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Four Seasons Canary Wharf

Se Scorsese avesse deciso di girare il suo Wolf of Wall Street in Europa, senz’altro le riprese sarebbero avvenute nella città di Londra, più precisamente nel quartiere di Canary Wharf. Ex area portuale per il commercio marittimo con le Canarie (da qui il nome), questa zona londinese da una ventina d’anni è protagonista di una radicale riqualificazione, e da area di stoccaggio merci è divenuta sede praticamente di tutte le società finanziarie e bancarie possibili immaginabili.

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Four Seasons non ha certo bisogno di grosse presentazioni. Nata in Canada, è quasi certamente la catena di soli hotel extra-luxury più organizzata e nota al mondo, con poco meno di cento sedi omogeneamente sparse per il globo, che si contraddistinguono appunto per il massimo lusso e per servizi tailor made oltre l’immaginabile. Estremamente rinomata è l’assistenza clienti online, dalla rapidità ed efficacia sbalorditive, nonché il suo servizio di concierge, in grado entrambe di soddisfare le esigenze più disparate: per le nostre richieste (prenotazioni di ristoranti e delucidazioni varie) non abbiamo atteso mai più di 12 ore per una risposta risolutiva.
L’accesso in stanza è possibile dalle ore 16, ma siamo arrivati al check-in poco dopo le 9, già con l’idea di lasciare i bagagli in deposito e partire per la città. Invece senza una piega -anzi, con un sorriso- e dopo un rapido controllo, in cinque minuti ci è stata messa a disposizione la nostra camera, senza sovrapprezzo né disagi. Chapeau.

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La città di Londra ospita due sedi Four Seasons, quella di Park Lane e la seconda, più recente, di Canary Wharf. Questa struttura, dalla chiara impronta business, nasce espressamente per servire tutta la clientela di passaggio qui per lavoro, ma che non vuole rinunciare a spazi e servizi di alto profilo. Non pensate a un hotel business tradizionale però, ma più semplicemente ad un Four Seasons epurato da statue, marmi e bassorilievi. La struttura è recentissima, costruita nel 1999, in una posizione di assoluta comodità, affacciata sul Tamigi, con una parte delle camere con vista sui grattacieli del quartiere, e le restanti con una splendida vista su tutta la città, con delle ampie vetrate con tanto di seduta.
Le camere come la nostra, nominate “Deluxe room”, sono identiche alle altre nella planimetria, ma sono poste ai piani più alti dell’edificio e rivolte verso il fiume e la città, per una vista a 180° davvero magnifica.

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Chiaramente, non solo business: grazie alla fermata della DLR a due passi, che collega Canary Wharf all’aeroporto di London City in soli dieci minuti, e la fermata della Jubilee Line a qualche minuto a piedi, che in meno di un quarto d’ora vi accompagna ai piedi del Big Ben, questo hotel è da tenere in seria considerazione anche come appoggio per vacanze di piacere. Le camere, vista anche la media cittadina, sono decisamente grandi, comodissime anche se si viaggia in più di due, con un’ampia e accogliente zona living ed un bagno davvero spazioso, con vasca e doccia separati.

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Ulteriore segno che questa struttura non si rivolge esclusivamente alla clientela business è l’attenzione dedicata ai più piccoli. Senza alcuna richiesta specifica, ma semplicemente grazie all’accredito, troverete in camera tutta una serie di attenzioni a loro dedicata, oltre al lettino ed al seggiolone.

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La piscina e la palestra non si trovano all’interno dell’hotel, ma è attiva una convenzione con il Virgin Active adiacente: per tutta la durata del soggiorno tutti gli ospiti hanno libero accesso a tutti i servizi della struttura, posta a 10 metri dall’hotel (la palestra e la piscina sono le strutture visibili sotto le finestre).

