Cucina creativa, tradizionale, pizzeria, tapas, cocktails e catering.
Josè Avillez, il più mediatico dei cuochi portoghesi, di cui abbiamo già parlato in un precedente post, si è cimentato con tutti i generi, con un rispettabile successo.
Sulla cucina del suo Cantinho di Lisbona ha scritto anche un libro di ricette. È stato il primo compromesso che ha fatto con il grande pubblico della città prima di creare il suo polo gourmet nel quartiere di Chiado.
Basta scorrere il menu per comprendere la dimensione dello chef e la sua linea di demarcazione con il confine dell’evocativa tradizione. La tecnica dell’alta cucina al servizio di ricette popolari.
Dopo la nostra esperienza, non possiamo considerare il Cantinho do Avillez una tavola di grandi pretese, ma ci sentiamo comunque di consigliarlo in quanto è un posto dove si sta bene, e dove le proposte gastronomiche accontentano un po’ tutte le fasce di età.
Ed è proprio questo che piace ai lisboneti.
Non sarà la cucina più trasversale della città, ma è comunque da apprezzare il tentativo di divulgare l’interessante lavoro sulle preparazioni tradizionali, che vengono ricalcate con tecniche più articolate. Soprattutto se si parla di un’esperienza economicamente più ragionevole rispetto a quella più blasonata (e dispendiosa) del Belcanto.
Scelta imprenditoriale pensata per far quadrare i conti?
Non ne siamo del tutto convinti. Piuttosto la voglia di lasciare un segno popolare della propria cucina nei confronti di una clientela più vasta, ed imporsi in una città che sta attraversando un evidente periodo di crisi.
Il Belcanto non è per tutti, quindi servivano altri modi per sponsorizzare una macchina del marketing già abbastanza agguerrita.
Molti dei frequentatori di tavole gourmet, siano esse raffinate o modaiole, tendono a trovare maggior appagamento nelle cose più semplici: ed è proprio qui che trovano spazio le preparazioni del Cantinho, con buoni ingredienti correttamente assemblati che conferiscono un taglio gourmet a piatti di tutti i giorni.
Latitano tuttavia i colpi d’ala o quei bocconi particolarmente goduriosi che, anche nel contesto tradizionale, sanno regalare un’esperienza memorabile. Qualche ingrediente è soltanto discreto e, soprattutto, c’è un forzata proposizione di preparazioni pleonastiche (come le onnipresenti sferificazioni che, in casi simili, ti fanno odiare la “cucina molecolare”). In una tradizionale ricetta di baccalà ed in un contesto di questo tipo, di simili moderni orpelli ne avremmo fatto volentieri a meno.
Servizio sveglio e affabile. Da apprezzare l’apertura a pranzo e a cena, sette giorni su sette.
Nel coperto sono incluse, oltre al pane, olive, burro ed una golosa crema al pomodoro.
Si colloca tra l’Atlantico e l’Asia il sapore del wrap con tonno marinato e sottaceti, coriandolo ed emulsione di kimchi. Buona la qualità del pesce.
Aggettivo che non può essere invece usato nel caso delle capesante arrostite con pomodori (poco saporiti), asparagi verdi e patate dolci di Alijezur.
Il piatto principale si è rivelato soltanto discreto. Baccalà con pane croccante, uova cotte a bassa temperatura e (ma perché!!) “olive esplosive”, per la serie “come svalutare una geniale tecnica di cucina”.
Chiudiamo con un piatto di terra che, in verità, era elencato tra le entrée: la “farinheira”, una tipica salsiccia affumicata, servita con una crostata al coriandolo. Buona ma, anche in questo caso, poco incisiva.
In compenso i portoghesi sono ottimi vignaioli.
Il trancio di “Serra da Estrela DOP”, tipico formaggio ovino portoghese, servito con olive.
Servito con il notevole Porto Vintage Morgadio Da Calçada 2011.
La cheesecake, con yogurt, lamponi e basilico. Un po’ banale.
Sedute.
Dettagli della sala.
Lo scorcio verso il Tago.
Se dopo aver visto quei due cucchiaini in copertina pensate di addentrarvi nella lettura di un post che abbia come protagonisti i fratelli Adrià o un loro locale, vi sbagliate.
O meglio, quella sfera verde –che è diventata un simbolo di El Bulli- è proprio l’oliva sferica, un involucro esplosivo contenente un concentratissimo sapore di oliva. Piatto creato nel 2005 da Ferran Adrià ma, crediamo, amatissimo da un suo allievo, uno dei pochi a riprodurne fedelmente ed orgogliosamente quel sapore: José Avillez.
Questi è un cuoco non ancora quarantenne, passato anche dalle cucine di Ducasse e del Bristol di Parigi, ma è ai fornelli di Roses nel 2007 che ha subito la sacra folgorazione.
Avillez è un cuoco superstar, autore di libri, personaggio radiofonico e televisivo e produttore di vini, una vera icona in Portogallo.
A Lisbona ha un piccolo impero gastronomico di successo (tanto di cappello per la dote imprenditoriale) comprendente il Belcanto, suo ristorante di punta e fresco di seconda stella Michelin, il Cantinho do Avillez – che vedrete presto su questi schermi – trattoria gourmet con succursale anche a Porto, una pizzeria, il Cafè Lisboa all’interno del teatro São Luiz, una società di catering ed il singolare tapas bar quivi recensito.
Dopo aver provato i succitati locali, tutti agglomerati nella splendida cornice di Chiado, uno dei quartieri più chic di Lisbona, abbiamo avuto conferma della sua grande riverenza verso la cucina praticata a El Bulli.
Del resto, quando Adrià decise di catalogare tutte le ricette create nel suo Taller, mettendole a disposizione di chiunque, aveva anche contemplato il rischio che le stesse potessero essere perfettamente riprodotte da chiunque e ovunque.
Con il Mini Bar Avillez ha voluto rendere spudoratamente omaggio al grande amico Albert Adrià ed al suo Tickets: ambiente trendy, validissimo cocktail bar creativo, personale qualificato, menu suddiviso in atti e tapas che regalano un amarcord culinario per gli orfani della cucina di El Bulli.
Detto ciò, nonostante quanto sopra assuma per noi un certo peso ai fini della valutazione finale, ci sembra giusto riportare le note di merito e i punti di forza di questo tavola.
Iniziamo col dire che il Mini Bar è un locale davvero divertente e a buon mercato, nella nazione è unico nel suo genere e, cosa che ci interessa maggiormente, è possibile mangiare piatti cucinati impeccabilmente e con una materia prima di primissimo ordine.
Ci sono due menu: a 38 e 48 euro. Se si sceglie alla carta, invece, ci si può personalizzare un percorso ad hoc e i prezzi variano dai 2,5 euro per gli snacks, ai 25 euro per “gli atti unici”, preparazioni più consistenti, come hamburger (colpisce ancora!) e bistecche.
Gli ingredienti vengono sapientemente trattati e lavorati con tecniche da manuale ed il risultato è davvero ineccepibile. Soltanto due portate ci sono apparse monocordi (i nuggets di baccalà e il dessert al limone e panna) anche perché proposte in porzione leggermente più abbondante del resto. Assaggi come l’avocado in tempura, polvere di kimchi disidratato, coriandolo, lime e limone e lo sgombro affumicato con mela verde sono invece, a tutti gli effetti, preparazioni di grande livello che meritano una menzione particolare.
Nel complesso, complice anche l’ottima selezione di cocktail e qualche etichetta interessante, una serata al Mini Bar può trascorrere all’insegna del divertimento, senza troppi pensieri, e, soprattutto, avendo la garanzia di mangiar bene.
Se poi preferite diffidare dalle imitazioni, a Lisbona fanno un buon baccalà, magari da gustare in qualche ristorante col Fado. Però poi si rischia di tornare in albergo con la tristezza nel cuore.
Margarita: mela verde marinata nell’omonimo cocktail e polvere di chili.
L’orientalissimo chevice di gamberi dell’Algarve.
Avocado in tempura, kimchi disidratato, coriandolo, lime e limone. Notevole.
Crocchette di carne ed emulsione di mostarda.
Bruschetta con foie gras confit, parmigiano , aceto balsamico e fichi. Abbiamo saputo di una gita a Modena dello chef. Probabilmente questa è un’altra folgorazione, questa volta del “croccantino di foie gras” di Bottura.
Il raffinato sgombro affumicato, insalata di mela, sedano e tartufo.
I notevoli temaki: con tartare di carne ed emulsione di mostarda,
e tartare di tonno con soia piccante, da mangiarne a quintali.
Nuggets di baccalà in escabeche e lamponi.
Si chiude con il JA burger con carne DOP e patate con maionese calda all’aglio.
Concentratissimo il primo dessert: nocciola al cubo. Il frutto viene proposto a spuma, a gelato e sotto forma di spugna.
Cono al cioccolato con sale e pepe rosa. Anche qui c’è un gioco di consistenze e temperature.
Tanto d’effetto quanto deludente è invece il globo al lime con panna al limone: davvero troppo stucchevole.
Interni.