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Da Amerigo

Un iper-luogo senza tempo

Poche cose sono cambiate da quando, nel 1934, Amerigo aprì questa locanda nel primo Appennino Modenese. Di certo non è cambiata la vocazione, una e trina, del locale che è ancora oggi sia tavola che dispensa e pure locanda. Ma il tempo, solo apparentemente fermo, è importantissimo in questa dimensione tanto che ciascuno dei piatti qui preparati riporta in menu anche l’anno della sua creazione: come se si trattasse di una bottiglia di vino anche il piatto assume qui una valorizzazione diacronica e si offre all’esegeta, purché goloso, col gusto di un’ulteriore speculazione.

E come accadeva lungo le navate delle chiese anche l’iconografia aiuta, Da Amerigo, la comprensione. Nella fattispecie, il trompe-l’œil  onirico di Amerigo stesso che, tornato bambino, pedala divertito nell’opera delle quattro stagioni. Le stesse stagioni che si ritrovano declinate nel menu che cambia al volgere di ogni equinozio, e di ogni solstizio, con l’unico valevole cammeo del tartufo che qui si ritrova – del resto siamo nel suo habitat naturale – da novembre fino a Natale.

Alberto Bettini è, di questo mondo senza tempo, il patron ovvero il custode e, come tale, è ubiquo nel suo esser tanto presente in sala quanto in cucina. Col menu e i numerosi fuori menu dedicati alle bestie minute o alla cacciagione serve all’ospite anche un bugiardino con le portate dedicate al tartufo bianco indicanti le grammature e relativo importo in euro. Optiamo per attingere da tutte e tre le proposte così da avere una prospettiva completa della perizia con cui si lavora, ancora oggi e al netto di due piccole imprecisioni, Da Amerigo.

Il primo tra gli antipasti, la tigellina col burro e il tartufo bianco e la tartare di bianca modenese, in particolare, sarebbe stata irreprensibile se non fosse stato per lo scalogno della tartare, decisamente prevaricante. Una festa autunnale più che riuscita, benché senza preziosismi, l’ottima zuppa di bosco e sottobosco e i calzagatti arrostiti, solo parzialmente eclissati dalla componente acetica delle verdure, un tantino troppo esuberante. Impeccabili invero i primi piatti: la scelta, in particolare, di tirare la sfoglia delle tagliatelle con una varietà di grano antico, rugoso, dal sapore torrefatto ben si sposa col virginale, semplicissimo condimento fatto d’acqua di cottura, un sospetto di burro e sua maestà il tartufo bianco. Altrettanto precisi ma dichiaratamente più golosi i tortelli ripieni di Parmigiano Reggiano fondente, cui il Prosciutto arrosto infonde una nota aromatica quasi empireumatica davvero irresistibile. Agli antipodi tra loro i secondi: lo scultoreo, barocco uovo montato al tartufo bianco rappresenta da solo un pasto completo e restituisce, nel sapore, una semplicità infantile davvero disarmante; molto maschia e molto adulta nel suo pubblico di riferimento, invece, la cacciagione, presentata nella sua più esatta natura anatomica.

Stessa atmosfera d’antan, ma ancora più epicurea, alberga nei dolci.

S’è parlato spesso, e comunque mai troppo, di luoghi che, perché troppo connessi col proprio tempo, finiscono per perderne le coordinate diventando appunto, e tristemente, “non-luoghi”. Ecco qui accade l’esatto contrario: siamo in un iper-luogo e, come tale, in una dimensione senza tempo, dove si vorrebbe sempre restare.

