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Kricket

Una delle cose che più colpisce di Londra è la rapidità con cui cambiano i quartieri. Non c’è bisogno di tornare alle memorie dei Clash per pensare a una Brixton caraibica, disordinata, sporca e non proprio sicurissima, ma anche davvero “esotica”; oggi invece il quartiere è in piena gentrification, con i prezzi delle case in salita verticale e ristrutturazioni in ogni dove.
Con i “mali” (hipster e banchieri nelle rispettive tenute d’ordinanza) arrivano anche i vantaggi, tra cui un’offerta gastronomica davvero stimolante, specialmente sul fronte dei “mangiari di strada”, declinati in ogni possibile prospettiva geografica e con qualità decisamente superiore ai vecchi venditori di fried chicken ancora presenti.

Nel cuore del Pop Brixton, ennesimo quartierino di container adibiti alla ristorazione, pieno di proposte di ottimo livello, è nato da circa un anno questo microristorante di difficile definizione. La più indicata è, forse, tapas bar indiano, vista la dimensione dei piatti, il prezzo e l’articolazione della proposta senza suddivisioni tra entrée e piatti principali, tutti comunque ispirati alle varie regioni indiane, anche se con apertura a ingredienti occidentali.
Dietro l’operazione una coppia di ex studenti benestanti, Will Bowlby e Rik Campbell, il primo con esperienze in cucine a Mumbai, il secondo, dopo qualche anno da consulente aziendale, collaboratore di una madre business woman di grande successo. Folgorati da un viaggio in india ma appassionati da sempre di cucina, hanno pensato a una formula che, per strano che possa sembrare, a Londra mancava: cibo indiano di qualità ma in un ambiente molto casual, abbinato a cocktail fatti a regola d’arte.

Parlare di successo è perfino riduttivo: articoli ovunque, segnalazioni dai più influenti siti e blog britannici e, soprattutto, indicazione tra i preferiti da parte di chef prestigiosi come Michel Roux Jr. Unito all’impossibilità di prenotare, la traduzione del tutto è: passateci in orari o giornate non affollati se sperate di sedervi a uno dei circa venti posti disponibili.
Di sicuro non ve ne pentirete, perché, al di là dell’aria trendy che ci si respira, qui si mangia davvero benissimo.
Ci si diverte parecchio con consistenze e abbinamenti inusuali già in quelli che possiamo considerare “antipasti”, come le Samphire Pakoras, ovvero salicornia fritta con chutney di tamarindo e maionese piccante all’aglio o il Bhel Puri, piatto popolare di Mumbai, fatto di riso soffiato con verdure, qui addizionato di yogurth, mango e sev, uno snack fatto di piccoli pezzi di noodle croccanti.
Si dà poi prova di notevole tecnica nei piatti centrali, come il nasello in salsa malai, cotto alla perfezione ed esaltato da una salsa davvero trascinante per varietà e persistenza dei sapori.
E si chiude con dessert dai sapori esotici e impiatti modernissimi, come il formidabile gulab jamun, sorta di frittella di pasta al latte in cui un crumble di semi di carom, dai sentori simili all’origano, è abbinato a pistacchio e gelato alla panna rappresa.

Servizio basic ma cortese e professionale, location naturalmente alquanto elementare ma curata, per un’esperienza che, diciamolo chiaro, dal punto di vista gastronomico è estremamente interessante; se poi si considera che il prezzo da prevedere per una degustazione più che soddisfacente per quantità è inferiore alle 30 sterline, si capisce non solo il successo ma anche perché vi consigliamo caldamente un passaggio da queste parti.

Bhel Puri.
Bhel Puri, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Crab meen moiliee: radicchio, foglie di curry e arachidi ad accompagnare il granchio con nuance dal dolce all’amaro.
Crab meen moiliee, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Samphire Pakoras.
Samphire Pakoras, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Il nasello con salsa malai.
nasello salsa malai, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Melanzane “baby” con cocco e foglie di curry.
melanzane, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Pollo fritto del kerala, con maionese di foglie di curry e mooli (nome indiano per il daikon).
pollo fritto del kerala, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Agnello alla griglia con chutney di aglio selvatico e black stone flower.
agnello alla griglia, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Gulab jamun.
Gulab Jamun, Cricket Restaurant, Chef Will Bowlby, Londra

Al Dinner i londoners più autentici si recano per placare i più disparati istinti conoscitivi.
In primis perché la cucina è quella di Heston Blumenthal, del tristellato The Fat Duck, e una lacuna simile, per un londinese, sarebbe certo inappropriata. Ma ivi si va anche, più edonisticamente, per godere di un’esperienza esclusiva all’interno di una location elegantissima: il Mandarin Oriental Hotel di Hyde Park, nel cuore pulsante del ricchissimo quartiere di Knightsbridge.

