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Ronchi di Cialla

La famiglia Rapuzzi e la (ri)scoperta dello Schioppettino

Quel fazzoletto di terra riconosciuto nel 1995 come “Sottozona Cialla”, nella zona Doc Colli Orientali del Friuli, a pochi chilometri da Cividale, è un’area selvaggia e un po’ fuori dal mondo, dove i fitti boschi di querce e castagni lasciano spazio alle incursioni della fauna proveniente dal confine sloveno. Qui, la presenza umana è limitata alla sola famiglia Rapuzzi che, in quello che è a tutti gli effetti può essere considerato un monopole, ha adottato un sistema di agricoltura integrata a basso impatto ambientale per dare vita all’Azienda Agricola Ronchi di Cialla.

I protagonisti di questa storia sono Paolo, scomparso da qualche anno, e Dina, che, spinti dall’amore per il vino, nel 1970 abbandonano la loro concessionaria Olivetti per abitare queste terre. Antesignani e controcorrente, rifiutano la consuetudine di impiantare vitigni internazionali e cominciano invece a studiare le varietà autoctone più vocate per la produzione di vini da invecchiamento.

I primi vitigni ad essere selezionati sono Verduzzo, Picolit e Refosco. Localmente, tuttavia, si sente tanto parlare della “pocalza”, un’uva tipica della zona di Prepotto, la Ribolla nera oggi nota come Schioppettino. Scatta così la ricerca delle poche barbatelle rimaste. Dino ne trova svariate decine, che innesta illecitamente a Rauscedo. La burocrazia italiana al tempo non contempla lo Schioppettino tra le varietà storiche locali e prende dunque il via una lunga lotta volta ad ottenerne il riconoscimento. Intanto quei primi tre ettari salvano la cultivar dall’estinzione, e nel 1975 i Rapuzzi vengono insigniti di un premio per il loro coraggio. Ma la mattina del 7 maggio 1976 lo scenario cambia, il bilancio del terremoto (decimo grado della scala Mercalli) della sera prima è di 989 morti e 45mila senza tetto. La cantina dei Rapuzzi è distrutta. La coppia non si abbatte e l’anno successivo, il 1977,  vendemmiano nella vallata Cialla, che si confermerà essere una zona eletta per la produzione dello Schioppettino, uva che necessita di ombra, di fresco, visti i suoi grappoli delicati e sensibili al calore. Su suggerimento di Tachis, lo affinano il barrique, il risultato è un vino vibrante ma serico nella sua trama tannica sottile, dotato di un’aromaticità dirompente. 

Con 23 ettari vitati, l’odierna produzione si attesta sulle 60 – 100 mila bottiglie all’anno, delle quali circa cinquecento vengono conservate per tramutarsi in vecchie annate.

La conduzione, rigorosamente familiare, è oggi affidata a Pier Paolo e Ivan Rapuzzi, figli di Paolo e Dina.
Una filosofia aziendale che limita l’intervento in vigna e in cantina il più possibile, favorendo le naturali inclinazioni della vite. Il microclima di Cialla, come detto, pensa al resto: la brezza costante e il naturale inerbimento riparano i vigneti dalla eccessiva umidità – circa 2000 mm pioggia/anno -, mentre la rigogliosa foresta circostante garantisce temperature fresche e una buona escursione termica. I vigneti sorgono in piccoli appezzamenti di circa un ettaro disseminati all’interno del bosco, vere e proprie radure dove il rapporto tra quest’ultimo e la superficie vitata risulta pari al 95 e 5 percento.

Schioppettino di Cialla 2017

Vitigno: 100% Schioppettino (età media delle vigne: 50 anni)
Alc: 12,5%

Il nome rimanda alla sensazione di ‘scoppio’ che produce in bocca al momento dell’assaggio, prima della raccolta manuale, che solitamente si tiene nella seconda metà di ottobre; segue una macerazione di almeno 4-5 settimane. Si utilizzano lieviti indigeni e si effettuano rimontaggi due volte al giorno. Il vino, quindi, affina in barrique di rovere francese per 14-18 mesi, quindi trascorre ulteriori 30-36 mesi in bottiglia prima di essere immesso sul mercato. Di un bel rosso rubino, al naso esprime note di ribes e sottobosco, pepe bianco e accenni balsamici. Il tannino è setoso e rifinito, la struttura piena, allietata da una decisa sapidità.

