Passione Gourmet Lucca Archivi - Pagina 2 di 4 - Passione Gourmet

Punto – Officina del Gusto

La trattoria contemporanea di un grande cuoco

Si auto-definisce un trattore-contadino, Damiano Donati, che ha impresso la sua svolta qualche tempo fa in campagna dove, sporcandosi le mani, ha capito anche dove risedeva l’essenza stessa della sua esistenza.

Un profondo attaccamento alle radici terrene, un ampio e articolato pensiero contadino che lo fa innamorare una volta di un ortaggio, l’altra dei grani antichi dimenticati, l’altra ancora di una fermentazione – peraltro è anche produttore di un fantastico sidro e, si dice, di un ottimo vino, ma questa è un’altra storia – nonché di quella agreste sapienza in grado di trasformare un grande prodotto in  un ingrediente.

Cosa che gli ha permesso di coltivare il suo talento, l’estro e la sua tecnica; culinaria, ovviamente! Messa al servizio di un progetto nuovo, diverso, apparentemente più semplice, ma in realtà ricco di contenuti. Perché Damiano è cavallo di razza, un talento sconfinato che si evince sin da piccoli dettagli, nonché una tecnica sopraffina che lo fa assurgere, peraltro, al livello del grande pasticcere. Mano fine, dicevamo, unita a senso del gusto e a questo rinnovato spirito campagnolo fa della sua cucina e del suo ristorante, il Punto, uno degli avamposti dell’avanguardia della nuova trattoria italiana.

L’evoluzione di un grande ristorante verso una grandissima trattoria

Ecco perché vogliamo fortemente virare verso una valutazione in cipolle. Nessuno immagini una retrocessione, anzi! Perché si tratta, secondo noi, di contestualizzare un luogo, una cucina ma sopratutto un approccio filosofico che tende all’eccellenza nel suo settore. Poi, chissà perché, si pensa erroneamente alla trattoria come sinonimo di cucina greve, a tratti approssimata, scostante. Niente di più sbagliato, se consideriamo come Damiano sia riuscito a coniugare i plus di una grande trattoria – prodotti straordinari del circondario e tecnica – con l’estro e la raffinatezza di un grande, grandissimo cuoco.

Il risultato ? Stupefacente, eccelso.

La tarteletta, il riso, la quaglia e tutti i dolci, con una pierangeliniana crèpe suzette in pole position, sono tutti lì a dimostrarlo.

La galleria fotografica:

I tre moschettieri di Lucca verso una roboante maturità, con vena classicheggiante

I tre moschettieri, il grande romanzo di Alexandre Dumas, racconta le vicende di tre personaggi carismatici – Athos, Porthos e Aramis – a cui poi si aggiunge il protagonista del romanzo, D’Artagnan. Caratteri sfaccettati, chi sornione, chi guascone, chi sciupafemmine impertinente. Tutti accomunati da  classe, eleganza, forza, fermezza e umanità.

Crediamo che nella nostra metafora i tre moschettieri siano Stefanini, Rullo e Terigi  e che D’Artagnan, il protagonista, altri non sia che la loro casa d’accoglienza: Il Giglio, quale summa di queste tre grandi individualità. E, per onorare il grande romanzo francese, cosa c’è di meglio se non una stupenda tourte de pigeon au foie gras?

Stile Neo-classico contaminato da avanguardia gustativa altisonante

Si riscontra chiaramente che i tre, dotati di forti basi fondamentali, provengono da una grande scuola, una scuola di cultura – e didattica di profondità – com’è l’Alma di Colorno. Un percorso che li ha segnati indelebilmente, fornendogli una cultura culinaria – e una tecnica – profondissime che, oggi, mettono al servizio di una cucina giovane, briosa, scintillante ma, al contempo, anche ricchissima di richiami classici e affondi nella storia.