Tutto vero, certo, se non fosse che al Dinner si va anche, più prosaicamente, per sopire esigenze diciamo più accademiche, certamente filologiche se comprendiamo l’accademismo che permea il concept di un ristorante che lo stesso sito di Mandarin Oriental non esita a definire di tipo historic-inspired British.
Cosa significa? Semplicemente che quel cervellone di Blumenthal ha edificato una cucina che è come una macchina del tempo orientata, stavolta, verso il passato che scruta con approccio storicistico e ispeziona mediante le spesse lenti della filologia e dell’antropologia. Del resto, solo in questo angolo di old city poteva albergare cotanto accademismo il quale, tuttavia, ha restituito un pasto certamente impegnato ma anche impegnativo, e le cui virtù non sono risiedute propriamente in quella leggerezza che, in ogni epoca e a ogni latitudine, ovunque e sempre, ricerchiamo.

E così, dopo anni di equazioni sulle ricette tradizionali e decadi di proporzioni atte a svelare le possibili ottimizzazioni ricorrendo a espedienti di natura fisica e chimica, Blumenthal approda qui a un personalissimo porto esistenziale, che trova i suoi prodromi nel romanticismo tedesco e nell’avvenirismo tecnico della cucina professionale inglese delle origini.
Ecco l’incipit, l’inalienabile introduzione che contestualizza e ci dice dove siamo giacché, in un pasto come questo, il punto di partenza è importante: un cocktail a base di té al Mandarin bar tanto necessario, si diceva, quanto stordente. Quindi via, si parte dietro alle evoluzioni tecniche orchestrate dallo chef Ashley Palmer-Watts, originario del Dorset, con Blumenthal dal 1999. Per cominciare una Meat Fruit, ovvero un parfait di fegatini di pollo, gelatina al mandarino e pane tostato la cui prima attestazione si fa risalire, secondo il menu, nientemeno che al 1500.
Quindi, appena centodieci anni prima, il rinascimentale Rice&Flash composto da un cortigianissimo riso allo zafferano con coda di vitello e vino rosso, datato 1390.
Un salto di cinquecento anni in avanti, anche per via dei più agili commerci via mare, è quello rappresentato dal Roast Iberico Chop, ovvero un maialino iberico arrostito che si fa risalire all’anno 1820. Un boccone più avanti e siamo nel bel mezzo dell’entusiasmo di metà Secolo breve col Cod in Cider del 1940. È quindi la volta di un piatto della tradizione professionale tanto British quanto lo sono pipa e impermeabile grigio: le patatine fritte in quella tripla cottura che restituisce un morso eccezionale, che da’ dipendenza.
A chiudere la Tipsy Cake, ovvero una brioche calda bagnata con brandy e Sauternes servita con ananas arrosto caramellato la cui prima attestazione risale al 1810. Come chiusura, stavolta, un richiamo all’incipit: il cioccolato al tè Earl Grey.

Note: Per vivere un’esperienza a 360° con la cucina di Blumenthal, c’è anche la possibilità di prenotare il tavolo dello chef, per 4 persone, con un menù su misura al costo di 200£ a persona (150 a pranzo).

Aperitivo a base di té con effetti speciali al bar del Mandarin.
Heston Blumenthal, London
Mise en place senza tovaglia.
Mise en place, Heston Blumenthal, London
Dettaglio del menù.
Menù, Heston Blumenthal, London
Il pane di ottima qualità.
pane, Heston Blumenthal, London
Meat Fruit: parfait di fegato di pollo, gelatina al mandarino e pane tostato (signature dish).
meat fruit, Heston Blumenthal, London
Rice&Flesh: riso allo zafferano, coda di vitello e vino rosso.
Rice&flesh, Heston Blumenthal, London
Roast Iberico Chop: maialino iberico arrosto.
Roast Iberico chop, Heston Blumenthal, London
Cod in Cider: merluzzo.
Cod in Cider, Heston Blumenthal, London
Le famose patatine fritte, le migliori mai mangiate.
patatine fritte, Heston Blumenthal, London
Tipsy Cake: un dessert che metterà a dura prova la vostra resistenza; buonissimo ma impegnativo!
Tipsy Cake, Heston Blumenthal, London
Post-dessert: cioccolato al té Earl Grey.
Post dessert, Heston Blumenthal, London
La bella cantina a vista all’ingresso del ristorante.
Cantina, Heston Blumenthal, London
Un dettaglio della cantina.
cantina, Heston Blumenthal, London
L’imponente ingresso del Mandarin Oriental.
Heston Blumenthal, London
L’insegna del ristorante.
l'insegna del ristorante, Heston Blumenthal, London

Location, location, location.
Questa massima, in auge da sempre nel settore immobiliare, è valida senza dubbio anche per il mondo dell’hotellerie, ed è sicuramente la più appropriata per definire la posizione dell’hotel Café Royal, situato proprio nel cuore di Londra, su Regent Street all’angolo di Piccadilly Circus.

