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Lume

Il granatiere della cucina italiana, a Milano, è in forma smagliante

Su Luigi Taglienti e sul suo Lume abbiamo detto e scritto tanto. E non ne abbiamo parlato per qualche tempo. Qualche periodo di necessario assestamento c’è stato. Ma oggi crediamo che il “granatiere ligure”, come lo ha apostrofato una nostra cara amica, abbia intrapreso serenamente la strada della matura consapevolezza.

Ha trovato il suo luogo Luigi, ha trovato casa. E nella sua casa si esprime sempre con grande vigore, con tantissima originalità gustativa, ma da oggi anche con un pizzico di rotondità borghese che non ci dispiace affatto. Anzi, ha reso i suoi piatti meno taglienti- -perdonateci l’uso dell’epiteto- lasciando il passo a una cesellata e costante modellatura del gusto, arrotondato e aggraziato. È più fine la cucina di Taglienti, ha preservato la sua vena di originalità nei sapori, negli abbinamenti, finanche nei contrasti. limando leggermente, come un grande Puligny invecchiato, i toni spigolosi di gioventù.

Cotture, consistenze e temperature inedite, a tratti spiazzanti

E così, tra piatti ormai classici e qualche spunto di modernità, ecco fare capolino in molte preparazioni l’Ostrica, ingrediente feticcio del cuoco savonese, finanche stavolta apparsa, in forma di dolce, in una stupefacente crostata ai fichi cotti. Passando per il sempre strepitoso Risotto curcuma e alloro, attraverso una imperiosa Lasagna, un Piccione dalla cottura millimetrica, quasi calvinista e spoglio nell’aspetto, ma vibrante di gusto, con il contrasto della salsa al tamarindo. E poi un tripudio con l’Anguilla, il Fegato grasso, la grandiosa Trippa di agnello e così via. Tutto lavorato con cotture, consistenze e temperature perfette, inedite, a tratti spiazzanti. Terminando con un finale di una torta di mele, richiesta a inizio servizio e quindi totalmente improvvisata, da far sobbalzare letteralmente sulla seggiola.

Qui Milano, Lume, la casa di un grande cuoco, che si avvia verso la maturità e la completezza del gusto, il suo, originale e vibrante, come sempre.

La galleria fotografica:

Una rubrica su BBQ & Cocktail, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Dopo Michelangelo Mammoliti e Giuseppe Iannotti, siamo giunti al terzo episodio di “Cuochi alla brace”, brevi monografie su grandi Chef italiani che hanno deciso di cucinare (anche) con l’ausilio delle braci, e di un loro piatto attuale preparato utilizzando il bbq.

Lo chef di cui vi parliamo oggi è uno dei più talentuosi della scena gastronomica italiana recente: Luigi Taglienti, Chef di Lume, angolo di eleganza e discrezione aperto da poco più di un anno in via Watt, a due passi dal Naviglio. Ristorante che proprio quest’estate ha inaugurato uno splendido spazio esterno, l’Orto di Lume.
Dopo la formazione classica in Francia, Taglienti lavora a lungo accanto a Ezio Santin nella tristellata Cassinetta di Lugagnano. Poi Chef nella cucina Delle Antiche Contrade prima di trasferirsi, nel 2011, in pianta stabile a Milano: Trussardi alla Scala prima, Palazzo Parigi poi e, dopo una breve pausa per preparare tutto al meglio, l’apertura di Lume.

Luigi Taglienti, Lume, Milano
La sua cucina è un unicum spiazzante: all’interno di uno stesso menù è possibile trovare dei piatti profondamente classici, quasi atavici, contrapposti ad altri estremamente più moderni, nel pensiero e nell’esecuzione, sempre estremamente elegante e minimalista. Pochi ingredienti, controllati e gestiti sapientemente, con un importante utilizzo delle acidità a fare da collante.
In breve, la sua è una delle prime tavole che dovete tenere a mente quando lo scopo principale è divertirsi.

“Ho iniziato ad utilizzare il forno a carbone” ci racconta lo Chef “poiché è l’unica fiamma che possiedo in cucina. Innanzitutto vi è l’aspetto storico, perché mi ricorda le cotture primordiali; ma soprattutto lo utilizzo perché attraverso il carbone e la sua nota fumé aggiunge un tocco di personalità alle vivande che vi cuociono all’interno.”

