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Il Grano di Pepe

L’insularità è una forma esistenziale

Poco importa che essa conduca a nord o sud dell’equatore; un cuore isolano, se naviga in continente, farà sempre ritorno alla sua isola.
Alcuni cuori, poi, lo sono così visceralmente, così intimamente che solo a guardarli si sente l’odore che spira dai flutti e, nelle belle giornate, lo sciabordio lento delle acque chiare onde intravedere quel mondo iridato fatto di pesci e di rocce sommerse.
Un’insularità più di terra che di mare, però, è quella di Rino Duca che, come tutti i veri isolani, non sembra intenzionato a scendere a patti coi lustrini e coi fuochi fatui della contemporaneità a cui preferisce le lucciole in amore del mar di Sicilia e, da qualche tempo, l’aurora boreale delle isole Orcadi.
Una luce che brilla a Il Grano di Pepe nel nuovo menu dedicato alla Scozia; un diario di viaggio che è anche un’altalena di durezze e di dolcezze, anche interiori, cui fa da contraltare un bel repertorio di whisky in più che plausibile abbinamento.

Le affinità elettive tra piatti e single malt

A cominciare dall’incipit, un highball a base di whisky e ginger beer fermentata della casa col fragrante benvenuto del suo pane e panelle e dello sfincione, «per ricordarmi da dove vengo». Cartoline à rebours della sua Sicilia, queste, a cui segue lo scampo scozzese con battuto di pecora cornigliese cruda servita su una vaporosa riduzione di stout: un boccone stavolta perfettamente Scottish, che rima naturalmente con le note dolci e iodate di alghe e il graffio della torba del Lagavulin Islay di 16 anni.
Ecco quindi la volta del piatto nazionale, l’haggis, un insaccato realizzato con la pecora di Ettore Rio di cui Rino mescola cuore, polmone, fegato e rognone con l’avena e che “insacca” simbolicamente in una patata cotta nel sale. Indicibilmente delicato, il suo haggis diventa vibrante col tornito sorso dell’Ardbeg Uigeadail.

In termini di abbinamento, tuttavia, la acme si raggiunge con l’eiglefin di baccalà su vellutata spumosa di porri; un idillio di contrasti in combinazione con le virtù placanti del Bowmore 12 anni che lo stesso Rino definisce «un whisky sotto le mentite spoglie di un cognac.»

Colpo di scena, quindi, con la McCacio, una quattro formaggi in lattina a scimmiottare le storpiature subite nel mondo anglosassone dalla cucina italiana. Soave, qui, l’idillio con le note agrumate e di camomilla del single malt Auchentoshan 10 anni.
Irresistibile benché più canonica la polpa d’agnello cotta nell’alloro con purè di patate.

La chiusura, in questo angolo di Emilia che è già Scozia, è poi ad libitum. Rino arriva infatti con una zuppiera debordante di gelato alla crema in ricordo della trasgressione più peccaminosa della sua infanzia: il cornetto al whisky. In abbinamento un Laphroaig Quarter Cask, il quale, per via della maggiore esposizione al legno, infonde le papille di un calore torrefatto ripulendole con un provvidenziale grip tannico.
Per i più motivati, il sipario con gli whisky più torbati al mondo, gli Octomore di Bruichladdich, pionieristica distilleria di Islay, è d’uopo.

La galleria fotografica:

Eravamo venuti due anni fa in questo ristorante, e ci aveva molto colpito la capacità di Rino Duca di esprimere con la propria cucina un pensiero preciso, la sua curiosità, la sua evidente voglia di crescita: avevamo intuito insomma fosse una cucina autoriale, con ottime possibilità evolutive.
Dobbiamo dire con franchezza che la maturazione è andata oltre ogni più rosea aspettativa.
La linea è stata demarcata con grande convinzione: Rino Duca ha trovato con precisione il settore in cui muoversi, e lo sta interpretando in maniera entusiasmante.

Memoria, ricordo, storie: i suoi sono piatti che parlano, che raccontano episodi, emozioni, sensazioni.
La Sicilia, le sue atmosfere, i suoi odori.
Le inevitabili contaminazioni emiliano-romagnole di un cuoco che ha mosso i suoi passi verso la pianura padana.
La ricerca delle radici e la necessità di raccontare sé stesso ai clienti attraverso i propri piatti.
Piatti come la Melanzana alla parmigiana o il Timballo del Gattopardo parlano di tutto questo, e ci hanno portato alla memoria la cucina di un altro grande interprete siciliano, Pino Cuttaia, che in egual modo riesce a concentrare in pochi ingredienti interi episodi di vita.

Chi c’è stato lo sa: la Sicilia è un luogo che ti rimane addosso. E quella di Rino Duca è una cucina assolutamente siciliana, quindi coerentemente aperta a mille contaminazioni.
Una cucina di forte impronta classica, ma assolutamente moderna per leggerezza e gusto estetico: il gusto vince sopra ogni cosa, ma le vie per raggiungerlo sono quelle del rispetto degli ingredienti, delle cotture al vapore, del corretto uso delle materie grasse.
La cucina siciliana popolare, quella domestica, di tutti i giorni, portata a un livello superiore: una missione difficilissima, ambiziosa ma incredibilmente stimolante.
Rino Duca, superati gli “anta”, dimostra che non è mai troppo tardi per inseguire un sogno e per mostrare il proprio talento al mondo. Il confine tra ottimo interprete e autore a noi sembra superato.
Ora viene il bello, ora viene il difficile.
Il locale completamente rinnovato, la carta vini ampliata (con un ovvio occhio di riguardo per Sicilia ed Emilia Romagna), un servizio sempre più attento e cordiale, completano un quadro felicissimo che lascia presagire buone vibrazioni per il futuro.
Segnatevi questa meta: Ravarino, il Grano di Pepe… poi fateci sapere.

Panelle (per ricordarmi da dove vengo).
Pane e panelle: un grande classico come biglietto da visita, piatto del popolo per il popolo, che richiama il mercato, le grida dei venditori, la grande cucina di strada siciliana.
pane e panelle, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
pane e panelle, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Ottimo il pane, in particolare lo sfincione.
sfincione, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
pane, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Cronaca di un’estate.
Un piatto che è racconto, la storia di un episodio tragico vissuto con gli occhi di un allora adolescente Rino Duca, ancora nella “sua” Palermo.
1983: l’assassinio del giudice Chinnici; il cartoccio sul piatto riproduce la prima pagina dell’Ora di quel fatidico 30 luglio, rintracciata con non poca fatica alla Biblioteca di Palermo e riprodotta con il nero di seppia su carta di riso. All’interno pesce grigliato (fantastiche le sarde) e a lato una macchia di nero di seppia a richiamare il sangue che ha macchiato la Sicilia in quel momento storico.
Il nero di seppia a richiamare anche l’inchiostro dei giornali in cui veniva avvolta la spesa nei mercati di Ballarò.
Cipollotto a fette, finocchietto selvatico e finocchio marino completano un piatto intenso visivamente, ma prima ancora buonissimo.
chinnici, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
chinnici, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Tartara di gamberi di Mazara con succo di pepe Timut, piccola catalana ed estrazione di teste.
Ingrediente, ingrediente, ingrediente. E la firma dell’autore sull’angolino, con il pepe timut ad allungare il piatto in bocca.
tartara di gamberi, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Involtini di sciabola alla palermitana e zuppa fredda di olive verdi.
La protagonista, sorprendentemente, è l’oliva. Ottimo piatto di forte impostazione tradizionale.
involtini di sciabola, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
involtini di sciabola, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Melanzana alla parmigiana.
Melanzane cotte al vapore. Sopra, un velo di provola delle Madonie affumicata (all’alloro) e una grattata di parmigiano reggiano, quasi a sottolineare una ambiguità identitaria.
Un capolavoro, perché riesce a reinterpretare un classico domestico senza far rimpiangere il piatto della “mamma”. Il gusto, ma anche la leggerezza. E la valorizzazione di un grandissimo formaggio siciliano. Solo un cuoco con un grande palato può portare in tavola un piatto così.
parmigiana, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
parmigiana, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Zuppa di pesce.
zuppa di pesce, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
zuppa di pesce, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Palermo – Marsiglia andata e ritorno.
La zuppa è di pesci di scoglio e pesce azzurro (alici, sarde e sgombro), a rinsaldare quel legame con le barche di Porticciolo (piccolo borgo di pescatori vicino Palermo) e le zuppe per il cous cous alla trapanese. La salsa all’aglio, a ricordare la rouille provenzale. Il caciocavallo allo zafferano, immagine di Palermo. Il pane.
Un filo sottile tra la soupe de poisson de roche di Marsiglia e la zuppa di pesce della costa occidentale siciliana: il mare a dividere e a racchiudere un mondo intero.
Pausa rinfrescante: acqua, ghiaccio, anice. Nel più puro spirito palermitano.
Anice, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
anice, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Riso alla mandorla, polvere di capperi e gambero crudo.
Per quanto interessante, forse il piatto meno riuscito in termini di concentrazione dei sapori. Ma effettivamente concentrare troppo il gusto della mandorla potrebbe risultare molto pericoloso.
Riso alla mandorla, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Spaghetti Cavalieri al nero di seppia ed essenza di mandarino.
Un grande classico ormai di questo ristorante, immancabile.
spaghetti al nero di seppia, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Il timballo dei Gattopardo.
Altro grandissimo piatto, che riporta agli interminabili pranzi delle famiglie siciliane, alla immancabile pasta al forno, all’abbondanza e alla gioia.
I fantastici anelletti (formato di pasta da riscoprire), la carne, i piselli, l’uovo e a ricoprire una fonduta di piacentinu ennese. Piatto totale e totalizzante. Un ritratto del Sud in pochi centimetri quadrati.
il timballo del gattopardo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Tonno al ricordo di Palermo.
Anche questo un classico, in carta da sempre. Buonissimo.
Tonno, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Predessert: come una Weiss.
Gioca ancora sui ricordi d’infanzia questo riuscitissimo predessert: la classica insalata di agrumi, olio e sale che ogni mamma siciliana prepara al proprio figlio.
Succo di arancia, olio, sale, pepe, spuma di limone al sale e una grattata di limone verdello sopra.
Ma il pensiero di chi vi scrive non può che andare a uno dei tanto chioschi del centro di Catania…
Predessert, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Cannolo della tradizione e sorbetto alla pesca.
Perfetto, anche nella scelta intelligente di usare una buonissima ricotta locale (quella della Azienda Caretti di San Giovanni in Persiceto) invece di fare viaggiare un prodotto così delicato e deperibile.
Cannolo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Cassata.
Basta l’immagine.
Cassata, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Una grande espressione della nuova Sicilia.
vino, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
vino, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
vino, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena

CRONACA DI UN’ESTATE

La cucina e l’impegno: un binomio difficile, al centro di ricette sparute, fra cui l’indimenticabile lattina di Coca-Cola utilizzata da Davide Scabin per raffigurare le bare seminate dai marines nel Vietnam di Charlie, omaggio a zio Sam. A riprendere quel filo figurativo, oggi che l’engagement ha imboccato strade assai diverse, sprofondate nei procedimenti produttivi (la filosofia dello scarto zero, l’eco-cucina, la simbiosi con la comunità in cui si opera), è fra gli altri Rino Duca del Grano di Pepe, ristorante situato nella cintura di Modena, a Ravarino. Lo fa in un piatto denominato “Cronaca di un’estate” e presentato come un cuoppo da cibo di strada, costituito in realtà da un foglio di carta di riso stampato al nero di seppia tramite un tampone in silicone prodotto da una tipografia (non quindi con una fotocopiatrice, come fece a suo tempo Homaro Cantu). Il suo modello è una pagina dell’Ora scovata presso la Biblioteca regionale Siciliana e datata 30 luglio 1983. Il giorno dopo l’assassinio del giudice Rocco Chinnici: “Palermo era un mattatoio”, ricorda Duca. L’inchiostro, nella sua ambiguità semantica di liquido dei molluschi e mezzo per stampare, quale metafora del sangue, fiotto incontenibile che sporca la Sicilia, in una riedizione del topos avanguardista della bibliofagia. Ne esplodono i gusti tipici dell’estate siciliana: sarda, seppia, gambero al barbecue, conditi con nero, fegato di seppia per esaltare la nota marina e menta. Sensazioni primordiali, violente, niente affatto ruffiane: un pugno allo stomaco, o quasi, che squarcia il velo edulcorato di una sicilianità per turisti e romantici sognatori.

Prima e dopo, infatti, nel menu degustazione che inaugurerà il nuovo Grano di pepe, al termine della ristrutturazione nel mese di febbraio, figurano due concentrati di Sicilia. Il panino croccante di tonno, ricordo di uno snack consumato in occasione delle gite sugli scogli, composto di una foglia di riso, amido e cipolla, stesa e asciugata in forno a bassa temperatura, farcita di battuto di tonno rosso siciliano condito con togarashi (peperoncino giapponese dalle note agrumate), capperi e pomodoro, a ricreare dal nulla una sensazione di soia, più un bicchierino di centrifugato di sedano e limone a ripulire il palato. Quindi il riso carnaroli Riserva San Massimo cotto nel latte di mandorla confezionato dal ristorante con mandorle dolci e amare, nella proporzione del 90 e del 10%, per le sensazioni lattiche e la cremosità, senza mantecatura ma appena un pizzico di sale e pepe. Appena coperto di polvere di capperi essiccati in contrasto dolce/sapido, più qualche nocciola di battuto di gambero rosa siciliano a riprendere le note dolci e defaticare il palato con la succulenza soave del crudo. Un punto interrogativo alla vexata quaestio sulla misura in cui la cucina, forma di espressione confinata entro limiti di commestibilità e piacevolezza dall’intimità della fruizione, possa esplorare sensazioni perturbanti e negative, guadagnando pregnanza e urgenza.

Prima della Prima, Chef Rino Duca, "cronaca di un'estate"