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Morelli – Hotel Viu

Giancarlo Morelli, una istituzione

Giancarlo Morelli è sicuramente una sorta di istituzione, per la sua storia, per il suo carisma e la sua carica empatica. Personalità dirompente, positiva, che arriva con forza e che si trasmette ovviamente nella sua cucina: diretta, gustosa, senza tanti fronzoli, sincera e amabile. Rispetto alla sede storica del Pomiroeu, qui siamo all’interno di un bell’hotel in zona Chinatown. All’entrata si accede prima al Bulk, mixology bar con cucina, sempre sua, poi si arriva all’elegante sala del ristorante. È una cucina dall’impostazione classica, che accompagna i clienti in un viaggio che parte dalle origini bergamasche dello chef per arrivare all’amata montagna, con uno sguardo che volge, talvolta, all’Oriente.

Un piacevole percorso nel gusto

Nel percorso di degustazione si parte con semplicità e grande gustosità con una ricca polentina con formaggio e lumache. Interessante la proposta vegetariana con una carota, cotta al BBQ, mirtilli, salsa al miso e crème fraîche. Da sempre fortissimo sui risotti, la declinazione sull’orzotto, ovviamente risottato, con caprino, polvere di capperi e limone candito, spinge sull’esplorazione delle note dolci. Ogni piatto è ben eseguito ed assolutamente equilibrato, è una tavola confortevole, di grande piacevolezza e centratura di gusto. Classicissimo il soufflé al cioccolato con l’accompagnamento di sorbetto e succo di frutto della passione e della panna montata. Non possono mancare poi alcuni piatti iconici dello chef come il risotto, ricotta di bufala affumicata, gambero rosso, tartufo nero e colatura di alici e la cotoletta alla milanese.

In conclusione si tratta di un posto dove si sta decisamente bene, assolutamente rassicurante e accogliente sia per la sala sia per la cucina. Il percorso di degustazione cerca, comunque, di esplorare nuove strade, e ciò accade anche correttamente perché, volendo isolare un’area di miglioramento, quel che emerge è che Giancarlo Morelli potrebbe senz’altro rischiare, e dunque osare, un po’ di più.

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Il nuovo satellite, vista mare, dell’universo di Enrico Bartolini

Impressionante l’espansione dell’universo gastronomico di Enrico Bartolini. Basta volgere lo sguardo alla sola penisola italica per comprendere la portata e l’intelligenza imprenditoriale dello chef toscano nel panorama culinario odierno, ma senza dimenticare Spiga e Fiamma a Hong Kong, e Roberto’s a Dubai. Mudec, Casual, La Trattoria, Glam, Locanda del Sant’Uffizio, Poggiorosso, Anima e, ora, Horus, in quel di Sanremo, all’interno del pentastellato Miramare The Palace, con meravigliosa vista sul Mar Ligure. Ogni tappa regala variazioni sul tema che confermano l’alta qualità delle proposte servite ai viaggiatori gourmet.

Nel corso della nostra cena presso l’Horus, che a pranzo propone un menù in versione bistrot più contenuto nella scelta, abbiamo provato i piatti della cucina guidata da Masayuki Kondo, chef di lungo corso, con alle spalle importanti esperienze, tra le altre, a Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo e al St. Hubertus di Norbert Niederkofler.

Kondo, sotto l’egida di Bartolini, ha dato vita a “Passeggiando in Liguria”, menù nato con l’obiettivo di omaggiare l’omonima regione garantendo tanto una riconoscibilità delle proposte quanto una ricerca sui sapori in grado, nei casi più riusciti, di creare delle portate ben ragionate e assai godibili. La mano dello chef si manifesta mediante una tecnica precisa e attenta capace di emancipare i piatti da eccessive semplificazioni tese all’immediatezza – impresa non certo semplice, contando che l’hotel è frequentato da una clientela internazionale – per puntare a un’originalità accessibile anche all’avventore meno esperto.

Pensiamo, per esempio, alle trofie al pesto con scampi, fasolari ed emulsione di crostacei: il più classico dei piatti liguri ai cui più evidenti richiami vegetali del pesto si sono unite le note iodate delle parti ittiche, con particolare lunghezza dell’emulsione. Il risultato è stata una portata non meno che ottima, in grado di abbracciare i profumi e i sapori dell’entroterra ligure con le suggestioni del mare. In poche parole: una fotografia della Liguria nel piatto.

Eppure, già nel passaggio precedente si erano palesate le potenzialità della cucina con seppia, cavolfiore e agrumi. La cottura millimetrica del cefalopode, connotato da sfumature grigliate che ne hanno garantito una buona lunghezza palatale, con la dolcezza del cavolfiore e la spiccata acidità della maionese di cipollotto e lime, hanno magnificato un piatto splendidamente bilanciato, incalzato, nel finale, dalla cialda croccante col suo lieve gioco di consistenze. Una portata ben eseguita e intelligentemente pensata. Da segnalare, sul reparto dolci, lo yogurt in diverse consistenze: gelato, meringa e sorbetto, in una soluzione dalle diverse texture nella quale l’acidità dello yogurt ha contrastato la dolcezza della zuppa inglese alla base. Un dolce diretto che ha fornita una gratificazione conclusiva tutt’altro che superficiale.

Un piccolo ammanco, che tuttavia non inficia la nostra valutazione, ad ora arrotondata per eccesso ma che, crediamo possa essere agilmente alla portata dello chef Masayuki Kondo, lo abbiamo riscontrato nella portata principale, ombrina, frutto a guscio e cipollotto, piatto in cui la lunghezza vegetale del cipollotto ha sovrastato le carni, di ottima qualità, incapaci però di esprimersi a dovere, compromettendo l’equilibrio terra/mare così ben riuscito, invece, nelle preparazioni precedenti.

Il servizio, guidato da Alessandra Veronesi, con una brigata di giovani spigliati e volenterosi, al netto di un innegabile impegno, è andato leggermente in confusione con la sala piena e ha manifestato delle difficoltà sulle presentazioni dei piatti. Sfumature facilmente correggibili con un poco di esperienza, che ci permettiamo di segnalare per incoraggiare a raggiungere obiettivi capaci di elevare questa bella tavola al rango che merita. Le potenzialità sono, del resto, già evidenti.

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Alta cucina in un’evocativa terrazza Caprese

Capri non è solo la più glamour di tutte le isolette del Golfo di Napoli, ma anche un microcosmo straordinario e affascinante che regala paesaggi e profumi unici quando non è presa d’assalto dal turismo. Il meglio di sé lo dà, infatti, nelle stagioni di mezzo.

E così, in una fresca serata di fine estate, ritrovarsi seduti a cena sulla terrazza de Le Monzù è un privilegio assoluto. Il ristorante fa parte dell’hotel di lusso Punta Tragara, villa progettata negli anni ’30 da Le Corbusier ed incastonata nell’omonimo promontorio, con un delizioso affaccio sui Faraglioni da un lato, e Marina Piccola dall’altro. Qui officia lo chef Luigi Lionetti, caprese di nascita, che dopo essersi formato in giro per l’Italia, meglio di ogni altro ha potuto interpretare e trasferire nel piatto i sapori e gli odori dell’Isola. La sua è una cucina autentica, caratterizzata dalla pulizia dei sapori e un pizzico di golosità. Spicca la capacità dello chef, comune ad uno dei suoi mentori, Gennaro Esposito, di riproporre ricette tradizionali, alleggerendole e rendendole eleganti nel piatto.

Piatti eleganti e a tratti golosi

Si parte subito forte con un superbo bon bon di gamberi rossi e crema di mandorle adagiato su una zuppetta di olive Nocellara. La dolcezza del crostaceo è perfettamente bilanciata dal sapore delle olive che contribuiscono anche ad allungare la persistenza al palato. La puttanesca di tonno reinterpreta in chiave moderna dei classici ingredienti partenopei, con un intenso sorbetto al pomodoro che quasi ruba la scena alla controparte pelagica. I tortelli con astice e tartufo sono una portata ricca e goduriosa, lo chef si rivela abilissimo con la sfoglia e il brodo che donano al piatto freschezza ed eleganza. La milanese di ricciola è, poi, un piccolo capolavoro, fuori perfettamente croccante, all’interno rosa e succosa, come contorno una saporita scarola e una salsa agli agrumi a sgrassare il tutto.

Si resta ad un livello elevato anche con le portate dolci, la rivisitazione di ricotta e pera servita come pre-dessert è fresca e ripulisce il palato, preparandolo a un dolce che ha come protagonista l’albicocca e gioca sulle consistenze.

La carta dei vini, sebbene con ricarichi importanti, accanto ai classici nomi affianca una bellissima selezione di etichette di piccoli produttori italiani e soprattutto campani (con buona profondità di annate). Il servizio è simpatico e volenteroso, ma serve uno sforzo in più di attenzione ai dettagli.