La galleria fotografica:

Che sapore ha il territorio? Sembra difficile già soltanto immaginarlo. Eppure, il composito tesoro regionale del Bel Paese è in grado di custodire preziosi presidi che da nord a sud hanno la capacità di stimolare molteplici sensi facendo parlare direttamente le ricchezze della propria terra.
Quando la vista, l’olfatto e il gusto aprono le porte evocative di un ricordo, allora forse è proprio quella una chiave di lettura per capire come potrebbe essere il sapore del territorio.
In un ideale teatro del gusto, ogni territorio italiano, con i suoi giacimenti gastronomici e la biodiversità del cibo, viene rappresentato dalle ricette della tradizione.
Da Amerigo tramandare la tradizione (emiliana in questo caso) è l’unica “mission”, dal 1934.
Trattoria. Dispensa. Locanda.
In questo luogo, nelle colline occidentali tra Bologna e Modena, oltre a farsi un’idea di accoglienza a trecentosessanta gradi, quella familiare, che perdura da quasi ottant’anni, si nasconde una di quelle tavole imprescindibili per chi volesse comprendere la grammatica del linguaggio gastronomico della tradizione italiana. Qui aleggia una passione smodata per tutto il meglio che la terra offre, da veicolare e trasformare il meno possibile in cucina; e quando viene fatto, i risultati sono egregi. Un angolo di territorio e tradizione bolognesi cesellati per risaltare uno dei microcosmi dell’Emilia Romagna.
Ne è l’esempio la didascalica e campanilista carta dei vini, che dedica la sezione principale ai vitigni autoctoni dei colli Bolognesi, con il preciso intento di risaltare e valorizzare prodotti (a chilometro vero) come il negretto, suadente rosso della zona, in passato utilizzato come vino da taglio, senza però denigrare altre produzioni attigue come il Sangiovese, il Lambrusco o altro.
A tavola la soddisfazione è grande. C’è davvero poco da dire se non che i tortellini li fa la nonna, il brodo è corroborante e intenso, la sfoglia della tagliatella ha una consistenza perfetta, quella alla bolognese viene servita come da tradizione antica, alternando una forchettata con un morso alla cipolla cruda, il maiale di razza mora romagnola e il capretto locale vengono cotti in maniera esemplare e lavorati in diverse consistenze, i gelati presentano una cremosità ed una concentrazione uniche. Materia prima di grande qualità e ricercatezza, piccoli produttori e tutto assolutamente di stagione.
E poi c’è l’ambiente che, dulcis in fundo, è straordinariamente autentico e preservato. Se nella raccolta saletta al pian terreno sembra di fare un tutto nel passato, al primo piano l’atmosfera è ancor più accattivante: la stanza rettangolare è la tela de “il Paese nel bosco di Amerigo”, un avvolgente affresco dell’artista Gino Pellegrini che, da solo, merita la deviazione.

Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna

L’insegna.
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Biscotti al parmigiano fegatini e carciofi.

Biscotto, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna

Il pane, con tanto di foglietto illustrativo.
pane, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Vino, a kilometro zero.
vino, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Millefoglie di patate e tartufo marzuolo.
Millefoglie, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Battuta al coltello di Bianca Modenese al tartufo Marzuolo, olio extravergine e sale di Cervia.
Battuta al coltello, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Passata di fagioli e spugnole.
Passata di fagioli, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Tigelle con gelato di parmigiano all’aceto balsamico tradizionale.
Tigelle con Gelato, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Tagliatelle al ragù, servite con cipolla cruda.
tagliatelle al ragù, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Perfetta la consistenza della pasta.
Tagliatella al ragù, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Oggi sembrerebbe una provocazione.
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Tortellini in brodo. Semplicemente magnifici.
Tortellini, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Lasagne agli asparagi verdi di Altedo e parmigiano 48 mesi.
lasagne, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Tagliatelle al verde di malva con funghi prugnoli.
tagliatelle al verde, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Il maialino brado di razza mora in cotture differenziate, con tortino di cipollotto gratinato. Talglio selezionatissimo e cottura alla stregua dello stesso.
maialino, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Capretto locale al forno, la lombata in padella e la sua ricotta.
Capretto, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Capretto, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Sorbetto al Lambrusco.
Sorbetto, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Gelato di crema “d’altri tempi”.
Gelato, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Gelato al fiordilatte con aceto balsamico tradizionale.
Gelato, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Zuppa inglese.
zuppa inglese, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna

Meringhette.
Meringhette, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Dettagli della sala al primo piano.
sala, Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Il Paese nel bosco di Amerigo, dipinto affresco del grande Gino Pellegrini.
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna
La dispensa.
Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna

Da Amerigo, Chef Alberto Bettini, Savigno, Bologna