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Acquerello

Alta Cucina Sartoriale nel regno di uno dei più talentuosi allievi di Gualtiero Marchesi

L’Acquerello di Silvio Salmoiraghi a Fagnano Olona (VA) è un ristorante che fa un po’ storia a sé nel panorama italiano. Una sorta di enclave senza tempo, lontano da mode e tendenze moderniste. È un tuffo nel passato (ma è davvero passato?) di una classicità senza tempo. Un incontro con un talento purissimo.
Salmoiraghi, tra i più bravi allievi di Gualtiero Marchesi, non è un cuoco televisivo, né un volto noto, né una persona dedita più di tanto alla comunicazione (basti pensare che ci ha confessato di non avere neanche WhatsApp e che il ristorante non ha un sito internet).
È un cuoco che si accontenta di cucinare. E lo fa in maniera eccelsa.
Non pensate a fantasmagoriche cucine a vista e interminabili brigate (in cucina sono solo in tre). No, niente di tutto questo.
All’Acquerello non c’è neanche il tavolo in cucina. C’è lo chef che cucina al tavolo.
Cucina sartoriale quella di Salmoiraghi nel senso che è tutta “fatta a mano”. E che perciò ha in sé qualcosa di antico. Il gusto della sfida sul piano dell’esecuzione pura.
Sappiamo che oggi le grandi cucine sembrano sempre più dei laboratori. Grazie alla tecnologia oggi è possibile realizzare cose che un tempo erano impensabili, ma anche ottenere risultati “classici” in molto meno tempo, riducendo quasi a zero gli errori di esecuzione. Grandi ed evidenti sono i vantaggi. Il lato negativo è quello che c’è dietro a ogni processo automatizzato: il rischio della standardizzazione del prodotto finale. Perfetto, ma troppo simile un po’ ovunque. Rischio che non corre Salmoiraghi, che è un cuoco molto poco tecnologico, al punto da non utilizzare neanche le cotture sottovuoto. Cuoco che spadella, affumica, cuoce con le mani. Che fa un grande lavoro sull’ingrediente, in questo anche aiutato dalle importanti esperienze maturate in estremo oriente.
E così, al tavolo ci viene rifinita la cottura del Cuore dell’animella di fassona e porzionata la carne cruda che l’accompagna, per un piatto eccelso.
Grande classicità e alta scuola anche nel Salmone selvaggio servito con salsa alla maitre d’hotel. Da applausi.

Qui non c’è nulla di scontato o banale, tutto ha un preciso senso e, soprattutto, lascia il segno al palato

Non c’è un piatto che non ti resta dentro e che non porti con te nel ricordo quando vai via.
Dal pane nero (semplice ma di eterea leggerezza) al superlativo burro che lo accompagna; dai piccoli assaggi di aperitivo che, lungi dall’essere puramente decorativi, frustano il palato con note amare e acide sferzanti per poi riportarlo alla normalità (e qui il pensiero va inevitabilmente al miglior Lopriore con il quale Salmoiraghi ha condiviso l’esperienza all’Albereta), alla concentrazione assoluta di sapore dei Dim Sum ripieni di coscia di piccione al brodo con thè nero e anice, piatto davvero entusiasmante.
Echi di Oriente ritornano in un dessert-non dessert: quel Carpione di mare che è l’unica conclusione possibile per un pranzo del genere. Dessert da cuoco lo definisce Salmoiraghi. Da Cuoco Fuoriclasse ci permettiamo di aggiungere.
Ci piace, infine, sottolineare come di banale all’Acquerello non ci sia neanche il sommelier, che è un fenomeno di 18 anni (si, avete capito bene) di nome Kevin Grendene che, se non si perderà, non potrà che avere un futuro radioso.
Tra echi marchesiani, passaggi d’alta scuola d’Oltralpe, contaminazioni orientali e spunti avanguardisti, la cucina di Silvio Salmoiraghi mostra radici profonde che, a ben vedere, sono le uniche che permettono di guardare veramente lontano.
Per noi la sua cucina è oggi un modello a cui tendere.

La galleria fotografica:

Ci sono cuochi dotati di grande talento, per lo più istintivo. In cui la conoscenza delle tecniche non è approfondita, così come la cultura storico-culinaria. Molti non sanno cos’è e come si prepara una salsa Maltese, o non conoscono le motivazioni storiche che hanno portato alla creazione di molte ricette della cucina classica, sia essa quella italiana o quella ancor più importante di stampo francese. E poi ci sono cuochi che invece hanno basi tecniche straordinarie, monumentali, un rigore ed una conoscenza storica approfondita ma, ahimè, una mano poco felice. Quando si riesce a coniugare entrambi questi aspetti abbiamo la certezza di essere al cospetto di un professionista con la P maiuscola. Se poi ci aggiungiamo anche la capacità di saper insegnare tutto questo beh… probabilmente siamo di fronte ad un rarissimo caso di grande levatura.
Silvio Salmoiraghi da Busto Arsizio è tutto questo. E fa specie ritrovarlo in un ristorante della periferia bustocca senza ancora i doverosi e dovuti riconoscimenti che merita.
Ricorda tanto uno dei suoi maestri, quel Luciano Tona da Casatenovo, grandissimo cuoco, sensibile ed innovatore, tra i più sottovalutati interpreti che ci è capitato di incontrare sulla nostra strada. Mai capito ed apprezzato quanto avrebbe dovuto essere.
Riconoscimenti non pervenuti nei tempi giusti, per entrambi, forse anche per via del loro carattere schivo, burbero, apparentemente scostante.
Silvio però se imparerete ad ascoltarlo e piano piano a conquistare la sua fiducia, vi apparirà come un piccolo, geniale, limpido grande uomo. E grande cuoco. Nulla a lui è sconosciuto. La materia, la tecnica, le preparazioni.
Ecco perché la sua cucina oggi è in grado di indurre provocazioni, seppur sempre ponderate e moderate, di tal levatura. Proprio perché, come dice il sommo Bottura, altro grande esponente di questa piccola e ridotta categoria, bisogna conoscere a fondo le tecniche e la storia culinaria per poi poter disperdere tutto quanto e creare una cucina personale, incisiva, graffiante, elegante.
Silvio Salmoiraghi è il condensato di questo pensiero. Cucina graffiante, ma come un gatto, anche ruffianamente accarezzevole. Intrigante e stimolante ma al contempo rassicurante. Precisa, tecnica ma ricca di pathos ed amore, tutt’altro che fredda ed algida.
E poi, infine, coraggiosa. Perché è raro da parte di un cuoco dedicare un piatto ad un collega, Paolo Lopriore, vedendolo quasi commosso e riuscendo, con la grande sensibilità di cui è dotato, a carpirne i tormenti ma anche le profondità più nascoste.
Con l’aggiunta, costante, di provocazione. Perché, essendo conscio dei suoi mezzi e delle sue capacità, non vi farà mancare qualche passaggio per mettervi alla prova, ma è giusto che sia così.
E se poi in sala troverete un angelo diventato umanamente terreno come la dolce e graziosa Giulia dalle Vedove, beh, che altro aggiungere.
Un applauso ad un grande interprete della nostra cucina. Silvio Salmoiraghi, cuoco da Busto Arsizio.

Eleganti entrate…

Storione, Rape, Uova di trota, Olive.

Dripping e Carpione di mare? Gamberi crudi, rossetti fritti, salsa al miele e aceto di riso. Un grande classico dello chef dall’equilibrio fantastico.

Asparagi e Uova.
Asparago bianco e uova di coregone in salsa bernese, Asparago selvatico e missoltini, uovo di quaglia nappato, bottarga.

Dedicato a Paolo Lopriore …
Semi di zucca, polvere di ceci, crema di tabacco, agretti, olive verdi, polenta.

Imperioso shabu shabu di Foie Gras d’anatra, prezzemolo, mirto, salsa al mirto e noci.

Pollo della Valversa in due servizi.
Dim Sum di farina di riso e brodo all’anice.

Coscia alla diavola ai 5 pepi.

Probabile dedica al Maestro Tona.
Cioccolato bianco, gorgonzola… racchiuso in un raviolo di caramello e frutta secca.

Brodo di cacao, the nero e spezie.

E per finire…