Il Café Royal fa parte della prestigiosa catena The Leading Hotels of the World, storica associazione che raggruppa alcuni fra i migliori hotel di lusso al mondo. La struttura originale risale al 1860, e ha subito in tempi recenti una profonda ristrutturazione, a cura di David Chipperfield, con risultati veramente eccezionali.
Nel passato questo luogo è sempre stato uno dei ritrovi preferiti di importanti artisti e celebrità (il sito riporta, tra gli storici frequentatori abituali, Oscar Wilde, George Bernard Shaw, Virginia Woolf, Cary Grant, Elizabeth Taylor, Winston Churchill e Muhammad Ali) ma, rispetto agli altri grandi hotel di Londra, qui si respira un’aria più rilassata e meno formale; il lusso c’è, abbondante, ma non è mai ostentato, e lo si coglie soprattutto nei dettagli che circondano l’ospite, dal momento del suo arrivo fino alla partenza.
Da non perdere assolutamente (anche se non siete ospiti dell’hotel) è la famosissima Grill Room, datata 1865 e ora ribattezzata Oscar Wilde Bar, anch’essa completamente restaurata e portata agli antichi splendori, mantenendo lo stile Luigi XVI originale. Qui il té delle 5 è una vera a propria istituzione, da prenotare sempre per tempo in quanto costantemente fully booked.

La struttura conta 160 tra camere e suites; noi abbiamo soggiornato in una splendida junior suite ricca di amenities e di comfort, che hanno reso indimenticabile il nostro soggiorno.
A cominciare dal fornitissimo angolo bar, dotato non solo di frigo ma di una vera e propria cantinetta personale, con vini di ottimo livello; a disposizione dell’ospite anche una macchina Nespresso, free of charge.
La zona living comprende una lunga scrivania, dove poter lavorare in tranquillità e senza problemi, grazie anche ad un media-center con tutti i tipi di prese e connessioni possibili e immaginabili. Anche l’impianto di illuminazione è studiato per offrire all’ospite la quantità di luce desiderata. Una splendida TV 40 pollici Bang&Olufsen, con base motorizzata orientabile, è un’ulteriore carta a favore dell’ampio lato high-tech.
La sala da bagno è interamente in marmo con pavimento riscaldato, con doccia e vasca separate. Ulteriore chicca, un televisore inserito nella specchiera del bagno.

Completano l’offerta globale dell’hotel uno splendido centro benessere con piscina, idromassaggio, sauna e bagno turco (in ristrutturazione nel periodo del nostro soggiorno), una pasticceria affacciata su Regent Street e un ristorante, con annessa Club House, al primo piano, il cui accesso è riservato agli ospiti vip dell’hotel e ai soci esterni.

Un servizio attento, discreto ma sempre presente caratterizzano l’hotel Café Royal, nel cuore pulsante di Londra. Un hotel per chi vuole essere senza per forza apparire a tutti i costi.

La camera.
camera, Hotel Café Royal, London
Camera, Hotel Café Royal, London
Il bagno e le amenities.
bagno, Hotel Café Royal, London
Bagno, Hotel Café Royal, London
bagno, Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Angolo caffé e bar.
angolo caffè bar, Hotel Café Royal, London
vino, Hotel Café Royal, London
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Il board multimediale.
Hotel Café Royal, London
La colazione.
colazione, Hotel Café Royal, London
Alcuni spazi dell’hotel.
piscina, Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Una vista globale del ristorante…
Hotel Café Royal, London
…e di hamburger e patatine serviti all’interno dello stesso.
hamburger, Hotel Café Royal, London

Il nome completo di questo ristorante, immerso nella quiete dello splendido quartiere residenziale di Belgravia, è un lunghissimo “Ametsa with Arzak Instructions”, che non cela, anzi mette in chiaro, in maniera inequivocabile, la situazione. Le -molto british- “instructions” che fanno capolino nell’insegna sono quelle nientemento che di Juan Mari ed Elena Arzak, tristellata storica famiglia di ristoratori di San Sebastian, nei Paesi Baschi.

