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La Buca

Continua la crescita verso qualità, competenza e gusto

Andrea Bartolini ha preso in mano le redini del gruppo di famiglia da quando il padre Stefano ha lasciato la sua creatura e subito ha impresso un ritmo giovane, fresco e moderno, effettuando tanti piccoli ritocchi. Andrea ha impresso il suo stile e la sua idea di imprenditoria nel mondo della ristorazione in tutti i locali del gruppo e anche qui, a La Buca, fiore all’occhiello dell’azienda. Ha rinominato l’Osteria del Gran Fritto in Osteria Bartolini, ha ampliato organico e struttura, in tutti i locali.

Lo storico cuoco, Gregorio Gippo, ha oggi il ruolo di executive Chef del gruppo, sovraintende e guida questa grande struttura e ha lasciato le redini della cucina al suo giovane pupillo Matteo Tonin, a La Buca da molto tempo. In sala due talenti come Mirian Kukaj e Mauro Donatiello completano il cerchio della professionalità giovane e dinamica. Un trio fresco, effervescente, che ha portato innovazione sia in sala che in cucina.

Gli abbinamenti estrosi e talentuosi di Mauro Donatiello si affiancano a una cucina frizzante, più effervescente e moderna, seppur nel solco della tradizione del luogo. Ode quindi al Gran pescato romagnolo con una punta di estro e originalità. Splendida la partenza con il Pescato del giorno, rispettato nella sua freschezza e purezza, seppur accompagnato da contrappunti interessanti. Ottimo il Risotto e le capesante, più convenzionali i Mezzi rigatoni e goloso e incisivo il Rombo con il fegato della rana pescatrice a impreziosire la preparazione. Uso di erbe e intingoli nonché verdure sempre corrette, tutto decisamente curato e preciso. Il salto ulteriore, che ci attendiamo, è una spinta verso una cucina, almeno nel menù degustazione, più preziosa, ancora più moderna, accattivante e ricca di contrappunti, che riteniamo plausibile e nelle corde del giovane cuoco. Il capitolo dessert è decisamente in linea con il percorso salato, seppur anche qui qualche colpo in più, sin da subito, potrebbe essere assestato.

Il lavoro della sala e dei due giovani e bravi Maître e Sommelier completa il quadro e rende questo ristorante degno di una visita, finanche di una deviazione.

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Continua la crescita costante e rigogliosa della Magnolia di Cesenatico

La maturità di un cuoco è evidente quando abbandona le certezze, gli schemi conosciuti, e affronta nuovi terreni. Questo sta accadendo al Magnolia di Cesenatico. Il merito, oltre che dello chef Alberto Faccani, che è la mente pulsante e il principale protagonista di questo percorso, è anche di Andrea Vailati e Marco Garattoni, i sous chef che duettano con Faccani dietro al pass del ristorante.

Uno stile fatto di eleganza, di piccoli tocchi di avanguardia, rivestiti da un affascinante drappo di classicità. Scampo, cocco, curry e verbena è un piatto che non sfigurerebbe in una Grande Table francese; elegante, persistente e con un tocco esotico lieve ma molto raffinato. La ricciola alla brace e pistacchio riscopre le acidità all’interno di un costrutto che acido parrebbe non essere, in cui il veicolo grasso dona ancor più profondità al piatto. Gli spaghettoni, calamaretti, salsa verde e limone candito sono un inno alla Romagna più impertinente, sempre sottilmente elegante, così come la triglia Rimini-Livorno, vero capolavoro di concentrazione.

Cosa manca a questa cucina per lambire l’eccellenza? Solo qualche piccolo aggiustamento. Spesso i piatti sono bellissimi e proporzionati negli ingredienti e nei contrappunti, ma leggermente complessi da degustare. Il boccone, ci sta, non è sempre uniforme, ma la ricciola, il waffle e lo scampo risultano tanto belli alla vista quanto articolati e difficili nell’insieme ergonomico del boccone.  Le stoviglie servono tutte e, a volte, non sono sufficienti per una presa lineare. Dettagli, infinitesimali che, se migliorati, possono davvero fare la differenza.

Il piccione, piatto feticcio dello chef, è qui presentato e narrato con una nuova verve e un nuovo, intenso livello gustativo. I dolci decisamente personali e molto buoni, chiudono il cerchio di questa continua crescita. Un plauso ad Andrea Fiorini, uno dei sommelier che preferiamo il quale, con garbo, eleganza e professionalità, ci fa sempre divertire.

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Lungo il Porto Canale leonardesco, a Cesenatico, Christian Fava ha aperto il suo ristorante nel 2019. E, dopo esperienze importanti in ristoranti di livello, con un significativo culmine come sous chef di Alberto Faccani al ristorante Magnolia di Cesenatico, ha deciso di aprire le porte alla sua casa e alla sua idea di cucina.

Veneto di origine ma ormai romagnolo di adozione, anticipando una tendenza già in atto, Fava ha messo il suo grande bagaglio tecnico e la sua grande conoscenza degli ingredienti al servizio del suo ristorante, creando un luogo in cui l’ingrediente, appunto, è al centro. La tecnica, mai esibita e ostentata, è tanto intensa e pervasiva quanto invisibile. Ecco perché abbiamo eletto il Tracina uno dei nostri punti di riferimento in Riviera.

Perché come il pesce da cui prende il nome, l’aspetto, in questo caso l’apparente essenzialità delle preparazioni, confligge con l’anima e l’essenza del luogo, composta da ciò che il mare dona di più fresco e autentico che corre diritto nel piatto, ma con attenzione a cotture, abbinamenti e lavorazioni. La tracina è un pesce dall’aspetto non invitante ma, invero, molto buono. Un grande ristorante travestito da trattoria, per non spaventare, per avvicinare, per mettere al centro, soprattutto, la convivialità.

Ed ecco quindi un tripudio di crudi, splendidi e freschi (difficilmente troverete questa qualità nel raggio di molti km), ma anche dei cucinati e, in posti similari, non è sempre così, sia adeguatamente tecnici che ben fatti e ben presentati come la spigola, la ricciola o le linguine alla testa di tonno. Una cucina apparentemente elementare, ma che di elementare non ha nulla.

A cominciare dallo chef e patron Christian Fava, in sala a coordinare le comande e accudire i clienti, dal primo all’ultimo.

Chiude il cerchio una cantina sensazionale a prezzi da encomio. Un luogo da segnare sul taccuino gourmet, senza dubbio alcuno, che vale certamente la deviazione e, forse, anche il viaggio.

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Una delle mani più pulite, e più risolte, della Riviera Romagnola

Uno dei grandi meriti di Alberto Faccani è, senz’ombra di dubbio, la costanza. Ma è una costanza dinamica, la sua, capace di mantenersi e anzi di alzare la posta mediante un esercizio all’autocritica che, crediamo, sembra essere tanto fecondo quanto continuo. È questo stesso esercizio che permette lui di perfezionarsi e di affinarsi costantemente, e pacificamente, senza lesinare, peraltro, le numerose e colte citazioni che chi ha memoria storica riuscirà facilmente a cogliere.

Una cucina composta, borghese nel senso migliore del termine, e neoclassica, ovvero elegante, centrata mediante contrasti studiati col bilancino e tanto intelligenti, come già abbiamo avuto modo di constatare in passato, per via della rarissima capacità di accontentare, benché nella piccola costellazione di appena nove tavoli, anche l’appetito romagnolo proverbialmente poco avvezzo a quanto non sia, semplicemente, sostanza.

Ma Faccani raggiunge il primato di essere il meno romagnolo tra i più romagnoli: la sua mano è raffinata e non cede mai né agli eccessi né alle pulsioni, men che meno alle provocazioni o alle tentazioni dell’avanguardia. Il risultato è una cucina apollinea, aulica, fatta di linee pulite ed essenziali che si magnificano già in apertura col fossile di schie e si coronano anche nel piatto più opulento, il calamaro alla carbonara con tartufo nero, che simula nel taglio lo spaghetto e tanto ricorda, nel concetto, la tagliatella di seppia di Corrado Fasolato ai tempi de La Siriola, mentre lo gnocco di capasanta emula del mollusco la forma pingue e carnosa, nel segno di una grande coerenza tanto di forma quanto di sostanza.

Un tributo al Mar Adriatico, poi, il risotto mantecato in tre salse che, come accadeva nelle superstizioni iconografiche del passato, della Romagna sembra aver catturato l’anima e il cuore.

E se in passato avevamo avuto modo di constatare che, purtroppo, il reparto dolci non era allineato allo stile aulico, si direbbe quasi aureo, della cucina dello chef, oggi proprio i dessert e, in particolare, il cocco tropicale, di questo stile sono la dolce, apollinea epitome.

Un plauso, dunque, a questa Romagna in dolce stil novo.

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Dalla colazione alla cena, pied dans l’eau

Un bar adatto a colazioni? Uno stabilimento balneare? Un ristorante da rapida pausa pranzo o da lunga cena serale? O un luogo ideale per un aperitivo di qualità vista mare?
La risposta al Marè è: di tutto un po’.

Passare qualche ora in questo bello stabilimento balneare, in cui torniamo sempre volentieri, ci ricorda quanto sia importante la vision in una impresa di successo: saper immaginare il proprio scenario futuro, anticipando anche le richieste del mercato… Quando, nella primavera 2010, vedeva la luce Marè, Luca Zaccheroni, il proprietario, sapeva esattamente dove voleva andare: fare del suo locale un punto di riferimento, dalla mattina alla sera, prima di tutto per la clientela del posto e poi, perché no, per gli appassionati disposti a fare km per passare qualche piacevole ora a tavola. Un locale dal respiro internazionale, dove abbinare l’unicità dell’accoglienza romagnola con le idee e le scelte di un viaggiatore curioso.

Il piacere di una cucina gourmand

Il duraturo legame con Omar Casali, lo chef del Marè, è stato quanto mai azzeccato: un cuoco con solide basi tecniche ed evidenti capacità organizzative, in grado di gestire un grande numero di coperti senza rinunciare a qualità e attenzioni. La scelta è caduta su una cucina gourmand, morbida e gustosa, finanche eccessivamente rotonda in alcuni frangenti ma mai stucchevole. Una cucina che è il giusto compromesso tra qualità e costi, che magari non farà gridare al miracolo ma che certamente appagherà in tutto e per tutto, donando una rappresentazione moderna della classica cucina da “bagno” romagnolo aperto, in stagione, tutti i giorni, da mattina a sera.

Il risultato è, come nelle nostre precedenti visite, una sosta di grande piacevolezza in un ambiente che, anche a cena, sa essere estremamente accogliente e confortevole, anche con bambini al seguito. L’ennesima conferma che, in fatto di ristorazione, la Romagna ha sempre qualcosa da insegnare!

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