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Immorale Osé

Viaggio e scoperta

Non è facile inseguire Misha Sukyas, talentuoso chef che ci ha abituato alla sua mano sicura e a conoscere e sperimentare una grande varietà di cucine, tanto tradizionali quanto al limite della nostra geografia. Vuoi il personaggio televisivo di “Camionisti in trattoria”? Vuoi la pelle del corpo bella tatuata e variopinta? Vuoi uno chef che non ti sappia annoiare neanche volendo? Allora, vuoi Misha Sukyas. Il nome è tutto un programma. Forse no, ma poco importa.

Lui, il gioco, morale o no, lo fa a tavola, e come è giusto che sia. D’altronde siamo in un ristorante, anche se possa sembrare di suonare al campanello della porta di un’abitazione. Lo spazio è ampio, di ricordo vagamente semi industriale, aperto e ordinato, coerente e ricercato nella sua varietà di arredamento. Addentrarsi nel menu diverte, si ha quasi l’impressione di intraprendere un viaggio in Italia, e allo stesso tempo in Asia e chissà dove altro ancora. Ogni piatto e ogni elemento al suo interno non è mai lasciato né al caso né risulta scontato.

Istinto e passione

La cucina coraggiosa e sensuale dello chef si fa ancora più ardita nelle consistenze e negli abbinamenti. Dolce, morbido, salato, croccante, umami, viscoso, caldo, tiepido, freddo, amaro. Ognuno di questi sapori è a disposizione nel piatto, primi o secondi che siano, terragni o ittici che si scelgano. Perfino i dessert sapranno dare il giusto epilogo. O forse no, magari si vorrà ricominciare tutto da capo. Poi c’è il pairing, orchestrato dalla eclettica Elisa Maccioni, che consigliamo vivamente di scegliere. Ma anche se non si volesse scegliere di affidarvi ad Elisa, va preso il giusto tempo per un altrettanto viaggio fuori porta e all’interno della carta dei vini. Anche qui di prevedibile c’è veramente poco. La bellissima e ricca selezione permette di giocare al meglio, per assonanza e per contrapposizione, con ognuno dei piatti della cucina. Qui, da Immorale Osé, ci si diverte, e con gusto.

La Galleria Fotografica:

Giovane, caotico, informale, divertente. Poco “milanese” (nel senso gastronomicamente deteriore del termine), dinamico perché pieno di alti e bassi, un po’ perché appena aperto, un po’ forse perché davvero non hanno ancora deciso cosa fare da grandi. Comunque interessante, non scontato, ma certamente da provare.
Ma andiamo con ordine.

Si chiama Spice, anche se mentre scriviamo (a oltre 2 mesi dall’apertura) è ancora presente l’insegna del precedente locale. Si trova alle Colonne di San Lorenzo, nella Milano da bere, bella zona ma dal parcheggio improbabile.

Lo chef, patron e animatore è il tatuatissimo Misha Sukyas, milanese di origini armene con esperienze in mezzo mondo da Londra all’Australia, dall’Olanda all’Indonesia passando per la Cina. Ultima esperienza a Milano, all’Alchimista.
Il menu, ridotto a pranzo e più articolato la sera, cambia ogni giorno a conferma della dinamicità che caratterizza il posto. La cucina si rivela subito tutt’altro che banale.

È un melting pot, ricco di spezie, di sapori pieni, diversi. Ma allo stesso tempo con radici classiche, anche francesi, piuttosto salde.
Cucina non troppo leggera per ingredienti e per cotture, ma che non ci ha dato alcun problema nel “post”; a tratti aspra, mai dolce, non sempre facile ma mai difficilissima, indubbiamente interessante.
Cucina di burro, di salse elaborate, diretta, non propriamente ipocalorica e quindi per niente omologata agli standard salutistico-dietetici oggi imperanti, soprattutto nella patria della moda.

Una sfida di successo. A pranzo, in particolare, funziona perfettamente la formula tre portate a 15 euro, per cui il locale è sempre pieno, vista anche l’alta concentrazione di uffici in zona.
La sera il menù cambia e diventa più ricco, ma non cambia la filosofia della cucina, né dell’accoglienza, sempre simpaticamente informale e alla mano.
Certo, non tutto è perfetto, e alcune cose ci sono sembrate onestamente incomprensibili, quasi a rafforzare lo spirito un po’ anarchico del locale.

E così, della parmigiana di melanzane in carta a fine novembre con 4 gradi all’esterno ne avremmo fatto volentieri a meno. Così come della tritatina verde (di prezzemolo & affini) su ogni piatto, fatta eccezione per il dolce.
Degna di un film di Bunuel la surreale mini carta dei vini, che in circa 15 etichette spazia dal Cremant d’Alsace biodinamico di Pierre Frick al blend Sangiovese/Merlot base di Banfi. Difficile, onestamente, trovare un filo logico, ma ad oggi tant’è. E va bene così.

Il fatto è che si esce con la voglia di tornare. E questo è un indizio -assai indicativo- di qualcosa di buono.

Cuochi al lavoro.
Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano
Spuma di patate e cozze. Alla base una parmentier molto buona, buone le cozze, nota agrumata, bella acidità.
spuma di patate, Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano
Risotto uva e taleggio assai ben fatto.
risotto, Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano
Spago al nero e salsa di astice. Piatto impegnativo, aspro, salsa al burro densa arricchita dal contenuto della testa degli astici. Non banale.
spaghetto, Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano
Cervo dolceforte e patata al limone.
Cervo, Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano
Polpettine di salsiccia in bisque di astice.
polpettine, Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano
Molto, molto buono il dessert: un cannellone di grano duro fritto e ripieno di cassata e n’duja.
Dessert, Spice Bistrò & Bar, Chef Misha Sukyas, Milano