L’offerta ristorativa è molteplice, ma semplice e non particolarmente di grido. Punta di diamante è il Quadrato Restaurant, specializzato in cucina italiana, oltre al bar lounge, ben fornito per un cocktail, per un veloce pranzo o un afternoon tea. Date le smisurate alternative che la città offre per colazione, pranzo e cena ci siamo rivolti altrove, ricorrendo al room service soltanto in una sera, ove la stanchezza ha avuto la meglio. La nostra scelta è ricaduta sul classico per antonomasia, il Club Sandwich (18£), e su un Bacon Cheese Burger (18£). Buono il rapporto qualità/prezzo per il servizio, disponibile per tutto il giorno con la carta completa, e con una selezione della carta fruibile 24 ore su 24, in stanza in quindici minuti (in realtà ce ne vorranno una decina in più).

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Molto buono il Club Sandwich, eseguito in versione classica con l’uovo, servito con patate fritte. Meno convincente il Cheese burger, richiesto con cottura rare e servito poco oltre il medium, con verdure grossolane e leggermente fredde. Anch’esso con patate in accompagnamento. Il tutto è corredato da salse e “petit fours”.

Per quanto riguarda il minibar, nella norma (seppur non entusiasmanti) le bevande. Un poco più sfiziosa e variegata la proposta degli snack, dolci e salati.

frigobar, Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

I prezzi per una stanza non sono certo a buon mercato (si parte dalle 200£ a notte, a salire), anche se inferiori alla maggioranza dei Four Seasons europei. Tenete controllate le tariffe, altalenanti in funzione del periodo e riuscirete a concedervi, ad un prezzo assolutamente corretto (soprattutto se paragonato al livello di servizio), un long-weekend di assoluto piacere, che ricorderete senz’altro per parecchio tempo.

Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

Per la carriera e la fama di uno chef, qualsiasi cosa esso vi dica, tra le cose più importanti ci sono i riconoscimenti delle guide, il più rapido veicolo per “uscire dall’anonimato” e salire agli onori della cronaca, per raggiungere così una vasta platea di pubblico (pagante).

Nel suo ristorante a Tokio, Mitsuhiro Araki aveva raggiunto i massimi possibili, di riconoscimenti.
Protagonista del gotha mondiale della ristorazione, uno dei pesi massimi della gastronomia giapponese, specialista nel sushi in bella compagnia insieme a nomi del calibro di Jiro Ono, Haichiri Mizutani, Masahiro Yoshitake, Takashi Saito… non precisamente un gruppetto di sconosciuti, insomma.
Poi di punto in bianco, all’apice del successo, come un fulmine a ciel sereno il passaggio da Araki-San a Mister Araki: la chiusura del tristellato locale nella lussuosa Ginza, il trasferimento in pianta stabile con la famiglia a Londra, e la relativa apertura di “The Araki”, piccolo locale a cinquecento metri da Piccadilly Circus.
La motivazione ufficiale della scelta? Un molto british “motivi di studio della figlia”, e stop.

Quindi, cosa offre oggi Araki, a Londra? Semplicemente, rispettando a pieno le aspettative promesse, la più alta esperienza di edomae sushi europea, certamente tuttora accostabile ai big a livello mondiale, se non altro perché non si tratta di una consulenza, una seconda apertura o il ristorante di un pur bravo “…allievo di…” o “…secondo storico di…”, ma del vero e proprio sushi bar di un Master, con lo stesso al lavoro dietro al bancone ed il relativo inarrivabile background: una cosa davvero più unica che rara, mai avvenuta in precedenza.
Anche gli arredi del locale, da soli nove posti a sedere in fila di fronte al piano di lavoro, sono praticamente identici a quello di Ginza, tanto che dopo quasi tre ore di totalizzante esperienza, è straniante ritrovarsi su un Black Cab nella City, anziché sulla Tokyo Metro.

Ma non siamo a Tokyo, e Araki ben lo sa: intelligentemente, ha smussato parte dei rigidi spigoli della tradizione giapponese, per adattarli ad usi e consuetudini della clientela europea. Nonostante il rigore e l’intransigenza espressi sul sito, la cena si svolge senza fretta né apprensioni di alcun tipo, impegnando tutto il tempo necessario, senza la volontà di mantenere alcun distacco anzi cercando di coinvolgere al massimo i clienti, arrivando a ridere e scherzare con loro.

Sempre perché non si trova a Tokyo, perché complicarsi la vita con laboriose forniture di materia prima dal Giappone, con il rischio tra l’altro di vanificare lo sforzo compromettendo la freschezza, quando, con l’esperienza, è possibile selezionare e valorizzare al meglio il pescato dai mari europei?
La qualità media del pesce non è ancora paragonabile a quello del mercato di Tsukiji (per vari motivi, in primis la tecnica di pesca e conservazione), cosa che non permette di raggiungere le vette dei migliori indirizzi di Tokyo, ma stiamo parlando di dettagli davvero sottili.
Soltanto il riso è proveniente dal Giappone, il medesimo che veniva utilizzato in patria.
Per contrapposizione allora, per tentare di colmare questo gap, perché non utilizzare (lussuosi) ingredienti tipicamente occidentali, quali il caviale ed il tartufo, se non si tratta di una banale contaminazione ma tali ingredienti si riveleranno realmente migliorativi per l’insieme?

All’atto pratico, la ragione è sua, e la guadagna attraverso una sequenza meravigliosa tanto negli appetizer iniziali, dei veri e propri piccoli piatti di valore assoluto, che nel sushi, a cui è difficile trovare difetti: praticamente perfetto, dal chicco non tanto al dente sebbene ottimamente sgranato, lievemente acido e servito appena tiepido, in maniera da esaltare il neta, per una serie di bocconi profondi, persistenti, ampi, sempre assolutamente fini sebbene estremamente materici, dall’espressione preminentemente “ittica” o burrosa a seconda del taglio.

Una esperienza davvero illuminante, macchiata soltanto dall’unico reale difetto degno di essere segnalato come tale: il vertiginoso conto, vera e propria nota dolente di questo luogo, ancor prima che semplice difetto.
Anche in questo caso non siamo a Tokyo, e Araki lo sa. Volete provare un’esperienza di livello assoluto, unica in Europa? Il solo menù Omakase disponibile è prezzato a 300£ +15% di servizio, che tradotto significa, anche bevendo dell’acqua, che è impossibile varcare questa soglia senza spendere meno di 500€ a testa, grossomodo l’equivalente ad un volo A/R Milano-Tokyo.
In nessuno dei due casi sbaglierete, dovrete soltanto decidere quante ore di volo affrontare.

La rigorosa… “mise en place”.
mise en place, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Dopo i saluti, il maestro inizia l’opera di pulizia e porzionatura del tonno. Emozionante anche solo stare a guardare.
Porzionatura del tonno, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Il primo degli “appetizers”: Brodo di rombo, scampi, Yuzu e Kombu, da bere. Puro umami, rinvigorito dalla decisa nota agrumata dello yuzu.
Appetizer, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Sashimi di rombo con caviale Almas, wasabi e salsa ponzu speziata.
La pura e lieve sapidità marina del rombo viene amplificata dallo splendido caviale, profondo ma anch’esso dalle nuance morbide e tenui. Molto più decisa la ponzu sul fondo, marcatamente citrica, che allunga la persistenza in maniera imbarazzante. Dettaglio, notevoli anche le porcellane ove verranno serviti i piatti.
Sashimi, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Abalone cotto al vapore di sake, servito su capesante grigliate.
Elegantissimo e rigoroso l’abalone, nella sua splendida consistenza; le capesante invece, grigliate in maniera decisa, si rivelano di estrema golosità.
Abalone, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
La preparazione della “maionese”, dalla notevole quantità di misteriosi ingredienti…
preparazione della maionese, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
…per la Tartare di tonno (ove vengono utilizzati tutti e tre i tagli), con maionese, sesamo, tartufo nero e bianco, wasabi.
Per estrarre l’aromaticità dei tartufi ci viene chiesto di mescolare il tutto a lungo nel piatto, insieme al tonno, precedentemente lavorato con la salsa e la mayo, ed al wasabi, perfettamente dosato. La risultante è un piatto spettacolare, profondissimo ed estremamente sfaccettato. Attacco sapido, lievemente piccante ed aromatico, ma dalla base sempre morbida e vellutata, dalla quale alle volte emerge il sesamo, poi ancora la grassezza del tonno, per poi chiudere il tutto con una marcatissima nota di nocciola. Un piatto di valore in scala assoluta, in ogni angolo del globo.
Tartare di tonno, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Ricciola marinata nel Koji, soya e prugna con strisce di capesante essiccate: marcatissimo il contrasto di consistenze, più morbida la ricciola, molto più tenaci e gommose le scallops strings, una sorta di katsuobushi di capasanta.
Ricciola Marinata, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Il servizio dello zenzero (splendido: croccante, aromatico e lievemente piccante) preannuncia l’arrivo del Sushi.
zenzero, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
La minuziosa e ipnotizzante preparazione dei neta.
neta, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Akami.
Akami, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Chu-Toro.
Chu toro, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
O-Toro.
O-Toro, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Il wasabi è preparato istantaneamente dall’assistente, a seconda della necessità del Maestro.
Wasabi, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Mackerel.
Mackerel, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Seppia, con caviale Almas.
Seppia con Caviale, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Salmone norvegese.
Salmone Norvegese, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
Guancia del tonno, marinata nella salsa di soia.
guancia di tonno marinata, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
O-toro grigliato, un boccone da Re, dal gusto intenso e coinvolgente.
O-toro, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
La preparazione dell’anago roll…
anno roll, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
…servito direttamente nelle mani.
The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London
In chiusura, tamago.
tamago, The Araki, Chef Mitsuhiro Araki, London

Voglia di una buona pizza a Londra?
…e perché ridete? Possibilissimo, invece.

Non è questione di campanilismo, né il voler fare “gli italiani a tutti i costi”, con quella compulsiva e un po’ ingenua ricerca di “un piatto di pasta” all’estero… questo perché la pizza in questione è quella di Franco Manca, una serie di insegne di pizzerie londinesi di qualità, con “…di qualità” da leggere non con accento british ma in chiave nostrana, ovvero un luogo in grado di conciare per le feste il 95% delle pizzerie poste sul suolo italico.
Quindi non un nostalgico surrogato o una libera interpretazione, ma una pizza napoletana fatta come si deve, capace di fare bella figura anche se confrontata non solo con la “pizza” in generale, ma anche con le nostre migliori espressioni.
Tredici locali sparsi per la città, a partire dal locale storico del popolare Brixton Market, ed una carta grossomodo simile per tutti quanti, composta da 6/7 proposte fisse più un paio di pizze settimanali a rotazione sulla lavagna.
Noi abbiamo visitato la sede di Tottenham Court Road, ma il format è pressappoco il medesimo per tutte quante: ingredienti di buona qualità media, un occhio alla stagione, lunghe lievitazioni, forno a legna, giusto manico in cottura.
Tavoli piccoli ed essenziali, una spartana tovaglietta, secchiello delle posate in centro ed acqua microfiltrata gratuita. Nessuna bibita disponibile, ma succhi di frutta autoprodotti, qualche birra, qualche vino.
Preparazione e servizio rapidissimi, i pizzaioli (italiani, così come le cameriere) sono numerosi e anche a locale pieno, non passa più di un quarto d’ora dall’ordinazione alla pizza.
Cornicione ben lievitato, ottima cottura. Nessun affaticamento, appesantimento, e digestione senza preoccupazioni.
Marinara a 4.50£, la pizza più cara a 6.95£, caffè (di Gianni Frasi!) a 1,50£. Difficile spendere più di 10£ a testa, in centro a Londra.

No, non è provincialismo cercare una pizza all’estero, ma lo è indubbiamente credere ottusamente di essere sempre i migliori, a tutti i costi.
Senza dubbio le espressioni più alte in fatto di pizza sono sul nostro territorio, questo è fuori discussione. Deve però certamente far riflettere, non solo a livello meramente qualitativo ma soprattutto a livello imprenditoriale, il successo di un’idea “cut&paste” capace di replicare il format svariate volte, e in grado di mantenere ogni volta prezzi bassi e alta qualità, tutto questo all’estero, quando in Italia le collaborazioni con pizzaioli di grido riescono a mantenere i livelli di qualità giusto il tempo di una (lunga) lievitazione…

…perché non ridete più, ora?

Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
“Tomato, mozzarella, basil”: ovvero, la Margherita.
pizza, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
Prosciutto cotto artigianale di Gloucester, mozzarella, ricotta di bufala, funghi (poco pomodoro).
Pizza, prosciutto, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
Lo spartano tavolino.
tavolino, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London
Un eccellente espresso, della torrefazione Giamaica caffè.
caffè, Franco Manca Pizzeria, Fitzrovia, London

Prima di scrivere di noi, dovreste passare almeno un anno a lavorare tra sala e cucina, imparando a cucinare o a servire un cliente, per capire davvero cosa significa stare in un ristorante!
Quante volte abbiamo sentito questa frase, pronunciata da chef e direttori di sala, sempre con il sorriso sulla bocca (per nostra fortuna) ma con un pizzico di giusta malizia.
Certamente non una frase priva di senso (l’esperienza diretta è il modo migliore di approfondire una realtà lavorativa), anche se dubitiamo che Gianni Brera sapesse accarezzare il pallone come Diego Armando, o Achille Bonito Oliva maneggi pennello o scalpello come una penna.
Comunque sia, possiamo finalmente iscrivere agli annali qualcuno che il fosso l’ha saltato a piè pari: Mikael Jonsson il suo nome, Hedone il suo ristorante.
Una professione da avvocato e da food blogger: tutto lasciato alle spalle per inseguire un sogno, quello dell’apertura di un proprio ristorante.
E non un ristorante qualunque: Hedone, a quattro anni dalla sua apertura, è probabilmente il ristorante più interessante di Londra.
Merito della capacità di Jonsson di fare tesoro delle sue esperienze precedenti di grande appassionato: capacità quindi di scovare in maniera maniacale i migliori ingredienti disponibili sul mercato, e di circondarsi di una squadra giovane ed entusiasta di lavorare per lui, orgogliosa di prendere parte a quello che sta succedendo tra queste quattro mura.
Un locale davvero molto bello nel quartiere di Chiswick: pochi tavoli, clima confortevole, una cucina che è proprio un tutt’uno con la sala, un piccolo bancone dove mangiare davanti al palcoscenico del cuoco, in pieno stile giapponese. E’ proprio il locale che ci piacerebbe avere se mai decidessimo di fare anche noi “il grande salto.”
Tanta energia e una squadra multi-etnica: chef svedese, sommelier francese, cameriere italiano e via così.
Sorrisi dispensati a volontà, assieme a una cucina fresca, forse non particolarmente originale, ma tecnicamente perfetta e sempre pienamente centrata nel gusto. Ingredienti eccezionali e fondi curatissimi, acidità e dolcezze dosate col misurino. Tanti influssi, dal Giappone all’Italia, dal Nord Europa alla Francia; una grande attenzione per vegetali e il loro abbinamento con le proteine animali; uso intelligente di spezie. Ecco la formula del successo di questo locale, costantemente fully booked e sulla bocca di tutti gli appassionati.
Certo, il carta bianca, spacciato come cucina giornaliera del mercato e come servizio “sartoriale” per il tavolo, fa sorridere: fanno capolino nel menù molti signature dish di Jonsson, il menù fisso è un vantaggio per l’organizzazione della cucina più che per il cliente.
Ma va bene così, se il risultato è di questo livello.
Un posto in cui si sta indiscutibilmente molto bene, con un prezzo assolutamente corretto per il panorama londinese.
Molto valida anche la carta dei vini, tra produttori noti e meno noti, che permette di bere bene senza svenarsi.
E’ tutto vero quindi: un ristorante di successo guidato da un ex food blogger.
La passione, la voglia di ottenere il massimo dal proprio lavoro, la competenza fanno davvero miracoli: ne abbiamo le prove.

Appetizer:
Vitello tonnato.
appetizer, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Tempura di sgombro e sesamo.
Tempura di sgombro, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Granchio, spuma di topinambur, mela. Un granchio di qualità siderale per un piatto di grande freschezza.
Granchio, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Stilton ghiacciato e grattugiato, umami (infuso di pesce) crema di cetriolo e cetriolo sottaceto.
In bilico tra Giappone e Inghilterra, un bel gioco tra sapidità molto diverse. Unico limite: l’eccessiva morbidezza.
Stilano Ghiacciato, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Il famosissimo pane di Jonsson, buonissimo, anche se in questo caso dall’interno eccessivamente umido.
pane, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
pane e burro, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Asparagi di Pertuis, avocado e pistacchio.
Uno dei piatti più riusciti della serata. Abbinamenti e consistenze da applausi.
Asparagi di pertuis, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Spigola, broccolo romanesco e cavolfiore.
Salsa Bouillabasse alle triglie e zafferano.
Grande protagonista la salsa, con lo zafferano che regala al piatto grande profondità. Più basico il resto.
Spigola, broccolo, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Spugnole, uovo cotto a bassa temperatura, purè di peperoni e salsa di spugnole.
Niente di originale, ma l’esecuzione è da manuale.
Spugnole, uovo cotto, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Brodo di cipolle dolci, guanciale, ravioli di parmigiano e spuma di rafano.
Chiaro omaggio all’Italia. Pasta dal ripieno liquido e gioco tra cipolla e parmigiano: certamente non una idea di Jonsson, ma l’esecuzione è ottima.
brodo di cipolle dolci, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Maialino, salsa di ciliegie, radicchio e purè di datteri.
Buonissimo il maialino, perfetta la pelle croccante, ottimo il contrasto con i datteri e la salsa acido-dolce di ciliegie, il radicchio aggiunge poco o niente.
maialino, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Cervo, carote heritage, cannella, basilico.
La foto parla da sola: cottura esemplare. L’uso della cannella è un gran bel colpo.
Cervo, carote heritage, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Citrus variation: clementine, arance, limone.
Dessert di altissimo livello, un classico di Jonsson: buono e fresco, perfetto il gioco di consistenze.
citrus variation, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Biscotto con polvere di lampone, gelato alla vaniglia del Madagascar, cioccolato caldo e frutto della passione.
Acido e dolce, caldo e freddo, croccante e morbido: un compendio di pasticceria in un piccolo piatto per un altro classico targato Hedone.
Biscotto con polvere di lampone, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
La nostra scelta dalla carta dei vini.
Sancerre, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
mise en place, Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra
Hedone, Chef Mikael Jonsson, Londra

Travolti da un insolito destino”: si potrebbe partire con questa citazione della grande Lina.
E’ indubbio il successo ottenuto da Brett Graham negli ultimi anni: successo di una parte della critica, che lo ha addirittura portato nelle prime posizioni del ranking mondiale, ma successo anche di pubblico, che fa registrare spesso e volentieri il sold out in questo locale nel cuore di Notting Hill.
Sono tanti gli estimatori di questo cuoco australiano, che ha saputo evidentemente muoversi bene, sia dentro che fuori dalla cucina.
E che continua ad investire nella sua impresa: è dell’anno scorso “l’acquisizione” di James Petrie, per 11 anni a capo dello sviluppo creativo del Fat Duck di Blumenthal.
Eppure, noi di Passione Gourmet, continuiamo a non essere totalmente convinti della sua proposta.
Pur se leggermente superiore rispetto alla nostra visita di qualche anno fa, l’esperienza rimane nell’ambito del buon livello, ma senza raggiungere quelle vette consone ai fuoriclasse.
Stiamo parlando, tanto per essere ancora più chiari, di un ottimo cuoco, dotato tecnicamente, che sa in alcuni frangenti estrarre dal cilindro piatti di altissimo profilo (vedi lo sgombro, diventato, non a caso, un suo signature dish). Ma che si esprime, per la maggior parte del pasto, in maniera poco elegante, un po’ confusionaria, mantenendo sempre ben in asse la centralità gustativa (cosa certo non da poco!) ma non trovando quasi mai quella profondità e quella finezza che si richiede alle grandissime tavole. Interessante la contaminazione tra la scuola classica francese, gli ingredienti inglesi e alcuni sapori del mondo asiatico. Ma il tratto rimane sempre un po’ rude, scomposto, non completamente a fuoco. E pericolosamente in bilico tra il nuovo e il déjà vu, tra la creatività e il classicismo, con il rischio concreto di apparire superato e stanco in alcuni passaggi.
Una eleganza che invece abbiamo trovato nei dessert: precisi, puliti e privi di inutili orpelli.
Un posto in cui certamente si sta bene, con un buon servizio, giovane, fresco e attento (in sala anche due italiani molto bravi). La sala ha forse più coperti del dovuto in relazione alla sua metratura, il che rende il ristorante eccessivamente rumoroso, ma questa non è certo una anomalia nel panorama londinese.
Anche la carta vini è da ristorante di livello, con conseguenti ricarichi.
Ma non stiamo parlando di uno dei migliori ristoranti del mondo: il Ledbury non è nemmeno il miglior ristorante di Londra.
Il prezzo del pasto è assolutamente coerente: il lunch menù, a 50£, è certamente un affare nella costosa Londra. Ma anche la proposta serale, da 95£ a 115£, è assolutamente appetibile per la fascia di offerta in cui si inserisce il Ledbury.
Il pubblico, inglese e non, apprezza molto. Quindi non possiamo che applaudire al Brett Graham ristoratore.

Appetizer.
appetizer, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
appetizer, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
appetizer, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Carciofi violetti, prosciutto d’anatra, uva, nocciole e foie gras grattugiato.
Ogni ingrediente (ottimo) viaggia per conto suo, non trovando mai una amalgama convincente. Preparazione, inoltre, eccessivamente fredda per un inizio pasto invernale.
Carciofi, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Rapa cotta nell’argilla, sale al caviale, anguilla disidratata affumicata.
Più interessante questa preparazione, soprattutto in termini di consistenze. Leggermente monocorde il risultato.
rapa cotta nell'argilla, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Burro al siero di latte di capra, spruzzato di melassa.
Davvero ottimo questo burro di capra servito con il pane.
burro al siero di latte, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Sgombro grigliato, cetriolo sottaceto, senape e shiso.
Tartare di sgombro avvolto in un gel di cetriolo.
Un signature dish di Brett Graham, davvero un grandissimo piatto, certamente il migliore della serata. Complesso, profondo, molto preciso nel dosaggio degli ingredienti. Difficile trovare uno sgombro cotto in maniera migliore.
sgombro grigliato, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Coniglio, spugnole, aglio orsino, latticello.
Buono, ma confusionario, poco definito nelle sue componenti.
Coniglio, spugnole, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Filetto di spigola, brassicaceae, alghe marine e sake.
Filetto di Spigola, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Piccione, rapa, olive, radicchio e petali di rosa sottaceto.
Piccolo kebab di cuore fegato e filetto.
Il kebab di frattaglie è eccessivamente addomesticato, non ha la spinta gustativa che ci aspetterebbe. La cottura del piccione è perfetta, così come sono molto interessanti i petali di rosa sottaceto a ripulire il palato. Il resto è buono, ma non trova una sua collocazione sensata nella costruzione della portata.
piccione, rapa, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
cuore fegato e filetto di piccione, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Predessert: Crema di vaniglia, meringa e cocco.
pre dessert, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Rabarbaro, biscotto all’olio di colza, cocco e vaniglia.
Dessert di ottimo livello. Acido e amaro perfettamente dosati in una preparazione fresca, dai gusti ben concentrati.
rabarbaro, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Torta allo zucchero di canna, rum, gelato allo zenzero.
Un altro signature dish di Graham. Abbastanza classico nella costruzione, ma perfetto.
torta allo zucchero di canna, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
piccola pasticceria, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
piccola pasticceria, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
tavolo, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra
ingresso, The Ledbury, Chef Brett Graham, Notting Hill, Londra