Una cucina che fa del registro acido la sua cifra stilistica, della pressoché totale assonanza gustativa e della compenetrante uniformità uno stile unico e coerente, comune. Un percorso in cui ciascuno mantiene le proprie caratteristiche, e un pizzico di originalità distintiva, ma la mano sembra unica ed è così efficace da enfatizzare i pregi di ciascuno obnubilando i difetti, come accade nel capolavoro dei bottoni di lievito madre in brodo di radici.

In questo piatto si riscontra immediatezza di gusto, italianità che varca i confini sottilmente nonché stimoli multi-culturali continui. La cucina di questi tre baldi giovani ha assestato colpi di classe col piccione, la torta e un paris brest da antologia, affiancati a piatti più audaci come i succitati bottoni, il consommé di pollo, il fantastico asparago coi ricci e l’immensa minestra di triglia.

La valutazione, non piena, è assegnata per la prospettiva certamente felice: col nostro migliore augurio che diventi tale, e si consolidi, molto presto.

Ottimo il servizio, giovane, attento e spigliato; piacevolissima la cantina, studiata e alternativa, ricca di proposte originali, super-naturali o molto estreme, così come la cucina di questi tre giovani moschettieri, di cui sentiremo certamente parlare a lungo.

La galleria fotografica:

Ironico, a tratti irriverente, self confident, e provocatore

Cristiano Tomei non è uno chef, pardon, un cuoco (come lui stesso ama definirsi) qualsiasi. Se fossimo in un episodio della Marvel sarebbe sicuramente tra i supereroi protagonisti, tra i buoni perché difende a spada tratta i colori e i valori della buona cucina italiana, o tra i cattivi, perché contrario alle nuove tendenze, nordiche in primis. Cristiano Tomei è tutto questo: uno chef di rottura che sperimenta e che adotta le più svariate tecniche in cucina.

Viareggino, impara a cucinare per gioco molto presto a 10 anni, alimentando la sua passione grazie al padre che, in tempi non sospetti, lo porta in giro per ristoranti. Peppino Cantarelli, il maestro Marchesi, Fulvio Pierangelini sono i fari e i punti di riferimento di una cucina tecnica che poggia le basi in un territorio capace di regalare materia prima locale bona, dal pesce del Tirreno ai capretti e alla ricotta del vicino pastore, fino alle erbe selvatiche raccolte sulle vicine montagne dell’appennino e in pineta. La cucina di Tomei è cosa apparentemente semplice: sostanza a servizio della pancia, cerebrale allorché vuole sorprendere, spiazzante rispetto ai canoni classici.

È difficile immaginare un’esperienza noiosa a L’Imbuto, già a partire dalla location, ovvero il L.U.C.C.A – Lucca Center of Contemporary Art, che presto migrerà verso Palazzo Pfanner, proprio lì dove è stato girato il Marchese del Grillo con Alberto Sordi. Nessuna insegna o indicazione all’esterno: qui si cena tra le opere, in sale intime e raccolte dove il servizio giovane e veloce è gestito dall’elegante moglie dello chef Laura Verpecinskaite.

Tre proposte che cambiano a seconda delle disponibilità quotidiane e dei non-schemi dello chef

Dei 3 menu in carta da 5, 7 e 9 portate abbiamo optato per quello intermedio, nel quale le provocazioni non sono tardate ad arrivare.

In un simpatico cartone per la pizza da asporto ci è stata presentata una Sintesi di marinara: pelati marinati nel lievito di birra spento con olio, basilico, aglio, origano selvatico, cappero disidratato e caviale di aringa. Il profumo è intenso e inebriante, il gusto è pieno e avvolgente. Dopo il Pesce nero – un’ombrina di fondale marinata e cotta alla brace, con estratto di salvia, centrifugato di cavolo viola e rafano grattugiato – arriva uno strepitoso Ossobuco con insalata di mare: il fieno bruciato sul fondo regala grandi profumi, la brace vive sul midollo, e il riccio di mare regala dolcezza ed eleganza.

Ogni portata è un concentrato di sorpresa e stupore, così come il raviolo all’olio extravergine di oliva, parmigiano e polvere di cavolo nero. La sfoglia ruvida cela la gustosa quanto inaspettata esplosione dell’olio che, accompagnata al parmigiano, ci riporta ai sapori casalinghi. La Bistecca primitiva è un vero e proprio passo indietro nel tempo: carne cruda di manzo della Garfagnana servita con il suo grasso e con buccia di patata fritta su una profumatissima corteccia di pino riscaldata. Massimo coinvolgimento dei sensi per un piatto da mangiare rigorosamente con le mani.
Un capriolo marinato e un grandioso piccione cotto appeso sulla brace fanno da preludio a un fine pasto con dolci-non dolci. Un susseguirsi di tante piccole attenzioni fra cui risalta l’ostrica con il biscotto all’inglese salato e un gel al limone sorprendente: un vortice continuo di dolcezza, sapidità e acidità.

L’esperienza da Tomei non lascia di certo indifferenti: il personaggio, la cucina e la location incuriosiscono non poco. Quale migliore occasione del cambio sede per tornare a L’Imbuto e lasciarsi nuovamente sorprendere dallo chef con la bandana in testa?

La galleria fotografica:

Personalità e intelligenza in cucina. Il talento funambolico e maturo di Cassanelli a Forte dei Marmi

Intelligenza, personalità e misura. Al servizio coerente di una grande struttura alberghiera.
Valentino Cassanelli è un “giovane grande” che sta muovendo con maturità, insieme a tanti altri suoi coetanei colleghi, il ritmo gastronomico della nuova cucina italiana.

Pensiamo, in chiave romantica, ad un movimento sviluppato individualmente dal Nord al Sud Italia, che riesce a trovare punti espressivi in comune tra più cuochi, attraverso una forte identità; esperienza tecnica consolidata sul campo e un talento innato che viaggia di pari passo alla sensibilità. I ragazzi di AGA a San Vito di Cadore; Undicesimo Vineria a Treviso; L’Argine di Antonia Klugmann; La Tana di Asiago; Giuseppe Iannotti e il suo Kresios; i Bros’ di Lecce; Luca Abruzzino in Calabria e molti altri grandi giovani interpreti, come Gianluca Gorini nella sua prossima e inedita avventura.

Qui in Versilia, patria toscana del bien vivre, Cassanelli ha saputo ritagliarsi uno spazio di ammirabile libertà espressiva, gestito con estro e mentalità all’interno del lussuoso Hotel Principe Forte dei Marmi. Capacità di adattamento al rigore di un grande hotel, veicolata da metodo, classe e autonomia creativa, senza scendere a compromessi.
La dimostrazione è appurabile nella gestione del Bagno-Ristorante Dalmazia affacciato sullo stabilimento balneare dell’albergo. Qui è possibile assaporare una cucina solo apparentemente semplice e quotidiana nel più bel significato del termine. Grande materia prima locale, levità esecutiva sorprendente, precisione tecnica e soprattutto una riabilitazione brillante di piatti tradizionali elevati al moderno con pensiero affine al contesto.

Galleria fotografica del pranzo al Bagno Dalmazia:

Tornando al Lux Lucis, ristorante gourmet e “pista da ballo” dello chef; clima e location si spostano sul suggestivo rooftop dell’hotel: posizione con vista mozzafiato, adiacente al 67 skylounge bar, capace di confezionare davvero ottimi cocktail pre-dinner.
Cucina a vista (praticamente open air) in modalità zen e un fenomenale rapporto complementare con il servizio in sala del locale. Merito del bravissimo Sokol Ndreko: sommelier e restaurant manager da record, che riesce nel raro compito di applicare la medesima personalità dei piatti anche nei rispettivi abbinamenti enologici. Classe, professionalità e abilità di lettura impressionanti. Un’esperienza eno-gastronomica sussultante a 360°, che dona rilevanza al binomio cibo-vino senza oscurare nessuna delle due parti chiamate in gioco. Affinità elettive forse, decisamente un dialogo impeccabile e stimolante applicato con risultato vincente ad ogni corsa.

