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I Rosé di Passione Gourmet

È il momento dei vini rosati, forse in Italia meno popolari rispetto ad altri paesi, per quanto se ne producano di ottimo livello in tutte le regioni. Abbiamo chiesto ai membri della redazione di Passione Gourmet di esprimere qualche preferenza e ne è risultata una lista di vini rosati di grande qualità, varietà di stili, capillarità territoriale e attenzione al rapporto qualità prezzo.

I NOSTRI ROSÉ

Rosato Lazio Igp Soré 2019  – Cotarella

Si presenta rosa pastello, il Soré, vino a base Merlot con spalla di Aleatico che al naso offre sentori di rosa, lampone e melograno. È un vino elegante ed equilibrato, dal palato fresco, fruttato e sapido, che si abbina armoniosamente ad ogni situazione. Raffinato.

19,97 euro www.xtrawine.com

Calabria Rosato Igt “Il Marinetto” 2019  – Sergio Arcuri 

100% Gaglioppo, si presenta di un bel rosa corallo, con un naso intenso sulle note iodate da cui emergono profumi di arancia sanguinella, melograno e lampone. È un vino di struttura dal gusto largo e pieno, perfetto per gli antipasti; da provare anche su pasta alla Norma e parmigiana di melanzane. Una bomba.

17,5 euro www.tannico.it

Sangiovese Rosè Costa di Rose Rubicone Igt 2019  – Umberto Cesari

Dal colore rosa tenue, profuma di fragoline e melograno. Un Sangiovese che, a seguito di una pressatura soffice, macera brevemente sulle bucce a temperatura controllata, esprimendosi su toni freschi e sapidi. Un vino che piace per la sua bevibilità. È la perfetta soluzione per aperitivi, salumi e piatti estivi. Intrigante.

15 euro www.umbertocesari.com

Orazio Vagnozzi

Colli Aprutini “Centovie” Igt Rosato 2019 – Umani Ronchi

Un vino lavorato secondo i dettami del regime biologico, che aiuta ad estrarre ancor più incisivamente la freschezza, la leggerezza e la bevibilità delle uve Montepulciano. Dal colore rosa intenso con riflessi aranciati, al naso regala sentori freschi di rosa, ciliegia matura ed una leggera nota agrumata. Al gusto è fresco e di piacevole beva.  

8,70 euro www.negoziodelvino.it

Lambrusco di Sorbara Doc “il Serraglio” – Azienda Agricola Serraglio

Al naso questo vino sa di viola fresca, di fragolina di bosco selvatica, ha l’aria sbarazzina e si percepisce un grado alcolico basso, che poi si rivelerà nell’intorno degli 11 gradi. In bocca possiede discreta struttura e un profilo gustativo che conferma i riscontri olfattivi. La piacevole amabilità di una bolla elegante e non eccessiva ne fanno un vino dalla beva davvero efficace. Finisce in un batter di ciglio!

9,50 euro www.serragliovini.com

Extra Brut Metodo Classico Terre Siciliane Igt – Azienda Agricola COS

Un vino ottenuto con lavorazione a metodo classico – prima fermentazione in anfora e seconda fermentazione con mosto aggiunto, senza zuccheri –  da uve tipiche della zona, il Frappato per la precisione. Questo vino, di cui abbiamo degustato un 54 mesi sui lieviti, ricorda sentori di fragoline di bosco, rabarbaro e fiori bianchi. È dotato di una grande potenza espressiva, gestita su una punta fruttata che si unisce a un ottimo nerbo acido a sostegno, che può sorprendere anche i degustatori più esperti. La caratteristica saliente, come tutti i vini di questa grande azienda siciliana, è l’estrema bevibilità, unita a una complessità non comune. Pericolosissimo aprire una bottiglia, potreste finirla da soli.

30 euro www.saporidoc.it

Alberto Cauzzi

Velius Brut Rosé 2015 – Podere Pradarolo

Alberto Carretta, nei suoi ettari spalmati sulla collina parmense, abbracciati dai calanchi e dalle brezze marine, arricchisce la propria gamma con questo Metodo Classico 100% Barbera, brioso e piacevole. Il rosa pastello molto tenue anticipa i suoi delicati profumi floreali e i fragranti sapori, sempre esaltati da una notevole acidità.

