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Bistrot

Il bistrot dall’animo gourmet di Andrea Mattei

Forte dei Marmi è stata tra le prime località della Versilia ad aver avuto un grande successo sin dagli anni ’60 e ciò ha inevitabilmente portato alla nascita di strutture ricettive e ristoranti che in alcuni casi fanno parte della storia della ristorazione italiana. Il Bistrot della famiglia Vaiani ha una storia che parte da lontano (iniziata negli anni ’70 con una storica trattoria) e, in un passato relativamente recente, è approdato a una cucina ricercata ed elegante grazie ad Andrea Mattei, Chef di origini versiliesi tornato nella sua terra dopo una formazione in giro per l’Europa. Questo locale, situato sul lungomare, è oggi una realtà rodata che riesce a proporre ristorazione d’alta fascia per un numero non indifferente di coperti durante tutto l’anno. In tavola arrivano principalmente proposte di mare che sono spesso abbinate ai prodotti dell’orto della Fattoria Vaiani, che la famiglia gestisce sulle colline lucchesi. Vegetali che, alcune volte, sono anche protagonisti assoluti come l’eccellente Cavolo romanesco cotto al forno a legna con corbezzolo e foglie di olivo.

Un’elegante cucina non solo di mare

Tra gli antipasti è difficile dimenticare i Calamaretti arrosto ripieni di crema di patate abbinati a una bietola dal sapore autentico: un passaggio elegante e bilanciato. Tra i primi piatti il Risotto al burro acido e liquirizia viene “impiattato” al tavolo e adagiato su seppie arrosto e puntarelle: un’esecuzione magistrale sia per la cottura del riso che per l’amalgama dei sapori armonici ma al contempo persistenti. Buona tecnica esecutiva che si riscontra anche nei Cappellacci di orata con ricci e funghi pioppini e nel Branzino, dalla cottura millimetrica, accompagnato a cime di rapa e sedano rapa, un passaggio meno ardito ma di indubbia bontà. Unico passaggio a vuoto il Polpo, in cui la cottura, a nostro avviso eccessiva, ledeva la croccantezza e la callosità tipica del mollusco.

Ben eseguiti e di stampo classico i dolci, vasta e personale poi la carta dei vini, mentre il servizio attento e cordiale è pronto a far dimenticare alcune disattenzioni dovute, probabilmente, alla gestione dei tanti coperti.

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Ritorno all’eleganza

Villa Grey, novecentesca dimora sita sul lungomare di Forte dei Marmi, è un’oasi di sobria eleganza; un rifugio accogliente che riporta l’avventore ai tempi d’oro del Forte, quando la Versilia era meta prediletta del turismo nostrano e i menù non erano ancora tradotti in cirillico. È in questa cornice che trovano spazio l’osteria pieds dans l’eau, dedita alla preparazione di pranzi e aperitivi da gustare direttamente sulla spiaggia di proprietà, e Il Parco di Villa Grey, ristorante stellato dell’omonimo Boutique Hotel.

Un ambiente rasserenante quest’ultimo, dipinto di calde sfumature tortora nella sala interna e nella nuovissima veranda, ambienti impreziositi da un rigoglioso déhor che in estate rappresenta un’oasi nell’oasi, promessa edificata di far raggiungere la pace dei sensi all’avventore.  

Al ristorante, il recente passaggio di consegne ha portato nella brigata un profondo rinnovamento. Oggi, al posto di Daniele Angelini, troviamo in cucina Roberto Monopoli. Classe ’84, di origini pugliesi, lo chef ha messo a segno diverse esperienze pluristellate: da Caino a Montemerano, da Claudio Sadler a Milano, con Alain Ducasse quando questi patrocinava L’Andana, a Castiglione della Pescaia, e infine da Giuseppe Mancino del Piccolo Principe di Viareggio.

Un evidente sodalizio quello con il ristorante viareggino, tanto che la sala de Il Parco di Villa Grey è oggi governata da Fabio Santilli, già maître presso il suddetto. Un cambiamento che si avverte chiaramente una volta che si prende posto al tavolo: il personale di sala, composto da una squadra giovane e sinceramente appassionata, ma con ancora qualche grossolanità da raffinare, è diretto a bacchetta dal maestro e l’atmosfera è un po’ quella che si respirava dietro i banchi di scuola, quando nell’aula aleggiava quella tensione dovuta all’interrogazione imminente e il panico colpiva un po’ tutti, dai più ai meno preparati. Agitazione che tuttavia risparmia l’alunno più brillante, Luca Florio in questo caso, l’abile sommelier in grado di mettere l’ospite a proprio agio con la sua squisita gentilezza e di suggerire abbinamenti davvero ben congegnati.

