere la recensione è trovare il difetto, e se ne viene fuori solo con una boutade, vuol dire che si sta lavorando benino da queste parti.
Senza troppi giri di parole, il Reale è tra le migliori tavole italiane e non solo, e si conferma in ulteriore progresso, perché alla oramai piena consapevolezza dei propri mezzi Niko Romito continua ad abbinare l’entusiasmo e l’originaria voglia di creare piatti sempre molto pensati ma mai inafferrabili.
E sta proprio in questa profondità del suo lavoro sulla tecnica, sulle materie e sulle proprie radici (che intanto si allargano, perché quando uno è curioso legge, viaggia, studia) il segreto del piacere che si prova a venire a Rivisondoli, percorrendo strade molto meno disagevoli di quanto si creda (venendo dalla capitale, i tratti di montagna, da Sulmona in poi sono a 3 corsie; prima c’è l’autostrada).
Un piacere che si rinnova a ogni visita perché si può pescare da una carta piena di “classici” (si fa mica tanto per dire, nonostante la rapidità con cui sono divenuti tali) che si arricchisce ogni anno di qualche nuovo capolavoro, godendo della piacevolezza di un ambiente raccolto e sobriamente elegante, lontano da kitsch moderni e d’antan così frequenti nei pluristellati.

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