Il dispositivo scelto da Taglienti è un forno charcoal di tipo josper. “Utilizzo un forno a carbone Kopa, versatile e dinamico allo stesso tempo, perché prestandosi a svariati tipi di cottura mi permette un utilizzo trasversale su numerosi piatti. Inoltre, dato che quella di Lume è una cucina totalmente a vista, cercavo un dispositivo elegante che ben si integrasse nel contesto.”

Parlando del piatto, “ho pensato il “Raviolo di limone alla brace” per dare ulteriore enfasi al picco massimo di acidità all’interno del mio menù degustazione, mantenendo il concetto filologico con l’impostazione dei grandi banchetti di una volta, e quindi inserendo un intermezzo acido a ripulire il palato tra due portate. Una sorta di moderno sorbetto, se vogliamo fare un paragone.”
Raviolo, Lume, Milano
Il cocktail pensato in abbinamento dallo Chef è “West Liguria”, proposto con l’idea di “unire i migliori profumi della riviera ligure di ponente, creando un filo conduttore con la mia tradizione culinaria. Questo insieme di straordinari elementi esprime freschezza, personalità e sentori marini, e ogni ingrediente rappresenta l’unione con il territorio e il profumo della memoria.
Quanto all’aspetto tecnico invece, “il drink viene preparato al tavolo, con l’ausilio di un carrello di servizio, coinvolgendo il cliente raccontando lui le fasi salienti della preparazione. Importantissima la shakerata: l’azione meccanica del ghiaccio sulle foglie di basilico permette l’estrazione degli olii essenziali da queste ultime, olii che vanno a caratterizzare fortemente il cocktail.
Abbiamo scelto Prime Uve Bianche per la sua delicatezza: per questo drink è necessario un distillato non troppo invasivo, perché diversamente rischierebbe di predominare su tutto il resto”

Raviolo di limone alla brace, acqua fredda di chinotto al basilico
Ingredienti per 4 persone

Per la pasta fresca:
150g di farina tipo “00”
6 tuorli d’uovo
1 uovo intero
2g di olio extra vergine monocultivar di oliva taggiasca

Con l’ausilio di un apparecchio cutter lavorare gli elementi sino ad ottenere un impasto asciutto e omogeneo. Lasciar riposare l’impasto per almeno 4 ore ad una temperatura di +6°. Stendere la pasta allo spessore desiderato e, con l’ausilio di un tagliapasta, formare dei dischi del diametro di 7 cm che verranno poi farciti con l’apposito ripieno.

Per il ripieno di limone:
4 Limoni liguri non trattati

Avvolgere i limoni nelle proprie foglie e cucinarli per un’intera notte nel forno a carbone, mano a mano che il calore va spegnendosi. Eliminare quindi eventuali semi che potrebbero esservi all’interno, e frullare il tutto sino ad ottenere una crema liscia.

Per l’acqua fredda di chinotto:
200ml di estrazione di chinotto (ricavata dall’estrazione a freddo dell’infuso di chinotti freschi)

Finitura e presentazione:
Cuocere delicatamente i ravioli in abbondante acqua bollente, salata in ragione di 4g/litro. Scolare e adagiare i ravioli alla base del piatto, aggiungere l’acqua fredda di chinotto e terminare con una foglia di basilico.

Cocktail in abbinamento powered by Bonaventura Maschio: West Liguria
4cl di Prime Uve Bianche
4cl di Base chinotto
1cl di Succo fresco di limone
6 foglie di Basilico

Riempire lo shaker per 3/4 di ghiaccio, quindi inserire tutte le componenti liquide e infine il basilico. Shekerare a fondo, filtrare e servire in un tumbler basso, finendo con una scorza di limone.

Tutto si può dire, meno che a Milano sia mancato il fermento negli ultimi anni nel campo dell’alta gastronomia.

Qualche partenza e qualche separazione, certo, ma anche tanti stimolanti nuovi arrivi e l’inizio di nuove avventure, sull’onda della voglia di mettersi in discussione ripartendo con le proprie sole forze, dopo i giusti anni di gavetta e dei compromessi che essa sempre implica.