Venezia Giulia IGT “Sôl” 2008

Vitigno: 100% Picolit (età media delle vigne: oltre 20 anni)
Alc: 15%

Una rara versione di Picolit vinificato secco, che dopo un’attenta selezione in vigna (e il limite della produzione che viene effettuata soltanto nelle annate migliori) resta a contatto per uno o due giorni sulle bucce. Segue la fermentazione, condotta dai soli lieviti indigeni, in barriques e la successiva elevazione nelle medesime per 24 mesi. Ulteriori 24 mesi di affinamento in bottiglia e il vino, finalmente, è pronto. Nel calice si presenta di un giallo paglierino carico, con splendidi riflessi dorati. Il naso è ricco ed incredibilmente suadente, con i fiori bianchi e la frutta matura che si intrecciano a note di cera d’api e miele. Al palato si presenta coerente con quanto preannunciato nei profumi, con un ingresso morbido e corposo che, tuttavia, stupisce per la grande freschezza e tensione che rivela questo vino nel finale.

* I vini dell’Azienda Agricola Ronchi di Cialla sono distribuiti da Sagna Spa.

…dopo la prima, voilà la seconda parte sul vitigno “friulano”…

Friulano Ronco delle Cime Collio Doc 2020 di Venica & Venica

I vigneti sono situati tutti nel comune di Dolegna del Collio. Qui, Ronco delle Cime assieme a Ronco delle Mele rappresentano i due vigneti cru aziendali. L’impianto iniziale risale al 1974, mentre nel 2005 sono stati eseguiti dei rimodellamenti morfologici. Compatto,  preciso e ammaliante, il profilo olfattivo si avvita ma non si esaurisce su note di frutta gialla come melone, pesca e susina, e poi fiori gialli, pietra focaia e mandorle. Si allarga con slancio nel palato, caldo, ricco, piacevole, armonico, di grande potenza e persistenza. Un Friulano da manuale. 91/100

Friulano 2019 DOC Collio di Schiopetto

Il Friulano di Schiopetto è, a tutti gli effetti, un vino storico: nel 1965 Mario Schiopetto imbottiglia il suo primo Tocai. Da quel momento si dedica instancabilmente alla ricerca e allo studio del progresso qualitativo e produttivo della filiera del vino. Questo, in particolare, nasce nelle vigne di Capriva del Friuli, in zona collinare e ventilata, su terreni di origine eocenica prevalentemente marnosi. Ammaliante il naso, che gioca su sensazioni tropicali e poi pesca e susina, con accenti vegetali e agrumati. Al sorso è proporzionato al millimetro: fresco, piacevole, pulito, di buona tensione e persistenza. 91/100

Friulano Vigna del Rolat 2020 DOC Collio di Raccaro

Il Friulano “Vigna del Rolat” di Raccaro è un vino bianco ottenuto da uve provenienti dal vigneto cru aziendale di oltre 50 anni che dà il nome al vino. Esprime un bouquet solare: profumi intensi di frutta tropicale, note floreali, agrumate, di erbe di campo con uno sbuffo iodato, marino. Bocca che esprime una materia densa, di spessore, ma ben bilanciata da acidità e sapidità. Ottima la persistenza, vino ricco di personalità già ora ma attendendo qualche anno le sorprese – in positivo – non mancheranno. 90/100

Friulano 2020 DOC Collio di Russiz Superiore

Nel Collio Goriziano, precisamente nel comune di Capriva del Friuli, si estende la tenuta di Russiz Superiore. La storia dell’azienda ha inizio alla fine del 1200 e il nome ha origine dalla denominazione delle colline su cui si estendono i vigneti. E continua oggi con questo seducente flusso di profumi in cui si susseguono calde note di mela golden, melone, albicocca, fiori gialli e soffi iodati. Sorso di gran spessore, caldo, cremoso, materico. Equilibrato e armonico, finale salino, persistente e snello. 89/100

Friulano 2020 DOC Collio di Isidoro Polencic

Oltre 150 anni fa sorgeva l’azienda Polencic in località Plessiva, zona particolarmente vocata alla viticoltura nel Collio. La tenuta conta 23 ettari vitati ed è una realtà molto apprezzata nella zona. Questo vino ha naso elegante, intenso, caldo nei sentori di frutta matura, melone, pera, pesca, note affumicate e speziate. Ricco, denso, buona struttura, manca un po’ di freschezza, buona la  persistenza. 88/100

Friulano 2020 DOC Collio di Fruscalzo

Nel cuore del Collio, una delle cornici geografiche più importanti della viticoltura italiana, la famiglia Fruscalzo è dedita ormai da tre generazioni alla produzione di vini di alta qualità “in armonia con la natura“. All’olfatto evoca suggestive e intense note di fiore di mandorlo, pesca, susina, un tocco agrumato e sfalci di erbe aromatiche e polpe di agrumi. Secco, ricco, caldo, piacevole, finale fresco con un bell’allungo. Invita alla beva merito anche del tocco lievemente amarognolo. 88/100

Friulano 2020 Collio DOC di Pighin

L’azienda è composta da due tenute, la prima, di centosessanta ettari, si trova a Risano, nella zona DOC Grave, la seconda, di trenta ettari, si trova a Capriva nel Collio Goriziano, una delle zone al mondo più vocate per la viticoltura. Fernando Pighin insieme alla moglie e ai figli, conduce oggi l’azienda. Il Friulano esprime un blend aromatico godibile su profumi caldi di pesca, pera, melone, e floreali oltre che di mandorla. In bocca ha sostanza, calore, cremosità, piacevole, ottima la verve fresco-sapida, che dona equilibrio. 88/100

Friulano 2020 DOC Collio di Villa Russiz

Villa Russiz nasce nel 1868 e si rivela da subito una realtà produttiva all’avanguardia per i suoi tempi. È il conte Thedor de La Tour che presto riesce a creare una gamma di vini apprezzata oltre i confini regionali, addirittura amata dallo zar di Russia. Oggi Villa Russiz tende ugualmente alla ricerca dell’eccellenza rimanendo ben radicata alla tradizione di questa terra così vocata. Compatta l’espressione aromatica, su note calde di frutta esotica matura, floreali e agrumate, con soffi minerali di pietra. Al sorso è avvolgente e di buona freschezza, si allarga sul palato, pulito ed equilibrato, si beve con voglia e piacere. 88/100

Friulano Rassauer 2020 Collio Doc di Castello di Spessa

I dolci rilievi collinari che circondano il Castello di Spessa ospitano i 25 ettari di vigneto di proprietà dove sono coltivati i più antichi e nobili vitigni locali. Caldo e materico all’olfatto nei profumi di frutta gialla surmatura, mela, pera, melone, mandorla, fiori gialli e scie iodate. Sul palato è caldo, cremoso, materico, pieno, fin quasi grasso. Bella la parte fresco-sapida in seconda battuta. Molto persistente. 88/100

Friulano 2020 Collio DOC di Ronco Blanchis

La cantina Ronco Blanchis sorge a Mossa, un piccolo borgo rurale nel cuore del Collio Goriziano, dove la morfologia del terreno disegna delle collinette localmente chiamate Ronchi e il clima è ideale per la viticoltura. Dal 2000 la cantina è di proprietà della famiglia Palla, che ha deciso di dedicarsi unicamente alla produzione di vini bianchi. Il vigneto si estende per 10 ettari ad un’altitudine di 100 metri su terreni ricchi di marna e argilla. Denso e impattante l’olfatto dalle intense e piacevoli note di mela golden, pera, pesca, melone, note di fiori gialli, marzapane e zucchero filato. Cremoso e  piacevole sul palato in prima battuta, buona freschezza e sapidità, piacevole l’armonia espressa. 87/100

Friulano 2020 Collio Doc di Kurtin

Radicata a Novali, in quell’anfiteatro di vigneti che, da Cormons si affaccia verso la Slovenia, la famiglia Kurtin produce vini dal 1906. Ad oggi l’Azienda ha un’estensione di circa 20 ettari, in larga parte vitati, arrivando a una produzione globale di 60.000 bottiglie circa. Questa si apre su un ventaglio olfattivo di mela golden, pera, albicocca, pesca bianca, fiori bianchi e mandorle. All’assaggio vanta buona forza espressiva, pienezza e freschezza. Si tratta di un vino dinamico, equilibrato, di buona persistenza. 87/100

Friulano 2020 DOC Friuli Isonzo di Borgo San Daniele

I terreni si trovano a San Leonardo, nel comune di Cormons, nel cuore della doc isontina. Il terreno ghiaioso e il microclima ideale per la coltivazione della vite ci consegnano questo Friulano intrigante e tipico all’olfatto, che propone fresche note fruttate di melone, pesca, salvia e timo. La bocca è composta, tutto è in equilibrio: un vino sostanzioso e appagante, dal piacevole allungo finale. 87/100