Galleria fotografica dell’albergo:

Un bel trampolino per la cucina di Cassanelli, che contro ogni tendenza recente di contrasti spesso senza equilibrio, preferisce portare in tavola gran maturità, adagiata sul suo solido background stilistico (Cassanelli è figlio professionale di Cracco/Baronetto). Contrappunti presenti in ogni forma: dall’allineamento virtuoso di consistenze e contaminazioni allo stravolgimento ponderato della forma degli elementi, fino ad una padronanza colta ed efficace di tonalità difficili: come dolcezza e sapidità, prontamente spezzate da iodio, acidità e punte amare o balsamiche accennate con armonia.

Sunto di questo animo sono esercizi come i formidabili Maccheronici, karkadè, timo e anguilla arrosto dove la pasta, impregnata di succo acido e spigoloso, trasporta grassezza e aromaticità in una progressione coinvolgente, armoniosa e cangiante ad ogni boccone. Rilanci tecnici studiati al millimetro, in un alternarsi cadenzato di sfumature, privilegiano senso del gusto e riconoscibilità dei singoli elementi. L’impeccabile gioco della Perla nella cozza o della triglia al pino marittimo e alghe; l’esaltazione rassicurante dei sapori marini del Bianco e nero di scampo al pomodoro; l’allungo profondo del carpaccio di cuore alle erbe. O ancora l’assalto dei bottoni di salsiccia d’anatra, foie gras e amarena.

Una dote, quella di osare, modulata con garbo e senza ostentazione: anche nel finale a base di tacos, alici, caviale, yuzu e midollo; o nell’equilibrismo tecnico/gustativo di Parmigiano, melone, cardamomo e curcuma e Anguria, cioccolato e shiso. Unico appunto, dove l’idea non trova corrispondenza nel gusto, va fatto sul dessert Aglio, olio e peperoncino: l’ingombrante gelato all’aglio ha penalizzato uno spunto interessante.

Dettaglio trascurabile, per una cucina d’autore capace sicuramente di regalare altre valide emozioni in futuro. Come del resto ci si può aspettare da tutto lo splendido panorama di “giovani grandi” cuochi, che stanno rivitalizzando uno spicchio importante dell’attuale ristorazione italiana.

Galleria fotografica della cena:

Esistono una serie di variabili per riuscire a disegnare il quadro all’interno del quale inserire una città etichettandola come provinciale o metropoli. Tra queste, vanno considerate la qualità della vita, il numero di abitanti, l’estensione, la qualità dei servizi, di cui la sfumatura è composta da negozi, locali e ristoranti. Seguendo pedissequamente queste indicazioni sarà facile collocare Lucca all’interno del cappello “provincia”. Eppure, terminata la passeggiata lungo le mura, lasciandosi inebriare dalla bellezza di Piazza dell’Anfiteatro, si scorge un piccolo locale, con annessa corte interna, dal quale scaturisce un’energia, a tratti perfino violenta, che stride con la agiata gradevolezza a cui ci si era assuefatti.

Punto Officina del Gusto è il regno di Damiano Donati, energico e capace chef toscano, che veicola il suo dinamismo attraverso piatti schietti e puri, che parlano di lui e della sua terra. I tavoli spaiati in acciaio e legno si lasciano attutire dal pavimento in cotto, che con la sua porosità si confonde in un gioco di rusticità con le travi bianche del soffitto. Il ferro battuto e la cucina a vista sono i riflettori che illuminano la caoticità dell’ambiente, in una rincorsa di cortesie frenetiche squisitamente metropolitane.
La carta dei vini incentrata con oculatezza su produttori di nicchia si contestualizza con l’atmosfera proposta e confezionata, marchio di fabbrica di un locale nato deciso come il suo nome, Punto, vuole sottolineare.

