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Paul Bocuse

Chef Paul Bocuse

Lungo il percorso che, dalle sale dell’Auberge du Pont de Collonges, porta verso la salle de bains, s’incontra, sulla destra, una stanza che ospita i prodotti del merchandising targato Paul Bocuse. Accanto a bottiglie, canovacci e prodotti culinari, è difficile non far caso, sugli scaffali, a una non minuta serie di statuette, busti e icone, talvolta di gusto non esattamente cristallino come il dipinto qui sotto, esposto in compagnia di alcuni storici menu preparati per eventi di una certa rilevanza nazionale.

Chef Paul Bocuse

Il ghigno diabolico nei confronti del, chiamiamolo così, diverso understatement transalpino, a quel punto sarà già scattato, inevitabile, se non durante l’attraversamento del Pont Paul Bocuse, alla vista di uno dei numerosi cartelli (quelli stradali, che di solito segnalano le città) indicanti la distanza della celebrità locale da vari punti dei Quai della Saône.
Poi però si fa una piccola raccolta di informazioni. Si scopre, per esempio, che l’impero Bocuse dà lavoro a circa 700 persone. Non tutte in Francia, ovviamente, dato che una parte minore delle attività si svolge in Giappone e negli States.
Comincia però ad insinuarsi il dubbio che tutte le celebrazioni, talvolta dangerosamente confinanti col culto della personalità, in fondo non siano così lontane dall’avere una giustificazione plausibile.
E allora i busti, gli allori, la collezione di medaglie e onori degna di un Generale dell’Armata Rossa, persino quell’ Ultima Cena che grida vendetta, e non certo nei confronti di Giuda, prendono tutto un altro colore.
La Francia ha d’altronde ben chiaro, e non dall’altroieri, il ruolo tanto culturale quanto commerciale che la gastronomia può rivestire per il Paese, e non è certo ironizzando sulla dedica a Giscard d’Estaing di una zuppa di tartufi che si cancellerà il fatto che Oltralpe, nel 1975, mentre il resto del mondo restava in attesa di svegliare la propria kundalini gastronomica, un cuoco veniva insignito della Légion d’Honneur.

Chef Paul Bocuse

Sono ormai quattro volte venti e otto le primavere sulle spalle di Paul Bocuse, e lo chef ha recentemente dovuto allontanarsi dal ristorante che è casa sua dal lontano 1926 a causa di qualche acciacco di troppo, ma non per questo il veterano dei cucinieri francesi ha smesso di estendere i confini del proprio impero.
E’ di recente apertura infatti, accanto ad una delle brasserie targate PB che punteggiano Lyon, un fast food che porta in una dimensione a misura di tutte le tasche prodotti di grande qualità, come le carni che si ritrovano nei pregevoli Hamb..pardon, César. Non bisogna del resto dimenticare che la dimensione ludica e popolare non è mai stata assente dalla cucina di Bocuse; egli è stato, sì, fra i pionieri della nouvelle cuisine, adottando uno stile che ha fatto proprie la cuisine du marché e la tendenza all’alleggerimento delle pietanze del suo maestro e mentore Fernand Point (anche se ci pare che, in senso più stretto, degli allievi di Point, Bocuse sia quello rimasto più a contatto con la cucina classica), ma ha anche vissuto una parte consistente della propria formazione culinaria presso Eugénie Brazier, colei che aveva portato ai massimi livelli ancor più che la cucina lionese, la cucina dei lionesi.
E se è vero che i piatti che hanno proiettato il nome di Bocuse nel mito, prima ancora di lasciare questa valle di golosità, sono gli stessi da almeno tre decenni, è altrettanto innegabile che la loro dimensione non sia terrena, ma già quella eterna della leggenda. E mettere in discussione questo monumento vivente, cristallizzato nella Storia della cucina così come i tre inossidabili macaron appuntati a Collonges dal lontano 1965, suonerebbe assai più grottesco che rivoluzionario, come recensire la partitura della Sacre du Primtemps oggigiorno invece che dedicarsi alle creazioni dei compositori contemporanei.