Ai cavalli di razza tali compromessi, si sa, a un certo punto possono cominciare a stare stretti, e che Luigi Taglienti fosse un cavallo di razza ci era già apparso chiaro sin dai tempi del Trussardi alla Scala. Dopo la breve parentesi a Palazzo Parigi, mesi di voci che lo volevano in procinto di ripartire, stavolta in un abito fatto completamente su misura.
Dallo scorso giugno, queste voci diventano realtà. Siamo in zona Naviglio Grande, fuori dal cuore della città quasi a ricercare un angolo di tranquillità, ma anche un ampliamento dei confini consueti e una rivalutazione di luoghi poco percorsi, secondo una tendenza che sembra farsi sempre più largo. Probabilmente la prima volta che arriverete qui vi chiederete se il navigatore vi ha indirizzato correttamente, tanta è l’inconsueta discrezione del luogo. La location, peraltro leggermente nascosta, è la vecchia fabbrica Richard Ginori, tirata a lucido e trasformata per mezzo di un imponente lavoro di ammodernamento in un complesso polifunzionale con appartamenti, uffici e spazi multifunzionali modulari all’ultimo grido in fatto di design e modernità.
Una volta varcata la soglia, un ambiente luminoso, moderno, essenziale, calibrato in tutto e per tutto alle esigenze dello chef, a partire dalle scelte cromatiche fino all’altezza dei piani di cottura.

Luminosità, modernità, essenzialità: gli stessi tratti che, coerentemente, ritroveremo anche nella cucina. La Grande Cucina italiana, i luoghi della vita trascorsa e presente: quindi la Liguria, il Piemonte, la Lombardia, Milano, ma anche la grande cultura classica francese e le tecniche di preparazione più avanzate.
Da tutto questo Taglienti sintetizza il suo stile fortemente personale, di estrema essenzialità estetica e gustativa, di cristallina chiarezza nel segno di un rispetto estremo per la materia prima. Sbalorditivo come anche nelle costruzioni più complesse ogni elemento risulti perfettamente delineato e presentato in quanto tale, senza compiacenti tentativi di amplificazione o riduzione, nel segno di una schiettezza espositiva esemplare. Schiettezza che certo a volte potrebbe anche spiazzare, nella sua -seppur sempre finemente dosata- sfrontatezza: è il caso, per citarne uno, del piccione e rosmarino, dove la nobile materia, cotta solo pochi istanti, cede il ruolo di protagonista a una salsa di potenza e persistenza estreme. Un piatto austero, materico, di impatto immediato ma non facile: tuttavia se lo si guarda come tappa di un percorso -non a caso è un piatto che non si trova in carta- ecco che il tutto assume un significato più chiaro, che merita ammirazione per coerenza e coraggio. Oggi più che mai, la cucina di Taglienti si conferma una delle grandi realtà della nuova scuola gastronomica italiana, e il passo ormai è prossimo per le soglie del Paradiso e dei riconoscimenti su più larga scala.
Servizio dinamico e professionale, visibilmente entusiasta di far parte di questa nuova avventura, gestione dei tempi inappuntabile e cantina di buona profondità.

Abbiamo optato per il percorso di degustazione più complesso, quello che ci sentiamo di consigliare per conoscere al meglio la filosofia dello chef, al quale abbiamo aggiunto i quattro secondi di cacciagione proposti in carta, oltre al dolce finale. Oltre alla carta è disponibile anche un secondo percorso di degustazione, di linea più accomodante ma non per questo non originale, dedicato alla rivisitazione in chiave moderna della cucina tradizionale milanese, di livello indubbio ma tuttavia, a nostro giudizio, lievemente inferiore alla proposta più d’avanguardia.