La scelta della materia prima (davvero notevole il pollo rosso) non si discosta dal rapporto di provincialità che Lucca si impone di mantenere seppur velatamente. Lo chef, guardando curioso l’avvicendamento dei tavoli, propone una cucina che volutamente rischia pochissimo, golosa ma mai banale, accessibile a tutti e dai tratti assai definiti. La cecina con baccalà mantecato e spinaci spadellati ne è l’emblematica manifestazione, in cui Lucca viene rappresentata dalla cecina, Donati si ricorda nella sua esperienza veneta alle Calandre attraverso il baccalà mantecato e sottolinea la sua predilezione per gli ortaggi con gli spinaci spadellati. Con millimetrica decisione Damiano centra il bersaglio, focalizzando la sua attenzione, e quella dei clienti, su uno o due ingredienti, trattandoli con cura, senza vergognarsi di quello che è, ovvero un cuoco nell’accezione prima del termine. Padelle roventi, fuoco e braci. Un ritorno alle origini letto in chiave contemporanea, con la volontà intelligente di saper stupire senza mai esagerare. Pur con un voto arrotondato per eccesso il Punto è un locale da tenere seriamente in considerazione, che grazie al suo carattere sicuro e deciso riesce a trovare il giusto equilibrio tra tradizione e modernità.

Il format scelto dallo staff del Punto si rifà allo stile dei neo bistrot presenti in tutte le più importanti piazze del mondo. Adattarlo e farlo funzionare a Lucca non è impresa per tutti.
Il risultato è sorprendente e non può che inorgoglire tutti i lucchesi, che possono godere di una ventata metropolitana rimanendo comodamente all’interno delle mura.
Il Punto arriva quindi a rivestire un ruolo sociale, ponendosi come motore trainante, facendo leva sulla ristorazione, in grado di accelerare il moto placido della città inquadrandola definitivamente come punto di riferimento del panorama gourmet dello stivale.

Di recentissima apertura, accanto al Punto, il Puntino, che propone tapas e cocktail. Visti i risultati ottenuti dal fratello maggiore non ci resta che augurare buona fortuna anche all’ultimo arrivato.

La mise en place.
mis en place, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Il benvenuto: pomodoro, maionese alla senape e gomasio. Da mangiare con le mani. Un assaggio del mondo di Damiano Donati.
benvenuto, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Il pane. Davvero notevole.
pane, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Il primo vino in abbinamento alla degustazione. Da sottolineare la precisione e la gentilezza di tutto lo staff di sala.
prosecco, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Cecina, baccalà mantecato e spinaci spadellati. Goloso, evocativo e diretto… ottimo.
cecina, baccalà, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
settori, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Zucca, liquirizia e sfoglia di riso nero soffiato. La zucca declinata in varie forme e consistenze con un abbinamento ormai quasi classico come la liquirizia. Piatto sicuramente già visto ma eseguito in maniera assolutamente lodevole, in grado di far trasparire una certa personalità.
zucca, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
vino, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Linguine integrali, maionese di mandorle, capperi e scorza di limone. Molto interessante la scelta della linguina integrale. Bel passaggio.
linguine, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Risoverde (pistacchio, spinaci e alloro). Un omaggio a Marinetti e al futurismo. Donati sa fare da mangiare, e questa ne è la prova!
risoverde, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
vino, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Pollo rosso, cubo di polenta di farro fritta, salsa ai fichi e terrina di fegatini. Qualità del volatile semplicemente eccellente coadiuvata da una cottura esemplare. Ottimo, nonostante la porzione proibitiva.
pollo, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Éclair, fava di tonka e ricotta di capra. Bella conclusione.
éclair, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
vino, Punto - Officina del Gusto, Chef Damiano Donati, Lucca