23 euro  www.decanto.it

Val di Neto Grayasusi Etichetta Argento 2017  – Ceraudo Roberto

Lavorazione peculiare per un risultato mirifico del Gaglioppo. Oltre ai frequenti bâtonnage, c’è un affinamento in barrique di cinque mesi per un sorso concreto e sostanziale nel suo corpo fruttato e saporito. La ciliegia e gli aloni boisé si inseguono costantemente con freschezza, accompagnata da una lieve ma incessante tannicità.

19 euro www.callmewine.com

Rosato d’Abruzzo Cataldino Igt Terre Aquilane 2017 – Cataldi Madonna  

Tra i fari in Italia, quando si parla di vini rosati. Cataldi Madonna si sta anche adoperando per poter utilizzare la denominazione “rosa” al posto di “rosato”. Cataldino è un Montepulciano in purezza dal colore cipria e di trasversalità assoluta all’assaggio. Dai vigneti provenienti dalla località Macerone, ci arrivano nel bicchiere bacche dolci e golose, definite da un bouquet carismatico che si sprigiona al palato con grande leggerezza e aromi sfaccettati.

13,00 euro cataldimadonna.com

Andrea Grignaffini

 

Costa Toscana Vino Rosato SI  2018 – Duemani

Un Syrah in rosa, potente e leggero come il sole della sua Toscana. La combinazione di cemento e anfora preserva l’integrità del frutto e ne consegna al palato il succo. Fragolina, ribes e corniola al naso, sapidità e solidità del corpo al gusto. Un vino gastronomico a tutto tondo, con personalità da vendere e di ottima beva.

34 euro www.tannico.it

Lagrein Rosé Kretzer DOC 2019 – Cantina St. Pauls 

Un Lagrein dal sorso avvolgente e appagante. Macera brevemente sulle bucce e fermenta in acciaio senza svolgere fermentazione malolattica. Ci regala una bocca fine e freschissima, in perfetto equilibrio fra tutte le sue parti e dall’ottima corrispondenza gusto-olfattiva, tracciata sulla ciliegia e sul piccolo frutto rosso.

11 euro www.vinusta.com

Luca Turner

Etna Rosato “Sul Vulcano” 2019 – Donnafugata

Un rosato fresco, piacevole e intenso nella sua minerale eleganza. Nerello Mascalese in purezza, nato e cresciuto a 700 mt slm. Il naso di glicine e pompelmo rosa apre le porte a un sorso tanto deciso quanto preciso e snello, che traina la beva nel solco della proverbiale sapidità etnea.

21,90 euro www.tannico.it  

Sangiovese Rosato “Scabi” 2018 – San Valentino

Affina per 8 mesi in acciaio a contatto con le fecce fini, questo Sangiovese rosato del riminese. Affonda radici nei suoli argilloso calcarei e ne trascina con sé tutta la complessità fatta di fragolina di bosco e terra, al naso, e di salinità, al gusto. Un vino tanto piacevole quanto di carattere.

9 euro www.vinisanvalentino.com 

Davide Bertellini

Grigio in Grigio 2014 – Bressan  

Il rosa paradigmatico, come sempre dovrebbe essere un vino rosa e, forse, una strada precisa, e finanche definitiva, per il Pinot grigio friulano. In poche parole? Una sintesi incompossibile di frivolezza e austerità, leggerezza e struttura. Sta benissimo con tutto ma è irresistibile da solo.

30 euro www.callmewine.com

Salina Rosso Par Rosé 2017 – D’Amico Salvatore    

50% Nerello Mascalese, 40% Nerello Cappuccio, 10% Corinto Nero e altre uve autoctone costituiscono questo affollato Par Rose 2017: un vino ricco di bassorilievi e chiaroscuri, profumato di pepe nero e venato, chissà come, di note dolci-amare di olive taggiasche e amarene. Deve assestarsi? Forse, del resto non c’è da temere di lasciarlo in cantina.

19 euro www.wine-online.it

 Jeudi 15 Rosato 2018 – Vino di Anna 

Gli 800 metri di altitudine di Monte La Guardia e il vigneto promiscuo, con viti ad alberello di 90-100 anni, abitato da 95% Nerello Mascalese e altre uve bianche autoctone, restituiscono un sorso che è più succo che spirito, masticabile nella consistenza e viperino nell’acidità, che profuma di melograni e bucce di pomodoro.