Friulano 2020 DOC Friuli Colli Orientali di Stanig

È il 1920 quando Giuseppe Stanig avvia l’attività vitivinicola ad Albana di Prepotto. Dopo cento anni e l’azienda è gestita oggi dai nipoti Federico e Francesco, con lo stesso amore. Situata nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, l’Azienda si estende su una superficie di circa 9 ettari sui quali vengono coltivate con cura le varietà classiche friulane. Compatto, soffice, avvolgente il profilo olfattivo animato da note di pesca e susina matura, crema al limone e zagara. La bocca è carnosa e ricca, con una materia slanciata attraversata da una grintosa acidità; buona la persistenza. 87/100

Friulano Alef 2019 DOC Friuli Il Tasso di Paola Tacoli

L’Azienda Agricola Tacoli Asquini, situata nella zona “delle” grave del Friuli, è una proprietà di 23 ettari. Parte integrante del corpo aziendale è la cantina, inaugurata nel 1836, da cui sortiscono vini espressivi e caratteriali. Al naso questo regala note delicate di frutta tropicale matura, agrumi, fiori di mandorlo.  L’assaggio è scattante, fresco e filante sul palato, buona la materia, piacevole; buona la persistenza con un tocco amarognolo tipico di questo vitigno. 87/100

Friulano Ronco Calaj 2020  Friuli Venezia Giulia DOC di Russolo Rino

L’Azienda Agricola Russolo interpreta al meglio le caratteristiche della zona delle Grave del Friuli da oltre un secolo.  I tratti olfattivi di questo bel vino dispensano intense note di frutta croccante, mela, pera, fiori gialli, note vegetali e di mandorla amara. Il sorso è solido e piacevole, saporito e ricco: gode di buona freschezza a supportarlo, e renderlo godibile e armonico. 87/100

Friulano 2017 DOC Friuli Isonzo di Amandum

“Amandum” è un percorso lungo tre generazioni che nonna Bianca, imprenditrice agricola, iniziò in quel di Gorizia, nella felice pianura isontina. Figure femminili al timone di una realtà che, nel 1992, conosce un momento di attesa. Qui, i suoli di origine alluvionale ricchi di ciottoli propongono un olfatto piacevole e raffinato, che spazia fra frutti gialli, papaia, melone e pesca, arricchita da note di tostature fumè. La bocca è piacevole, fine, fresca, di buona persistenza. 87/100

Un vitigno dalle origini antichissime

Il Friulano (ex-Tocai), anche se nel 2008 ha perso il suo nome, rappresenta il vitigno a bacca bianca più tipico del Friuli Venezia Giulia, anzi lo possiamo considerare il Re dei vini bianchi della regione, costituisce una parte importante delle varietà permesse all’interno delle disciplinari di sette zone DOC del Friuli Venezia Giulia (Colli Orientali del Friuli, Collio, Friuli Annia, Friuli Aquilea, Friuli Isonzo, Friuli Latisana e Friuli Grave). Ma è presente anche in numerose DOC fuori regione, come ad esempio quelle venete di Bagnoli di Sopra, Breganze, Colli Berici, Colli Euganei, Corti Benedettine del Padovano, Garda, Lison-Pramaggiore, Merlara, Riviera del Brenta, San Martino della Battaglia e Piave assumendo altri due nomi a seconda delle zona che sono Tai e Tuchì.

In Friuli, sua regione d’elezione è entrato talmente tanto nelle usanze e tradizioni che nelle ore dell’aperitivo quando si richiede semplicemente il tajut, ovvero il taglietto (che sta ad indicare il segno sul bicchiere nel quale il vino veniva servito), si intende un calice di Friulano, il più amato e consumato. Hanno coniato anche un detto locale “cul tocai a sparissin tuc’i mai”, ovvero “con il tocai spariscono tutti i mali”, tanto per dirvi quanto appartiene alla storia di questa regione.

Il Friulano è di origini antichissime ma all’origine si è arrivati non molti anni orsono, da studi effettuati intorno agli anni ’70 a Conegliano, dove si sono messe in luce diverse somiglianze con il vitigno Sauvignon. Le analisi del DNA effettuate in seguito hanno rivelato che il vitigno Tocai friulano altro non era che il Sauvignonasse, vitigno presente nei vigneti del Bordolese e oggi quasi scomparso, che arrivò in Friuli, probabilmente assieme al Sauvignon, nel periodo in cui, a metà dell’Ottocento, si iniziarono a coltivare i vitigni francesi nei vigneti friulani. Sembra verosimile far risalire al matrimonio tra il Conte de La Tour e la nobildonna friulana Ervina Ritter la prima, vera importazione in regione di vitigni francesi. 

Dalla vendemmia 2008, dopo una sentenza della Corte Costituzionale, questo grande vino bianco del nord est italiano non si può più chiamare Tocai. Strana questione se considerate appunto che stiamo parlando di un vitigno autoctono; il problema di questo cambio di denominazione è riconducibile al fatto che sia troppo simile a quella del tocai ungherese e slovacco, anche se quest’ultimo è un vino ottenuto da un blend di uve Furmint, Hàrzevelu e Muscat lunelu che danno un vino dolce da dessert, mentre il Tocai Friulano è un vino bianco secco. Tra i motivi per cui l’Ungheria ha vinto questa battaglia enologica trova posto il fatto che il Tokaj ungherese è il vino più famoso della nazione, e inoltre il nome richiama la regione in cui viene prodotto (Tokaj-Hegyalja), mentre il tocai friulano prende il nome dal solo vitigno.

Il vitigno Friulano è caratterizzato da un tralcio legnoso di colore scuro, con gemme piccole e schiacciate e con la presenza di foglie di dimensioni medio grandi. La maturazione dell’uva è medio precoce, solitamente viene vendemmiato durante i primi 15 giorni di settembre e se assaggiate i chicchi sono molto dolci e profumati. Una maturazione eccessiva spingerebbe gli zuccheri e quindi l’alcol alle stelle. E’ un vino snello con carattere con buona sapidità e poca acidità, dal tipico retrogusto lievemente amarognolo.  Il bouquet è molto articolato e piacevole, che inizia con il classico timbro di mandorla amara, ma poi dispensa note di fiori, albicocche, rocce, miele, note minerali di pietra focaia, ma possiamo incontrare anche  note vegetali del fieno, dei fiori di campo, del timo, della camomilla.

Oltre ai Friulani salati e beverini, non troppo complessi, che si esaltano dopo 3-4 anni dalla vendemmia, alcuni vignaioli stanno puntando sulle doti di potenza e struttura, facendo affinare il Friulano in legno per sviluppare note burrose e far evolvere il vino con toni più maturi. Si tratta di un vino che si identifica marcatamente con il territorio d’origine e che presenta sfumature diverse a seconda che nasca dai terreni sabbiosi della pianura, da quelli ricchi di marne ed arenarie della collina, oppure da quelli caldi, a matrice ghiaiosa, dell’Isonzo.

La degustazione

Ho diviso la degustazione in 2 gruppi dati i tanti campioni a disposizione, Colli Orientali e Collio, anche per le caratteristiche un po’ diverse fra le 2 zone, dai tratti più verticali, freschi, fragranti, vivaci quelli dei Colli Orientali, più caldi, cremosi, materici quelli del Collio. Grandissimi vini in entrambi le zone per un vino con grande vitalità, molto versatile negli abbinamenti e con il finale con un amarognolo controllato che slancia il finale.

Friulano Vigneto Storico 2019  DOC Friuli Colli Orientali di Adriano Gigante

È variegato nella trama olfattiva che dispensa intense note tropicali, mango, papaia, pesca, agrumate, finale  di mandorla e pietra focaia. Bocca cremosa e potente, ricco nella materia e nel volume ma piacevole, bilanciato dal finale fresco e agrumato. Vino finissimo e lunghissimo, d’altra parte questi vecchi ceppi centenari riescono a dare un frutto meraviglioso. 92/100

Friulano Riserva 2016 DOC Friuli Colli Orientali di Specogna

Sensazioni olfattive complesse e intense, che iniziono con un fruttato di mela golden, pera, pesca, melone, pietra focaia, fiori bianchi e mandorla. Bocca calda, intensa, armonica. Vino dalla grande pulizia e finezza, finale salino e leggermente amarognolo. Altro Friulano di grande spessore. 91/100

Friulano 2019 DOC Friuli Colli Orientali di Aquila del Torre

Chiaroscuro aromatico espressivo e ampio, con il dna del vitigno in evidenza, si susseguono dolci note tropicali, floreali, agrumate e finale di mandorla amara. Ricco, denso, piacevole e appagante sul palato con guizzanti sensazioni fresco-sapide che sostengono la persistenza. 90/100

Friulano 2019 DOC Friuli Colli Orientali di Ronchi Sant’Egidio

Complesso e intenso il quadro olfattivo,  piacevole e fine nelle note fruttate di mela, pesca, melone, soffio floreale. Bocca intensa, piacevole, mette in mostra carattere e una materia copiosa rinfrescata a dovere da freschezza che lo slancia in un lungo finale. 89/100

Friulano 2019 DOC Friuli Colli Orientali di Zuane

Ampio e intenso al naso che allieta con fresche note di frutta a polpa gialla, floreale di ginestra, soffio agrumato e di mandorla amara. Assaggio caldo e morbido in prima battuta, vivacizza da una buona verve fresco-sapida, buona la persistenza. 89/100

Friulano Liende 2017 DOC Friuli Colli Orientali di La Viarte

Il naso è sciolto e ampio, decisamente fruttato e floreale, con intriganti note tropicali, mela renetta e pesca, a finire una scia di mandorla amara. La bocca non è da meno brillando per succosità, sapore e armonia ricco, denso, cremoso. Ottima la persistenza su percezione amarognola tipica. 88/100

Friulano 2020 Colli Orientali del Friuli di la Tunella

Naso fine, sussurrato, delicato, si percepiscono sentori di frutta gialla melone, pera, pesca, mela, soffio floreale e di mandorla amara. Palato di struttura, caldo, avvolgente, spesso, da metà bocca è bilanciato da sferzante vena fresco-sapida, buona la persistenza con rimandi floreali e mielati. 88/100

Friulano Biologico 2019 DOC Friuli Colli Orientali di Villa Rubini

Naso di bella intensità al naso, che propone note quasi di frutta surmatura, mela, pera in confettura, pasta di mandorle, fiori gialli. Bocca ricca, densa, buona materia, buona persistenza, finale dolcemente amarognolo. 88/100

Friulano 2020 DOC Friuli Colli Orientali di Valentino Butussi

Bouquet finemente orchestrato da note tropicali mature di melone, ananas, pesca, crostata alle mandorle e soffio agrumato. Scorre dinamico al palato con buona materia bilanciata da rinfrescante freschezza e sapidità che si supportano a vicenda regalando pulizia e ricordi finali agrumati. 88/100

Friulano 12 Viti 2020 DOC Friuli Colli Orientali di La Sclusa

Varietale e molto caratteristico al naso, piacevoli sentori di mela, pesca bianca, agrume, erbe aromatiche, poi note affumicate e di mandorla. Buono il palato, possente e materico prima, poi fresco, salino, con finale appena amarognolo. 88/100

Friulano 2020 DOC Friuli Colli Orientali di Emacora

All’olfatto mandorla e pesca bianca aprono la strada a dolci note di miele e accenni affumicati di pietra focaia, a completare una fase olfattiva complessa e convincente. Sapore pieno, integro, giovanile, molto salino, caldo e lunghissimo nel finale. 88/100

Friulano 2020 Colli Orientali del Friuli DOC di Fedele Giacomo

Olfatto disposto su toni di fiori gialli, frutta a polpa gialla matura, caldi profumi tropicali di ananas, papaia, melone e pesca. Assaggio avvolgente, mette in mostra una struttura calda e cremosa, scorre simmetrico con un finale fresco-sapido persistente e sintonizzato con l’olfatto. 87/100

Friulano 2020 DOC Friuli Colli Orientali di Cornium

Naso che apre le danze su toni di pesca bianca, nespola, mandorla fresca ed erba medica. Sapore di grande intensità e calore alcolico, molto salino, ricco, imponente, con un classico finale appena amarognolo. 87/100

Friulano 2020 Friuli Colli Orientali DOC di Roberto Scubla

Ouveeture di paglia all’olfatto, intervengono poi soffi di mandorla amara, mela matura, tocco floreale e di mandorla amara. Bocca fresca, piacevole, sapido e amarognolo, induce una buona salivazione. Grande la beva espressa, difficile fermarsi al primo calice. 87/100

Friulano 2020 DOC Friuli Colli Orientali di Jacùss

Energico l’olfatto che sprigiona energiche suggestioni di mela renetta matura, pesca, melone invernale, mandorle tostate, soffio floreale e roccioso. Raffinata la tessitura gustativa che concede una sensazione cremosa tra rivoli freschi e sapidi. Cenni floreali nel lungo finale. 87/100

to be continued…

Complesso e aristocratico Pignolo

Anche se legato in maniera indissolubile al Friuli, del Pignolo non si conosce con esattezza l’epoca della sua prima comparsa. Probabilmente fu nel Seicento, anche se le prime notizie si spingono fin al XIV secolo, mentre è certo che il suo luogo di nascita siano le colline in provincia di Udine dove la storia riporta la presenza delle viti di Pignolo presso l’Abbazia di Rosazzo dove, dalla fine del ‘700, viene citato come “vino nero eccellente” su diversi testi. Fu riscoperto negli anni Ottanta dopo il ritrovamento di alcuni antichi ceppi nelle vigne dell’Abbazia di Rosazzo, dove era presente un intero filare ormai quasi centenario, miracolosamente scampato all’attacco della fillossera.

Il nome trae origine dalla particolare conformazione del grappolo, serrato e compatto, tale da ricordare la forma cilindrica della “pigna”, con gli acini molto vicini, la buccia spessa, coriacea e molto pruinosa, di colore nero-blu intenso. Si tratta di una varietà a maturazione tardiva – di solito intorno alla metà di ottobre – presente e prosperante, nei vecchi impianti, ancora a piede franco, sul suolo di marne e arenarie che si sviluppa intorno ai paesi di Prepotto, Albana, Rosazzo e Premariacco. I terreni sono minerali, a base di marne e favoriscono mineralità e finezza nei vini, anche grazie ad una buona escursione termica.

Il tempo come alleato

E sebbene ciò sia vero per il vino in generale, non bisogna avere fretta col Pignolo che necessita, appunto, di tanto tempo per essere pronto e, sebbene vanti personalità travolgente in gioventù, col tempo esso modifica il suo temperamento ribelle e spigoloso – è dotato di robusta alcolicità, buona acidità e di una trama tannica fitta e decisa – trasformandosi in un vino maestoso, fatto per le grandi occasioni complice un fascino terziario e speziato unico nel suo genere. 

L’acidità, soprattutto, è il segreto della sua longevità. È per questo che la vendemmia avviene nella seconda metà di ottobre, in modo da permettere agli zuccheri di raggiungere una buona maturazione polifenolica. Pochi altri vitigni possono permettersi di spaziare fra note fruttate di frutti rossi e neri  sotto spirito a note di spezie, caffè, radici, fumo, tabacco, radici, liquirizia, humus, fungo e  accenti mentolati. Caldo, ricco e intenso sul palato, il tannino, finissimo e tagliente, regala profondità e stile. 

Eppure per realizzarlo ci vogliono attenzione, cura e passione; tutto diventa difficile quando si parla di Pignolo, tanto che per alcuni produttori è diventata una sfida che va ben oltre la valorizzazione dell’autenticità e delle origini di questo vitigno. Non è, infatti, un vitigno produttivo: i profitti che se ne ricavano non bastano a tenere in piedi una cantina, ma la soddisfazione spesso supera le aspettative, come si evince dalla degustazione qui di seguito.

Colli Orientali del Friuli Pignolo 2018 di Colutta

Dal comune di Buttrio, le uve sono leggermente surmaturate in piante, affina in piccole botti di rovere. Esprime all’olfatto note intense di frutta sotto spirito, cliegia, lampone, note di spezie, pepe, caffè, radici, tocco mentolato. Ricco, denso, carnoso, corposo. Tannino intenso, fa sentire la sua presenza, mascolino ma ben integrato. Buono l’allungo e la persistenza. 91

Friuli Isonzo Pignol Arbis Ros 2016 di Borgo San Daniele

12 mesi di affinamrnto in carati di rovere e 6 in bottiglia. Presnta un olfatto dai profumi precisi e finissimi. Intense le note di frutta sotto spirito marasca, mora. Seguono note di fumo, tabacco, radici, liquirizia, humus. Caldo, ricco e intenso sul palato, tannino finissimo che Friuli Isonzo Pignolo Arbis Ros 2016 di Borgo San Danieleegala profondità e stile. Finale con grande slancio e profondità. Un vino che si farà ricordare. 92

Friuli Colli Orientali Pignolo 2015 di Canus

Naso complesso e profondo. Note di marasca, prugna, more, floreale, speziato, felce, humus, sottobosco, fungo. Caldo, cremoso, ricco, tannino ancora presente, austero, ma ben integrato. Vino di buon spessore e profondità. 89