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Una casa per cosmopoliti

Abitare significa essere abitati, e ciò vale anche per i viaggiatori, i cosmopoliti, i cittadini del mondo. Questa è la storia di due persone, Anna Illuminati e Mauro Scaramucci, che hanno deciso di edificare un hotel nel proprio paese – l’IDEA 18 Boutique Hotel – per proiettarlo altrove, molto al di là dei confini imposti dalla carta geografica. 

Siamo a Controguerra, sulle prime colline teramane, all’interno di una dimora contemporanea e neo-classica che ricorda certi edifici tipici dell’East Coast negli Stati Uniti. Linee e colori disegnati da Hopper, progettazione e architettura di Frank Lloyd Wright, e un certo beato impressionismo nello spazio esterno, tutto uno sfarfallio di macaoni tra carrubi secolari, erbe spontanee, gynerium, tigli e liquidambar. Un “paesaggio delle stagioni”, uno spaccato esistenziale degli Stati Uniti, paese dove Mauro incontra Anna, in quel momento alle prese con la promozione dell’azienda vitivinicola di famiglia.

Da lì a creare un posto ove sintetizzare le vite di entrambi e farvi convergere il mondo intero il passo è stato breve, brevissimo, tanto che l’hotel, ad appena tre mesi dalla sua apertura lo scorso 18 giugno 2018, è già abitato da forze centrifughe e centripete che si ritrovano sparse negli indizi lasciati da Anna e Mauro in tutte e cinque le suite.

Gli spazi dell’hotel, fra suites e ristorante

Al piano terra, la Suite del Bonsai ospita un esemplare secolare, tributo a una delle grandi passioni di Mauro, espertissimo anche di iper-frollature, che conduce al momento su sette tagli e sette carni differenti. Accanto, la Suite dei Palloncini è un tributo all’infanzia, al gioco e alla città di Venezia la quale, con i suoi palloncini in vetro soffiato di Murano, richiama citando una delle grandi passioni del padre di Anna, Dino Illuminati. Sempre al piano terra, troviamo la più romantica Suite degli Specchi, che vuole essere “una riflessione sull’autocoscienza – dichiara Mauro – quale momento di definizione del sé e dell’altro dal sé”.

Salendo le scale si raggiunge la Suite del Cannocchiale, o del Telescopio, che si spalanca sul paesaggio e sui 22 centri abitati, con il mare sulla destra e Ascoli Piceno sulla sinistra, o sulla volta celeste, a seconda che siate interessati più alla terra o al cielo. Dirimpetto alla piccola vasca da bagno circolare che giace a fianco del letto si affaccia la Suite del Fuoco, con il giardino pensile che percorre l’edificio da più parti. In tutte le suite e nelle aree comuni occhieggiano dagli scaffali numerosi volumi, per via del forte legame fra Mauro e l’editoria.

Nel ristorante, di cui abbiamo avuto il piacere di lodare la precisione e in particolare il controllo delle temperature, ci sono da segnalare anche il brunch e il barbecue domenicale, quest’ultimo gestito dalle tentazioni efestiane di Mauro che, a tal proposito, ci parla anche di una imminente carta delle uova che per noi costituisce sempre un’irresistibile tentazione. 

Gli esterni:

La piscina:

Il ristorante:

La sala lettura:

La suite del Cannocchiale:

La suite dei Palloncini:

La suite del Fuoco:

La suite dei Bonsai:

Situato tra Sorrento e Piano di Sorrento, Sant’Agnello è il più piccolo dei comuni della Costiera. Pieno di fascino, si estende tra mare e collina e dal suo lungomare (la famosa Marinella) è possibile godere del panorama di tutto il golfo.
Qui, all’interno dell’Hotel Majestic Palace circondato dagli aranceti, si trova il Don Geppi che, da un paio d’anni, si è aggiunto al più tradizionale ristorante riservato ai clienti dell’albergo.
Ristorante minuscolo, una petite salle à manger di soli dodici coperti, nella quale la prima cosa che colpisce è la qualità dell’accoglienza e l’efficienza del servizio.
Una squadra perfetta che si muove all’unisono, attentissima a qualsiasi esigenza del cliente.

Ad orchestrare il tutto una coppia di illuminati imprenditori: l’architetto Giulia Rossano (figlia di Don Geppi Rossano) ed il suo compagno di vita, il bravissimo Lucio D’Orsi, food manager e preparatissimo sommelier; artefice tra l’altro di una carta dei vini attenta al territorio campano, non ampissima ma piena di etichette interessanti e di bollicine di gran pregio, che sa andare ben oltre i soliti nomi.
Basta poco per capire che alla base ci sono tanto studio, tanta passione, tanto impegno e non semplicemente l’esigenza di ammaliare la ricca clientela straniera che qui di certo non manca.

La cucina è affidata al casertano Mario Affinita, 35 anni, già executive Chef del ristorante dell’hotel dal 2010. Nato come pasticcere, ha nel curriculum uno stage dai fratelli Roca ed esperienze italiane di prestigio con, tra gli altri, Enrico Bartolini e Pino Cuttaia.
Dotato di buona tecnica, nella sua cucina è in primo luogo essenziale e rimarcato il legame con il territorio ed i piatti della tradizione. Reinterpretati ma mai stravolti nel gusto. E così, lo spaghetto alla Nerano -il piatto feticcio della Costiera- diventa Tortelli alla Nerano, e poi il richiamo alla Genovese, le Zucchine alla Scapece. Ma non solo.
Altro elemento degno di nota e fil rouge dell’intera cena è la pulizia e la leggerezza delle preparazioni. Anche quando si cimenta nella preparazione di piatti essenzialmente rustici, lo chef riesce a non essere mai greve. Come dimostrano gli gnocchetti con il baccalà che al netto dell’aggiunta della pelle del baccalà (parte croccante ma inutile) si rivelano di straordinaria leggerezza.
Sì, al netto di qualche ingenuità (leggasi chips di funghi sul risotto) probabilmente dettata dalla voglia di stupire e/o dalla ricerca di rispettare canoni ormai a nostro avviso logori, al Don Geppi ci si può divertire.
Grazie anche al fatto che c’è la capacità di alternare stili di cucina diversi e diverse tipologie di cottura, basate su una grande varietà di ingredienti (nell’arco della cena ma mai nello stesso piatto).
In tema di ingredienti, peraltro, ci piace rimarcare la non comune qualità degli ortaggi e delle verdure provenienti dal bellissimo orto di proprietà del ristorante.
Si sta bene e si mangia bene al Don Geppi. Affinita ha entusiasmo, voglia di fare, tante cose in testa, un’energia che siamo certi alla fine riuscirà a tradurre in uno stile più personale ed in una linea di cucina più definita. Questo è il salto di qualità che ci aspettiamo in un futuro che siamo certi non sarà troppo lontano.

sala, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
In generale ottimi e ben congegnati gli appetizers:
Caesar Salad, boccone dotato di notevole concentrazione gustativa: pollo uber alles!
caesar salad, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Pane, Burro e Alici.
pane burro e alici, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Finto pomodoro: all’interno tartare di fassona.
finto pomodoro, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Brioche croccante alla genovese (ingentilita dal cipollotto che sostituisce la cipolla donando al boccone un’inaspettata eleganza).
brioche, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Il pane e il burro (griffato Jean-Yves Bordier): al naturale, al sale affumicato (sensazionale!) e al finocchietto.
pane, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento, burro, Jean-Yves Bordier
Tortelli alla Nerano: all’interno zucchine e cipollotto, sul piano crema di provolone del monaco e pepe verde. Piatto dolciastro, non equilibratissimo, in cui prevale il gusto del cipollotto.
tortelli alla Nerano, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Melanzana perlina o polpetta? Le piccolissime melanzane perline ripiene della stessa melanzana e provola affumicata: piatto molto semplice, molto campano.
melanzana, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Risotto con infuso di gamberi grigliati, spugnole e trombette. Risotto eccellente dai sapori nitidi e intensi con una gradevolissima nota agrumata (limone). Resta da capire la necessità di ricoprirlo di una sorta di chips di trombette dalla consistenza cartonata.
risotto, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Gnocchetti di patate (senza farina) con trippa di baccalà e bottarga di tonno affumicata. Gnocchetti che si sciolgono letteralmente in bocca. Ma anche qui dobbiamo rimarcare la ricerca un po’ didascalica della parte croccante nel piatto, qui rappresentata dalla pelle del baccalà che a nostro giudizio nel caso di specie contribuisce inutilmente ad appesantire un piatto per il resto di estrema leggerezza.
gnocchetti, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Sandwich di sogliola alla mugnaia con zucchine alla “ex Apicio”. Piatto molto buono con la salsa à la meunière a costituire la base acida, che si sposa perfettamente anche con le zucchine alla “scapece”.
sandwich, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Filetto di vitello e tartufo nero.
filetto, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Noci, fichi e culatello: sorbetto di fichi, biscotto alle noci, meringa sbriciolata e culatello.
sorbetto di fichi, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento

Piña Colada: buona, fresca e divertente.
pina colada, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento
Petit Four.
petit four, Don Geppi, chef Mario Affinita, Sant'Agnello, Sorrento