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Pecora Negra

Pecora Negra: la pizzeria del cuoco n. 1 al mondo per la World 50 Best

Mauro Colagreco, con una folgorante carriera, è diventato indiscutibilmente il cuoco di punta nella sua nazione d’adozione, la Francia. Tra gli altri, i più importanti riconoscimenti sono la prima posizione nella classifica della World 50 best e le tre stelle dalla Guida Michelin, riconoscimenti che lo hanno proiettato nell’olimpo dell’alta gastronomia.

Siamo stati tra i primi a visitarlo, in quell’ormai lontano 2006, quando decise di lanciarsi in una impresa folle – ma la follia è uno dei tratti distintivi dei grandi uomini – aprendo il suo ristorante, il Mirazur, a un passo dal confine italiano.
Mai stanco, mai soddisfatto, sempre sorridente e disponibile, Mauro Colagreco ha da poco aperto anche una pizzeria sul lungomare di Mentone perché, non dimentichiamolo, nelle sue vene scorre sangue italiano. Un’altra scommessa azzardata, rischiosa, ma, come tutte, vinta a mani basse.

Una pizza fragrante quella del Pecora Negra, con un punto di cottura ottimo e una stilistica che la fa assomigliare alla pizza di Stefano Callegari di Sforno. Cottura lievemente pronunciata, lievitazione perfetta, condimenti di qualità appropriati. E prezzi coerenti.

Un plauso a Colagreco, per aver creato un secondo locale di grande successo, che propone una pizza veramente molto buona, appena oltre il confine.

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La Costa Azzurra di Mauro Colagreco: un nuovo capitolo per la cucina francese

Il Mar Ligure e le montagne delle Alpi Marittime, gli orti e i giardini, Francia e Italia. Binomi, questi, in grado di dare un’idea dei sapori e dei profumi di cui possa inebriare, anche solo incidentalmente, la Costa Azzurra e in particolare il ristorante Mirazur.

Il Mirazur è lo specchio di questi binomi e la cucina di Mauro Colagreco è la splendida cornice che ne racchiude l’essenza. Un trionfo di sapori vivaci, come i colori di Menton, quel lembo di riviera francese che, con le sue sfumature pastello, divide l’azzurro del cielo da quello del mare la cui brezza lambisce i tavolini affacciati della meravigliosa sala panoramica di quello che oggi rappresenta, per critica e pubblico, il miglior ristorante di Francia.

Ma quelle che sembravano essere delle semplici nozze tra la cucina transalpina, italiana e sudamericana sono ora un idillio fatto di personalità, perfezionismo, profumi di macchia mediterranea e cultura dell’ingrediente, selezionato e lavorato con estro e sensibilità, al massimo delle sue potenzialità. La “caratura” dei frutti o delle verdure, nel fiore della loro stagionalità, sono il massimo che si possa immaginare per nitore e purezza. La freschezza del prodotto ittico regala un’istantanea gustativa da incorniciare nella memoria gastronomica del commensale. Ultima ma non ultima, si segnala la disinvoltura con cui vengono messi a fuoco i retaggi gastronomici che lo chef italo-argentino ha introiettato nel corso della sua vita e formazione professionale.

Mirazur: una cucina sospesa tra neo-classicismo e contemporaneità

Ma il 2019 è stato un anno memorabile per Colagreco e per i suoi collaboratori: le tre stelle Michelin e la vetta raggiunta nella classifica dei 50 Best hanno regalato al Mirazur una ampia e luminosissima visibilità rendendola una delle tavole più ambite del paese, molto di più di quanto già non fosse accaduto ad altre insegne francesi. Colagreco si è scrollato di dosso i canoni della rigida formazione acquisita nelle cucine di tristellati transalpini facendosi guidare dall’accecante bagliore dell’istinto e da quella capacità innata che hanno in pochi e che si chiama identità.

Uno stile personalissimo, fatto di padronanza tecnica, privo di déjà-vu e riferimenti modaioli fanno della cucina del Mirazur una delle più interessanti sull’attuale scena culinaria mondiale, così lontana e così vicina alla tradizione dell’haute cuisine transalpina da farne un ibrido sospeso – ma in meraviglioso equilibrio – tra neo-classicismo e contemporaneità. Tutti i trascorsi dello chef in Francia, da Bernard Loiseau ad Alain Ducasse, dal Grand Vefour a Alain Passard, si intravedono nei dettagli delle sue creazioni, senza che traspaia una predilezione per uno stile rispetto a un altro. La bravura di Colagreco sta anche qui, allorquando prende spunto da solidissime basi per inventare qualcosa di diverso, sebbene saldamente ancorato all’esperienza.

La barbabietola in crosta di sale e salsa al caviale Oscietra e il calamaro di Bordighera con salsa alla bagna cauda, due dei suoi capolavori, possono essere l’icona di una cucina moderna, tanto belli esteticamente quanto perfetti in termini di cifra tecnica (temperature, proporzioni, contrasti, consistenze). La parte meno interessante della degustazione è stata la partenza, con gli appetizers buonissimi ma carenti di emozioni forti presenti, ad esempio, nella quasi totalità del menu Univers Mirazur, come nello scampo con una straordinaria pesca alla verbena, nel fungo porcino servito con foie gras e un prezioso infuso ai porcini, in una fetta di pesce spada dalla straordinaria intensità iodata, in un pomodoro alla brace con sentori mediterranei o in un trancio di San Pietro con uova di trota e salsa sudachi. Audace e da applausi il dessert al cacao peruviano, rosmarino e olio d’oliva.

Un’impeccabile brigata

Il servizio di sala ha un approccio che rispecchia molto l’indole dello chef: amichevole e simpatico ma che esegue con rigore il proprio ruolo e, anche in rarissimi casi in cui non si mostri immediatamente perfetto (durante la nostra cena è stato servito un piatto contenente un allergene segnalato che è stato immediatamente sostituito con un differente portata), riesce a recuperare a fulmicotone evitando cadute di stile. Anche sulla carta dei vini c’è poco da dire, variegata (forse un filo poco estesa) ma che incontra un limite nella scelta alla mescita (ci sono soltanto 3 opzioni a seconda del valore della bottiglia che viene stappata in base al gusto/volontà del sommelier).

La Galleria Fotografica:

Sono passati ormai molti anni da quando il tamtam gourmet iniziò a rimbalzarsi il nome di un giovane chef argentino, di speranze assai più che belle.
E dieci anni sono passati anche da quando Mauro Colagreco, fresco di un apprendistato che aveva visto fra i propri maestri Ducasse, Passard e perfino Loiseau, inaugurò a due giri di tango dal confine italiano il proprio Mirazur. Ora, due stelle, innumerevoli altri importanti riconoscimenti e qualche apertura collaterale dopo, Mauro Colagreco ha quarant’anni. Non cinquantacinque. Quaranta. Si tende a percepire lo chef argentino come un cuoco “arrivato”, quasi che il momento di andare a provare la sua cucina per raccontare l’evento agli amici fosse superato in favore di nomi più freschi, mentre ci troviamo davanti a un professionista maturo, sì, ma ancora in piena parabola ascendente.

Colagreco sembra arrivato a un primo punto di ripensamento, in cui le conoscenze maturate durante l’apprendistato hanno iniziato ad amalgamarsi perfettamente in una cucina che ha come centro espressivo l’orto. Un orto che non è (o non è più, o non è più solo) sterile icona di virtuosismi agresti, ma è utilizzato come specchio per rileggere l’intero spettro gustativo. Forse rispetto al passato la cucina di Colagreco ha anche meno del Prometeo che cerca di liberare se stesso dall’ombra della propria, sontuosa, formazione culinaria; le acidità sono utilizzate non solo in senso provocatorio ma, onnipresenti e dosate magistralmente, sono funzionali al perfetto e antiaccademico non-equilibrio delle creazioni. L’insalata di asparagi con pompelmo, crema di yogurt e miele d’acacia è un piatto di rara perfezione, metallico e affilato come una spada di Hattori Hanzo, destinato a non abbandonare facilmente la nostra memoria.

Moltissimi, poi, sono i miglioramenti che il ristorante ha visto negli ultimi anni: ad una cucina con picchi altissimi facevano infatti un tempo da contraltare una notevole discontinuità (in cui molto giocava la presenza dello chef in cucina), un servizio in perenne difficoltà e una carta dei vini sotto il livello minimo dell’accettabilità a questi livelli gastronomici. Nonostante l’assenza dello chef, invece, abbiamo vissuto un’esperienza gastronomica di livello assoluto, con un servizio di assoluta efficacia e con la possibilità di accompagnare il nostro pranzo con una chicca imperdibile come il Clos de la Néore 2014 di Edmond e Anne Vatan.

E se a tutto ciò aggiungiamo la ciliegina, ovvero la bella sala con una splendida vista sul mare, diviene in pratica quasi impossibile trovare un valido motivo per non passare da queste parti.

Stuzzichini: gelée di rapa rossa, mousse di formaggio di capra, macaron di sanguinaccio e mela verde, sardina del mediterraneo e limone di Mentone.
stuzzichini, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Il pane, strepitoso.
pane, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
amuse-bouche, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Uovo Florentine con caviale Osciètre: un inizio rotondo e opulento.
uovo florentine, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Insalata d’asparagi, pompelmo, crema di yogurt e miele d’acacia.
Insalata d'asparagi, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Spugnole, favette e patate. Materia prima strepitosa (una costante).
Spugnole, favette, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Baccalà candito, nage di verdure primaverili, agrumi e vongole. Capolavoro di tecnica in cui orto e mare emergono a braccetto senza prevaricarsi ma ben distinti. Piatto di incredibile persistenza.
baccalà, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France

Sella d’agnello, cavolfiore, purea di broccoli affumicati e latte di capra. Carne strepitosa, va bene, ma anche qui è l’orto a fare la differenza fra un buon prodotto e un grande piatto di carne.
Sella d'agnello, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Pomelo candito, spuma di cioccolato bianco.
Pomelo Candito, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Strutture di cioccolato nero: come rendere interessante un elemento che nel 2016 ha ormai detto tutto molte volte.
Strutture di cioccolato, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Gelatine all’arancia amara, di mate e cioccolato bianco, meringa all’acetosella.
Gelatine all'arancia amara, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Una delle tematiche più in voga del mondo gastronomico e sulla quale, ormai, ci capita spesso di discutere, riguarda l’importanza degli ingredienti. La cucina così detta “local”, in questo caso non intesa come rappresentazione e rielaborazione geografica della tradizione, bensì come l’utilizzo e la presentazione nel piatto di un prodotto alimentare a ridottissimo raggio di provenienza. Mauro Colagreco ci aveva già pensato qualche anno fa ad investire sugli ingredienti local, quando decise, dopo importanti trascorsi da due mostri sacri come Passard o Ducasse, di proporre la sua personalissima cucina e, con essa, i prodotti del suo orto in questa felicissima ed elegante villa anni trenta che sormonta “le grand bleu”.

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

La Pantera Rosa era in Cote d’Azur, la frontiera italiana ormai alle spalle di una buona trentina di metri, le mani quasi sul gioiello, una trombetta dorata. Il suo tesoro, lo sapeva, era nascosto da qualche parte all’interno del ristorante di un noto chef, le cui origini e nome avrebbero fatto felici i cittì dell’età d’oro degli oriundi. (altro…)