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‘a Tarantella

Nel panorama delle pizze della tradizione napoletana a Milano a’ Tarantella ricopre un ruolo di primissimo piano. Aperta da tempo, è rinomata per i suoi impasti morbidi, collosi e ben lievitati e per gli ingredienti di buona qualità che completano la preparazione.

Dopo ripetute visite non possiamo che confermare la fama di locale e pizza. Così come gli aspetti negativi: la caoticità del servizio, a tratti distratto, e la troppa ressa riscontrata in molteplici occasioni, sono i tratti distintivi di questa pizzeria situata nella zona nord-est milanese.

Ma la pizza conferma le aspettative, proponendosi tra le prime di Milano. Non aspettatevi però cordialità, pizza a lunga lievitazione, selezione di birre e vini di qualità, ingredienti e toppings insoliti. Qui siamo di fronte a un approccio che più tradizionale non si può… con i suoi pro e i suoi contro.

Gli ottimi fritti iniziali …
Fritti, 'A Tarantella, Milano

Calzone ripieno di ricotta e pancetta di maiale
Calzone ripieno, 'A Tarantella

Pizza olive, alici e basilico …
pizza olive e alici, 'A Tarantella

Margherita con bufala e prosciutto cotto
Margherita con bufala, 'A Tarantella

Tecnica, conoscenza e padronanza dei numeri.
L’approccio imprenditoriale con cui Niko Romito si è imposto sulla scena nazionale -varcando i confini abruzzesi ed il microcosmo gourmet- è chiarissimo. Può esistere una tavola colta che sia anche capace di far quadrare i conti.
Ed in effetti i conti non sempre tornano se, anche dietro un grande nome, manca un’idea chiara e una cucina ben definita. Elementi, questi, necessari, a prescindere da arte e sperimentazione.
Dopo Rivisondoli e Roma, il medesimo concept, con tanto di collaudato know-how e consolidate economie di scala, è sbarcato a Milano. In quello che, attualmente, è il cuore pulsante d’Europa.
Spazio è, come lo definisce Romito, un progetto giovane, popolare, sostenibile, democratico ma soprattutto colto. Perché, anche in questo contesto, come a Castel di Sangro, si fa della cucina evocativa un sentiero attraverso cui percorrere nuove strade, stimolando curiosità e addentrandosi nella materia prima per conoscerne tutte le sfaccettature, senza però perdere la bussola del gusto.
E’ la filosofia del cuoco abruzzese e della sua scuola di formazione, rivelatasi in pochi anni dall’apertura un grandissimo successo imprenditoriale nonché fucina per molti giovani cuochi con una visione chiara del proprio futuro.
Eppure, ripensando a quello che era il Reale una decina di anni fa, era davvero difficile pensare ad una evoluzione ed un successo simili.
Le ricette di Romito, si sa, sono studiate nei particolari. Il blasone di grande cuoco, guadagnato col tempo, non può concedere margini di errore. La resa gustativa deve contemplare immediatezza e piacevolezza, che non sono per forza sinonimo di semplice rotondità.
I piatti “tipici” proposti da Spazio hanno lineamenti eleganti, e sono concepiti ed eseguiti con l’obiettivo di eliminare quasi del tutto la componente greve della tradizione. Un po’ come si faceva nel primo Reale. Ed anche sulle preparazioni che vanno oltre la tradizione, ci si pone sempre un limite (razionale a livello commerciale) oltre il quale gusti e retrogusti eccessivamente spigolosi non trovano posto.
In sala spiccano alcuni volti già incontrati al Reale, che hanno la giusta esperienza per poter gestire con disinvoltura e garbo anche una clientela internazionale. Ciononostante, c’è ancora da sistemare qualche dettaglio, ad esempio evitare una svista come quella accaduta durante questa nostra ultima visita (ma ce ne sono state molte altre) con la dimenticanza nel servire gli usuali stuzzichini iniziali (tra l’altro di gran livello) prima dei piatti.
La carta dei vini sconta il dazio del “premium price”, anche se alcune buone bottiglie non mancano.
Spazio Milano, ubicato all’ultimo piano del Mercato del Duomo, il nuovo polo gastronomico del colosso Autogrill (studiato in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), nel complesso, ci piace e, considerata anche la location, ci è sembrato superiore all’insegna gemella di Eataly a Roma. Ciò premesso, per ora, possiamo constatare che questa nuovissima (ed unica nel suo genere) “catena” gourmet è indubbiamente un progetto lungimirante che conferma la concretezza di Romito nell’offrire un’offerta gastronomica di livello, in diverse zone d’Italia ed in contesti più modesti di un tre stelle. L’unico vero ostacolo potrebbe essere la staticità della carta, per cui ogni minimo cambiamento, considerata l’attitudine da perfezionista di Romito, potrebbe dover prima passare sotto la sua lente. Staremo a vedere.