26 euro www.enotecailbarocco.it

Leila Salimbeni 

Libertà 2019 – Vigneti Massa

La creatività, quando sensazionalmente connaturata, presente come un dono, non solo diventa leggenda, ma si concentra mutuando in una continua creazione, dialoghi tra idee e materia. Questa creatività prende il nome di Libertà. Quella di Walter Massa vede il riuscire costantemente ad osare e riuscire a sfidarsi. Questa  prima, riuscitissima, versione rosé è energetica, decisa, intensa. Come lui, che dietro il sorriso e appena un sorso, si apre al dialogo con freschezza e non solo, con un’ampia varietà di cibi – privilegiando gli speziati –  ma anche ad una celebrazione del rosa, ottenuto dal matrimonio tra Barbera, Freisa e Cortese.

10 euro   www.italvinus.it

Oltrepò Pavese Cruasé Metodo Classico 2014 – Scuropasso

Protetti dai castelli dell’Oltrepò, ci si destreggia tra le altezze, le pendenze boschive e i suoi profumi, trasportati dalla brezza o catturati dalla rugiada. Un tuffo nel terroir a tutto tondo in cui focalizzarsi con grande fedeltà all’esaltazione del Pinot Noir. In questa cuvée – sboccatura a fine 2019 – dopo 55 mesi sui lieviti e 7 mesi di terzo affinamento sul tappo di sughero, il basso dosaggio accompagna la freschezza, creando un’eco gustativa danzante e potente. La solleticante sapidità duetta felicemente con la sua anima vinosa e decisamente solidale al sorso.

22 euro www.scuropasso.it

Lambrusco di Sorbara Doc Radici rifermentato in bottiglia, secco frizzante – Paltrinieri

Tra due fiumi ecco un mondo, “il” mondo di Alberto Paltrinieri, fatto di 17 ettari nella zona del Cristo di Sorbara. Qui nasce un rosé iconico, per stile, già dall’etichetta, che racconta di vigne bagnate da una  pioggia di agrumi sempre rinfrescati dal vento. Un sorso goliardico, normato da frutti dolci e aromi finissimi, un insieme di elementi che compongono il quadro devozionale a quell’idea di Lambrusco postulante e per questo amato. Si beve e si gode di una fascia minerale ed elettrizzante nel fin di bocca.

11,50 euro cantinapaltrinieri.it

Erika Mantovan

 

Umbria Igt Ciliegiolo Il Rosato di Casa Mattioli 2018 – Collecapretta

Il naso si anima in una danza tra finezza e rudezza, che solleva ricordi di ciliegia e di terra, perpetuando il passo pungente di una lieve nota di smalto. Il sorso è teso, verticalissimo e scorrevole, seppur attuato in un corpo solido e possente.  

17 euro www.vinoirshop.myshopify.com

Salento Negroamaro Rosato Kreos 2019 – Castello Monaci

Finezza condotta nei binari piacevoli del naso, delineati nel profilo pungete del piccolo frutto rosso e delle erbe aromatiche. Salino, dalla sottile lama acida e dal buon equilibrio. Ricorda il festare delle onde che regalano ai sensi l’impronta salmastra.  

11.00 euro www.tannico.it

Sofia Landoni

Costa d’Amalfi Rosato 2019 – Marisa Cuomo

Composto da uve Aglianico e Piedirosso, le cui viti poggiano su terrazzamenti costieri con terreni di roccia dolomitica calcarea. Il colore rosa cerasuolo intenso è preludio di un vino con punti di forza nella freschezza e nella struttura. Al naso le note floreali di rosa e violetta si uniscono a quelle fruttate di lampone, insieme ai richiami speziati. Il sorso è verticale, fresco e minerale, con una lieve sensazione astringente sul finire.

17,50 euro  www.tannico.it

Modena Rosé Spumante Doc Quintopasso – Chiarli Cleto 

Lambrusco di Sorbara in purezza spumantizzato, dal colore rosa tenue e dai profumi netti. Al naso si delinea un frutto rosso selvatico, ribes, fragoline di bosco, buccia d’arancia e liquirizia. Il gusto è affilato dall’acidità e dalla mineralità. Per tutto l’assaggio non perde il suo nerbo, persiste il frutto e una delicata sensazione speziata.

15,50 euro  www.negoziodelvino.it

Negroamaro Rosato Saturnino Doc Brindisi 2019 – Tenute Rubino

Rosato di Negroamaro in purezza, è un vino marino. Dal colore intenso, al naso è fragrante e mescola profumi invitanti di rosa, melagrana, lampone e violetta. Capace di coniugare l’intensità olfattiva con una notevole freschezza e piacevolezza di beva, dove il sorso è equilibrato tra la sapidità e la struttura alcolica importante. Frutto, mineralità e scorrevolezza pervadono il palato.  

10,80 euro shop.vinotecanumeroprimo.it

Giulia Carelle

 

Aleatico Rosa della Piana 2019 – La Piana  

Riflessi corallo nel bicchiere, al palato tutta la macchia mediterranea e la sapidità dell’isola in cui nasce. Rinfrescante come la brezza del mare.

16 euro www.divinegolositatoscane.it

Bolgheri rosato 2019 – Donna Olimpia 1898  

Il tenue color rosa salmone di questo taglio da Merlot e Cabernet Franc prelude al naso la dolcezza di una caramella alla rosa, ma rivela un sorso meravigliosamente fresco, asciutto e sapido. Intenso e aggraziato, come la donna di cui porta il nome.

13 euro vinoso.shop

Alea Rosa 2019 – Andrea Occhipinti 

Aleatico proveniente dai terreni vulcanici di Gradoli – vinificato secco – veste di rosa cerasuolo e sprigiona in bocca un’esplosione minerale. Dosare con moderazione perché l’alea, o rischio, è che va giù che è una meraviglia.  

15 euro www.decanto.it  

Adriana Blanc

We all are connected under one roof

Partiamo con il titolo, molto evocativo, e quasi paradigmatico, di uno dei piatti simbolo di questo nuovo percorso dell’Osteria Francescana perché è qui che tutto, a nostro avviso, ha inizio. È l’inizio di una nuova era, dopo una tragedia che ha segnato tutto e tutti, ma in cui i grandi condottieri sono un esempio e un traino per la collettività intera. Massimo Bottura, da uomo, crediamo abbia sofferto quanto ogni essere umano degno di questo nome per i momenti difficili appena trascorsi. Eppure il suo innato entusiasmo, unito a una grandissima dose di talento e di responsabilità, gli ha fornito un’energia unica e intensa nello studio e nella progettazione di questa rinascita.

Studiato durante il lockdown con la sua brigata, questo menù è opera di quell’unico agente collettivo che è l’Osteria Francescana. Un leader, del resto, si riconosce dalla capacità di tracciare la via. Questo, Bottura, ha fatto coi suoi ragazzi. Discutendo, stimolando, imprimendo energia creativa e mettendo a disposizione il suo straordinario palato, fisico e mentale. Ecco quindi, ancora una volta, il superamento del limite, il posizionamento dell’asticella ancora più in alto. Fin dal titolo e dall’ispirazione, arrivata da uno degli album più rivoluzionari della storia della musica pop-rock e che sarebbe riduttivo, del resto, confinare al mero ambito musicale.

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” è stato, da tanti punti di vista, un album rivoluzionario che ha cambiato e connotato anche gli equilibri stessi all’interno dei Beatles. Cosa c’entra questo con la nuova primavera sbocciata in via Stella? C’entra che questa “stella” brilla e infonde energia all’intero Paese  con un menù costruito con una tecnica sopraffina, ma ben celata, e il contributo poliglotta di tutta la brigata in una sinfonia perfetta guidata da un direttore d’orchestra tanto geniale quanto folle, benché in maniera impeccabile.

Il ritorno del menù

Dal punto di vista più generale, si tratta di un menù con un senso compiuto dall’inizio alla fine, in cui ogni passaggio è sequenziato e cadenzato alla perfezione. Non solo una straordinaria sequenza di piatti, dunque, ma una sinfonia d’insieme in cui ogni passaggio ha una connessione profonda tra il precedente e il successivo. E poi la distanza da cui Bottura ha osservato l’Italia. Come ha giustamente descritto l’amico Gabriele Zanatta in questo splendido articolo l’Italia ma, sopratutto, Modena, è questa volta un vero e proprio filtro visivo, una lente che arrangia, osserva e traduce il mondo intero. Non s’è mai vista così poca “modenesità” in un menù di via Stella, ma solo apparentemente, appunto, è così. Perché ogni passaggio è imbevuto di storia, di cultura, di tecniche dal mondo guardate sempre e comunque attraverso gli occhi di un italiano e, per la precisione, di un modenese.

Ecco quindi che gli straordinari dumplings, realizzati con una pasta talmente sottile da sciogliersi in bocca al contatto con la saliva, sono ripieni di una pancia di maiale cucinata al barbecue e laccata con sciroppo d’acero e con una salsa New England clam chowder con delle vongole stratosfericamente provenienti da Goro. Un giro del mondo su un ottovolante dei sapori che tocca l’Asia, poi l’America, arriva prepotentemente in Europa e approda in Emilia-Romagna. Un tripudio di sensazioni e di sapori che solo un palato assoluto come il suo sa mettere a punto così formidabilmente.

Ma potremmo citare anche il risotto fragole e Lambrusco, irrisione di un classico kitch anni Ottanta – oltre che piatto simbolo della nouvelle vague culinaria italiana- in cui la mozzarella affumicata è fondamentale per arrotondale gli spigoli di un abbinamento, fragole e lambrusco, davvero formidabile. Oppure un merluzzo al curry verde da commozione, in cui non finiresti mai di attingere da quella salsa paradisiaca.

Nemmeno il pane, posto all’inizio del pranzo, con la sua sfogliatura delicata e il tocco dolce del miele di Casa Maria Luigia, non dimentica di assestare il suo, di colpo. Insomma, una serie di elementi, e potremmo continuare ancora, forse all’infinito, che si susseguono con un ritmo spaventosamente importante, intenso, profondo.

Un’esperienza, quella all’Osteria Francescana, che non si deve mancare per nessun motivo, anche grazie al connubio ancor più stretto tra  cucina e sala. Qui Beppe Palmieri ha svolto, con Massimo e con tutto il gruppo, un lavoro straordinario di coesione sugli abbinamenti: abbandonato quasi totalmente l’alcol (in stagione estiva ancor di più), presente in dosi omeopatiche, ha compiuto un’opera di unione inscindibile con la cucina elevando addirittura alcuni piatti già straordinari come con il grande e geniale uso dell’acqua aromatizzata alle erbe di Casa Maria Luigia, due gocce di Riesling tedesco e acqua tonica, nonché un tripudio come il Sauternes, perfetto nelle sue imperfezioni scorbutiche, a nobilitare i dumplings di cui si parlava dianzi, in maniera eccelsa.

Terminiamo dunque come l’ultima volta: il migliore menù in Francescana di sempre? Sì, ancora una volta, è primavera! Evviva!

La galleria fotografica:

Comincia la “fase 2” e, con essa, continua il nostro viaggio alla ricerca delle migliori tavole d’Italia. Un viaggio diverso, stavolta, coerentemente con le modalità del presente momento storico. Per orientarci, abbiamo preso la città di Milano come punto di partenza ideale, ne abbiamo adottato il sistema – in particolare quello del nostro spin-off Passione Milano, dove “le visite” sono già incominciate – e abbiamo rivolto il nostro interesse culinario e, con esso, il nostro occhio critico e analitico,  verso quelle coraggiose realtà che hanno deciso di trasformarsi e offrirsi in questa nuova, inedita veste. 

Le capacità metamorfiche del cuoco contemporaneo

Rino Duca è uno spirito mobile, dinamico. Come tale, non sembra essersi fatto intimidire dal cambiamento ma anzi l’ha assecondato, prendendolo come un’occasione per pensare, ripensare e, soprattutto, ripensarsi. Quel che sappiamo, ad ora, è difatti che Il Grano di Pepe non riaprirà i suoi battenti ma che lo chef continuerà a destreggiarsi tra l’asporto e la consegna a domicilio, mentre è in programma l’apertura del suo orto, a Gandò, dove accoglierà gli ospiti en plein air nelle sere d’estate.

Da questo assunto è conseguito un menu sia nuovo che famigliare al Grano di Pepe, rivisitante alcuni dei capisaldi sia dello street food che della domenica palermitana, come il timballo di anelletti: versione semplificata ma altrettanto rimarchevole del luculliano timballo gattopardiano dei tempi che furono. Tanti altri, poi, i manicaretti che riportano alla memoria frammenti di una memoria condivisa: quella di un’estate italiana o, meglio, palermitana, davanti al mare, solitamente di Mondello. Questo “sapore” – genuino, domestico, si direbbe quasi “materno” – attraversa ciascuna delle preparazioni del menu che ci troviamo dinnanzi.

Come le arancine, dove a colpire è la squisita, genuina deflagrazione, del ragù prima e dei pisellini poi, tanto dolci da costituire una piccola madeleine per tutti coloro che li hanno assaggiati, almeno una volta, ancora caldi di sole appena presi dall’orto.

“Orto” che è un concetto che ricorre, s’è detto, oltre che quale prosieguo, estensione estiva del ristorante, anche in altre preparazioni come nel pesto alla menta e finocchietto selvatico a sdrammatizzare la coratella d’agnello di cui è farcito l’ottimo bagel: perché Rino Duca si trova molto a suo agio anche in fatto di panificazione.

Medesima sensibilità alberga poi nel tonno alla palermitana spolverato di pangrattato, sale di capperi, origano, asparagi e pesche noci, mentre quasi sobbalziamo sulla sedia per la fedeltà con cui gli spaghetti al nero di seppia e olio al mandarino tardivo di Ciaculli ricordano l’originale: né più né meno che uno dei suoi piatti segnature.

A questo proposito, però, è d’uopo una postilla: trattandosi di un piatto parzialmente da cuocere, e combinare, a casa propria, sarebbe apprezzata, da parte dello chef, una nota scritta con le istruzioni di cottura: gli spaghetti hanno infatti una cottura più lunga di quanto non sarebbe lecito aspettarsi e l’olio al mandarino rischia di essere, se usato tutto, effettivamente prevaricante.

A chiosa di questo viaggio nella memoria popolare – e individuale – della Palermo di strada, gli ottimi cannoli con cui lo chef si è imposto, e a ragione, nell’immaginario bolognese come uno degli interpreti più ricercati.

Ebbene, siamo fortunati: qualunque sarà il futuro della ristorazione contemporanea sappiamo per certo di poter contare sull’entusiasmo, sulla fantasia e, non ultime, sulle capacità metamorfiche di questo cosmopolita cuoco palermitano.

La cucina caleidoscopica di Rino Duca

Nel cuore della terra del Lambrusco Il Grano di Pepe è il ristorante che non ti aspetti. Un’enclave siciliana in cui va in onda l’one man show di Rino Duca. Difficile non restarne conquistati: eclettico, esuberante, Duca è un cuoco ma, soprattutto, un uomo che sprizza entusiasmo, gioia di vivere e passione per il proprio lavoro, e che diventa di una simpatia trascinante quando racconta la sua cucina, i suoi piatti o qualcuno dei suoi viaggi, dai quali impara e porta con sé sempre qualcosa di nuovo.

Il ristorante è piccolo, raccolto – parliamo di una ventina di coperti – e non potrebbe essere diversamente perché in cucina a parte un aiutante che svolge mansioni essenzialmente “manuali”, Duca è da solo. Ciononostante lo si può vedere spesso anche in sala a seguire personalmente i tavoli e a monitorare il grado di soddisfazione della clientela. Peraltro, anche in sala non c’è un gran viavai ma solo una graziosa, gentile e ancora poco smaliziata ragazza.

Venire a mangiare qui è un po’ come andare a mangiare a casa dello chef. Ma ne vale la pena: è un tipo originale Rino Duca, così come la sua cucina che è frutto delle esperienze del suo vissuto e del suo talento, caratterizzato dalla predilezione di toni sapidi piuttosto marcati che rimandano alla sua Palermo, che cita in un eccellente e fragrante versione di pane e panelle, nello sfincione, nel tonno in versione cittadina e nel cannolo finale.

Una cucina d’autore profondamente siciliana e, pertanto, aperta a mille contaminazioni

In mezzo, tanti rimandi alla cucina orientale con un largo uso di ingredienti quali shiso, togarashi e miso. D’altra parte, quella siciliana è la cucina più orientale d’Italia. E così, stupisce per nettezza di sapori un piatto di Melanzana scottata, tofu, olio all’origano e dashi di pomodoro. Il pomodoro sostituisce l’alga kombu e le foglie di basilico sostituiscono le scaglie di pesce katsuobushi. Il piatto riecheggia nella pulizia e nella purezza della cucina kaiseki, di cui restituisce l’umami all’ennesima potenza.

Una cucina che ha il grande pregio di non essere riconducibile a un chiaro filone, di non scimmiottare, di non seguire le mode. Una cucina senza piccione e senza maialino. Che a volte complica per semplificare.
Come nel Riso di Porticello: riso e circa 15 salse e condimenti a base di pesce tra cui teste di gambero, nero di seppia, polpa di granchio, acqua di cozze e via andare… un caos multicolore che si riduce all’unità di riso e mare.

Il Grano di Pepe si conferma un approdo sicuro per chi voglia sfuggire dalla banalità.

La Galleria Fotografica:

 

Ode al gusto nel segno modenese

Una galassia di riconoscimenti, il vertice delle classifiche, ma anche convegni, partecipazioni accademiche, progetti solidali. Nell’universo culinario di Massimo Bottura, il self made chef trova il tempo di prendersi cura, affidando a una brigata capitanata da Bernardo Paladini,  della Franceschetta 58, sorella minore, in nome e in riconoscimenti per ora, ma non in qualità della celeberrima Osteria Francescana.

La parentela tra queste due realtà è facilmente intuibile mirando al gusto in primis, e alla consapevole valorizzazione della tradizione gastronomica italiana poi. Tradizione che porta fortuna, classica ma non per questo banale, storica ma non intoccabile. Il solco gastronomico italiano/regionale si delinea perfettamente in tutta la carta della Franceschetta: archetipo del Bottura prima di tutto modenese, e poi internazionale.

Il fil rouge dei piatti volutamente famigliare

I piatti esprimono quell’italianità precisa intrinseca nella memoria di ciascuno che li assaggia. Vi è qualcosa di familiare e ben riconducibile alle nostre tavole. Il menu viaggia infatti dal Nord al Sud dell’Italia, attingendo alla tradizione e cogliendone la sua portata: alleggerire dove oggettivamente necessario o amplificare dove piacevolmente richiesto.

Dunque, il Merluzzo mantecato del Settentrione incontra il Peperone crusco lucano, con ceci e nocciole, sposandosi in quella dolcezza che racconta sapori per almeno due terzi dello Stivale. La Cernia con pesto di pomodori secchi, olive, capperi e brodo di cipollotto rosso, sconfina apparentemente nell’orientale con la presenza del daikon, ma nell’attimo riaffiora la conturbante mediterraneità di sapori, che fondendosi tra loro riposizionano il gusto, nel tipico calore meridionale.

Con l’Emilia Burger poco da dire, molto da godere. Modena one bite: impasto del cotechino, salsa verde (spettacolare!) e maionese rigorosamente all’Aceto Balsamico Tradizionale, il tutto racchiuso da un soffice panino da hamburger. Il difetto: purtroppo Troppo buono! Ci sono poi i Tortellini in crema di Parmigiano Reggiano, con unica nota stonata data dall’eccessiva stagionatura scelta del formaggio usato nella fonduta: troppo forte in relazione al ripieno già molto saporito del tortellino.

Il dolce non eguaglia il salato, eppure il tutto è in perfetta armonia. La Zuppa inglese, simbolo in Emilia di golosità zuccherina, in questa veste è ariosa nella parte solitamente più pesante della crema grazie all’impiego del sifone, trovando ulteriore spazio nell’infuso speziato in completamento del piatto.

In una narrazione gustativa la ring composition nel viaggio della Franceschetta è curiosa, dinamica, divertente, fa arricchire e, come tutte le cose alle cui si è affezionati, ritorna alla mente grazie ai suoi sapori. Durante il pasto, quasi proverbiale, la sguardo ogni tanto va alla vetrata del ristorante dove capeggia quella scritta in rosso fiammante, nel tipico layout newyorkese, “I ♥ Modena”, e allora capiamo davvero quanto di nascosto possa essere svelato in quella tradizione che ha così tanto da raccontare con maestri e chef come questi.

La galleria fotografica: