Se ci fosse ancora bisogno di prove a testimonianza dell’infinita varietà di tipologie della cucina giapponese, tutte interessanti e spesso didatticamente notevoli, ecco quella, significativa, fornita da questo piccolo ristorante del residenziale quartiere di Aoyama.
Le informazioni che lo riguardano sono tutte accomunate dalla generica accezione di “cucina giapponese” e, oltre all’essere tre volte blasonato dalla Michelin, di questo locale poco altro si sapeva.
Ebbene, ci siamo trovati di fronte a una grande cucina tradizionale giapponese, che oseremmo definire casalinga per come i sapori sono presentati con semplicità quasi rustica.
Niente chirurgica efficacia dei maestri di sushi o ieratica progressione della liturgia di una tradizionale cena kaiseki, tanto per intenderci, ma una rassegna genuina e quasi terragna di sapori e ingredienti tipici giapponesi tale da dare la sensazione all’avventore straniero, qui seduto, di essere un autoctono a tutti gli effetti.
Le presentazioni, infatti, sono semplici, essenziali, spogliate da ogni raffinatezza e orpello formale, col chiaro intento di essere rivolte esclusivamente all’esaltazione del gusto, saporite come solo le grandi cucine territoriali sanno essere.
Una salsa al sesamo, un brodo di castagne concentratissimo, il tofu e la zuppa di miso eccezionali, le verdure da coltivazione biologica: sono tutti elementi che compongono un puzzle di notevole intensità gustativa.
Il locale, situato nel piano sottostradale di un edificio molto difficile da individuare, è di spazi ridotti, quasi angusti, come spesso accade nei grandi ristoranti giapponesi ed è caratterizzato da un arredamento minimale.
Una sala principale con quattro-cinque tavoli, una più intima per chi voglia mangiare separatamente e, soprattutto, un servizio commovente per gentilezza, disponibilità, cortesia e tutto quanto possa far sentire a proprio agio un cliente che, nella cultura dei giapponesi, è considerato a tutti gli effetti un ospite.
Dai sorrisi ai convenevoli, fino all’utilizzo di libri e immagini con gli ingredienti dei piatti per supplire all’atavica e strutturale carenza di qualsiasi idioma europeo, tutto viene utilizzato senza parsimonia e con riverente dedizione lasciando stupiti e quasi imbarazzati.
Per un costo, poi, davvero abbordabile, che permette di poter indirizzare qui anche l’ipotetico amico in viaggio in Giappone e a digiuno di nozioni e di specifico interesse per la cultura gastronomica di questo paese, certi che godrà di un’esperienza a tutto tondo soddisfacente.
Mise en place
Crostaceo con salsa giapponese cotto al forno, insalata con salsa di sesamo bianco e con salsa di uva. Ogni elemento preso singolarmente è davvero buono. Magari la combinazione del tutto è un po’ pasticciata.
Sashimi di striped jack fish, zenzero e wasabi, foglia di pepe. Wasabi grattato al momento. Buonissimo.
Pacific saury, luccio sauro del pacifico (un pesce azzurro), rapa, rafano, salsa di soia. Sapidità spiccate, rustiche.
Castagne, panna e latte. Un po’ abbondante. Concentrazione elevatissima. Niente zucchero aggiunto.
Bighand thornyhead, salsa di soia, dashi, e tofu. La piacevolezza di una grande zuppa di pesce non speziata.
Abalone fritto, pera, sesamo e bieta.
Zuppa di miso e riso con patate, foglie di rape, mirin. Veramente ottima.
Fichi, sciroppo di zucchero e fagioli, riso al latte. Che ve lo dico a fare.
Tisana defaticante all’angelica, menta, ginger.
Interno
Sala privata con tatami
Cucina
“Tutte le volte che qualcuno assaggia un nuovo piatto allunga la vita di settantacinque giorni”. Questo antico proverbio giapponese, notevole anche per la precisione della stima, chiude la carta dei dessert di Doozo e ci sembra un ottimo sprone per frequentare spesso questo 9simpatico locale dietro la frenetica via Nazionale. (altro…)