Un accento internazionale

La cena prende il via con gli scampi in olio cottura, battuto di mango e seppie all’aceto di mele. Un accostamento saporito, dove però il mango tende a prevaricare sulla delicatezza degli altri ingredienti. Molto interessante, invece, la doppia cottura del calamaro confit accompagnato dal suo nero, sebbene l’accostamento alla cicoria non sia del tutto convincente.  Il piatto più interessante della serata sono gli gnudi di ricotta, burro e salvia, Parmigiano croccante e spinaci. Il classico della tradizione toscana è qui scomposto e riproposto in una veste deliziosamente fresca che ne esalta al meglio ogni ingrediente. Divertente anche il gioco di consistenze, con il cuore morbido di ricotta che si scontra con la croccantezza degli spinaci e della cialda di Parmigiano Reggiano; l’uso di pochi ingredienti dai sapori decisi e i diversi giochi di consistenze rendono il piatto intrigante. Dai sapori netti sono anche il baccalà con piselli e la pluma Iberica con purea di zucchine alla menta; piatti ben eseguiti e piacevoli, seppur lontani dai lidi di Forte dei Marmi.

La cucina di Roberto Monopoli parla italiano, ma l’accento è internazionale. Una proposta che certamente strizza l’occhio alla clientela estera che bazzica questi luoghi, con ingredienti blasonati e di eccellente qualità, che tuttavia non attribuiscono specifici connotati alla cucina. Tenendo ovviamente conto di tutte le difficoltà apportate dal momento storico e dal recente cambio di personale, la sensazione che si ha è che sia ancora in atto un rodaggio i cui esiti al momento sono incerti, ma che in futuro potrà regalare deliziose sorprese.

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La Versilia autentica e vera nel piatto

La storia del bistrot è, come spesso accade in Italia, la storia di una grande famiglia italiana. Piero Vaiani, il capostipite, che è mancato lo scorso novembre, ha lasciato in eredità alla sua famiglia e in particolare ai suoi due figli un vero e proprio impero gastronomico dell’eccellenza, composto da ben 4 locali e una azienda agricola che produce gli elementi fondamentali, oltre al mare, altro grande alleato, per elaborare ciò che viene portato in tavola.

Un impero che spazia dal locale popolare di pesce, da oltre 1000 coperti al giorno in alta stagione, al bistrot raffinato, al sushi-corner in spiaggia per terminare con la punta di diamante, lo stellato Bistrot appunto. Ed in questo gruppo così variegato e strutturato, che sicuramente aiuterà in questi periodi difficili, il Bistrot, oggi guidato da una coppia d’oro è una vera oasi di piacere gastronomico. I due Andrea, Salvadori in sala e Mattei in cucina, sono due autentici fuoriclasse che si completano a vicenda.

Una sala giovane, dinamica, attenta e molto presente dialoga con una cucina classico-innovativa che ha una cifra stilistica davvero interessante. Uso calibrato delle sapidità, mai di troppo e sempre in sottrazione, accompagnata da discrete acidità donano ai piatti una eleganza e una raffinatezza uniche.

L’emblema sicuramente di questa stilistica è sicuramente il risotto, che invita a ordinarne un altro per quanto è goloso, bilanciato, intrigante. Ma ciò che sorprende è l’intensità della razza nei ravioli con ricci di mare, usati come spezia a condurre il gusto. E potremmo continuare così, su tutti gli altri piatti del menù. Anche i dolci, di buona tecnica e fattura, ci hanno pienamente soddisfatto.

Ottimi anche i secondi di carne, come il maialino, e ottime tutte le verdure in accompagnamento, che arrivano integralmente dalla tenuta agricola di proprietà del gruppo situata nella campagna lucchese.

Una valutazione lievemente arrotondata per difetto, quella di oggi, che invita a una visita in questo splendido luogo della Versilia più vera e più autentica.

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La luce del Lux Lucis

Lux Lucis è un locale elegante, situato nel rooftop di un prestigioso albergo, diviso fra zona lounge bar e zona ristorante, con una bellissima vista a 360° sulle montagne e sul mare. La luce è padrona della scena: il locale è tutto vetrate e ha anche una bella terrazza. È tutto a vista, come la bella cucina dove va in scena la brigata di un giovane talentuoso e gentile chef, di origine modenese, ora trasferitosi a Forte dei Marmi.

Prendendo proprio spunto dal viaggio che lo ha portato da Modena a Forte, ha creato il suo menù più completo: “On the road. Via Vandelli”: una strada già percorsa dal Duca Francesco III d’Este e da lui fortemente voluta per arrivare, da Modena, fino al mare, appunto. Per lo chef, un viaggio nel tempo e nello spazio, alla ricerca dei sapori delle due terre, Emilia e Toscana che descrive come uno “stimolo di contaminazione e di invito, al confronto, al melting-pot, alla lenta osservazione che il camminare lento può donare”. Il menù viene presentato quindi senza descrizione dei piatti, ma solo con dei nomi di fantasia e relativo collegamento “geografico”. 

On the road

Si inizia con degli stuzzichini, portati a tavola, per poi spostarsi ad una sorta di chef’s table: un bancone confinante con il pass, dove si ha il piacere di fare conoscenza dello chef e sentirlo presentare una interessante batteria di assaggi, un compendio della sua storia “in pillole”. È proprio da qui che si parte con il viaggio, da Modena, con la consegna nella mano di un tortellino al parmigiano e aceto balsamico con capperi e profumo di Versilia. Si torna poi a tavola e da qui si procede verso le montagne, con la sessione dei piatti di terra, in una contaminazione fra carni, insaccati, erbe, radici e  verdure. Qui si tocca la vetta del percorso con un petto di anatra selvatica “dry-aged” con sugo di prosciutto, polvere di mango e abete: un piatto eccellente per la consistenza e il sapore della carne e la spinta ulteriore degli altri elementi. Scendendo poi dalla montagna al mare si passa ai piatti di pesce, con contaminazioni di terra e di frutti esotici; la cappasanta si presenta con una originale crosticina e si accompagna da una “carbonara” fatta dal suo corallo e ricci di mare, con erbe amare, davvero gustosa. Il pre-dessert è il piatto più fusion: Deep Ramen, un soba alle mandorle e vin santo con brodo di scampi e anguria. Il dessert Giro giro tondo va a chiusura del cerchio Modena-Forte, e difatti vi si ritrovano i vari elementi che hanno caratterizzato tutto il viaggio.

Si tratta di una cucina elegante: il percorso e il pensiero che sta dietro a questo menù degustazione è intrigante, identitario, ricco in personalità. Il servizio è una macchina da guerra: gira tutto alla perfezione. 

Come area di miglioramento, c’è solo da dire che la parte di terra è decisamente più forte rispetto a quella di mare; in ogni caso, è un viaggio da fare con la mente, e il palato, ben aperti.

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Una conferma nella turistica Forte dei Marmi

Nella piccola cittadina versiliese di Forte dei Marmi -meta mondana estiva per eccellenza- sorge un ristorante che varrebbe la pena essere visitato ben al di là del periodo vacanziero. È il ristorante Lux Lucis dell’Hotel Principe Forte dei Marmi, totalmente rinnovato all’inizio del 2017. Ora, una grande e scenografica cucina a vista si affaccia sull’elegante sala, dalle cui vetrate si intravedono le Alpi Apuane. Lo chef Valentino Cassanelli, classe 1984 e di origini modenesi, vanta importanti esperienze londinesi e milanesi -fra tutte Locatelli e Cracco– prima di approdare in Versilia nel Febbraio 2012, dove dà vita al ristorante più importante della struttura. Propone, fin da subito, una sua personale rivisitazione della cucina del territorio natale e di quello locale, in abbinamento alla ricca carta dei vini a cura del preparatissimo Sokol Ndreko, sensibile anche al mondo della mixology, come dimostrato dal cocktail a noi preparato.

Molte lucis, poche ombre

Fra i tre menu disponibili ne spicca uno per la suggestività: On the road, Via Vandelli, dal nome di una storica strada che collegava Modena e Massa. Un viaggio gastronomico -raccontato in una cartina consegnata prima della cena ad ogni commensale- che ripercorre all’inverso il percorso dello chef: da Forte, con i sapori della terra d’acquisizione, la Toscana, a Modena, con i ricordi dell’infanzia emiliana.

L’inizio è un tripudio di omaggi dalla cucina, fra i quali si distinguono il succoso e saporito Pomodoro marinato al Virgin Mary (sale, pepe, tabasco e salsa Worcester), uno degli iconici amuse-bouche del ristorante, e il Tacos di patata con maionese alla liquirizia, alice marinata, midollo e caviale. Un interessante cocktail al ricordo di chinotto, a base di Champagne Beaufort e china marinata nel lemongrass, preannuncia un lungo menu contraddistinto da un fil rouge comune. Nei piatti dell’intero percorso non si ritrova mai l’esaltazione di un sapore a dispetto degli altri, quanto piuttosto un equilibrio palatale piacevole e delicato, che ricorre sia nel fronte salato sia in quello dolce. La cucina dello chef, mai scontata né già vista, mostra il suo lato migliore nei cremosi e agrumati ravioli di ortiche, canocchie di mare e limone salato (Versilia campestre), nella realizzazione di un ottimo risotto a base di farro (Falling in Garfagnana), e nell’accostamento fra i sapori ematici dell’anatra e quelli sapidi del riccio di mare nel piatto Sulla vetta, cielo, mare e terra. A questo, non possono che unirsi le note liete della coda di rospo alla vaccinara di bue, il tortellino dolce e la piccola pasticceria a tema -e a base- frutta.

Durante il percorso, abbiamo notato qualche piccolo incidente, come il Marmo di canocchia, in cui il gusto del ripieno crudo era sovrastato dal guscio di burro di cacao, e la bibita con infuso di erbe aromatiche della Garfagnana e mirtilli, che non teneva la dolcezza della rana pescatrice.

Stiamo, però, parlando di dettagli, di un’esperienza che ci sentiamo caldamente di consigliarvi.

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