Ametsa è situato all’interno dello scintillante hotel Halkin, confinato tra le mura che precedentemente ospitavano Nahm, il primo e finora unico stellato di cucina Thai della città; evidentemente il 5 di Halkin Street è un indirizzo fortunato per i locali etnici, dato che Ametsa è, ad oggi, l’unico portabandiera della cucina spagnola stellato a Londra.
Ma nonostante la -fuori e dentro- onnipresente costante lussuosa, i toni del locale sono distesi ed informali. Numerosi i camerieri, giovani, sempre sorridenti e ben disposti al dialogo, che si avvicendano tra sala e cucina con passo deciso, in jeans e camicia. I piatti vengono spiegati con dovizia di particolari, e non viene posto alcun problema nello scegliere due menù diversi, anzi ci viene addirittura consigliata come “scelta più divertente”, in modo da poter provare più piatti. E tutto ciò nonostante la sala fosse ben altro che vuota.

Oltre queste accortezze, anche l’ambiente, luminoso, spazioso, moderno ma dai toni caldi, predispone bene l’avventore e fin da subito lo mette a proprio agio. La particolarità più curiosa, sicuramente quella che per prima attirerà il vostro sguardo, è nel soffitto, composto da oltre 7000 provette più o meno piene di diverse spezie in polvere, per un colpo d’occhio senz’altro inusuale, ma al contempo di riuscito impatto estetico.

Fatta la doverosa premessa, veniamo ora alla cucina: vi siete fatti l’idea che sia possibile cenare da Arzak tanto a San Sebastian quanto, indistintamente, nel cuore di Londra?
Nulla di più distante dal vero.
Quella di Ametsa non vuole essere un enclave degli Arzak, bensì una cucina in primis mediterranea, poi spagnola e quindi solo successivamente basca. Ma sempre molto, molto distante dallo stile della casa madre, epurata interamente della componente emotivo/cerebrale e basata principalmente sulla sostanza, con ottime materie al servizio di una cucina “di pancia”, gustosa, semplice, schietta e appagante, tecnica ma mai complessa e sempre leggibile, capace di stupire il cliente occasionale ma al contempo non scontentare il gourmet, portando nel centro di Londra sapori e profumi di latitudini ben più meridionali, come una sorta di depliant gastronomico del bacino del mediterraneo.

Viste le remote possibilità di controllo di una vera e propria succursale ad oltre mille chilometri dalla base, aumentando l’azzardo lievitano esponenzialmente le probabilità di flop. All’atto pratico dunque è forse questa la scelta più oculata e, vista anche l’eterogeneità della clientela, la maniera più sicura per appagare il più alto numero di palati possibili, più o meno avvezzi alle grandi tavole.
Ma è proprio per questo stesso motivo che il giudizio, risentendo chiaramente di questa tendenza alla semplificazione delle portate (non nella composizione, bensì come generale e costante assenza di rischi), è approssimato verso il basso.

Un approdo sicuro, divertente e goloso, dall’ottimo rapporto qualità/prezzo a pranzo, un po’ meno al calar del sole. Ma se la vostra idea è di provare Juan-Mari ed Elena in terra d’Albione, insomma, sappiate che qui degli Arzak troverete soltanto le… instructions.

Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Il sopracitato soffitto…
Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
…in dettaglio.
Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Il pane, fortunatamente in una sola buona versione. Servito in stile italiano con il piattino dell’olio.
pane, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Piccolo benvenuto.
benvenuto, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Gli antipasti del menù degustazione:
Roccia di cipolla con acciughe marinate…
appetizer, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
…capasanta a casa…
capasanta, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
… e cracker di semi di girasole con anatra.
cracker, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Gli antipasti del menù tapas:
Chipirones nel loro inchiostro.
tapas, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Pannocchia di foie.
pannocchia di foie gras, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Jamón Ibérico su un cuscino di pane e pomodoro.
Jamòn Iberico, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Uovo con Chistorra e briciole (menù degustazione). Piatto oltraggiosamente goloso, con la marcata nota fumé della salsiccia attenuata ed allungata dalla grassezza dell’uovo, con il crumble salato a impegnare un po’ la masticazione.
uovo, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Terrina di maiale infangato (menù tapas). Piatto semplice ma anch’esso altrettanto goloso, dall’impiatto curatissimo.
terrina di maiale, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Branzino con… sedano? (menù degustazione). Ottimo e semplice il branzino, curioso e riuscito il trompe l’oeil in accompagnamento: della mela, formata minuziosamente ed aromatizzata a ricreare del sedano.
Branzino, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Filetto di manzo superiore con peperoncini rossi. Altro piatto basilare ma estremamente piacevole. Molto buona la carne, sapientemente cotta in maniera da rimanere succosa ma al contempo acquistare una pronunciata nota grigliata. La piccantezza dei peperoncini è mitigata dalla salsa.
filetto di manzo, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Predessert.
predessert, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Il dessert, comune ai due menù: Tortilla di latte con gelato all’ananas.
Indovinate un po’? Semplice, fin troppo.
dessert, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
Gelatine di frutta aromatizzate.
gelatine di frutta, Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra
L’ingresso del ristorante, dalla hall dell’Hotel.
Ametsa, Chef Sergi Sanz, Londra

