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L’antica latteria ErbaVoglio

I formaggi più buoni della Vallée

Rue Monseigneur de Sales 14, Aosta. Un indirizzo da segnare, sottolineare e custodire fino a quando non si presenta l’occasione di recarsi in Valle d’Aosta. In questa deliziosa viuzza del centro storico, proprio ai piedi della cattedrale, si trova infatti una realtà rara e preziosa, tappa obbligata per i cultori del formaggio e più in generale del buon cibo. Si tratta di Erbavoglio – Antica Latteria, una bottega che al suo interno raccoglie tutti i migliori prodotti della regione.

Il proprietario, Stefano Lunardi, è uno dei migliori affinatori di formaggi d’Italia e di queste mura ha fatto il suo personale laboratorio. È nella cantina, infatti, che decine di forme riposano sugli scaffali, mentre silenziosamente avviene la loro maturazione. Piccoli capolavori di gusto che una volta intagliati e adagiati in vetrina, svelano l’oro del fieno che ha nutrito le bestie e gli aromi intensi sapientemente esaltati dal processo di affinamento. Non appena si varca la soglia del bel negozietto, è un tripudio di colori e profumi, una festa sensoriale.

Fontina d’alpeggio e altri 99 formaggi

Spicca la tradizionale Fontina, che qui è possibile trovare di differenti stagionature, inclusa l’estrema Fontina d’alpeggio stagionata due anni e mezzo, che si presenta con una texture simile a quella di un Parmigiano ed è perfetta da grattugiare. Imperdibile il ‘Coquadar’, un simil-taleggio valdostano frutto della storia d’amore tra i produttori (aostano lui e lombarda lei) e dell’unione delle rispettive tradizioni casearie, prodotto con il poco latte fornito dai loro venti capi di vacca autoctona ‘Castana’ pascolati a 1800 mt di altitudine, in località Gimillan. E ancora caprini freschi e stagionati, Robiola di pecora e crottin.

Tutt’attorno al banco che raccoglie oltre cento varietà di formaggio, gli scaffali sono gremiti dei prodotti tipici del territorio: vini, prodotti da forno, conserve di ogni genere. Il grandissimo valore aggiunto è dato dal processo di selezione di ognuno di questi prodotti, che Stefano scova setacciando il territorio, conoscendo i piccoli produttori che mirano alla qualità senza compromessi e scegliendo infine di accogliere nel suo tempio del buon gusto solo i migliori. Una filosofia che attua una concreta promozione culturale, permettendo di scoprire la regione nella sua veste migliore e di dare valore all’intera filiera.

Un circolo virtuoso, che fa bene a tutti

Sebbene infatti i prodotti in vendita ricomprendano anche alcune primizie e specialità extra-valdostane nell’ottica di garantire un’offerta più completa, la stra grande maggioranza dei prodotti arriva dalla regione. Stefano ricorre poi agli artigiani locali per realizzare le proprie idee, come nel caso delle splendide scatole di legno realizzate a mano da una ditta di Gignod (AO), delle quali si serve per la degustazione dei suoi formaggi. O ancora organizzando eventi che coinvolgano i ristoratori e i produttori del posto, così che anche i più piccoli abbiano l’occasione di farsi conoscere e che gli avventori scoprano questa terra attraverso le sue eccellenze.

L’idea è quella di realizzare un circolo virtuoso che vada a premiare l’artigianalità e la qualità, permettendo al pubblico di scoprirne il valore e facendo sì che esso sia giustamente remunerato. In questo modo, infatti, è possibile sostenere i piccoli produttori, che con grandi sacrifici che troppe volte ignoriamo portano sulle nostre tavole dei prodotti unici e altrimenti introvabili. Uno stimolo a far bene, a godere delle bontà della Valle d’Aosta e a custodirne la ricchezza, attraverso la scelta mai facile di portare in alto la bandiera dell’eccellenza qualitativa.

L’ “agriturismo” ideale dei gourmet e degli influencer

Durante il weekend c’è un tratto di strada con una fila di macchine incolonnate che si protrae per una ventina di minuti alle porte di San Pellegrino Terme, subito dopo Bergamo, prima di raggiungere Lenna, nel cuore della Val Brembana. Poi, parcheggiata l’auto si percorre un piccolo ponticello sul fiume Brembo e, finalmente, si accede nel regno di Ferdy. Agriturismo curatissimo in cui la bellezza del luogo viaggia pari passu con la qualità del cibo proposto.

Un posto che è lì dal 1989 ma è da poco tempo che ha iniziato a far clamore con un tam tam mediatico da fare invidia alle migliori tavole d’Italia. Merito – oltreché dei Ferragnez (al secolo la coppia Chiara Ferragni e Fedez), estimatori del Ferdy – anche del cambio generazionale, Nicolò che è il patron e responsabile di sala, che è stato in grado di valorizzare tutto ciò che ruotava attorno all’agriturismo di famiglia, rendendolo un luogo di semplice e misurata eleganza.

Ferdy oggi è l’espressione più nitida dell’idea di agriturismo “evoluto” in cui il rapporto simbiotico tra natura, animali, montagna, cibo e territorio non prescinde da specifici elementi quali amenità e cucina – che non disdegna passaggi sofisticati atti a salvaguardare il gusto di una ottima materia prima locale – anch’essi ripensati nel loro concetto più comune e calato perfettamente nel contesto bucolico-familiare dell’agriturismo. Non è un caso la lunga lista d’attesa di oltre tre mesi per prenotare un tavolo durante il weekend.

L’autoctono e il kilometro zero autentici …

Qui vengono allevati animali autoctoni come la Bruna Alpina e la Capra Orobica dalle quali vengono autoprodotte prelibatezze gastronomiche a metro zero e basso impatto ambientale. Si predilige un percorso enogastronomico che valorizza in cucina l’ingrediente, innestato tra i sapori stagionali di montagna, nel quale anche le erbe spontanee (trasformate con processi di lavorazione naturali per la tavola – infusi – e per la cosmetica) hanno un ruolo di prim’ordine. E, ancor prima di addentrarsi nella cucina, merita assoluta attenzione menzionare il lavoro fatto per portare a tavola meravigliosi formaggi, salumi di qualità e la ricerca di piccoli vignaioli che svolgono, sperimentando, un interessantissimo lavoro con i vitigni lombardi.

Il retaggio dell’agriturismo viene qui filtrato nella sua essenza: si resta soddisfatti da una cucina di prodotto e territorio in sorprendete evoluzione e al passo coi tempi, avvantaggiata da tutte le attività collaterali che una tavola di montagna ricercata oggi richiede (foraging, su tutte) e che completano il quadro della preziosa materia prima utilizzata nelle preparazioni.

Una partenza rassicurante con “pa, formai e salam” e una fantastica giardiniera e sott’aceti, un meraviglioso burro e qualche assaggio tecnicamente più audace sono il giusto preambolo per introdurre i piatti principali che si concedono tocchi moderni e lavorazioni tecniche volte ad alleggerire le ricette della tradizione.

È un peccato che durante weekend e festivi, a pranzo, venga servito soltanto un menù fisso con piatti più tradizionali rispetto a quelli presenti in carta che abbiamo provato e apprezzato maggiormente in altre visite come La cruda Alpina Original – battuta di Bruna Alpina, essenza di rapa rossa, rais dulcia, primule – o l’evocativo La me Aca, riso al latte, salsa di romice, fondo bruno e cacao in purezza. Piatti di tenore e di levatura differente ma con l’impiego di ingredienti sempre il più possibile autoctoni e di qualità eccelsa.

Suggellano l’esperienza una carta dei vini strutturata e ricercatissima che privilegia, come detto, produttori ed etichette di nicchia e naturali, poche stanze in cui sostare, un piccolo centro benessere, un piccolo maneggio e gli animali, alcuni dei quali a libero pascolo. Un luogo ideale per famiglie e bambini.

La galleria fotografica:

Lo sguardo illuminato del bottegaio ci ha sempre affascinato.
Fare della vendita la tua missione non deve essere una cosa facile. Capire al volo il cliente appena varca la porta e proporgli di conseguenza i prodotti a lui più indicati: roba da psicologi veri.
Capita il cliente più curioso, quello che mostra un interesse in più della media, ed ecco che il bottegaio bravo diventa un fiume in piena: racconta, fa assaggiare, coinvolge. I suoi occhi si accendono alla ricerca di una carica empatica insperata.
Lo sguardo di Massimo Casciaro, patron di questa Bottega in centro a Sappada, trasuda passione.
Quello che raramente viene colto dal visitatore occasionale, entrando in locali come questo, è il lavoro che sta dietro la scelta di ogni singolo formaggio, ogni singolo salume proposto al bancone.
Ricerca, prove, assaggi, sinergie con i produttori più validi. Senza dimenticare l’affinamento del formaggio stesso.
E’ una vera promozione del territorio, con i suoi prodotti “panda”: quelli che nessuno ha sentito nominare, ma che appena messi in bocca ti aprono un mondo.

Come il prosciutto della tradizione sappadina, da maiali allevati in malga con un sistema di alimentazione naturale fatta di siero e sfarinati. Nasce come prosciutto sgambato, speziato e non sugnato. Un grande prodotto, che unisce la dolcezza del prosciutto all’affumicatura dello speck. Rispetto ad un prosciutto con osso, ha un invecchiamento più veloce, subisce 2-3 muffe invernali in cantina per poi maturare in soffitta a quota 1400 m. d’altezza.
Da non perdere assolutamente, una vera chicca.
Ma non è montagna senza qualche prodotto di selvaggina, come il prosciutto di cervo o lo speck di cinghiale.
Che dire delle braciole e gli stinchi di maiale affumicati? Ed ancora le pendole (carne secca di maiale) e la petuccia (salame di manzo e maiale arrotolato nella farina di mais e affumicato)?
Storia di un popolo e delle sue abitudini.
Altro capitolo importante: i formaggi di malga. Da pascoli tra i 1500 e i 1800 metri, una bella selezione di formaggi a latte crudo a diverse stagionature a seconda del periodo dell’anno: dai freschi disponibili da luglio, fino agli stagionati della stagione estiva precedente.

Ci ha però conquistato un formaggio affinato con foglie e fiori di sambuco: elegante e profumato, come una passeggiata in un grande campo fiorito.

Altre possibilità sono l’Hai Kase (vaccino e caprino maturato nel fieno), il Palukase (caprino maturato in grotta con aromi alpini) o la ricotta affumicata.

Birra? La Zahre di Sauris, notevole quella alla canapa.

Qualche barattolo di funghi sott’olio o secchi e magari un’altra bella chicca, il radicchio di montagna.


Spesa fatta.
Sappada è certamente nota agli appassionati gourmet per il Laite, ma prima o dopo la visita al ristorante, la Bottega di Massimo e Michela è una sosta da non mancare.
Fatevi mettere tutto sotto vuoto, la montagna vi accompagnerà a tavola per le settimane successive.




Recensione ristorante.

Il buon Luigi Cremona ci sorprende sempre. E chi l’avrebbe detto che qui, in pieno ghetto Ebraico, da qualche mese è stata aperto un negozio/bar à vin con una delle più raffinate, ricche ed importanti collezioni di formaggi di qualità d’Italia, non solo di Roma ? (altro…)