L’esterno.
lume, chef luigi taglienti, milano
La sala principale, con la cucina a vista.
sala, lume, chef luigi taglienti, milano
Uno scorcio verso l’altra sala.
sala, lume, chef luigi taglienti, milano
Una breve visita in cucina.
cucina, lume, chef luigi taglienti, milano
Il nostro tavolo.
tavolo, lume, chef luigi taglienti, milano
L’aperitivo: un Kyr Royal.
Kyr royal,lume, chef luigi taglienti, milano
Mise en place e aperitivo finito.
mise en place, lume, chef luigi taglienti, milano
I primi benvenuti della cucina.
Potage di verdure di stagione, ottenuto tramite una crioestrazione, servito in foglie di cavoletti di Bruxelles.
Sfoglia di lievito madre.
Tartelletta tipica ligure (frolla) con all’interno un ragù di selvaggina (capriolo e piccione).
benvenuto dalla cucina, lume, chef luigi taglienti, milano
Un ulteriore stuzzichino.
Sfoglia di riso e ceci con castagne, carne cruda, gamberi bianchi appena scottati, crema di nocciole, zucca, mostarda e rum.
L’usuale “cocktail solido” arriva questa volta in forma di un omaggio dello chef alle sue origini. Complesso ma al tempo stesso leggibilissimo, in ogni sua sfaccettatura.
stuzzichino, lume, chef luigi taglienti, milano
Apertura del percorso: “Acqua, olio, limone e liquirizia”.
Olio abbattuto a -40° che si presenta in forma solida in sospensione sull’acqua, arricchita con liquirizia e limone
Apertura di rito per il percorso creativo di Taglienti, costantemente ricalibrata secondo le esigenze di percorso e stagionalità. Una vera e propria formattazione del palato, questa volta con una coda aromatica particolarmente prolungata.
acqua, olio, limone, liquirizia, lume, chef luigi taglienti, milano
Due tipologie di pane (leggermente affumicati), focaccia e sfoglia alle erbe.
pane, lume, chef luigi taglienti, milano
Il primo accompagnamento al calice. Un bianco della Borgogna del nord leggero, minerale, fresco.
vino, borgognam lume, chef luigi taglienti, milano
“Bianco e nero di seppia”.
Alla base una concentrazione citrica (riduzione di agrumi), panna cotta ai ricci di mare, le due sfoglie della seppia bianca e nera trattate come se fossero sfoglie di pasta, spaghetto soffiato, lacrima di olio al peperoncino.
Un ulteriore signature dish, da tempo tappa imprescindibile del percorso di degustazione. A dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, piatto caratterizzato da consistenze accomodanti ed un elegantissimo equilibrio, che tuttavia offre già un’indicazione ben chiara della filosofia culinaria di Taglienti: tutte le componenti, pur senza ambizioni prevaricatrici, sono individuabili con una chiarezza cristallina.
bianco e nero di seppia, lume, chef luigi taglienti, milano
“Mandorla e dragoncello”.
Alla base emulsione di acqua di mandorla, erba di dragoncello al naturale.
Piatto di grande equilibrio e ancora una volta di chiarissima definizione dei suoi piani gustativi.
mandorla al dragoncello, lume, chef luigi taglienti, milano
Il secondo vino.
fiano, vino, lume, chef luigi taglienti, milano
“Ostrica e nocciola”.
Crema di nocciole con ostriche fresche.
Tanto semplice concettualmente quanto complesso nell’esito: la nocciola argina la sfrontatezza iodica dell’ostrica, amplificandone tuttavia nel contempo lo sviluppo che permane, permane, permane…
ostrica e nocciola, lume, chef luigi taglienti, milano
“Anguilla e cima di rapa”.
Anguilla pulita e scottata con salamandra accompagnata con una spremuta di cime di rapa.
Il primo dei piatti nei quali assisteremo a un vero e proprio capovolgimento del ruolo della salsa nella costruzione del piatto. L’anguilla costituisce elemento veicolante alle prevaricanti note amarognolo-piccanti della parte vegetale.
anguilla e cima di rapa, lume, chef luigi taglienti, milano
“Astice blu e potage di lumache bianche”.
Il potage a base di lumache, polpa di tamarindo, basilico e arancio.
Di grande potenza la base di terra, bilanciata e veicolata dalla carnosa dolcezza del crostaceo.
astice blu, lume, chef luigi taglienti, milano
“Funghi e Royale di fegato di vitello”.
Lo sguardo è rivolto alla grande tradizione francese, per un piatto di natura spiccatamente gourmand.