L’offerta gastronomica di Londra è infinita e in perenne cambiamento, e chiunque la voglia definire con un unico aggettivo pecca d’immodestia.
E’ in parte vero, come dice qualcuno, che i costi altissimi impongono, più che altrove, il successo di pubblico e, di conseguenza, l’adozione di “format” che rispondano a una delle possibili formule di successo della ristorazione contemporanea; è anche vero, però, che la dimensione di città-mondo lascia spazi anche per tutto il resto, compresa la proposta filologicamente impeccabile di modelli esteri poco o nulla replicati.

E’ il caso di questo Kirazu, un izakaya che non sorprenderebbe affatto trovare in un cortile di Tokyo o un vicolo di Kyoto, e che ha il merito di presentare un tipo di ristorazione nipponica popolarissimo in patria e poco conosciuto in occidente.
Questi locali informali accolgono di solito gli impiegati al termine del lavoro, per una “bevuta sociale” accompagnata da un numero cospicuo di piccoli piatti saporiti, utili per accompagnare i frequenti giri di saké che ci si versa vicendevolmente. Una versione giapponese del pub o del tapas bar o, se preferite, di quelle che erano le nostrane osterie.
La cosa rilevante per l’appassionato di gastronomia è che in alcuni di questi izakaya si mangia splendidamente e ci si rende conto di quanto varia, ricca e al tempo stesso leggera e sana sia la cucina del sol levante, anche al di fuori di sushi e sashimi.
Da Kirazu, che è un izakaya coi fiocchi piantato in piena Soho, si mangia, per essere chiari, in maniera eccellente.
Location col fascino spartano del legno grezzo e di arredi semplici e funzionali; menu sulla carta già pieno di “spuntini” molto diversi (carni, pesci, verdure cotti di solito alla brace o marinati, ma anche gyoza e dumplings di tutti i tipi) affiancato da tre lavagne di piatti del giorno che lo chef realizza ispirato dalla spesa fatta. Si sceglie cosa si vuole, si riempie un foglio ricevuto all’ingresso (segnando con una crocetta i piatti della carta o scrivendo per esteso quelli del giorno), lo si consegna alla cameriera e si viene sommersi di piccole delizie che accompagneranno saké, shochu o un vino al calice o in bottiglia (la carta dei vini, piccola ma piena di chicche, è l’unica concessione al fatto di trovarsi in Europa).

Dalle seppioline marinate al sake fino a un formidabile dessert a base di daifuku e dorayaki che anche a Osaka non sfigurerebbero, non un piatto che non sappia di fresco, leggero, saporito; ci si può limitare a gustarne 4 o 5 a testa per un pasto leggero ma pieno di stimoli, o esagerare con una decina se si decide di accompagnare una grande bevuta conviviale da film di Ozu.
Nel primo caso si scoprirà anche un conto molto leggero che inviterà al ritorno frequente se avete la fortuna di essere spesso da queste parti… o al rimpianto, se siete soltanto in gita.

Calamaretti marinati al sake: fulminante apertura iodata-alcolica.
calamaretti marinati, Kirazu, Izakaya, Londra
Tataki di manzo.
tatatki di manzo, Kirazu, Izakaya, Londra
Dumpling di gamberi al vapore: versione davvero riuscita di un classico.
Dumpling, Kirazu, Izakaya, Londra
Gyoza.
Gyoza, Kirazu, Izakaya, Londra
Sashimi di polpo con uova di salmone: le uova di qualità mai provata, sashimi profumato e di perfetta consistenza.
sashimi, Kirazu, Izakaya, Londra
Guancia di salmone.
guancia di salmone, Kirazu, Izakaya, Londra
Dorayaki.
Dorayaki, Kirazu, Izakaya, Londra
Daifuku: basta guardarlo…
Daifuku, Kirazu, Izakaya, Londra
La postazione dello chef.
chef, Kirazu, Izakaya, Londra
Due delle tre lavagne del giorno.
lavagne, Kirazu, Izakaya, Londra