Gli interni, nei piani superiori della Galleria Vittorio Emanuele II.
interni, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Il pane. Buono. Tanto.
pane, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Zuppa di Parmigiano e pane, con pomodoro, basilico e limone. E’ la prima notevole sorpresa. Un apripista al contempo gustosissimo, profumato ed elegante.
Zuppa di Parmigiano, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Sauté di verdure primaverili (fave, piselli, carciofi, asparagi, lattuga) con sedano e mela. La cottura delle verdure è impeccabile ma il protagonista è il consommé vegetale, di raro equilibrio con contrappunti agrumati e con gli intensi pomodorini disidratati. Notevolissimo.
Saune di verdure, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Dopo il terzo piatto siamo ko.
Tortelli di ricotta, distillato di pomodoro, capperi e cucunci. L’omaggio ai ragazzi del Reale.
Un piatto che è la sintesi della cucina di Romito. Essenziale, equilibrato, ragionato. Perfetto al palato. Un piatto anche superiore ad alcuni provati a Casadonna.
Dopo questo tutto si assesterà su un livello di (attesa) normalità.
Tortelli di ricotta, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Fettucce al pesto di basilico, fagiolini e Parmigiano. Decisamente più semplici del precedente ma comunque molto concentrati nel sapore.
Fettucce al pesto di basilico, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Una carta dei vini essenziale dal quale peschiamo il vino della casa: Feudo Antico….
Tullum, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Filetto di maiale, olive, capperi, pomodori e salsa di mandorle. Un piatto con tocchi di mediterraneità.
filetto di maiale, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Il più tradizionale, ma altrettanto buono, agnello stufato con friggitelli, timo e rosmarino.
Agnello, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Giardiniera in accompagnamento..
giardiniera, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Guazzetto di frutta con gelato allo zenzero. Davvero gradevole.
guazzetto di frutta, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Notevolissimo il cremoso di mandorle, gel di limone, frolla integrale salata e maggiorana. Un dolce non dolce molto raffinato giocato sul tono grasso della mandorla che acquisisce delle sferzate defatiganti ed aromatiche con il limone e la maggiorana fresca.
cremoso al limone, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
cremoso al limone, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
La notevole vista.
vista, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Piccola pasticceria: mini creme caramel e gelatina al lampone.
piccola pasticceria, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Uno dei tavoli.
tavoli, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano
Interni.
interni, Spazio, Chef Niko Romito, Piazza Duomo, Milano

Certe volte è meglio fare poche cose fatte bene piuttosto che molte fatte male.
Purtroppo quello del “molto” era il leitmotiv di molti ristoranti di Milano durante i favolosi anni ottanta, con menù enciclopedici e una qualità della materia prima mediocre, a cui seguiva un’altrettanta sommaria esecuzione dei piatti.
Negli ultimi anni per fortuna il trend si è interrotto e contemporaneamente si è assistito alla nascita di ristoranti specializzati in un ingrediente o in un alimento.

E’ il caso appunto de “La Griglia di Varrone”, ristorante già presente a Lucca e sbarcato da poco più di un anno a Milano, nella zona della movida di corso Como.
Con grande coraggio sono stati eliminati dalla carta i primi piatti (scelta più che motivata per un ristorante del genere), specializzandosi appunto nei soli piatti a base di carne.
La Griglia di Varrone non punta a prodotti o produttori a chilometro zero, ma ad una selezione delle migliori carni provenienti da varie parti del mondo, una su tutte il famoso e raro manzo Wagyu, proveniente dal Giappone e vittima purtroppo di tante imitazioni.
Ecco che la ricerca della materia prima di qualità, unita a metodi di cottura semplici e non invasivi come la griglia (con la brace ovviamente) o il forno del mitico Paolo Parisi, permettono di portare in tavola prodotti di gran livello.
La Griglia di Varrone è un ottimo esempio di ristorante materico per eccellenza, e la passione con cui il patron Massimo Minutelli gestisce il locale è la dimostrazione pratica della famosa frase di Walt Disney: “se ci credi ci puoi riuscire”.

