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Vitique

Il ristorante di Santa Margherita

Una piccola gemma nascosta, questo Vitique, ristorante ed enoteca di Greve in Chianti, amena destinazione incastonata nel sacrario del Chianti Classico, dove gli ambienti confortevoli e raffinati, ricavati all’interno della distilleria storica Bonollo, si uniscono alla florida bellezza del paesaggio, ammirabile dal curatissimo dehors, per un insieme di grande fascino.

Vitique è l’esperienza in ambito ‘ristorativo-bistrot’ di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, storica firm nata nel 1935 dalla visione del Conte Gaetano Marzotto, che fin da allora credeva in un’agricoltura moderna, capace di mixare sapientemente uomini, natura e tecnologia. Prosecchi pionieristici già negli anni ’50 e, poco dopo, un Pinot Grigio che fa tuttora storia, anche nei tentativi di imitazione. Dieci le tenute condotte ora, che vanno per l’appunto da Santa Margherita, a Kettemeir, in Alto Adige, a Cà Maiol, affacciata sulle sponde del Lago di Garda, a Lamole di Lamole, imprescindibile etichetta del Chianti Classico, a Cantina Mesa, l’icona del Sulcis. La forte emanazione viticola, comunque, non deve trarre in inganno, Vitique è tutt’altro che un flagship store: nelle luminose sale che alternano legno e corten, infatti, si perseguono consistenti idee di territorialità con un occhio strizzato alla sperimentazione.

Cucina (e sala)

Il merito va indubbiamente ascritto all’executive chef Antonio Guerra, bel talento brianzolo (ma pugliese di origine) che nonostante la giovane età vanta un curriculum di tutto rispetto, maturato a fianco di Luigi Taglienti, presso il Lume di Milano – una stella Michelin – a Giancarlo Morelli, una stella Michelin, anche lui e storico imprenditore, passando per Antonello Sardi, presso la Bottega del Buon Caffè di Firenze, seminale locale fiorentino di Relais Borgo Santo Pietro, anch’esso insignito di una stella.

Iniziamo con un elogio alla sala: mise en place davvero di eccellente livello, coordinamento perfetto delle uscite e tempismo impeccabile nella risposta ai solleciti, bravissimo Francesco e bravo Dario Nenci, restaurant manager. Il bonus è che l’ambiente è davvero confortevole, 200 metri quadri morbidamente avvolti in tonalità pastello che inducono, senza forzature, a chiacchiere sottovoce, subordinandole all’esperienza.

La quale inizia, da par suo, coi panificati, Focaccia all’olio e pane con lievito madre golosissimo il cui sapore è amplificato dall’olio di Lamole di Lamole, anch’esso prelibato, e dal burro salato, misuratissimo. Iniziamo con gli amuse-bouche, che alternano consistenze a sapori con bella armonia, con interessante vena sperimentale soprattutto nella Crème brûlée di foie gras, davvero godevole, e Tacos di guancetta assai gustosi.

Arriviamo ai primi piatti con una delle ‘firme’ di Antonio, Pane ricci e pomodoro, avventuroso pellegrinaggio sulla falsariga di un classicone locale, dotato tuttavia di punte acido-salmastre mozzafiato, tanto da farlo immaginare piatto estivo, da consumare vista mare e allietati da correnti iodate; tuttavia anche, magicamente, comfort food da giornate uggiose. Proseguiamo con il battuto di coniglio, il Coniglio 2020, forse il piatto meno convincente del pranzo, leggermente anonimo come sapore in uscita, con una punta forse eccessivamente sapida sul finale.

Proseguiamo con il bell’accostamento del Seppia e spugnole, altra creazione ormai entrata in heavy rotation qui al Vitique, ancora a giocare sull’equilibrio salmastro-sapido con successo. Ottima invece la Guancetta da latte brasata con salsa barbecue e prezzemolo, ancora bello l’accostamento e l’equilibrio delle due salse, con la squisita materia prima a fare da morbido ponte (dalla perfetta cottura) tra parte tannico-sapida ed officinale. Si conclude con una bella Insalatina di finocchi ed arance a sgrassare e una notevole Zuppetta di zabaione, che precede un obbligatorio assaggio di Vin santo e caffè (perfetto) e mini-pasticceria (gustosissima).

In conclusione, va detto che la carta dei vini, coi vini del gruppo, merita pienamente muovendosi tra tradizione e innovazione con grande ricerca della pulizia tecnica. Quanto alla cucina, l’impressione è che Antonio Guerra abbia nel suo DNA la volontà di interpretare una proposta in cui la sperimentazione sia al servizio dell’esperienza. Un’esperienza in cui l’alta cucina non trascura la concretezza della trattoria. Restate sintonizzati, perché sicuramente ne vedremo delle belle!

La Galleria Fotografica:

Creatività ed empatia

Potrebbero esistere tante definizioni di creatività e, forse, nemmeno una di esse sarebbe esaustiva. Oggi vogliamo discostarci dalla moda opinionista che imperversa pazzamente in ogni canale di comunicazione e preferiamo incontrare due figure. Due persone, che hanno strizzato l’occhio alla creatività un po’ per desiderio e un po’ per necessità, e che in questo particolare frangente storico rivelano la somiglianza dei loro profili, vestendosi più che mai dei riconoscibili panni dell’enotecario.

Gabriele Galli e Marco Stano sono precisamente questo nella vita: sono enotecari. Vendono vino al dettaglio, seppur utilizzando fino ad ora due canali differenti. Se il primo, infatti, ha scelto di aprire il proprio ecommerce Winedoor, il secondo ha preferito la concretizzazione stanziale e ben radicata a terra delle sue Enoteche Hic. Diversi? Forse, ma forse la figura picassiana dell’enotecario presenta entrambe queste sfaccettature, disegnando l’immagine di una passione in atto capace di trasformare un meccanismo in un gesto.

Gabriele e Marco sono cresciuti nel tempo con le proprie attività, affrontando quelli che sono stati i rispettivi limiti e le difficoltà. L’ostacolo odierno si chiama Covid-19 e, questa volta, li accomuna entrambi. Un cambiamento, dunque, si è reso necessario sia per loro che per i loro clienti.

C’è stato un aumento di lavoro oltre le aspettative – afferma Gabriele – si può dire che sia addirittura raddoppiato”. Una curva esponenziale che è sicuramente apprezzata, anche se – a dire il vero – la cosa che colpisce maggiormente Gabriele è un’altra. “La ‘svolta epocale’ che si sta verificando nell’attività di ecommerce è soprattutto il cambiamento della percezione da parte del consumatore, il quale sta iniziando a capire che non solo si può ordinare vino online, ma soprattutto che dietro a un ecommerce ci sono delle persone ed esiste la possibilità di relazionarsi con esse attraverso consigli e approfondimenti; la comunicazione è sempre stata, per noi, un fattore importantissimo, così come lo sono tutti quei dettagli che non sono indispensabili ma che fanno però la differenza”. La scelta dei prodotti, la stesura dei testi, la disponibilità al confronto telefonico per la finalizzazione dell’ordine: tutti ‘dettagli’ che fanno in modo di poter dare un nome anche ad una pagina online, impreziosendo un atto di compravendita con l’interazione umana che rimane sempre diversa per ogni soggetto.

Per Marco, invece, l’approccio personale è sempre stato un punto di forza evidente a tutti. La sua clientela è cresciuta a suon di “ciao, cosa ti va di bere oggi?” e si è espansa grazie al passaparola di consumatori abituali o avventori occasionali che hanno trovato nei locali di Marco il luogo ideale dove – come ci ricorda lui stesso – “concedersi una coccola”. Per le Enoteche Hic era già in fase di avviamento un progetto di ecommerce, ancor prima di questa emergenza sanitaria che, inevitabilmente, ha accelerato i tempi. “Le persone vengono da noi per regalarsi un momento di piacevolezza o anche per approcciarsi al vino con una continua ricerca sulle annate e sui produttori. Adesso siamo noi ad andare da loro, ma proponiamo la stessa esperienza. Quello che porta in sé il prodotto vino è rimasto”. Marco guida personalmente i suoi clienti nella scelta della bottiglia ancora adesso, per via telefonica, ammettendo che in fondo questa rimane e rimarrà sempre una delle parti più gratificanti ed entusiasmanti del proprio lavoro.

Quelle che erano le complementari fattezze dell’enotecario tradizionale e di quello via ecommerce sembrano ora fare perno su un punto comune imprescindibile, ossia la diversità propria di ogni essere umano esercitata nella capacità di relazionarsi con il curioso, l’appassionato, l’esigente e il neofita. L’essere umano tesse la trama di quei dettagli che non solo fanno la differenza, ma che danno anche spessore a un lavoro che divulga e promuove un potente veicolo di relazione, il vino. Il vino nasce come relazione e continua ad esserlo in ogni fase del suo percorso. Persino ora, che entra nelle nostre case con una frequenza fortunatamente quotidiana. La persona dell’enotecario è, in questo momento, qualcuno che sta dando un grande apporto all’ostinata affermazione di una “normalità”, intesa come tenace desiderio di vivere qualcosa di bello e appassionante nonostante le difficoltà che innegabilmente ci sono. Sono gli enotecari che ci accompagnano ancora una volta e concretamente nel mondo del vino, forse più di tutti gli altri. Più di noi che lo comunichiamo, più di coloro che regalano approfondimenti e seminari video. In fondo, va proprio a loro e a tutti i produttori il ringraziamento per consentirci di relazionarci ancora alla primavera di una bottiglia viva, qualunque essa sia, per strappare un sorriso ora ammiccante ora stupefatto davanti a un nettare che, in tutto questo tempo, continua a vivere al di là di un vetro.

Schiettezza e Complessità

San Colombano Rosso DOC 2017_ Banino

San Colombano è un borgo ubicato fra la bassa pavese e la piana lodigiana, a due passi da Milano. I suoi abitanti sono chiamati banini e da tale appellativo si origina il nome di questo vino rosso, il Banino, prodotto dalla famiglia Panigada, proprietaria di una salumeria al centro del borgo.  Le uve provengono dai cinque ettari di vigneti di proprietà, siti in località La Merla, Baracca e Cà del Mazza, sulle colline che sovrastano il borgo.

Le uve che originano il Banino sono vendemmiate a mano. Esse provengono da un’agricoltura che non fa uso di diserbanti e nella quale si scelgono di utilizzare principalmente zolfo e rame, qualora si rendano necessari dei trattamenti. È prodotto da uve Barbera al 45%, Croatina al 40%, Uva Rara al 10% e Merlot al 5%.

Di colore rosso rubino intenso e impenetrabile, al naso si rivela vinoso, con sentori di piccoli frutti rossi e confettura. In bocca il vino è ricco e fragrante, un po’ rustico, ma piacevole. Ha una discreta persistenza. Si accompagna bene ai classici piatti della cucina lombarda, a carni alla griglia o arrosto e alla selvaggina.

Prezzo di scaffale presso Enoteca Ronchi Ricciardi, Piazza Vesuvio 11, (Mi): 8 euro

Verdicchio di Matelica Doc 2018_ Collestefano

Collestefano è una cantina a dimensione familiare, estesa su una superficie di 16 ettari e guidata oggi da Fabio Marchionni che, dopo aver lavorato come agronomo in Germania e Alsazia, ha preso le redini dei vigneti di famiglia. Siamo nel subappennino marchigiano, nell’omonima località, tra boschi, uliveti, mare e dorsale appenninica. Le vigne – la cui conduzione è rigorosamente biologica – sono esposte a nord-est su terreni calcarei, in una zona ventilata e fresca. Il Verdicchio di Matelica qui prodotto, il Collestefano, anche in presenza di quantità notevoli di acidità non svolge fermentazione malolattica.

Ne risulta un vino inconfondibile, di grande sapidità, freschezza, spontaneità e pulizia aromatica. Nel bicchiere si mostra di colore giallo paglierino luminoso con riflessi verdolini. Al naso ricorda la pesca,la mela cotogna, l’anice, lo zenzero, il mallo di noce, la mandorla e il cardamomo. L’attacco fruttato è ben sostenuto da una fresca acidità e da una ben marcata sapidità. È un vino teso, preciso e dinamico, dal finale persistente con una caratteristica e piacevole nota amara ed un retrogusto di zenzero e mandorla. Perfetto sulla cucina di mare, in particolar modo sul pesce crudo.

Prezzo di scaffale presso Enoteca Ronchi Ricciardi, Piazza Vesuvio 11, (Mi): 9,50 euro

Verbena e Ginepro

Gavi del Comune di Gavi “Minaia” DOCG 2017_Nicola Bergaglio

La storia aziendale e della famiglia Bergaglio inizia nel 1970, l’anno del primo imbottigliamento. Da quel momento con il susseguirsi del tempo e delle esperienze acquisite “vendemmia dopo vendemmia” ha contribuito a rimarcare lo spirito aziendale, strettamente legato ad una conduzione famigliare. Con la tenacia che li contraddistingue dal padre Gianluigi, al figlio Diego e alla sorella Ilaria in questi anni sono stati in grado di sostenere un posto di rilievo nel panorama del basso Piemonte. Minaia, è un singolo vigneto coltivato a guyot dal quale si ricava l’uva dell’omonimo vino. Posto a 300 metri di altitudine, dislocato su di un terreno di media pendenza è caratterizzato da un suolo di argilla rossa con forte componente ferrosa.

Colore giallo paglierino chiaro, al naso note floreali di acacia e gelsomino si affiancano a sentori di pesca e verbena. Sul palato la morbidezza dell’attacco è ben controbilanciato dall’acidità. È un vino elegante, sapido, di grande bevibilità e scorrevolezza. Finale sottile e di ottima persistenza che lascia un piacevole retrogusto di dattero.

Il vino fa una breve macerazione sulle bucce ed viene fermentato a bassa temperatura in acciaio con una permanenza di alcuni mesi sulle fecce. Si consiglia in abbinamento con piatti a base di crostacei e pesce.

Prezzo di scaffale presso Enoteca Ronchi Ricciardi, Piazza Vesuvio 11, (Mi): 9,50 euro

Lazio Syrah “Tellus” IGP 2017_ Falesco

Nel 1979, i fratelli Renzo e Riccardo Cotarella fondarono l’Azienda Vinicola Falesco a Montefiascone – nell’Alto Lazio – con l’obiettivo di recuperare antichi vitigni locali. Successivamente nel 1999 Falesco acquisisce l’Azienda Agricola Marciliano – di circa 260 ettari –  posta sulla collina a sud di Orvieto. Infine, circa dieci anni fa nacque una nuova sede, più moderna a Montecchio, in Umbria che dal 2015 è condotta egregiamente dalla nuova generazione tutta al femminile composta da Dominga, Enrica e Marta – le “Donne Cotarella”.

Nel 2008 nasce il vino di cui parliamo oggi, Tellus Syrah. Una curiosità che lo riguarda è riferita all’etichetta, nata in occasione di un evento nel quale degli artisti hanno riportato su tela le impressioni dei degustatori.

Si tratta di una varietà che ha dimostrato di esprimersi particolarmente bene proprio in questa zona del Lazio. Dal color rosso rubino intenso e dal naso con evidenti sentori di amarena sciroppata, viola mammola, pepe nero e ginepro. In bocca il vino è morbido e ricco con tannini dolci ed è reso scorrevole da una sufficiente acidità. Il finale è persistente con un retrogusto di spezie dolci. Si consiglia in abbinamento con piatti ricchi e speziati come carni arrosto o brasate – perfetto con il gulasch.

Prezzo di scaffale presso Enoteca Ronchi Ricciardi, Piazza Vesuvio 11, (Mi): 8 euro 

Marzabotto è un paesotto di circa seimila anime ad una ventina di chilometri da Bologna, teatro dei tragici eventi della seconda guerra mondiale che culminarono nella strage perpetuata dai nazisti nel 1944. Oggi è un ottimo punto di partenza per visitare luoghi di interesse storico come Il Museo Nazionale Etrusco e il Parco di Monte Sole, passeggiando per i boschi lussureggianti del circondario.
Qui, nel centro del paese, dal 2010, i due fratelli Lorenzo e Francesco Barsotti, originari di Prato, hanno aperto l’omonima Trattoria Enoteca.
Francesco, sommelier e grande appassionato di vini, sovraintende la sala e naturalmente la cantina, ricca di etichette provenienti da tutto il globo; interessantissima, in particolare, la selezione proveniente dallo Jura o dalla Valle della Loira.
Lorenzo è invece lo chef, giovane e motivato, con esperienze importanti alla Locanda dell’Angelo di Ameglia e soprattutto al Celler de Can Roca, il luogo che ha cambiato per sempre il suo modo di intendere la cucina.
Il locale è molto semplice, spartano, all’apparenza la classica trattoria di paese: pochi tavoli apparecchiati con tovaglie a quadri e, ovunque, casse e bottiglie di vino in bella vista da consumarsi in loco, ma anche acquistabili per l’asporto a prezzo inferiore.
La cucina di Lorenzo è una giusta commistione tra i sapori della sua terra e quelli della terra di adozione, una cucina semplice, ma non banale, realizzata con prodotti di ottima qualità ed un pizzico di fantasia che non guasta mai.
Il menù è quasi equamente diviso fra piatti di terra e di mare.
Nella nostra esperienza abbiamo trovato piatti golosi e ben realizzati, come i tortellini ripieni di capocollo di cinta senese in brodo di maiale, coriandolo e mortadella tostata: ideale trait d’union fra Toscana ed Emilia. O ancora gli eliconi cacio e pepe e rigaglie d’anatra. Altri, invece, meno interessanti, come l’uovo, il succo e la pollastra: un tributo al re del cortile, uovo cotto a bassa temperatura, brodo, polpa e pelle croccante, che ci è sembrato poco centrato nell’idea e poco incisivo nel sapore.
Anche la quaglia, camomilla, broccoli e yogurt è stata motivo di discussione con lo chef per la cottura quasi cruda del petto, ancora sanguinolento, e per la consistenza poco invitante della coscia, anch’essa, secondo noi, eccessivamente indietro di cottura.
Ottimo il dolce “millefiori”, un inno alla primavera e al lavoro delle api, fresco e delicato, adatto alla conclusione di un pasto dai sapori decisi.
Una tappa interessante per chi si trovasse in zona, in primis per una carta dei vini davvero coinvolgente, con bottiglie difficili da reperire e dal giusto prezzo, proposte e spiegate da un giovane sommelier motivato e preparato, ma anche per la cucina, forse ancora in parte da registrare, interpretata però da uno chef giovane, dal carattere forte e dalle idee chiare, consapevole dei suoi mezzi e delle sue potenzialità e con ancora ampi margini di miglioramento.

Il cestino del pane.
pane, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
Benvenuto della cucina: finocchiona.
finocchiona, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
L’ovo, la pollastra ed il suo succo.
ovo, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
Tortellini con capocollo di Cinta senese, coriandolo e mortadella.
tortellini con capocollo, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
Eliconi cacio e pepe con rigaglie di anatra stufate all’alloro.
Eliconi cacio e pepe, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
Pezzonia al profumo di brace, ricci di mare, asparagi e liquirizia.
Pezzonia, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
Quaglia, camomilla, broccoli e yogurt.
quaglia, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
Millefiori.
millefiori, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto
L’ottimo vino della serata.
vino, Trattoria Barsotti, Chef Lorenzo Barsotti, Marzabotto