Come il talento ai fornelli anche la professionalità del personale di sala può avere molte e diverse manifestazioni. La sopportazione per esempio è senz’altro una qualità di cui un ottimo maitre o commis dev’essere dotato in misura ampiamente superiore alla norma. Alla Mère Brazier i camerieri, veloci e felpati come un manipolo di ninja in abito da sera, sono ben selezionati, e ciò permette loro di assistere, non senza una punta di silenzioso divertimento, allo spettacolo inscenato dai due russi al tavolo a fianco al nostro. Dalle telefonate ad alta voce, a scene raccapriccianti come il sommelier evocato con schiocchio delle dita e costretto a bere dai bicchieri di entrambi per verificare il diverso stato dello champagne (neanche costosissimo, ragazzi, potevate fare di meglio), a salire con reboanti moti di gradimento fino alla conclusione con l’immancabile rovesciatamento della bottiglia nel secchiello come nei peggiori cinepanettoni, non ci è stato risparmiato alcun numero tra quelli nel manuale del piccolo oligarca.
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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Le proiezioni della mente, quelle che ti fanno vedere quello che vorresti vedere e anche quello di cui faresti a meno.
Il tutto e il contrario di tutto, come nei sogni, quando le paure e i desideri sembrano concretizzarsi.

Può succedere anche di giorno, mentre viaggi a occhi aperti, come se un incubo ti convincesse che da Nizza a Cannes possa ininterrottamente nevicare a tappeto per ore, oppure come se un desiderio fosse in grado di spingere via il tuo vicino di poltrona di TGV perché il suo alito puzza insopportabilmente di aglio , e quando non ne puoi più riesci addirittura a materializzare una ragazza gentile ma autoritaria che sale sul treno a Tolone e te lo elimina , perché quella poltrona l’aveva prenotata lei. Proprio quella , la 27 della vettura 15 dell’ 11 febbraio.

La mente che ti ha perennemente convinto che la motrice del treno e le poltrone devono essere sempre rivolte nella medesima direzione di marcia, se no stai male. E invece succede che un TGV decida, contro le tue legittime aspettative, di andare piano piano fino a Marsiglia , ma con la motrice e la tua poltrona che stanno ai patti , coerenti ai tuoi desideri, e che poi da Marsiglia a Lione ti si rivolti contro, ripartendo al contrario e facendoti ritrovare di spalle all’andatura di 300 all’ora per il resto del viaggio con lo stomaco sgonfio come un palloncino della fiera.

La ragazza che hai visualizzato, che è incredibilmente carina e simpatica, che ti sorride , che ti offre addirittura un bonbon ; quella acqua e sapone ma molto tecnologica, che inforca disinvolta un paio di cuffie, apre il pc e condivide con te un filmone americano spaccamaroni che la fa prevedibilmente addormentare e confondendo forse i tuoi sogni con i suoi si appoggia istintivamente sulla tua spalla.
L’imbarazzo della mente la farà sparire nel nulla, come al risveglio dopo il sogno.

L’ambiguità della mente che ti farà friggere i pensieri fino al raggiungimento del tuo obiettivo, lì, dove volevi finalmente arrivare in quella giornata onirica.
Volevi andare alla Mére Brazier! Un posto che è esistito e non c’è più. Volevi quello che non c’è , quello di cui hai letto , quello che ti ha fatto sognare, da quella donna che si conquistò addirittura 6 stelle Michelin oltre mezzo secolo fa.
Bene , ci sei arrivato, ma la tua mente ti ha ingannato, e così ti sei perso di vista tutto il resto.

Ma no, anche li c’è una cancellatura. Un contraddizione, la Rue Marceau è sparita , adesso si chiama Rue Eugenie Brazier, in omaggio alla regina delle cucine, però il ristorante esiste veramente, è lì , all’angolo con Rue Royale, coraggio, entra , perchè la cucina anche se non sarà proprio da sogno avrà il medesimo fascino del viaggio.

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