Già dagli antipasti si capisce che alla base di questo progetto c’è una gran ricerca nella selezione del prodotto. Ecco quindi la collaborazione con importanti produttori, che tutti noi conosciamo bene (come Paolo Parisi, Massimo Spigaroli, Joselito, Guffanti, Oberto) che assicurano la bontà e la qualità della materia prima.
Il menù come detto offre una buona scelta di tagli di carne provenienti da varie parti del mondo: potrete scegliere tra il Black Angus U.S.A. e quello australiano, il Kobe dal Giappone, la Fassona dal Piemonte per proseguire con la pluma di Pata Negra Joselito, l’agnello di razza aragonese e persino il bufalo (molto magro e ad alto valore proteico). Completa la carta una bella selezione di Hamburger.
Fra i tagli più interessanti e saporiti abbiamo assaggiato l’entreña, un taglio di manzo proveniente dal laterale del diaframma e il The King, filetto con osso da 500 gr di Angus USA.
La carta dei vini comprende una buon selezione di etichette con Toscana e Piemonte in testa ovviamente, ma ci aspettiamo di vedere qualcosa in più in un futuro non lontano.
La carta dei dessert è decisamente essenziale ma come abbiamo già detto, qui si viene per la carne.

Il locale è certamente modaiolo (del resto è la zona stessa a richiederlo) ma l’ambiente è piacevole e si sta bene, benché quando il ristorante è a pieno regime il rumore generale sia un po’ fastidioso.
Astenersi chiaramente vegetariani e vegani.

La vetrina con i vari tagli di carne e dietro la griglia, cuore nevralgico del ristorante.
Vetrina, La Griglia di Varrone, Milano
La mise en place.
Mise en place, La Griglia di Varrone, Milano
Il cestino del pane, di buona qualità.
Cestino del pane, La Griglia di Varrone, Milano
Fiore di zucchina con burrata e acciughe del mar Cantabrico.
Fiore di zucchina, La Griglia di Varrone, Milano
Prosciutto cotto di Paolo Parisi con giardiniera di verdure.
prosciutto cotto, La Griglia di Varrone, Milano
Jamon Joselito Gran Reserva 2009, umami allo stato puro.
Jamon Joselito, La Griglia di Varrone, Milano
Tris di tartare: con foie gras e confit di cipolle, olive e pinoli, burrata e pesto al basilico.
Tris di Tartare, La Griglia di Varrone, Milano
Tagliata di bufalo.
Tagliata di bufala, La Griglia di Varrone, Milano
Entreña e picanha, entrambe morbide e saporite. Cottura perfetta.
picanha, La Griglia di Varrone, Milano
Cipolla rossa cotta nella cenere.
cipolla, La Griglia di Varrone, Milano
Verdure cotte nel forno di Paolo Parisi.
verdure cotte, La Griglia di Varrone, Milano
Gelato alla vaniglia, per finire in docezza.
Gelata alla vaniglia, La Griglia di Varrone, Milano

La nuova avventura di Paolo Lopriore è iniziata nel migliore dei modi. Sappiamo per certo che questo non sarà il suo approdo definitivo, ma resta comunque un passaggio importante.
L’anima inquieta e tormentata dell’artista che alberga nell’ormai ex-cuocone brianzolo, (sarà dimagrito almeno una quindicina di chili) è nota e personalmente ci affascina non poco. Anche perchè è foriera di sviluppi culinari interessanti, innovativi e divertenti, come questo Tre Cristi.
Nata dallo spirito imprenditoriale di un gruppo di amici che si occupa di tutt’altro, questa nuova idea di ristorazione ha chiaro e dichiarato come suo intento principale quello di riscoprire il piacere della convivialità, forse un po disperso nei meandri della celebrazione egotica degli chef e dei loro ristoranti avvenuta negli ultimi lustri.

La convivialità è un termine che vuol significare tutto ma può anche non significare nulla. E allora, sulla scia di questa nostra fantastica esperienza, cerchiamo di declinarvi cosa abbiamo inteso noi.

Convivialità significa un modello di ristorazione più informale, in cui dal servizio alla preparazione nulla è più incanalato in un rigido protocollo. Informale beninteso non è sinonimo di minore qualità, ma solo di una forma espressiva differente.
Per esempio, paradossalmente ma neanche troppo, l’attuale suddivisione tra antipasti, primi, secondi e dolci potrà un giorno decadere in questo luogo di goduria e perdizione conviviale. Di fatto è già oggi così, perchè, come è giusto che sia, ogni piatto ha porzioni importanti e quindi la sequenza può e deve essere calibrata per ogni tavolo, per ogni singolo commensale a piacimento. E poi, quanto è affascinante vedere 5 o 6 tavoli al tuo fianco che sono inondati di preparazioni e di tegami con contenuti misteriosi, differenti e molto lontani dai tuoi?

Convivialità significa condivisione, ecco quindi che le portate escono dalla logica vetero-spagnola delle tapas e dei lunghi e chilometrici percorsi di degustazione, se non per gli ammennicoli iniziali, ed entrano in una dimensione molto più italiana, molto più nostra, molto più radicata e identitaria fatta e costruita attorno agli arnesi di cucina (leggasi pentole e pirofile) portati a tavola, in porzioni abbondanti, da condividere ma sopratutto da mischiare e commistionare come meglio si crede. Con un nuovo protagonista, il cliente. Che non è più schiavo degli abbinamenti e delle proporzioni imposte dal cuoco, e dal suo ego, ma decide lui in prima persona come, quanto e cosa abbinare.

Convivialità è anche la pratica spinta degli intingoli, non le salse di origine francese ma i nostri beneamati fondi di cottura, che sono naturalmente più leggeri, non tirati, non arricchiti da troppi grassi e che invitano, convivialmente appunto, ad intingere lo stupendo pane di lievito madre e a goderne insieme perdutamente da parte di tutti i commmensali.

Convivialità è anche, in un prossimo futuro, non troppo lontano ci auguriamo, condivisione tra tavolo e tavolo della cucina, intesa come diversità o biodiversità correlata alla propria singolare o comunitaria esperienza.

In tutto questo tracciato filosofico, in cui è ben presente il pensiero e l’idea del cuoco, ecco spalancarsi tutta la sontuosità, l’agricola eleganza e la maestosità della nuova cucina di Paolo Lopriore. O per lo meno della cucina coerentemente contestualizzata e pensata per questo ristorante. Abbiamo visto a suo agio Paolo in questa nuova idea, tra pirofile e dialoghi, non monologhi. Con confronti e intersezioni, l’anima del pensiero e della crescita.

E il paragone con l’artista ci sorge nuovamente spontaneo. Meglio il Picasso cubista o il primo Picasso impressionista? Due stili molto differenti a cui un maestro si approccia con tutta la sua spinta e la sua carica personale ed il suo talento. Ecco perchè il Tre Cristi è un modello che ci piace tanto.

Si respira un’aria conviviale ai Tre Cristi, ma anche affascinante e intrigante: non fatevelo mancare!

Focaccia pistacchio, aglio dolce e semi d’anice.
Focaccia, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Crema cotta di acciughe e borragine, primo sussulto!
Crema Cotta, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gnocchi di riso al cacio e pepe.
gnocchi di riso al cacio e pepe, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
…e dopo i loprioriani benvenuti, questo straordinario pane e questa stratosferica focaccia entrambi a lievito madre di mammà (Lopriore).
Focaccia, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Zucchine in scapece. Come spesso accade con questo signore un piatto apparentemente semplice, ma dal profilo gustativo molto complesso.
zucchine in scapece, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Il vero piatto! Pane con intingolo filo-giapponese … un brodo umami arricchito da katsuobushi fenomenale!
Pane con intingolo, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Una libera citazione al maestro. Straordinari spaghetti di riso, con fondo di burro acido e pistilli di zafferano. Rifinito on top da sferificazione di zafferano e foglia d’oro. Manca certamente il pompelmo, ri-citazione a se stesso, e forse la sferificazione e il posizionamento dell’oro sono leggermente da rivedere. Ma indubbiamente fantastico!
Spaghetti di riso, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Fave e cipolle…
Fave e Cipolle, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Baccalà in intingolo d’erbe…
Baccalà in intingolo di erbe, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
…e crema di baccalà e patate.
crema di baccalà e patate, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Piatto da comporre a piacimento in cui quella crema di baccalà, olio e patate è da fondo scala. il resto ottimo, eccellente!
baccalà, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gnocchi alla romana divini…
Gnocchi alla romana, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Finanziera di Manzo al bahart (spezie orientali) e kefir… altro piatto conviviale di livello assoluto.
Finanziera di Manzo, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
I dolci, si sa, non sono il punto forte di Lopriore… gelatina di pesce e mango, spuma di mandorle amare e pistacchi.
dessert, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gelato al caffè ed albicocca e i suoi accompagnamenti…
Gelato al caffè, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gli accompagnamenti…
accompagnamenti, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano

Essenza: mai come in questo caso il nome di un ristorante ne rispecchia, pienamente, la linea di cucina. Eugenio Boer abbiamo iniziato a seguirlo dai tempi di Enocratia, e già allora ne avevamo apprezzato l’entusiasmo, la passione e intravisto il talento. Che restava però ancora in buona parte inespresso.
Oggi, con Essenza, la sua nuova casa, Boer riesce finalmente ad esprimersi con la massima libertà, e i risultati si vedono. Essenza è, infatti, senza dubbio una delle novità più interessanti del 2015 all’ombra della Madonnina (e non solo).
Essenza, come quel che c’è al cuore delle cose, ciò che resta una volta eliminata ogni sovrastruttura.
Essenza, come “Il cervo e la sua storia”: filetto di cervo crudo da mangiare con le mani. Ancestrale, senza compromessi, un boccone da re.
Finalmente un ristorante dove tutto ha un senso, segue un filo, un percorso gustativo. Anche gli amuse bouche, troppo spesso ridotti ad inutile orpello, senza senso e fuori contesto, qui invece raccontano il passato e il presente di Boer e sono curatissimi, per un inizio pasto assai felice.
Essenza come l’ingrediente, la materia e come capacità del cuoco di valorizzarla e di cucinarla. E Boer sa il fatto suo, sia quando gioca con contrasti e toni acidi, come nello sgombro cotto e crudo avocado, cetrioli, erbe selvatiche, caprino e chartreause, sia quando si cimenta in un classico risotto. Il suo Risotto alla Cenere, Salmerino e le sue uova è uno dei più interessanti provati di recente… diventerà un classico, fidatevi.
Essenza. Perché non è necessario giocare con troppi ingredienti per mostrare al mondo che si è capaci di cucinare. Perché è giusto che ogni ingrediente sia essenziale al piatto. Carciofi, Cynar e liquirizia: l’esasperazione dell’ingrediente. Insomma, come avrete capito, Essenza ci è piaciuto e riteniamo che abbia ottimi margini per una ulteriore crescita, pertanto il voto di conseguenza è approssimato verso il basso, in attesa di ulteriori sviluppi, che certamente non tarderanno ad arrivare.
Lo trovate in via Marghera, all’interno di un portone con un gradevole dehors, semi nascosto, discreto, essenziale anche nella location.
Un peccato non venirci, un vero peccato.

Gli interessanti amuse bouche.
Amuse Bouche, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano Cialda di Risotto alla Milanese e spuma di Parmigiano Reggiano (omaggio a Milano).
Cialda, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Bitterballen e Senape dolce (omaggio all’Olanda, una delle Patrie dello chef).
Bitterballen, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Tartare di Salmerino (in onore di Norbert Niederkofler, uno dei suoi Maestri).
Tartare di salmerino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Madeleine alle Olive Taggiasche e Pesto alla Genovese (Omaggio alla Liguria, altra Patria dello chef).
Madeleine, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Macaron Salvia e Rosmarino con Paté di Fegatini, cuori di Piccione e Grue di cacao (in onore di Gaetano Trovato, altro Maestro riconosciuto come tale dallo chef).
Macaron, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Lungo il Fiume pensando a Marengo. Rivisitazione del Pollo alla Marengo. Cema di patate al tartufo nero, croccantissime briciole di pane aromatizzate all’amaretto, insalata di crescione di fiume, gamberi di fiume e crema di pinoli al whisky torbato. Il tutto immerso in un consommé classico di pollo.
Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Sgombro cotto e crudo, Avocado, Cetrioli, Erbe selvatiche, Caprino e Chartreause.
Sgombro, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Il Cervo e la sua storia.
Cervo, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Tortellini di Gambero Rosso di Mazzara nel loro Consommé al Bergamotto. La sfoglia è bella rustica e giova alla riuscita del piatto.
Tortellini di gambero, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Carciofi, Cynar e Liquirizia. Il carciofo con tutte le sue sfumature, forse al piatto gioverebbe una sfoglia più eterea. Un deja-vu da un’idea di Luigi Taglienti.
carciofi cenar liquirizia, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Risotto alla Cenere, Salmerino e le sue uova.
risotto alla cenere, salmerino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Bagnon. Rivisitazione di un piatto della tradizione ligure.
Bagnon, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Lavanda, Yogurt, Mirtilli, Capra e Polline.
Lavanda, yogurt, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano