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Il Tiglio

Nel regno della Sibilla

Ctonia: ecco com’è la cucina di Enrico Mazzaroni. Non nel senso che lavori prodotti del sottosuolo, tuberi e radici, ma nel senso che scava nell’essenza, in ciò che è oltre l’aspetto apparente: svelando misteri nascosti, forze ignote, espressioni sconosciute.

Siamo nella minuscola frazione di Isola San Biagio, nel comune di Montemonaco (Ap), nella landa ove le Marche si incuneano fra Abruzzo, Lazio e Umbria. Qui torreggiano i Monti Sibillini, con le loro cime cariche di fascino arcano e di sovrannaturali segreti. Questa era il regno della Sibilla Appenninica e proprio qui, per secoli, sin dai tempi dei romani (lo testimonia Svetonio, nelle Vite dei dodici Cesari, scrivendo di una “veglia” fatta “sulla sommità dell’Appennino” dall’imperatore Vitellio) si sono avventurati viaggiatori, negromanti, maghi ed esoteristi in visita all’occulto antro della profetessa. Alcuni di essi – il più noto è il cavaliere borgognone Antoine de la Sale (1420 circa) – ci hanno pure lasciato i suggestivi resoconti delle loro ascensioni, ricchi di particolari: il roccioso paesaggio, i forti venti sommitali, le rade erbe e gli spauriti animali. E poi l’ingresso dell’antro posto appena sotto la vetta, le scritte misteriose incise sulle pietre, i sinistri spazi sotterranei… Si narrava che la Sibilla, oltre ad avere il dono del vaticinio, avesse anche la signoria sulle forze della natura e sullo spirito di coloro che riuscivano a penetrare nei suoi cunicoli, irretendoli e mai più facendoli tornare indietro.

Ebbene, Mazzaroni è come la Sibilla. Anche lui, nato qui, conosce a menadito la flora e la fauna di queste terre. Anche lui è in grado di governare l’una e l’altra, mostrandone le qualità nascoste e i pregi sconosciuti. E coloro che si addentrano nel regno di MazzaroniIl Tiglio – alla stregua di coloro che ascendono al regno della Sibilla, devono essere pronti a lasciarsi “sopraffare”, perché qui ben poco è riconducibile a consuetudine: gli ingredienti – la stragrande maggioranza dei quali davvero a km zero (l’orto, ben visibile, è poco lontano) – sono abbinati secondo una sintassi non ordinaria, i profumi e i gusti sono insueti, la successione dei piatti è sovvertita. Mazzaroni si diverte – infatti – a orchestrare una partitura “dodecafonica” fatte di dissonanze, di ritorni e di contrappunti che spiazza a ogni portata, mostrando all’ospite la potenzialità e l’artificio della materia prima. E come la Sibilla, anche Mazzaroni, nel tracciare il proprio percorso, si confronta con il passato e il presente della cucina delle Marche. La tradizione “mare-monti” che segna molti piatti della “regione plurale” viene da Mazzaroni declinata con innovativa personalità, secondo un dettato che pare privilegiare l’espressività diretta alla costruzione articolata.

La cucina della Sibilla

È una cucina, quella di Mazzaroni, ove a prevalere è l’istintualità alla tecnica, la finezza dell’intuizione alla logica della deduzione, la genialità del singolo gesto alla ingegnosità della duplicazione. Montagna e mare si incrociano di continuo (il Cervello di agnello incontra la Tartare di gambero rosso di Mazara, il Fegato di vitello sposa l’Ostrica, il Coniglio si ammoglia alle Vongole…). La passione per le interiora, i molluschi e i crostacei appare evidente. Mentre l’amore per le acidità e le iodiosità, in passato talloni d’Achille della cucina di Mazzaroni (ai tempi dell’esilio sulla costa, quando, subito dopo il terremoto che sconvolse il centro Italia nell’agosto del 2016, Il Tiglio fu costretto a trasferirsi per tre anni a Porto Recanati) è ora gestito con sicurezza.

Secondo lectio marchesiana (perché comunque, per Mazzaroni, uno dei modelli incontestabili rimane il “divin” Gualtiero) i piatti giungono in tavolo con una successione dettata non dalle abitudini consolidate (pesce-carne e antipasto-primo-secondo-dolce) ma dall’espressione ritmica delle pietanze stesse. Così, per esempio, le tendenze dolci della pasta ritornano più volte durante il percorso degustazione, addirittura chiudendolo (Tagliatelle di caffè d’orzo e paprica affumicata; e qui non può non venire in mente l’insalata di spaghetti “alla carrettiera” di Silvio Salmoiraghi), mentre le verdure e il pesce giocano un ruolo nei dolci (l’Asparago nella sbriciolata di farina di polenta e limone, e il Caviale d’aringa nello spiazzante yuzu, salicornia, dulce de leche, croccante al caramello e miso).

Se mai, leggendo queste righe, l’impressione può essere quella di una sorta di anarchia gustativa, nei fatti è però invece il contrario. Accettate le regole della Sibilla, e liberatisi di un po’ di preconcetti su interiora e abbinamento carne-pesce, ci si inoltra in un mondo ove il gusto è sì messo alla prova, ma solo per scoprire poi di rimanere fortemente appagato da una sorta di inaspettata rotondità complessiva. In fondo c’è più classicismo di quanto si possa immaginare di primo acchito nella cucina del Tiglio: le cotture sono meditate; il maneggio dell’olio e del burro sapiente, l’uso di aromatiche e di spezie erudito. Il tutto è riconducibile a quella dote – di cui non tutti i cuochi (purtroppo) sono provvisti – che si chiama “palato”. Ebbene, il palato non manca a Mazzaroni, tanto nelle pietanze più consuete, come gli imperdibili Bottoni con liquido ai carciofi, stracotto di vitello e beurre blanc o il sontuoso Cervo col suo ragù, verdure spontanee, fondo di cervo, salsa al miso e ginepro, quanto in quelle più inusitate, come le particolari Conchiglie con ragù fagiano, crema di totano e uova di pesce volante.

Oltre alla cucina c’è poi l’ambiente ricco di fascino: la bella sala, al contempo calda ma moderna, nella quale il legno sposa la pietra, e il verdeggiante spazio esterno. C’è il servizio, diretto con informale signorilità da Gianluigi Silvestri, da sempre al fianco di Mazzaroni. C’è una discreta carta dei vini, dalla quale si può trarre più di qualche buona bottiglia. Ci sono poi gli appartamenti e le camere, appena oltre il giardino e la piscina, ove si può prolungare la sosta, fermandosi per la notte. Magari per accorgersi, la mattina dopo, di non voler lasciar più questo ‘nuovo’ regno della Sibilla…

La Galleria Fotografica:

Il Tiglio è rinato dalle sue ceneri

Si autodefinisce “cuoco di montagna” e ne ha ben donde, Enrico Mazzaroni. Abbarbicato su pendii scoscesi alle falde del Monte Sibilla, dopo una parentesi di un paio di anni in quel di Porto Recanati, dall’estate 2019 il ristorante ha ripreso a respirare a pieni polmoni aria di casa. Un ritorno a Isola di San Biagio (piccola frazione dell’altrettanto piccolo borgo di Montemonaco) tanto atteso, tanto agognato e forse arrivato nel momento migliore, quando il dolore causato dagli eventi sismici del 2016, lungi dall’essere dimenticato, è stato metabolizzato e stigmatizzato iniettando nelle vene dello chef nuova linfa creativa.

Una transumanza (così è, tra l’altro, chiamato il menù degustazione) dal mare ai monti che porta con sé la consapevolezza che ogni esperienza, anche se nata da eventi sciagurati, può essere foriera di novità e miglioramenti prima di allora neanche lontanamente immaginati.

Il “cuoco di montagna” sempre più “di mare”

Ecco, quindi, che la cucina del nostro “cuoco di montagna“, comunque baricentrata sulla cacciagione, viene arricchita da un uso più frequente rispetto al passato di prodotti ittici; commistioni terra-mare che, rispetto al biennio rivierasco, sono parse più bilanciate e caratterizzate da un’encomiabile distinguibilità dei sapori di tutte le componenti del piatto, ciò che è senza dubbio alcuno evidente riflesso di una ritrovata tranquillità e serenità tra le radure che lo hanno fatto crescere come uomo e come professionista, commistioni particolarmente apprezzate nelle seppie, foie gras e castagne e nel latte fermentato, rognone marinato nella brace, canestrelli e crema del loro corallo.

Nel menù degustazione, che si presenta variegato e mai monocorde, non mancano omaggi a ingredienti tanto cari allo chef, nella specie le cervella di agnello e l’ostrica. Il primo ingrediente, già utilizzato negli anni scorsi in un tanto azzardato quanto apprezzato dessert, viene accostato al tonno per creare un’inusuale sushi marchigiano; il mollusco bivalvo, invece, viene inserito all’interno di un saccottino di pasta friabile che dona al boccone quella croccantezza che, in uno con la freschezza dell’ostrica, sprigiona con veemenza l’energia iodata del mare.

Due chicche del percorso degustativo meritano una menzione particolare ossia burro nocciola, foie gras, limone e caviale e fondo di tordo e cioccolato amaro, cialda fatta con interiora del tordo e frutti rossi, nati come intermezzi defatiganti tra le varie fasi del menù ma caratterizzati da quella nettezza e incisività di gusto che rappresentano la cifra stilistica dello chef.

Infine, non si può parlare compiutamente de Il Tiglio se non si spendono parole di elogio anche per Gianluigi Silvestri, partner in crime in sala di Enrico. Coadiuvato da un giovane e altamente professionale Nicola Coccia, si muove con il savoir-faire tipico di chi conosce perfettamente tutti i segreti del suo lavoro, capace di adattare il proprio atteggiamento agli umori di ciascun tavolo. Perfetto anfitrione.

Il Tiglio si piega ma non si spezza e, anche questa volta come l’Araba Fenice, è rinato dalle sue macerie in un modo tanto convincente che gli appassionati gourmet non potranno che rallegrarsene.

La galleria fotografica:

Questo articolo esce in contemporanea con Luciano Pignataro Wineblog.

Troppe speculazioni si sono fatte sulle recenti tragedie. Noi vogliamo solo raccontare una storia, una storia di ristorazione ma anche di imprenditoria. Enrico Mazzarroni, chef di talento in quel di Montemonaco -sui monti sibillini- e il suo braccio destro nonché maître Gian Luigi Silvestri, si sono svegliati i giorni scorsi con una bruttissima sorpresa.

Il loro Tiglio è stato dichiarato inagibile, dopo le recenti scosse del 30 Ottobre. Dopo aver speso decine di migliaia di Euro quest’estate per ristrutturare sala e cucina. Dopo aver creduto e continuato a crederci, a dispetto del terremoto e delle difficoltà vissute in quella zona, già di per sé difficile da raggiungere, perché lontano dalle rotte canoniche.

Un colpo duro al cuore, diretto, che arriva a tutti noi. Si osservano i fatti che stanno succedendo in questi giorni, terremoto e terremotati, spesso con un cortese distacco. Abusando di retorica e falsità diciamo di sentirci vicini alle popolazioni colpite. Ma quando questa brutta bestia arriva così vicino a noi ci si risveglia di colpo.

Un in bocca al lupo, di cuore, a Enrico e Gian Luigi. Che ci auguriamo di rivedere presto in una nuova avventura, a cui non mancheremo di far avere il nostro sostegno e, come sempre, le nostre critiche costruttive.
E un in bocca al lupo a tutti quelli, saranno purtroppo molti, nella loro stessa situazione. Scriveteci! La nostra porta e il nostro sito sono aperti a tutti voi.

Forza ragazzi, che questa disgrazia non vi pieghi!

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Ci vuole una bella dose di coraggio o, forse, una ancor maggiore fiducia nelle proprie capacità per abbandonare la vita di città, fatta di comodità e certezze, per ritornare al paese natio, lontano da tutto e da tutti, prendere in mano le redini dell’azienda agrituristica di famiglia e, soprattutto, lanciarsi in una nuova grande avventura in cucina.
Infatti, il vero azzardo di Enrico Mazzaroni, tre lauree all’attivo ed un passato come ricercatore universitario, è stato quello di tentare di proporre nella sua Isola San Biagio, frazione dell’altrettanto minuscolo Montemonaco, paesino a mille metri di altezza ai piedi del monte Sibilla, una cucina tutta sua, lontana anni luce dagli stereotipi della zona.
La sua è una cucina moderna, attenta ai prodotti del territorio (quasi tutta la materia prima proviene dall’azienda di famiglia), giocosa, ricca di citazioni e di contaminazioni.
Cucina appresa studiando, girovagando e imparando le tecniche più moderne sia in Italia che all’estero.
A tratti nella sua cucina si scorgono influenze sia Spagnole che Nord Europee, ma anche piatti che portano testa e palato a Maestri come Paolo Lopriore o Piergiorgio Parini.
Ad ogni visita la mano dello chef ci sembra più sicura, i piatti sono ben pensati ed altrettanto ben realizzati, segno di una maturità espressiva ormai quasi pienamente raggiunta.
Molto ben organizzato anche il servizio di sala, guidato con mano sicura dall’istrionico Gianluigi Silvestri, sempre attento e professionale, capace come pochi di spiegare i piatti, la filosofia di cucina e le tecniche utilizzate per realizzarli, unendo a tutto ciò un sorriso contagioso ed un’ironia fuori dal comune che mettono il cliente a proprio agio.
Interessante e niente affatto banale la carta dei vini che permette di bere bene al giusto prezzo, anche se, in questa nostra ultima visita, abbiamo riscontrato moltissimi asterischi che hanno parzialmente inficiato la possibilità di scelta.
Se a tutto ciò abbiniamo una politica dei prezzi a dir poco illuminata è facile intuire perché, nonostante raggiungere il locale non sia per nulla agevole, la sala risulti spesso piena.
In conclusione il Tiglio è indubbiamente un indirizzo molto interessante per chi, transitando per le Marche, abbia voglia di fare una deviazione dai sentieri normalmente battuti per provare la cucina di questo piccolo-grande cuoco che ha creato, in mezzo a mille difficoltà e contro ogni logica, un’accogliente angolo gourmet.

“Tartufo” di formaggio, polvere di funghi, burro di cacao e tartufo.
tartufo di formaggio, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Finte bacche ripiene di pane, burro e alici glassate ai frutti di bosco.
finte bacche ripiene, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Palline fritte, ripiene di tuorlo d’uovo morbido.
palline fritte,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Cialde di olive nere con maionese alla cipolla.
Cialde di olive nere,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il pane servito caldo.
 Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il Mare: ostriche tritate, mascarpone, granita ottenuta dall’acqua delle ostriche, sfere di salmone.
mare, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Baccalà conto a bassa temperatura e successivamente cotto all’unilaterale servito con intensissima riduzione di alloro e lime.
baccalà,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Omaggio a Lucio Fontana: gamberi di fiume centrifugati, polvere di carcadè ad apportare acidità e tannino; da leccare direttamente dal piatto.
lucio fontana,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
La patata sotto la cenere: tubero locale cotto sotto la cenere, farina di mandorle a simulare la cenere, porcini e caprino.
patata sotto la cenere,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Fungo porcino intero appena scottato con cenere di trombette dei morti.
fungo porcino,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco

Fegato di vitello cotto insieme al vin cotto e poi ridotto in crema, prezzemolo fritto e annerito, concentrato di cipolla e di alloro.
fegato di vitello, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Durello di pollo cotto a bassa temperatura, grigliato e accompagnato da salsa di pomodoro.
duello di pollo,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Foie gras congelato e poi grattugiato servito su purea di piselli e misticanza.
foie gras,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Fusilloni serviti con salsa amarissima di noce fresca.
fusilloni serviti con salsa purissima,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il cannellone: carne cruda, ragù, cialda croccante e besciamella.
cannellone,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il piccione.
piccione,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Gelato al latte di capra.
gelato al latte di capra,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
La famosissima torta di cioccolato a strati.
torta al cioccolato,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco

Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche

Se nell’ambito dell’alta cucina italiana si istituisse, come negli sport americani, il titolo di Most Improved Player, Enrico Mazzaroni, chef del Tiglio, avrebbe da un paio d’anni un posto garantito sul podio.
Cavallo di rincorsa nella vita, spinto dalle contingenze ad impugnare il timone dell’agriturismo di famiglia in una fase ancora verde di una vita già incanalata su altri binari, Enrico ha plasmato, con talento, intelligenza e personalità, un’idea gastronomica precisa quanto singolare.

Nel volgere di pochi anni, infatti, grazie al fuoco sacro che sovente si accende nell’animo di chi sa di aver già esaurito il carnet di deviazioni dall’unica strada possibile, la cucina di Enrico si è emendata da molte ingenuità senza perdere l’entusiasmo e la carica visionaria (e un po’ folle) che la contraddistingue fin dagli esordi. E d’altronde un pizzico di follia, e anche qualcosa di più di un pizzico, è necessario per pensare di proporre ad Isola San Biagio, microscopica frazione dell’elevata e impervia Montemonaco, uno stile diviso da un solco profondissimo rispetto a ciò che il turista di passaggio si aspetta di trovare sulle pendici del Monte Sibilla.
Complici però la bravura di Mazzaroni, la contagiosa simpatia dell’istrionico Gianluigi Silvestri e i prezzi incredibilmente bassi, al Tiglio non ci è mai capitato di provare la solitudine che, negli ultimi tempi, sovente accompagna le nostre visite alle tavole della Penisola.

Nel corso di questa nostra ultima visita, una precisione esecutiva a brevi tratti degna di tavole premiate con Castore e Polluce ed un reparto dolce finalmente all’altezza, hanno disegnato un quadro d’insieme all’insegna di una leggerezza che non ci ha mai abbandonato, malgrado gli ingredienti utilizzati fossero spesso di schietta golosità e il nostro percorso non fosse decisamente la più rapida delle scorciatoie verso i dessert.
Di passaggio una riuscita ed estetica messinscena rivitalizza il meno etico ed il più frusto degli ingredienti, il fieno e la lepre cruda diventano protagonisti di un ardito dualismo scansando il duetto, il baccalà si rigenera grazie ad una spinta verso il sapido che sembrerebbe all’apparenza la meno saggia delle scelte. Il tutto si chiude con una torta al cioccolato.
Sì, una torta al cioccolato di cui, non ce ne vergognamo anche se in fondo dovremmo, abbiamo chiesto il bis. Un paio di incertezze, di titubanze, hanno solo frenato l’inizio della scalata, lasciandoci in ultimo con l’idea che no, non siamo ancora arrivati al 100%. Noi attendiamo fiduciosi. Sperando di non restare fra i pochi a ricordarci del Tiglio.

Come costume comanda, si moltiplicano gli snack di benvenuto: finti tartufi bianchi…
Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
…pane, cipolle, jus in cialda, finta neve affumicata…
pane cipolle, Jus, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
…e cannoncino di patate e lamponi.

Ostrica, sedano e mascarpone fatto in casa, tenuti insieme da una discreta carica acetica.
Ostrica, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Manca un pizzico di mordente alla battuta di Marchigiana con mandorle verdi e liquerizia.
battuta, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Testina d’agnello, spuma di cervello, mandorle: come rendere il quinto quarto disponibile a tutti i palati, modulando la tradizionale componente citrica senza coprire.
Testina, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Patata sotto la cenere, funghi, caprino. Il formaggio, un po’ a sorpresa, finisce per sostenere più che contrastare la rotondità degli altri ingredienti.
Patata, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Baccalà, rosmarino, pinoli e aglio. Notevolissimo, a partire della scelta di servirlo sfogliato, mantenendone la caratteristica fibrosità senza perdere in gradevolezza.
Baccalà, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Fegato, cipolle, gelato al tamarindo: egregia creazione che flirta tanto col fegato alla veneziana quanto con il fegatino da bruschetta, regalando però un finale a sorpresa con la complessa acidità del tamarindo.
Fegato di cipolle, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Gli antipasti del nostro menu rinforzato si chiudono senza sorprese con la sfera di fegato grasso con nocciole e aceto balsamico, piatto che in altra veste avevamo già provato, con la medesima soddisfazione, lo scorso anno.
antipasto, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Pappardelle al cinghiale, lime e zenzero. Gli ultimi due ingredienti, sul fondo, chiudono un piatto che nulla perde della golosità dell’originale. Pasta spessissima che di per sé merita l’assaggio.
pappardelle al cinghiale, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Spaghetti al fieno, tartare di lepre. Dalle sensazioni olfattive del fieno a quelle palatali di selvaggina, un piatto hard core così come un punto di cottura della pasta decisamente non da educande.
spaghetti al fieno, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Maialino cotto a bassa temperatura: tanto abusato quanto riuscito grazie ad una crosta di incredibile croccantezza.
Maialino cotto, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Piccione, fegato grasso e puntarelle: materie prime e sensibilità per le cotture.
Piccione Fegato, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Pupazzo di neve: limone, marzapane e testa di cioccolato bianco con sorpresa di lamponi (viene rotta al tavolo).
pupazzo, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
La settecentesima rivisitazione del tiramisù non ci lascia indifferenti…
Tiramisù, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
…ma è con una “semplice” torta al cioccolato che veniamo conquistati: studio di consistenze, gradazioni di dolce e amaro a profusione in un dolce da ristorante all’altezza delle migliori pasticcerie dello Stivale specializzate nel genere.
tiramisù, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
Nella carta dei vini non mancano le sorprese…
vino, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche
…ma neppure in quella delle acque.
acqua, Il Tiglio, Chef Enrico Mazzaroni, Montemonaco, Marche