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Il miglior piatto di pasta del 2023

Che si tratti di pastasciutta, di pasta fresca o essiccata, di una sfoglia all’uovo o semplicemente approntata mescolando acqua e farina, diviene chiaro che la pasta abbia mille volti e si presti ad altrettante declinazioni. Un mondo talmente vasto e vario che da tempo abbiamo scelto di occuparcene approfonditamente in questo sito a lei esclusivamente dedicato, dove raccontiamo i formati di pasta esistenti e diamo spazio a tutti quelli che con la pasta ci hanno a che fare ogni giorno: produttori e grandi cuochi. Abbiamo così voluto riassumere l’anno attraverso il miglior piatto di pasta del 2023.

Tra quelli elencati dai nostri autori troverete ricette di tradizione secolare, così come piatti dall’animo estroso e contemporaneo; la solidità e il conforto della cucina che ci riporta a casa e quella che ci proietta in un viaggio alla scoperta di gusti e abbinamenti insoliti. Quale che sia la vostra versione preferita, il bello è proprio questo: la pasta è buona in tutte le salse e può incontrare il gusto di tutti.

Leonardo Casaleno

Cappellaccio di lepre à la Royale: pasta fresca al cioccolato, fegato grasso e tartufo nero – Eugenio Boer – [bu:r]

Pensate ad Escoffier che si ispira a Carême. Poi immaginate di poter conferire un accento italico a un classico intoccabile della cucina transalpina… et voilà: un piccolo medaglione di lepre della misura di pochi centimetri quadrati diventa un delizioso ripieno di un cappellaccio al cioccolato  adornato con tartufo e adagiato su una salsa tirata, come si deve, con cioccolato e sangue dell’animale. È la Lièvre à la Royale secondo Eugenio Boer. Un piatto monocromatico, visivamente affascinante, dannatamente goloso, che cattura l’essenza di entrambe le ricche tradizioni gastronomiche, pur restando, sempre, un piatto di pasta.

Orazio Vagnozzi

Tagliatelle burro e parmigiano – Diego Rossi – Trippa

Chi non ha nella memoria il gusto dolce e casalingo della pasta in bianco? E, se come fa Diego Rossi, arricchisci le tagliatelle di umami, cuocendole nel brodo di pollo e al burro aggiungi del buon Parmigiano, il ricordo diventa sublime!

Leila Salimbeni

Spaghetto Felicetti al caviale ferrarese e panna acida – Cristina Maresi – Le Occare

Minimale, quasi monastico lo Spaghetto Felicetti al caviale ferrarese e panna acida (ma può trattarsi di burro chiarificato o altre emulsioni, a gusto e capriccio di Cristina Maresi, cuoca e ospite tanto sensibile quanto raffinata) de Le Occare, luogo che con la sua potente individualità ha (di)segnato l’indole di tutto il mio 2023. Perché alcuni luoghi restano attaccati addosso e finiscono per abitarti molto più di quanto tu sia in grado di abitare loro. 

Gianni Revello

Spaghetto con olio all’alloro – Matteo Baronetto – Del Cambio

Lo spaghetto è mantecato al momento, c’è una forte componente olfattiva, un elemento decisivo, la spiegazione è già nel profumo (mi viene in mente il sacchetto a maglie non strette pieno di semi di cardamomo caldi messo in tavola a El Bulli nel momento di pausa nel passaggio dal gruppo di piatti “tapas” al gruppo di piatti “caccia”). Infine qui viene posato un disco compresso di parmigiano reggiano. L’elemento balsamico amaro di norma spiazzante in un piatto di pasta, qui diventa sorprendente col molto ben calibrato veicolo oleoso nel ravvivare il carboidrato e nella funzione di stacco, messo circa al centro della quindicina di piatti salati. La gola (pasta, olio, grana) e la testa (alloro, netto) che detta il mood.

Claudio Persichella

Tortelli di pero misso, burro e Parmigiano – Diego Rossi – Trippa

In uno dei templi nazionali della cucina materica e golosa, altissima espressione dell’italico artigianato ecco una paradigmatica sintesi di abilità manuale, assemblaggio perfetto di sapori e sapientissima selezione di materie prime di assoluto livello.

Giovanni Gagliardi

Spaghetto al riccio di mare – Marco Sacco – Piccolo Lago

Quest’anno mi piace premiare il mare che non ti aspetti. Quello assaggiato su un lago. Per l’intensità delle note iodate contrastate meravigliosamente dalla nota di liquirizia regalata dall’aglio nero utilizzato in mantecatura. Un bravo a Marco Sacco ed alla sua squadra.

Antonio Sgobba

Raviolo amaro, tuma persa, miele d’ape nera e bottarga – Riccardo Fazio – Blum Restaurant

Il piatto di pasta dell’anno è questa pasta ripiena mangiata in riva al mare nella baia di Mazzarò, dove Riccardo Fazio non ha avuto paura di proporre un piatto dalle note amare nettamente percepibili solo elegantemente smussate dal latticino e dalle nuances salmastre. Una creazione originale e dalla lunga persistenza palatale.

Davide Bertellini

Tortellino gratinato al forno a legna con crema di Parmigiano Reggiano 36 mesi – Jessica Rosval – Al Gatto Verde

La magia del fuoco nel nuovo ristorante a Casa Maria Luigia eleva all’ennesima potenza questo iconico piatto di Massimo Bottura

Claudio Marin

Tagliatelle ai funghi – Antonia Klugmann – L’Argine a Vencò

Il coronamento di un tenace lavoro sulla pasta fresca, l’ossessione per gli spessori e le glassature che culmina in una sorprendente compenetrazione tra sfoglia e condimento. Una meravigliosa nota di fumo, che rimanda al bosco. Un piatto che vive dell’equilibrio di un istante. La capacità di innovare ciò che sembra cronicizzato.  

Alfonso Isinelli

Anelletti, estratto di pesci di scoglio, tenerumi e crema di fagioli Cosaruciaru – Gabriele Camiolo – Capofaro Locanda & Malvasia

Affacciati da Salina sullo splendido panorama delle Eolie, si gode a Capofaro della cucina di Gabriele Camiolo, che infonde nei suoi piatti leggibili ma di magistrale tecnica, tutti i profumi e i sapori isolani. In questa magnifica minestra si fondono mare e vegetale, sucpportati dal perfetto e classico formato siciliano, gli anelletti. Una vera goduria.

Fiorello Bianchi

Pasta al non pomodoro – Riccardo Scalvinoni – Il Colmetto

Spaghetto con ciliegie cotte e estratto foglie di fico, delizioso e originale per l’acidità e dolcezza del pomodoro portata invece dalle ciliegie, delizioso.

Gherardo Averoldi

Spaghetto cotto in acqua di pomodoro con ricci di mare e grue di cacao – Stefano Baiocco – Villa Feltrinelli

Piatto spigoloso, complesso e stratificato in cui si sommano molteplici elementi tra loro apparentemente dissonanti ma che rivelano un ineffabile equilibrio ed una infinita profondità.

Giacomo Bullo

Gigli al Ciliegiolo, seppia e olivello spinoso – Bruno Cossio – La Trattoria di Enrico Bartolini

A ricordare le radici toscane, il famoso giglio. A suggellare uno dei piatti meglio riusciti del 2023 a tema pasta, Bruno Cossio de La Trattoria di Enrico Bartolini a L’Andana dallo spirito maremmano. I gigli sono qui cotti in una vigorosa riduzione di ciliegiolo, finanche ad una nota di caramello. La forma perfetta sposa e raccoglie la dolce salsa di cipolla incontrando la fresca acidità irriverente dell’olivello spinoso. Chiude la seppia in fondente tessitura. Piatto complesso nella costruzione tecnica ma dannatamente goloso.

Gianluca Montinaro

Pasta Arsa – Jessica Rosval – Al Gatto Verde

Nelle barchesse che circondano i curati giardini di Casa Maria Luigia (il magnifico relais modenese di Massimo e Lara Bottura) ci si diverte a sovvertire, come da ‘filosofia botturiana’, i dettati classici della cucina. Sicché, come i gatti diventano verdi, anche la pasta può diventare un risotto. È proprio quello che fa Jessica Rosval, ai tavoli – disinvolti e raffinati al contempo – di Al Gatto Verde. Qui la pasta è «arsa»: ovvero bruciata, poi cotta come un risotto e accompagnata da sfilettature di biancostato e da sciroppo d’acero. Il risultato? Una pietanza cosmopolita che, attraversando l’oceano, lega una idea canadese di barbecue al feticcio per eccellenza della tavola italica. Sentori di fumo, molteplici tendenze dolci, il grasso vellutato della carne, l’aromaticità dello sciroppo d’acero… un piatto sì complesso e tecnico, ma centrato sul gusto e di piacevolezza estrema!

Gianpietro Miolato

Chitarra, Kombucha al Pomodoro arrosto, Pepe verde, Olio di Baccelli, Kefir all’Aceto di Gelsomino e Bottarga – Richard Abou Zaki e Pierpaolo Ferracuti – Retroscena

Piatto intenso, temerario, giocato su una spinta acida all’apparenza eccessiva ma funzionale a unire tramite nuances fermentative elementi di terra e mare in un connubio indimenticabile. Un piatto audace e non accondiscendente; semplicemente ottimo.

Marco Bovio

Culurgiones con riduzione di marmitako e tonno fresco – Dabiz Muñoz – RavioXO

La fusione tra un raviolo tipico di Ogliasta, una ricetta tradizionale Basca e un sushi giapponese? Ebbene sì, dalla folle mente dello chef Dabiz Muñoz, arriva questo piatto saporito e attraente. Un culurgiones fatto alla perfezione, servito con una riduzione di stufato di tonno (marmitako) ed una lucida fetta di tonno. La distruzione di mille preconcetti in un sublime boccone.

Andrea Mucci

Fusillone Zaccagni, triglie, salsa di fegati, olive nere – Simone Parisotto – Insight Eatery 

Il fusillone in tal caso rappresenta un formato di pasta ideale sia per il buon legame con la salsa, densa, ottenuta dal recupero di fegatini da più pesci dell’Adriatico, che per la vista, con una bella congiunzione cromatica. Le triglie dal canto loro, caratterizzate da gusto terroso, amplificano i sapori, rifiniti dalle olive nere, che ricordano la loro ottima predisposizione per condire e arricchire piatti di mare. Da apprezzare l’idea di cucina a scarti zero.

Grande cucina con vista lago

Una storia antica quella che lega la famiglia Sacco al Lago di Mergozzo. Una storia nata a Verbania nel 1974, quando Gastone Sacco e la moglie Bruna approdarono al Piccolo Lago, e poi proseguita nel 1991 sotto la guida del giovane Marco, rientrato da un periodo di viaggi ed esperienze importanti in giro per l’Europa. Marco Sacco ha subito dimostrato di essere un cuoco molto bravo portando in pochi anni il ristorante di famiglia a ottenere grandi riconoscimenti di pubblico e critica. Ma non solo. Perché Marco Sacco è un cuoco molto bravo che fa e sa fare sistema. Che ha da sempre ben presente l’importanza di promuovere il territorio, di raccontare storie, di far emergere eccellenze. Perché, come ama ripetere. “Da soli non si va da nessuna parte”.

Lo ricordiamo già nel lontano 2005 come uno dei principali artefici delle Stelle del Piemonte, una squadra di cuochi chiamata a rappresentare la Regione nel mondo. Da qualche anno è, invece, l’animatore di quella splendida iniziativa che si chiama Gente di lago e di fiume, una due giorni dedicata all’enogastronomia, alla cultura, agli spettacoli, all’intrattenimento e alla divulgazione scientifica sul tema delle acque dolci. Insomma, non solo un bravo cuoco. Ma sicuramente un cuoco molto bravo, e un bellissimo ristorante. Una sorta di palafitta adagiata sulle acque del lago e circondata da enormi vetrate da cui si assiste a un paesaggio molto suggestivo. La bella cucina a vista è in posizione centrale, lo Chef lavora circondato dagli ospiti e a vista sono anche gli spettacolari procedimenti di affumicatura e di cottura a fiamma viva. Per chi volesse vivere un’esperienza ancora più particolare c’è anche lo Chef table per massimo quattro persone, per interagire con la brigata e guardare come ogni piatto prende forma. Sacco è un cuoco che vive profondamente il suo territorio – da cui provengono, oltre ai pesci di lago e di fiume, la gran parte dei formaggi, delle carni e delle verdure utilizzate per le sue preparazioni – ma che ha la capacità di non restarne schiavo; i suoi piatti nascono da vicino ma al contempo sono ricchi di suggestioni esotiche che rimandano a luoghi lontani. 

Uno chef sensibile e curioso, capace di raccontare un territorio con note esotiche

Nascono così piatti interessantissimi come Terra Madre, omaggio alle verdure dell’orto e ai porcini e ai tartufi neri del luogo arricchito da maionese di soia e germogli di pak choi, a ricordare il gusto della senape, o il Bura Tè llo, piatto complesso ma geniale in cui l’anguilla giovane viene cotta in un tè verde prodotto in zona a Primosello e servita con una salsa fatta con le sue ossa, polvere del suo fegato, un sorbetto di rosa bruna di Ventimiglia, borragine e foglia d’ostrica: il risultato è straordinariamente godibile e leggero, pur trattandosi di una carne notoriamente grassa. Da segnalare anche Storione e caviale in cui il pesce viene prima marinato, quindi affumicato e servito con, alla base, un brodo di taccole e umeboshi, quindi una sferificazione di wasabi e un marshmellow di soia: piatto molto intenso contraddistinto da grande freschezza e acidità. Il risultato non cambia se ci si sposta a mare con uno Spaghetto al riccio intensissimo nelle note iodate ben contrastate dalla nota di liquirizia regalata dall’aglio nero utilizzato in mantecatura. Un piatto da mangiare e da vedere per una cucina che conferma di avere anche grande senso cromatico e, quindi, estetico, elemento che non guasta mai.

La carta dei vini è di notevole ampiezza e perfettamente adeguata al contesto, il servizio è perfetto: la cura del dettaglio è massima e la gentilezza in sala impera. Il Piccolo Lago è, insomma, un ristorante che ha molto da dire e del quale si parla forse troppo poco.

IL PIATTO MIGLIORE: Spaghetto al riccio.

La Galleria Fotografica:

Undici anni, due stelle. E una vita dedicata al lago e al territorio

Il Mergozzo, un lago immerso nel silenzio, un piccolo mare dalle rive selvagge, parte integrante e antica del più noto Maggiore. Qui la luce del sole tesse la sua trama sul lago e le arruffate nuvole si specchiano sull’acqua limpida e sulle vetrate del ristorante e della cucina  di Marco Sacco, lo chef del Piccolo Lago, due stelle Michelin.

Come catapultati su una macchina del tempo cominciamo la nostra avventura gastronomica, tra preparazioni storiche e piatti in rotta verso il nuovo. Scendiamo nelle fredde, ma accoglienti stanze della cantina, scrigno di tesori enoici conservati e vagliati con attenzione dal Sommelier Alessandro Mantovani, premuroso e insieme capace di una rara e gustosa ironia.

Quindi ci sediamo a tavola. Gli atipici amuse bouche giocano sul concetto del “sembra ma non è”: i Bignè con granella di lampone sono farciti con crema ai tre latti, i Cioccolatini sono ripieni di fegatini ruspanti, mentre il Pesce siluro, un alloctono infestante, dal nome caricaturale, si trasforma in un marshmallow con cocco e gelatina di Calamansi, sprigionando un carattere a tratti melmoso.

Gustosi inganni

Durante il pranzo vi basterà girare lo sguardo per vedere lo chef Sacco, il sous chef Marco Rispo, il pastry chef Andrea Valle e tutta la brigata all’opera, mentre insieme scrupolosi, lavorano dietro le trasparenti pareti che inframezzano la sala. Marco Sacco ora ha il piglio e la tempra del Maestro, le sue idee, un tempo, a dire il vero non realizzate con l’efficacia che la presentazione iniziale poteva far immaginare, hanno oggi non solo dei traduttori con una tecnica e una impronta di prim’ordine, ma sono anche, e sopratutto, una fonte ispirativa per nuovi traguardi e nuove apparizioni. Il connubio tra il sous chef e la squadra di giovani e motivati talenti, in cui si intersecano tecnica, idee e profonda conoscenza del lago e dei suoi prodotti, è la chiave vincente di un risultato che abbiamo per ora arrotondato per difetto, in attesa che le prossime visite esprimano tutta la continuità che il luogo e le persone lasciano presagire.

Ma veniamo al nostro pranzo, soltanto per un attimo il lago incastonato nelle terre dell’alto Piemonte sembra congiungersi all’Oceano Pacifico neozelandese con un assaggio del frutto di mare per intenditori, l’Abalone. Qui servito nella veste di una delicata tartare, una lavorazione che quasi lo priva di quella sua tipica callosità, accompagnata dalla sapida cremosità di una maionese di corallo, frullata con olio e acqua di mare.

Ci inganna poi una Lumaca, che nel suo aspetto e nella sua forma somiglia più ad un after eight, una lumaca che diventa una sorta di paté, glassato con burro di cacao aromatizzato con aglio e prezzemolo, a parte gocce di castelmagno, un piatto dal nerbo terragno e dal DNA piemontese. Interessante è la texture del Cavolfiore, cotto al forno e ricoperto di salsa al mou,  bruciato poi con un cannello, e spennellato con l’estratto di papacella, dolce peperone di origine campana.

Per conoscere a fondo la cucina dello chef, le tappe irrinunciabili del viaggio sono però i grandi classici del Piccolo Lago: il Lingotto del Mergozzo, trota affumicata con bacche di ginepro e legno di faggio, oppure l’Anguilla dalla complessa lavorazione, ma tra i grandi vi è sicuramente la Carbonara au Koque. Per un attimo dimenticatevi della versione tradizionale, qui il guanciale è sostituito dal prosciutto affumicato vigezzino, i tajarin all’uovo sono subentrati al posto dei bucatini e una salsa al gin è posta all’interno del guscio dell’uovo e versata sui tagliolini.

La cucina di Marco Sacco parla di lago, fiumi, valli, mari lontani. Parla di viaggi in Oriente, spiazza e a volte confonde; è l’esito, straordinariamente moderno, di quel suo amore irrefrenabile per il territorio, e per la moglie Lella senza la quale il Piccolo Lago non sarebbe mai stato lo stesso.