Eugenio Boer, se fosse presente nel bellissimo libro “Giovani & Audaci, cronaca semi-seria della nouvelle vague Italiana in cucina” sarebbe sicuramente catalogato come “duro”.
All’apparenza l’uomo Denim, che non deve chiedere mai. Ma, dietro la scorza possente, nasconde un animo sensibile e tutt’altro che rigido e cazzuto.
Quando poi ti parla, spesso scivola nel suo accento ligure, tramandato dalla madre, che mette in ombra la sua anima da biker maledetto, proveniente direttamente dai sobborghi di Amsterdam, in Olanda, sua seconda patria.
E tu sorridi, perchè la sua cucina è lo specchio di tutto questo. Sembra quello che non è. Ed è ciò che non sembra.
Sembra moderna, à la page, alquanto trendy. Quasi non fosse chiaro che ci troviamo nel suo ristorante a Milano, potremmo essere nei Paesi Bassi, come in Australia o California.
Poi invece la affronti, la sfogli come una cipolla, vai appunto all’essenza e scopri una cucina personale, con una timbrica classica davvero importante. Qui salse, fondi, riduzioni, concentrazioni di sapori passano attraverso il veicolo del più esasperato classicismo d’oltralpe, ma non solo.
Gran classe ed eleganza, uso imperioso di componenti lipidiche, ben addomesticate, sapori maschi e ben distinti, intensi. Una cucina certamente importante, d’altra parte Eugenio è il primo a dirvi che al suo ristorante si mangia, e si mangia davvero!
Ma questo non preclude a questa realtà una sorta di eleganza di fondo, di accuratezza nel senso delle proporzioni, di visione moderna di preparazioni classiche che ci fanno certamente affermare che questo cuoco è sicuramente un personaggio che lascia il segno, la sua impronta, su tutto il suo operato.
Se volessimo fare qualche piccolissimo appunto, potremmo solo dirvi che non è fatta per percorsi chilometrici, ma questo potrebbe essere anche un pregio, e sopratutto potremmo dirvi che, per spiccare decisamente e definitivamente il volo verso l’alto olimpo, si potrebbe risparmiare qualche reiterazione stilistica (la “grattugiata” in molti piatti, seppur di derivazione ed elementi differenti, e lo stile d’impiatto per citare due esempi).
Ma qui, in questo momento, siamo al cospetto di un luogo tra i più interessanti presenti a Milano oggi, certamente nella nostra personale top five. Questo anche grazie ad un servizio, c’è da dirlo, giovane, spigliato, divertente, ma molto preciso e professionale. Forse solo un pochino in affanno, dicono le nostre varie visite, a locale pieno.
Ma questo è un posto da tenere ben presente sul vostro taccuino gourmet, fidatevi!
Il Nostro Benvenuto: il percorso dello chef in cinque piccoli ricordi.
L’ottimo pane.
Il primo compagno di viaggio.
Canederli: brodo ristretto di legno di castagno, canederli di spinaci, funghi pioppini e castagne crude.
Finferli: bavarese di finferli, aceto di sidro, blu del Moncenisio e semi di zucca.
Quaglie, Prugne: quaglia, umeboshi, nocciole del Piemonte, sedano rapa e foie gras.
Autunno: cappellaccio di pasta fresca alle castagne, zucca alla mantovana, porcini, jus di terra, topinambur e un terriccio di funghi ed erbe.
Altro compagno di avventura…
Carpa alla brace: tortelloni di segale, zabaione all’aneto, patate rosse alla panna acida e mele.
Lièvre à la Royale: tagliatelle di pasta fresca al civet, ragout di lepre, foie gras e tartufo nero.
Fantastico questo pinot grigio di Princic…
Risotto alle lumache: lumache, aglio nero, prezzemolo e ribes.
Storione: kefir, spinaci, olivello spinoso e caviale.
Un altro vino in accompagnamento…
Cassoeula: verze e maiale.
Sud.
Pollution: liquirizia, sesamo nero e cioccolato fondente affumicato.
La piccola pasticceria.
Qualche scorcio…