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Kitcho

Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto

Il Kaiseki è l’espressione più alta della cucina giapponese contemporanea.
Trae origine, in forma semplificata, dall’honzen ryori, il pasto di alta cucina dell’era Momoyama/Edo (tra il 16° e il 19° secolo) e la sua storia è strettamente connessa alla cerimonia del tè, perché nelle sue prime versioni il kaiseki era proprio il frugale accompagnamento (una ciotola di riso, una zuppa e tre contorni) destinato a placare l’appetito per apprezzare al meglio la degustazione del tè verde.
Nel tempo, il tipico pranzo kaiseki si è evoluto nella quantità (nelle sue forme più estese si arriva a quattordici portate) e negli ingredienti (ad esempio il pesce, inizialmente salato per la conservazione, oggi può essere gustato crudo), ma ha mantenuto intatto un aspetto primigenio: il rapporto con la natura. E’ indispensabile prediligere ingredienti stagionali e locali e vanno privilegiati i metodi di preparazione locali con l’obiettivo di mettere il prodotto nella massima evidenza possibile.
Questi ingredienti straordinari devono essere presentati in maniera altrettanto straordinaria, attraverso la loro combinazione in funzione non solo gustativa ma anche estetica con l’utilizzo, per servirli, di stoviglie preziose la cui forma e colore saprà esaltarli ulteriormente insieme alla disposizione degli ingredienti stessi e all’abbinamento con altri elementi naturali (foglie, fiori).
Il tutto con un obiettivo fondamentale: far sì che ogni piatto sia un’immagine di bellezza che si fissi nella memoria.
L’esperienza di un grande kaiseki è uno di quei momenti di epifania rari nella vita di un gourmet, quei momenti che permettono di ridefinire la qualità e il valore della propria esperienza gastronomica e di allargarla con la visione di quali standard possa raggiungere l’arte culinaria.
Da Kitcho nella sua sede storica di Arashiyama, splendido sobborgo di Kyoto, abbiamo avuto modo di passare tre ore di autentico piacere e di godere di un’esperienza reputata anche dai gourmet locali (Michelin inclusa) tra le più sublimi.
Descrivere a parole la bellezza della location è impresa ardua, che sintetizzeremmo con la formula “il sogno di Giappone di ogni occidentale”: una sala privata arredata nella semplice eleganza della casa tradizionale nipponica, affacciata su un giardino zen e posta su una collinetta sovrastante un fiume. Un incanto.
Ogni gruppo di commensali ha la sua saletta, servita da due deliziose signore in abiti tradizionali. Anche il concetto di livello di servizio viene ridefinito da serate come quella passata, perché mai, nemmeno nelle migliori maison provate in millanta peregrinazioni occidentali, è stato possibile incontrare un mix così toccante di sapienza e gentilezza, una cura dell’ospite così radicata da cambiare la disposizione d’animo dell’ospite stesso, permettendogli di godere appieno dell’esperienza.
Il menù è presentato su un foglio di carta impreziosito da schegge di argento e oro e la qualità della cucina proposta non è inferiore al resto dell’insieme.
Lo chef, Kunio Tokuoka, è il nipote del fondatore dello stabilimento, Teiichi Yuki, e lo dirige dal 1995.
La sua idea è di proporre una cucina kaiseki pienamente rispettosa della tradizione ma capace di “armonizzarsi” (come recita nel suo sito) col presente. Compito che gli riesce pienamente.
La sequenza è impressionante per bellezza e bontà, la qualità di ciascun ingrediente è sopraffina ed esaltata da cotture e abbinamenti di rara riuscita.
Colpisce la perfezione di ogni cosa comprese le temperature, nonostante la complessità delle architetture di alcuni piatti e le necessità di servizio connesse.
E’ esemplificativo il piatto di “delicatezze assortite”, momento centrale del menù: la bellezza di questa vera e propria scultura rischia di offuscare la fantastica qualità delle singole componenti del “piatto”, servite ai singoli commensali dopo la presentazione del piatto stesso che viene sporzionato in diretta dalle due signore che si prendono cura del tavolo.
Le uova di salmone fanno giustizia delle palline colorate ammanniteci negli anni dalle nostre parti; l’abalone, per una volta, non è solo lì per la consistenza; il pollo ai semi di cipresso è un gioco di sapori e consistenze indimenticabile; gli scampi, di freschezza commovente, sono esaltati dal moromi miso; le ginkgo nuts, per cui ammettiamo un debole, sono fritte alla perfezione e la “torta” di pesce e uova è la sublimazione di tutte le frittate (tamagoyaki) che usualmente chiudono i pasti a base di sushi.
Viaggiamo nell’incredibile anche sulla parte dolce, soprattutto grazie a un piatto di frutta di qualità inesistente dalle nostre parti (i prezzi di queste meraviglie, vendute nelle città giapponesi in negozi paragonabili senza esagerazioni a gioiellerie, sono altrettanto fuori dal comune); uva (un chicco, rigorosamente sbucciato), pera, melone e fico, sublime, accompagnati da una sorta di zabaione etereo.
A seguire dolci d’impronta giapponese stagionale (con castagne e l’onnipresente composta di azuki) che mettono d’accordo anche chi non apprezza particolarmente questo tipo di pasticceria.
Il pasto è accompagnato dal saké della casa, di qualità altissima.
Un’esperienza formativa, che permette di spalancare un mondo ai fortunati che riescono a prenotare un posto da queste parti. Un mondo che sarà bellissimo continuare a esplorare, nella consapevolezza che una meraviglia come questa esiste davvero.

Granchio blu con vegetali e gelatina d’aceto.
Granchi blu, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Brodo di luccio grongo con fungo matsutake.
Brodo di luccio, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Il primo sashimi: orata.
sashimi, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Il secondo sashimi: buccino grigliato e tonno grasso arrostito.
sashimi, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Piatto di contorno: crema salata con tartaruga dal guscio morbido.
crema salata con tartaruga, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Delicatezze assortite.
delicatezze assortite, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Dettagli delle delicatezze.
dettagli e delicatezze, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Il piatto per il singolo commensale.

Piatto grigliato: tile gibboso grigliato, castagna e funghi shiitake. Paradigmatica espressione di sapienza nella cottura.
piatto grigliato, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Piatto al vapore: palla di tofu fritto, zucca, taro (colocasia esculenta) e taccole.
palla di tofu, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Il riso: riso Koshihikari con funghi matsutake e carne grigliata.
riso, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Sottaceti: rapa con salsa di prugna e bonito essiccato; foglie di senape giapponese (mibuna) con sesamo e peperoncini.
rapa con salsa di prugna, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Il dessert: melone, pera giapponese, fico e uva.
melone, pera giapponese, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Il dolce: pure di castagna con composta di azuki; noce in crosta di zucchero.
dolce, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Tè matcha.
tè matcha, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
Tè finale con i suoi accompagnamenti.
Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto
L’aggiunta che abbiamo chiesto allo chef a suo piacere (provocando comunque un sussulto perché stravolgevamo il percorso): pollo e funghi. La cottura del pollo avvolto da una strisciolina di pelle sottilissima e croccante come mai abbiamo provato resterà indelebile nella memoria.
pollo e funghi, Kitcho, Chef Kunio Tokuoka, Cucina Kaiseki, Kyoto

Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo

Quando il concierge del nostro hotel ci ha consegnato il foglio della prenotazione di Shima siamo rimasti allibiti: una cartina ben definita, con particolari oltre ogni ragionevole immaginazione, addirittura la foto dell’ingresso con una grossa freccia che recitava “Entrance just before Tully’s coffee shop”. “Ci avranno preso per Totò e Peppino in trasferta a Milano?” abbiamo pensato con presunzione. Ma dopo una decina di minuti, sicuri di essere davanti al posto giusto e senza la minima idea di dove fosse il ristorante, magari avessimo incontrato un vigile a cui offrire un accorato “Noio volevan savuar …”.

Già perché l’imprescindibile caratteristica che accomuna la maggior parte dei ristoranti di Tokyo, ovvero un mimetismo camaleontico che può provocare pericolosi stati di ansia ad un gourmet incapace di orientarsi, qui è portato all’eccesso. Timorosi siamo scesi con l’ascensore al piano B1, chiaramente indicato nel premuroso vademecum, ma davanti a noi le porte si sono aperte svelando uno sgabuzzino di un metro quadro, buio e ricolmo di scatoloni. “Ma non può essere qui” abbiamo pensato. Ebbene sì, quello era l’ingresso. E non lo avremmo varcato se un timido commis non avesse aperto per caso il pertugio d’accesso alla nostra sinistra.
Superato lo stupore, eccoci da Shima, indirizzo noto in città per l’eccellenza delle sue carni. Manabu Oshima ci accoglie con un sorriso e una buona parlata inglese. Ha girato molto in Europa, ha acquisito un atteggiamento non usuale da queste parti, cordiale, affabile, curioso, compiacente. Ci accomodiamo al bancone, l’esperienza si rivelerà estremamente piacevole.

Shima è un indirizzo ideale per un percorso iniziatico nel mondo della cucina nipponica: senza l’eccessiva rigidità di altri locali, qui si respira un’aria quasi “internazionale” e “casual”, lontana da quel clima di religiosa ostentazione spirituale che abbiamo imparato a conoscere nel Sol Levante.
Il menù è ridotto all’osso: pochi piatti d’entrata (pesce e verdure), poi il pezzo forte della casa, la carne. E’ proposta in due versioni, Beef Sirloin e filetto: lo Chef prima di procedere alla loro preparazione ci mostra con orgoglio i grandi tagli di questa prelibatezza. In pochi gesti i nostri golosi bocconi sono tagliati, conditi e pronti per essere accolti nel forno a carbone di legno di quercia. La nostra preferenza andrà al Sirloin, più saporito e consistente del filetto, e forse più corrispondente ai nostri gusti europei.
Tra una chiacchiera e l’altra il pranzo scorre via veloce e divertente, con Manabu Oshima che regge una conversazione veramente gradevole. Forzati dalla nostra bulimica fame d’informazioni gli chiediamo maggiori dettagli sulla provenienza e sulla qualità della carne di Kobe che ci ha servito. Per levarsi dall’imbarazzo ci fornisce la scheda di provenienza dell’animale, con tanto d’impronta del naso, ma completamente in giapponese e del tutto incomprensibile.
Lo ringraziamo lo stesso. D’altronde sapere proprio tutto, alle volte, non è affatto necessario.

Manabu Oshima all’opera sulle entrée.
Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
Mise en place atipica con olive e panini.
mise en place, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
Il nostro goloso obiettivo.
wagyu, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
Inizia la preparazione.
wagyu, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
Taglio del Beef Sirloin e del filetto.
taglio filetto, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
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E via nel forno.
forno, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
In attesa una buona insalata di stagione.
insalata, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
Il Beef Sirloin, a cui va la nostra preferenza: texture e succulenza splendide.
beef sirloin, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
Il filetto. In entrambi i casi, l’accompagnamento alle carni è più europeo che nipponico, con verdure e purè.
filetto, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
La scheda.
scheda, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo
La mappa…
mappa, Shima, Chef Manabu Oshima, Tokyo