Friuli Isonzo Pignolo Quantum 2013 di Sant’Elena

Nasce su terreni alluvionali, ciottolosi, magri. Olfatto dalle sensazioni scure e profonde, more di gelso, prugna, marasca, seguono cuoio, spezie, caffè, tabacco dolce. Assaggio che mostra una materia calda e complessa, un tannino ricco e intenso, tutto senza eccedere, giocato sull’equilibrio. 89  

Friuli Colli Orientali Pignolo 2012 di Comelli

Vigneto sito nella frazione di Colloredo di Soffumbergo (Faedis) messo a dimora su rocce marnose-arenacee di origine eocenica, dopo la svinatura il vino riposa in botticelle di rovere francese per un periodo di circa 36 mesi. Sviluppa un aroma complesso,  da scoprire un po’ per volta: inizia con sentori di frutta rossa, prugne, mora, floreale di viola, violetta, fava di cacao, caffè, cuoio, vaniglia (esito dell’affinamento in legno). Il sorso è di grande fascino per compattezza, pienezza, potenza. Lunghissima la chiusura, col tannino che si fa ancora sentire. 90

Friuli Colli Orientali Pignolo 2008 di Cantarutti Alfieri 

Energico l’olfatto, gioca su note  di prugne e amarene surmature, sottobosco, humus, felce, fungo, sfumature balsamiche, richiami ferrosi ed ematici.Assaggio pieno di volume, complessità e densità. Tannini fitti ma dalla grana finissima. Allungo finale fresco e sapido. Vino di grande stoffa. 91

Laite: ristorante di confine

Sappada – o, meglio, Plodn – è una terra di confine, o di confini; si trova tra Veneto e Friuli, Cadore e Carnia, poco distante da Austria e Slovenia. In questo crocevia si trova il ristorante Laite, le cui pareti in legno e stufe in muratura – una parte dei locali risale al 1600 – rappresentano con autenticità quei meravigliosi luoghi di montagna. 

I due volti del ristorante, cucina e sala, sono Fabrizia Meroi e la figlia Elena Brovedani, quest’ultima erede del savoir faire del papà Roberto, scomparso prematuramente quest’estate. Una cucina radicata nel territorio – in cui il susseguirsi delle stagioni funge da metronomo – ma ricca di personalità, sì come quella di due altre cuoche che si trovano nelle vicinanze, Antonia Klugmann e Ana Roš, a comporre una triade femminile il cui livello imporrebbe di intraprendere un viaggio dedicato esclusivamente alle loro tavole.

Fabrizia Meroi: una cuoca equilibrista, custode del territorio

Il menù “Plissn” è il più articolato e gastronomico tra quelli proposti e consente di cogliere appieno la profondità della cucina di Fabrizia Meroi.

La prima direttrice, come si è detto, è l’intima sintonia della cuoca con i prodotti del territorio, evidente soprattutto in Salmerino, zucca, zenzero e miso di semi di zucca – in cui gli ingredienti secondari valorizzano ed amplificano la delicatezza del pesce – e Radicchio tardivo, Negroni, fiori d’arancio, saurnschotte e foie gras d’anatra, dove l’acidità e la componente aromatica del saurnschotte – un formaggio tipico sappadino contenente dragoncello – ben si sposano con la nota amaricante del radicchio e la grassezza del foie gras. 

Le vette più emozionanti del pranzo sono tuttavia rappresentate dai piatti in cui la chef si spinge in magistrali equilibrismi, come in Lumaca, cavolo nero, trombetta, cacao amaro e fiori di sambuco – un’ode alla terra, in cui la sapidità della cialda di cacao gioca un ruolo decisivo – Brodo di noci, uovo marinato e tartufo bianco – un passaggio goloso e rassicurante ma, nel contempo, sottilissimo nella capacità di esaltare al meglio il profumo e sapore del tartufo – nonché Anguilla, sanguinaccio, mandarino e aceto, un autentico capolavoro in cui la nota rancida del sanguinaccio, ostica se assaggiata singolarmente, si rivela la chiave di volta intorno alla quale ruotano gli altri ingredienti, per restituire un boccone di assoluta armonia ed eleganza. 

Quest’attitudine emerge limpidamente persino nel pre-dessert, Sorbetto di foglie di fico, ricci di mare, porcini, cioccolato bianco: note erbacee, di terra, dolci, iodate e feniche in perfetto equilibrio, per di più capaci di ripulire alla perfezione in palato in vista dell’ultima portata.

In conclusione, il Laite è indubbiamente un ristorante di cui non si parla a sufficienza e che merita di trovare posto nella lista dei desideri di ciascun appassionato.

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