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Georges Blanc

Maison Blanc, una cucina da Highlander nella campagna di Bresse

“Who wants to live forever?”
Pensando all’esperienza ‘Chez’ Blanc, in testa risuona la voce di Freddie Mercury dei Queen, mentre intona la colonna sonora del film “Highlander”.
Sì, perché nel fascinoso e pittoresco villaggio di Vonnas, in Francia, si celebra una cucina immortale. Scolpita nei gesti e nella storia in divenire di questa magica Maison.
Lui, Georges Blanc, è ancora lì. Con spirito immutabile, come la bontà dei suoi piatti.
Chef icona di una dinastia di grandi cuochi. Sguardo luminoso, chioma argentea e tempra d’acciaio, mentre a 75 anni si aggira pacioso per la sala.

150 anni di storia, tra successi, mutamenti e quattro generazioni di cuochi

Un percorso da predestinato il suo, che lo ha visto muoversi con agilità dai fornelli delle navi militari (durante la leva), fino a prendere in mano con classe indiscussa l’eredità culinaria di mamma Paulette e della nonna Élisa Gervais. Lei, la “Mère Blanc”, che assicurò le 2 stelle Michelin al ristorante di famiglia, già negli anni ’30.
Questione di DNA? Poco importa, perché, dopo aver fatto il suo ingresso in cucina (a soli 25 anni), il prode Georges comincia a rimaneggiare e alleggerire con rispetto i ‘cavalli di battaglia’ e le ricette di famiglia. Tesori culinari tramandati dal 1868. Un nuovo stile dunque si afferma: riconoscibile e affinato nella forma e nel gusto. Evoluzione sussurrata con intelligenza, che lo porta negli anni a segnare un’epoca: elevando Vonnas a imprescindibile meta gourmet. Identità propagata con ardore verso la conquista delle 3 stelle Michelin (dal 1981 a oggi) e nell’Olimpo dei ‘Mostri Sacri’ di Francia. Cuochi del calibro di Bocuse, Robuchon, Loiseau, Chapel e Guérard.
Non solo, il suo piccolo villaggio nel cuore della Bresse ha visto sorgere nel tempo nuove strutture e progetti: hotel, cinema, parchi, resort, un’azienda vinicola. Oltre al bistrot ‘Ancienne Auberge’, che sforna piatti in omaggio alla formidabile nonna. Una storia troppo densa e romantica, per essere riassunta in singoli assaggi. Ma che trova comunque nei piatti una corrispondenza energica, piena e vitale.

Attualità classica, dal valore inestimabile

Oggi ai fuochi troviamo Frédéric Blanc, figlio di Georges, ma il valore immutabile di questa cucina non è stato compromesso. Al contrario, è un immenso piacere perdersi tra sapori vellutati, evocativi e confortanti, che riescono a far primeggiare un gusto attuale. Grazie alla padronanza impareggiabile di salse e cotture classiche declinate al moderno. Alla ricerca di materie prime eccezionali. Una tavola senza tempo insomma, che detta ancora il tempo.
Così, dal boccone ghiotto, profondo e iodato dell’Ostrica in gelatina della sua acqua e caviale; si passa in eleganza alle impeccabili Rane con carciofi, rinvigorite dall’acidità di una salsa all’acetosa dalla struttura esaltante. La possanza materica del Rombo in salsa di molluschi, trova dinamicità e freschezza nel tocco sensibile del finocchio all’anice e dello zafferano gestiti al millimetro. L’Animella al burro affumicato con salsa di cipolle e “corona” di patate soufflées è un limpido trattato di succulenza e finezza.

E poi c’è lei, la Poularde de Bresse AOP, che da sola varrebbe il viaggio. Perfetta nella sua opulenza leggiadra e soave. Manifesto della cucina di Blanc, rimarca come la storia di questa tavola abbia un significato inestimabile. Vigore tradizionale elevato alla massima potenza, trasmesso al palato con orgoglio e solidità spiazzanti. Un’esperienza da vivere e contemplare così com’è, senza interpretazioni nostalgiche.
Sorprende infine la pasticceria: incredibilmente tecnica, lieve e dai pulsanti contrasti moderni. Il servizio sfreccia a ritmi da record, narrando una cantina di rara foggia e recapitando in tavola pani e burro da assuefazione.
Forse Georges Blanc non vivrà per sempre come un Highlander.
Ma la sua cucina sì, continua a vivere. Ancora vibrante, autentica e immortale.

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Un giorno festivo nella profonda provincia francese.
Una grande maison.
Un centinaio di coperti tutti riempiti. La normalità di tutto ciò.
La netta sensazione di assistere ad una liturgia consolidata da anni di laborioso impegno e dall’attenzione per i piccoli particolari.

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