funghi, royale, lume, chef luigi taglienti, milano
Il vino abbinato.
vino, lume, chef luigi taglienti, milano
“Pummarola e mezzanella”.
Pomodoro proveniente dal ceppo originario San Marzano, pelato e scottato, servito con un mezzanello, un po’ di basilico e limone.
Siamo in questo caso al servizio dell’esaltazione della qualità delle materie prime, senza inutili orpelli.
pummarola e mezzanella, lume, chef luigi taglienti, milano
“Pernice rossa al vapore, verza brasata e salsa al fegato grasso”.
Il primo dei fuori programma dedicati alla cacciagione. Le basi sono quelle della grande tradizione classica, trasposte ai giorni nostri coerentemente con la filosofia di estrema chiarezza della cucina.
pernice, lume, chef luigi taglienti, milano
Si sale con un rosso più strutturato.
mimmo, le piane, lume, chef luigi taglienti, milano
“Germano reale arrosto con pappardelle al tartufo nero”.
Anche in questo caso un approccio materico, di estremo rispetto per una grande materia prima presentata senza superflui barocchismi.
germano, lume, chef luigi taglienti, milano
“Piccione e rosmarino”.
La salsa è ottenuta tramite microfermentazione e successivamente evaporizzazione. Il filetto del piccione viene servito crudo, il petto à la coque.
Un ponte tra la parte salata e la parte dolce del percorso ufficiale, nel segno di un’inversione del tradizionale rapporto dei ruoli materia-salsa.
piccione, lume, chef luigi taglienti, milano
“Filetto di sella di capriolo cotto al fuoco della brace, melograno al cassis, sedano di Verona e salsa poivrade”.
Ritorniamo alla cacciagione per il terzo piatto extra. Di nuovo è la salsa ad assumere un ruolo trainante in un piatto in cui la grande tradizione classica costituisce un punto di partenza e non di arrivo.
filetto, capriolo, lume, chef luigi taglienti, milano
“Lepre reale”.
La lepre viene farcita con foie gras, tartufo, rognone e nappata con la sua salsa di cottura legata fuori fuoco; servita con patate noisette e uno spinacino di fiume.
Una chiusura della parte salata nel segno di un’icona della cucina borghese transalpina, presentata in chiave moderna. Sontuosità ai massimi livelli.
lepre, lume, chef luigi taglienti, milano
Il vino.
vino, lume, chef luigi taglienti, milano
“Sanguinaccio di pesce”.
Le carcasse di pesce azzurro vengono lasciate ossigenare fino a rilasciare la loro parte sanguinolenta, in seguito abbattuta, frullata e condita con brandy e rum, crema pasticcera, salsa di cioccolato, agrumi (limoni, chinotto e arancio) e pinoli.
Piatto di grande complessità, frutto di uno studio certosino, per delle sensazioni gustative di grande nitidezza e mutevolezza, con una coda caratterizzata dall’estrema persistenza di toni iodati e ferrosi. Un “dolce non dolce” che per impatto spiazzante riteniamo abbia davvero poco da invidiare al leggendario Camouflage botturiano.
sanguinaccio, pesce, lume, chef luigi taglienti, milano
“Cipolla e oro”.
Quarto di cipolla glassato con frutto della passione, ricoperto con foglia d’oro.
Un reset del palato nel segno di un’acidità molto spinta, con un’estetica che vuole essere un omaggio al soffritto all’italiana in una fase di percorso per esso certo non usuale.
cipolla e oro, lume, chef luigi taglienti, milano
“Latte di scampi con crème caramel all’aneto”.
Di tono specularmente opposto la chiusura, di stampo accomodante ma nella quale c’è ancora spazio per un ultimo finissimo momento spiazzante: il crostaceo non capovolge la direzione del piatto ma, oltre a costituire una piacevole variazione texturale, ne preclude la deriva stucchevole in un modo del tutto inaspettato.
scampi, creme caramel, lume, chef luigi taglienti, milano
“Minestrone di cachi e verdure”.
Verdure di stagione, gelato al latte condensato, quenelle di cachi.
Meno totalizzante di quanto lo ha preceduto, certo non per demeriti propri!
cachi, verdure, lume, chef luigi taglienti, milano
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, lume, chef luigi taglienti, milano
Chiusura in compagnia di una vecchia amica…
vino, lume, chef luigi taglienti, milano
vino, lume, chef luigi taglienti, milano