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Palazzo Petrucci

Una grande cucina campana con vista mare, tra tradizione e modernità

Location davvero invidiabile: a Posillipo, praticamente sulla spiaggia, a due passi dal misterioso fascino dello splendido Palazzo Donn’Anna. Interni moderni, luminosi, accoglienti, con una bella cucina a vista e il panorama sul Golfo. Non c’è dubbio: a quella che, ormai da qualche anno, è la nuova sede di Palazzo Petrucci, è difficile chiedere di più. In cucina abbiamo ritrovato un Lino Scarallo in gran forma, molto coinvolto, sempre appassionato e infaticabile. È lui il padre nobile della nidiata di giovani cuochi campani che, negli ultimi 10/15 anni, ha portato un po’ di aria nuova sotto al Vesuvio. E a nostro giudizio, il percorso di Palazzo Petrucci – il ristorante più “antico” della nouvelle vague gourmet  dei ristoranti napoletani – ha raggiunto una piena maturazione. Il servizio e l’accoglienza sono oggi assolutamente di livello, la carta dei vini è finalmente ricca e completa e  la cucina non delude le aspettative.

Cuoco maturo, Scarallo ha qui trovato la formula vincente per dare vita a una ristorazione moderna – gourmet per usare un termine a noi caro – in una città non facile da questo punto di vista come Napoli. Con una clientela in gran parte storicamente legata ai sapori di casa, agli archetipi delle cucine delle mamme e delle nonne, tradizionalmente poco propensa, a tavola, a lasciare la via vecchia per la nuova.

Le nuove tecniche e i sapori della memoria

Cambiare le tecniche lasciando intatti i sapori che qui sono “memoria gustativa”. Questa la formula vincente dello Chef; capace, nelle sue preparazioni, di non perdere mai equilibrio e concentrazione dei sapori. Cambiare, alleggerire, rinnovare senza mai rinunciare a una spiccata centralità gustativa. Equilibrio tra il territorio e la stagionalità, l’innovazione e la tradizione, la terra e il mare. Nascono così piatti come il Carpaccio di Marchigiana beneventana, cimette di friarielli, pane croccante, aglio, olio e peperoncino con questi tre elementi coraggiosamente protagonisti, e le Candele alla genovese, salsa di provola affumicata, zest di limone e tartare di dentice.

Piatto migliore? Per noi senza dubbio il Tagliolino di calamaro cotto a bassa temperatura e vongole veraci, per la consistenza perfetta, frutto di grande perizia tecnica e per l’armonia e l’eleganza del risultato finale. In particolare (ne avevamo avuto prova anche nel carpaccio), colpisce la capacità di Scarallo di utilizzare con grande perizia e sublimare un ingrediente da molti (ingiustamente n.d.r.) avversato e comunque non semplice da domare come l’aglio.

Una menzione finale per il dessert, un bel gioco acido-dolce: Sorbetto alle clementine, insalata riccia condita con sale e olio, mousse di caramello salato e pinoli insabbiati. Un locale complessivamente cresciuto ed in evoluzione che dimostra di non avere nessuna intenzione di restare seduto sugli allori.

IL PIATTO MIGLIORE: Tagliolino di calamaro cotto a bassa temperatura e vongole veraci.

La Galleria Fotografica:

Nel 1961, Raffaele La Capria scriveva di un palazzo magico, dove il tufo si unisce all’azzurro e dove, al mattino, i raggi di sole penetrano nei corridoi per annunciare l’arrivo della “bella giornata”.
La nuova sede di Palazzo Petrucci è proprio lì, a qualche remo dal celebre Palazzo Donn’Anna raccontato in “Ferito a morte”. A Napoli direbbero che la vista del Golfo da quelle parti è quasi scostumata, per quanto bella.

Da gennaio 2016, la più durevole stella Michelin del capoluogo campano si è spostata dall’eleganza decadente del centro storico in uno dei luoghi più noti e affascinanti della città. Lino Scarallo e il suo socio Edoardo Trotta azzeccano la scelta e colmano un vuoto inspiegabile, portando finalmente l’alta ristorazione sulla collina di Posillipo, il luogo che i greci credevano potesse “alleviare il dolore”.

Proporre cucina ricercata a Napoli è difficile, le mamme e le nonne abituano troppo bene i propri figli e nipoti. A Lino Scarallo va riconosciuto il merito di aver intrapreso un percorso di crescita che, da anni, propone una cucina tradizionale spinta in avanti da accenni di modernità e sostenuta dalla qualità della materia prima, l’anima di ogni piatto. Non è avanguardia, non ci sono i guizzi d’estro dell’allieva Marianna Vitale e siamo lontani dalle sinfonie degli chef pluristellati della costiera amalfitana.

Lino Scarallo cucina bene, cucina cose buone, con ottimi ingredienti, è un eccellente artigiano. Non ci si alza da tavola con un palato stravolto e sorpreso, ma sicuramente appagato e sereno. Come una passeggiata sul lungomare.

Tutto coerente insomma, anche se qualche accorgimento in più si potrebbe avere, soprattutto in termini di sensibilità. Come in passato, i primi restano il fiore all’occhiello dello chef, ma è proprio da questi che abbiamo riscontrato i maggiori tentennamenti. Da rivedere le zuppe, che forse andrebbero riproposte in chiave estiva data l’alta temperatura di luglio. Lo Spaghettone Gerardo di Nola, crema di zucchine, sgombro affumicato e zest di arancia mostra una cottura e mantecatura esemplare, che però viene vanificata dall’affumicatura esasperata dello sgombro -molto potente già da fresco- con effetto “bomba” palatale. L’equilibrio ne risente, e l’arancia non basta a smorzare i toni accesi.

Il servizio gentile e paziente, una carta dei vini aggiornata e finalmente ricca. La sala è elegante, ben allestita, a un passo dalla spiaggia e a pochi dal mare.

Palazzo Petrucci conferma le aspettative: è un buon ristorante. La nuova splendida location meriterebbe un racconto forse più ardito, più spinto. Le possibilità e le capacità dello chef ci sono, si spera che anche il pubblico sia pronto.

Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli
Iniziamo. Taralli “sugna e pepe” portentosi, fragranti e leggermente piccanti. Grissini nella norma. taralli, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli
Alcuni pani.
pane, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli
Salmone affumicato, buono. Ultimamente lo chef sta usando molto questa tecnica. Poi il classico di Palazzo Petrucci, mozzarella e gambero di Sicilia, matrimonio felice e duraturo tra freschezza minerale e grasso. Infine una parmigiana “invertita”: mozzarella fuori, melanzane dentro. Gesto tecnico che omaggia Rosanna Marziale, equilibrato e piacevole.
salmone, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli
Insalata di mare. Cotture perfette, salse golose e giustamente acide. Da segnalare la presenza dei murici, freschissimi. Divertente per i tanti ingredienti nel piatto. Ottima esecuzione.
insalata di mare, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli
Zuppa di patate bruciate, calamari e caviale di aringa (foto purtroppo non presente). Qui forse un primo errore: la zuppa è leggermente calda, la temperatura esterna non aiuta e l’assenza di acidità si fa sentire. L’amido è eccessivo, ci si aggrappa al sollievo dell’origano fresco ma è un palliativo. Una versione fresca, estiva, con note più aspre darebbe più onore all’idea e più equilibrio al palato.

Spaghettone Gerardo di Nola, crema di zucchine, sgombro affumicato e zest di arancia.

spaghetto, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli

Eccellente ombrina al profumo di brace. La cottura è da manuale, le erbe aromatiche mai eccessive. Il cabis rosso marinato offre un piacevole gioco di consistenze e aggiunge freschezza al piatto. La salsa al limone chiude il cerchio con la giusta dose di acidità. Il piatto migliore della serata.

ombrina, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli

Pastiera al bicchiere, un’altra proposta nota di Lino Scarallo, ottima. Forse manca qualche nota di profumo in più, su tutti l’acqua di millefiori e l’arancia.

pastiera, Palazzo Petrucci, Chef Lino Scarallo, Napoli

390

Recensione Ristorante

Eravamo stati a Palazzo Petrucci una sola volta, circa due anni fa e, con grande piacere, dobbiamo rilevare che abbiamo trovato il locale sensibilmente cresciuto. Cresciuto nella qualità complessiva dell’accoglienza, a cominciare dal servizio, oggi su livelli molto buoni e privo di quegli inciampi ed ingenuità che ne avevano un po’ caratterizzato gli inizi. Oggi in sala tutti marciano spediti, sanno cosa fare e, soprattutto, hanno contezza di cosa stanno servendo. Molto buono anche il lavoro del sommelier che con competenza e discrezione ci accompagnerà lungo tutta la serata suggerendo abbinamenti al calice tutti pienamente centrati.
E, soprattutto, abbiamo trovato cresciuta la cucina di Lino Scarallo la cui mano ci è parsa più sicura, la sua cucina più pulita e netta nei sapori, il suo stile ormai personale.
Grazie alla bravura di Scarallo possiamo dire che Edoardo Trotta, l’imprenditore-patron, che aveva scommesso sulla possibilità di fare ristorazione Alta ed innovativa anche in una piazza ultra-tradizionalista a tavola come Napoli, abbia visto giusto. La scommessa è vinta e lo testimonia anche il fatto che è una sera di un giorno feriale di ottobre e il locale è quasi pieno. Cosa, purtroppo, che – mi dicono – si verifica sempre più raramente, ormai, in città.
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