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Gong

Una tavola fusion milanese contemporanea

Parlare di Gong come uno dei migliori ristoranti cinesi italiani è, a nostro avviso, riduttivo. Non tanto perché nel ristorante di Giulia Liu – sulla quale cade l’onere di dover stare al passo con il fratello Claudio, che ha innalzato a livelli ormai altissimi l’asticella dei ristoranti etnici in Italia con Iyo e Omakase – non si mangi benissimo, quanto perché quella di Gong è una cucina che trae origine dalla cultura cinese evolvendosi, però, in una proposta creativa e cosmopolita capace di racchiudere al meglio lo spirito gastronomico di una Milano sempre più proiettata al mondo.

Una cucina con “attitudine orientale” e decisivi innesti occidentali che la rendono un unicum nel panorama nazionale. Guglielmo Paolucci, che guida con determinazione la brigata, si cimenta con piatti in cui la Cina è naturalizzata e radicata nella tradizione lombarda, con il lussurioso “Omaggio a Milano“, un dim sum dai connotati meneghini con la sfoglia della pasta allo zafferano ripiena di ossobuco e crema di risotto alla milanese, ma dialoga anche con quella italiana con i Lamian – gli spaghetti cinesi più antichi del mondo – con ragù di astice degno dei migliori ristoranti di pesce per intensità ed esaltazione del prodotto, e ammicca anche alla cucina classica francese con preparazioni transalpine come il beurre blanc o le salse a specchio.

Cucina cinese naturalizzata che ammicca all’Italia intera e alla Francia

Gli assaggi sono caratterizzati da consistenze, ingredienti, temperature, estetica e, soprattutto, gradevolezza e persistenza gustativa. Potete attingere da una vasta carta delle vivande (ci sono tantissimi piatti come nei ristoranti cinesi) ma così si rischia di perdersi tra assaggi sconnessi e diversi tra loro non riuscendo ad apprezzare appieno le potenzialità della cucina. Per questo motivo consigliamo caldamente di optare per uno dei tre menù degustazione tra i quali troverete il pressoché perfetto “Evoluzione“, più rappresentativo della personalità di questa tavola. Dall’ecumenico Uovo cotto a bassa temperatura, tartare di scampi, panko profumato al kimchi, spuma di cavolfiore affumicato e tartufo nero all’intrigante Carpaccio di capesante, caviale, ravanelli, ed emulsione di umeboshi, piatto senza temperature, che gioca con consistenze e aromaticità, più giapponesi che cinesi, passando per i meravigliosi Ravioli cinesi e giungendo alla classicità delle salse in piatti dall’indole gourmet come il Filetto di sogliola, salsa al beurre blanc con yuzu e latte di soia, panure alle erbe, accento di edamame e capperi essiccati o il Petto di piccione scottato con foie gras, tartufo nero e fondo al pepe di Sichuan preceduto dalla Coscia del volatile ripassata in pastella e profumata con alghe wakame e dal ragù di ali e spalla di piccione in casseruola condito con salsa hoisen, soia chiara e servito in foglia di basilico shiso aromatizzato al kimchi. Piatti, questi appena elencati, imperdibili.

Il servizio di sala, numeroso ma mai invadente, è disponibile e di classe e gestisce con disinvoltura anche una sala gremita di coperti. La cantina, non vastissima ma in continuo divenire, presenta ricarichi non eccessivi sebbene abbiamo riscontrato che qualche bottiglia in carta non fosse disponibile, durante la nostra visita. Non manca una studiata selezione di tè e cocktail d’autore. Quanto all’ambiente, dalle tonalità scure, presenta lineamenti essenziali ma eleganti.

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Iyo: il ristorante fusion perfetto

Uno dei ristoranti di maggiore successo in città, da ormai tanti anni, è un giapponese, anzi, forse l’appellativo più appropriato è fusion, di stampo giapponese, ma con un accento italiano.

Iyo, gestito dalla famiglia Liu, tra i ristoratori più lungimiranti della città (imperdibili anche Ba e Gong, anch’esse fusion ma di base cinese), è un gioiellino, sotto diversi punti di vista. L’offerta gastronomica in primis, costante come poche, accompagnata da una imponente carta dei vini, con la sezione dedicata a Champagne e sakè che ha una vastissima scelta di etichette, una location perfetta per questa esperienza, con luci soffuse e, dulcis in fundo, un servizio di sala dinamico, sopra le righe.

Ecco il segreto del successo di Iyo che, non a caso, fa parte della ristretta cerchia di ristoranti “asiatici” in Europa a fregiarsi dell’ambita stella Michelin.

E la cucina? Molto buona, per sensibilità di lavorazione del prodotto, rotondità del gusto ed opulenza di ingredienti (pensiamo alla scelta del caviale, ricaduta sulla varietà Kaluga Amur, il più pregiato in commercio, o al wagyu). Non è una cucina che fa sobbalzare dalla sedia con colpi d’ala particolari, ma è tecnicamente inappuntabile, delicata e livellata verso l’alto. Il menu ha il solo difetto (per molti comunque è un pregio) di avere una scelta troppo vasta, essendo suddiviso in sezioni di preparazioni (nigiri, roll, entrate, paste, etc.) la cui consultazione rischia di risultare dispersiva.

Ciò detto, non venite qui per il sushi, anche se è ottimo, ma per assaggiare le originali creazioni di Michele Biassoni, giovane chef già alla corte di Cracco, che predilige intelligentemente la commistione di ingredienti italiani e internazionale con basi e tecniche giapponesi. È il caso degli Spaghetti di grano saraceno, crema di tuorlo d’uova, fagiolini, tartare di gamberi e zenzero in tempura, che vuole richiamare una carbonara orientaleggiante, o l’ottima insalata di erbe, garusoli, cetriolo e salsa ai 3 oli al peperoncino che ricalca le basi di una insalata mediterranea. C’è anche qualcosa di avulso dal contesto, come il petto e la coscia di quaglia francese che, nonostante la salsa a base di miso rossa, si avvicina più alla cultura transalpina risultando, in ogni caso, uno dei migliori piatti della serata.

Come avrete inteso, consigliamo quindi un’esperienza a tutto tondo come quella del degustazione “Faccio Iyo”. La valutazione, arrotondata per eccesso, ci sembra corretta per segnalare il punto di riferimento della cucina fusion in Italia.

Ci auguriamo quindi che, nonostante la sua proverbiale costanza, Iyo continui la sua ascesa verso la ricerca e la novità, come ha fatto nel corse degli anni, alimentando la luce del suo faro interiore, oggi già molto abbagliante.

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Milano, città metropolitana, non è esente da contaminazioni.
Ci sono i ristoranti cinesi di qualità, quelli invece travestiti da originali ma banalmente relegati a mangiatoie all you can eat, e quelli invece che cercano di interpretare una nuova via gourmet con contaminazioni efficaci. Alcuni li chiamano Fusion, molto spesso sono più confusion.

Ecco un’oasi felice a Milano: il Gong. Iniziamo con il dire che questo ristorante fa parte dell’impero della famiglia Liu, già noti per il primo stellato giapponese-fusion d’Italia, IYO, e per il rinomato BA Asian Mood. Gong si definisce prima di tutto ristorante cinese, ed è singolare che in cucina abbiano deciso di mettere un cuoco giapponese, Keisuke Koga. L’esatto contrario di ciò che viene fatto nella stragrande maggioranza di pseudo-giapponesi sparsi per tutto lo stivale.

Ristorante cinese sì ma, come recita l’incipit, con attitudine orientale. Che di fatto si traduce in un sounding asiatico che mischia tecniche, preparazioni e ingredienti, anche occidentali, finalizzati a quel melting pot positivo di influenza orientale che si cataloga sotto il termine Fusion.
Che, dobbiamo dire, al Gong è declinato in maniera egregia: qualità della materia prima, ambiente curato, servizio ben gestito, piatti di qualità. Un posto da consigliare certamente, che ha fatto un rodaggio lungo e forse un pochino difficile e contorto -non sono mancate le critiche in questo anno abbondante dall’apertura- ma che oggi troviamo fresco, vivido e luccicante.

Qui potrete gustare una cucina corretta, ben calibrata, con buona qualità degli ingredienti. E trascorrere una serata all’insegna del Fusion più profondo e vero, lasciando alle soglie il “confusion” che regna sovrano in molti altri locali della città.

Dai dettagli si scorgono le differenze: in questo stra-abusato amuse buche di impostazione cinese si comprende la differenza tra Gong e molti altri locali sui generis.
amuse buche, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Amuse bouche del giorno: dorayaki al the verde, foie gras marinato al miso e soia, contrasti. L’avremmo visto molto meglio come pre-dessert, comunque interessante.
amuse buche, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Tartar exotic: tartare di gambero rosso Mazara del Vallo con salsa al mango e basilico shiso.
Tartar exotic, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Dim Sum sushi style…
Dim Sum, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Hamachi in cupola di fumo: ricciola del Pacifico servita con insalata crescione e affumicata istantaneamente sotto cupola di vetro.
Hamachi, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Dim Sum composta: misto di ravioli al vapore con zafferano, nero di seppia, verdure, barbabietola rossa e gamberi.
Dim Sum, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Raviolo Wagyu: raviolo ripieno di Wagyu (A5) con salsa al foie gras e tartufo.
Raviolo Wagyu, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Continua…
Raviolo, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Riso Gong style: riso venere saltato con salsa Xo, polvere di gamberi secchi e filamenti di patate croccanti.
riso, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Il nostro compagno di viaggio…
vino, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Black Cod: carbonaro nero d’Alaska al forno con salsa al miso.
black Cod, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Peking Duck (Canard): anatra alla pechinese servita con pancake cinesi, julienne di cetriolo, carote e porro.
peking duck, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
pancake, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Pancake, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Semifreddo al Bergamotto: quenelle di semifreddo al bergamotto, crumble al cioccolato e cannella, crema di Dulcey, fragole semicandite agli agrumi.
semifreddo al bergamotto, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano