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Uliassi

L’insostenibile attesa di una certezza

Ci risiamo. Come ogni anno, la parola “Lab”, nell’immaginario collettivo del gastro-fanatico (quantomeno) italico, è associato solo e soltanto a una città e a un cognome: Senigallia e Uliassi. Ogni anno, infatti, l’attesa è sempre alle stelle per il nuovo lavoro sfornato dal collettivo – perché di questo si tratta – Uliassi. Come i migliori gruppi di lavoro, affiatati e ambiziosi, anche dalla fucina della Banchina di Levante, l’asticella si innalza sempre di qualche centimetro con l’intento di proporre un lavoro migliore dell’anno precedente. E ogni anno si verifica la solita storia: il nuovo Lab è migliore di quello dell’anno precedente. Quella insostenibile attesa dell’appassionato, pertanto, viene ampiamente ripagata. Invero, non è importante definire se, a livello oggettivo – che è ciò che più conta – i nuovi piatti siano migliori dei precedenti, quanto avere la certezza che l’obiettivo di questa tavola sia sempre quello di tentare perennemente di superarsi; intento che possiamo racchiudere in due semplici parole: costanza e perseveranza. Due caratteristiche, queste, che riscontriamo, puntualmente, ogni anno seduti in questo amabile e raffinato stabilimento balneare sulla spiaggia adriatica.

La degustazione, l’accoglienza, eccetera

Il Lab ’23 si presenta con persistenze aromatiche e una piacevolezza complessiva raggiunta senza scendere a compromessi di confortevole rotondità. Freschezza finale presente in ogni portata. Perfino l’amaro gioca un ruolo chiave. Il tutto a dimostrazione che Uliassi, che continua a mettersi in gioco come una giovane rockstar della cucina italiana con sessantacinque primavere alle spalle, è riuscito anche a scrollarsi di dosso l’aura di “people pleaser” grazie all’ennesima intelligente idea di imbastire un percorso degustativo sempre più sofisticato, sebbene meno prolifico del precedente – tre piatti sono stati ripresi dal Lab ’22 perchè sono un perfetto filo conduttore tra la prima e la seconda parte del nuovo menù e rendono lo stesso, di fatto, migliore del precedente – rivolto a tutti ma che possa essere meglio letto ed apprezzato da chi sia in grado di avere i mezzi e l’esperienza per cogliere tutte le sfaccettature, rimanendo, pertanto, nella sua essenza, ecumenico. Certo, i mezzi per fare tutto ciò ci devono essere e qui dietro alla capacità di elaborare e compartire le differenti sfumature di gusto c’è un grande palato.

Quindi creazioni complesse come il folgorante prologo di Ricci ghiacciati e semi di fichi racconta l’evoluzione/progressione di questa tavola che va alla ricerca delle consistenze e delle temperature ottimali per allungare il sentore salmastro del frutto di mare la cui sapidità è, più che contenuta, esaltata dall’aromaticità della menta e dalla dolcezza del fico dalle sembianze tanto simili all’echino; la successiva Seppia scottata, olio di guanciale, bietola, miele e colatura di alici è una summa di questa cucina, dove il vegetale assume sembianze carnivore e diventa finanche più interessante del mollusco: in una parola, un capolavoro, come la strepitosa combinazione di cardoncelli, luppolo, more, mirtilli e pinoli a ricreare la “Macchia adriatica” tra sentori boschivi amaricanti con il luppolo che è la chiave di volta e invoglia al boccone successivo. Poi, appunto, arrivano i tre piatti superstiti dello scorso anno, l’Insalata di ostrica, pesto di rucola, limone, borragine, le Lumache, peperone friggitello, origano ed erbe soffiate e la meravigliosa Anguilla affumicata, albicocca, rafano e alloro, perfetto anello di congiunzione tra mare e terra. Anche i Fusilloni “bruciati” e sugo di arrabbiata (rivisitazione della pasta all’assassina barese) è una ripresa filologica di quella Pasta al pomodoro a la Hilde finita ormai tra i classici del locale e dei Lab, qui evoluta nella consistenza della pasta, cotta alla perfezione e con una componente croccante, a simulare la bruciatura della ricetta pugliese, e nel gioco di ricreare il sugo di pomodoro utilizzando il peperone, un olio all’aglio, la ‘nduja e qualche altra spezia esotica. La chiusura salata è audace, con un Agnello – con grassezza accentuata – in equilibrio tra il dirompente sentore di carbonella e l’aromaticità della vaniglia; ma a prevalere nell’ensemble è la goduriosa piacevolezza del contorno che funge da “puliscipalato” del trittico ciliegia – nocciola – cipolla. Come spesso accade a questa tavola, mare e terra si presentano nei piatti in un connubio paradigmatico di libidinosa complessità. Chiude il percorso creativo di quest’anno una iper-tecnica e alleggerita interpretazione della Saint Honoré che viene “ri-arrangiata” su note più acide (lampone e arancia) dal giovane Mattia Casabianca.

Sull’accoglienza di Catia, il calore del giovane e dinamico servizio di sala  al femminile, capitanato da Filippo Uliassi e dalla storica e genuina presenza del sommelier Ivano Coppari si è già detto e scritto tanto, almeno quanto si è scritto degli elogi della cucina. E non possiamo far altro che riconfermare che la piacevolezza complessiva che si vive seduti a questa tavola è anche, per metà, merito di tutti coloro che stanno fuori dalla cucina. 

IL PIATTO MIGLIORE: ex aequo Macchia Adriatica (cardoncelli, luppolo, more, mirtilli e pinoli) e Seppie scottate, olio di guanciale, bietola, miele e colatura di alici.

La Galleria Fotografica:

Il “miracolo” Uliassi

Una volta seduti ad uno dei tavoli del ristorante Uliassi si ha la netta sensazione che da quel 1990, anno in cui Mauro e Catia Uliassi aprirono il loro locale in riva al mare, poco sia cambiato. I due fratelli – ai quali si è aggiunto Filippo, diventato oramai uno straordinario interprete di sala – continuano a inseguire il sorriso degli ospiti, nel desiderio di far vivere loro un’esperienza in cui l’interazione umana conservi un significativo rilievo (qui non v’è rischio di incorrere in derive spersonalizzanti).

Le finezze che il rango del luogo richiede non degradano mai in formalismo, non comunicano distanza o, peggio, soggezione, ma, al contrario, calorosa cura e autentica ospitalità, tant’è che, se ci si guarda intorno, capiterà di vedere due ventenni in trepidazione per il nuovo Lab, una famiglia con nonna al seguito, una giovane ragazza che festeggia il compleanno con le amiche, così come l’appassionato in pellegrinaggio. D’altro canto, non è forse questa – a qualsiasi livello – la vera essenza, se non l’autentica funzione, di un ristorante?

Occorre sottolineare che ciò è possibile anche grazie alla coerenza dell’offerta gastronomica, composta, da un lato, da una folta carta e un menù degustazione “Classico” – piatti che oramai appartengono alla storia, destinati ad appagare i visitatori più “spensierati”, la stragrande maggioranza – e, dall’altro lato, dai menù “Lab” – l’avanguardia della cucina uliassiana – e  “Caccia”, ambito in cui il Cuoco di Senigallia è un maestro indiscusso (entrambi disponibili su prenotazione). Questa presa di posizione a favore della “libertà di scelta” richiede un evidente sforzo aggiuntivo, tanto alla cucina quanto alla sala, ma consente di mettere a proprio agio qualsiasi avventore nonché di evitare soluzioni di compromesso: il matrimonio tra inclusione e avanguardia non è quindi solo possibile, ma vincente. 

Il Lab: tra sollecitazioni sensoriali e presenze rassicuranti

Il Lab conferma di essere il menù con cui la gang di Uliassi mira a sollecitare – seppure con chirurgica precisione – i sensi dell’ospite, in un percorso che, sempre più, è caratterizzato da una grande armonia interna, sicché ogni passaggio beneficia della vicinanza di quelli che lo precedono e seguono, in una sorta di risonanza.  Per altro verso, anche i menù che si succedono di anno in anno sono tra loro in comunicazione.

In primo luogo, alcuni piatti sopravvivono all’annata, tant’è che il menù attuale ha ereditato da quello passato Gambero rosso, buccia di arancia, zenzero, cervella di gambero e cannella e Pasta e pomodoro alla Hilde in infuso di foglie di fico, quest’ultimo capace ancor più, rispetto all’esordio dello scorso anno, di veicolare le note olfattive – cifra stilistica tipicamente uliassiana – del raspo di pomodoro, sempre grazie all’infusione di foglie di fico nel burro. 

In secondo luogo, la cucina di Mauro Uliassi è caratterizzata dalla presenza di ingredienti ricorrenti – la seppia, il colombaccio, il riccio di mare, la lumaca – i quali rappresentano il profondo legame tra il cuoco e la propria memoria identitaria e fungono, nel contempo, per chi frequenta con regolarità la sua cucina, da presenze rassicuranti, icone di uno stile, come quelle “frasi” che rendono immediatamente riconoscibili i grandi chitarristi. 

Il Lab 2022: un utilizzo “silenzioso” del vegetale

Tuttavia, sarebbe superficiale e profondamente errato pensare che queste presenze ricorrenti siano sinonimo di stanca ripetizione o autoreferenzialità, poiché ciascun Lab è un viaggio completamente inedito in cui a fare la differenza sono gli ingredienti – apparentemente – comprimari che, a ben vedere, sono vegetali. 

Un esempio lampante in tal senso è rappresentato da Seppie crude, pomodoro verde, polline, olive nere essiccate, un giro in ottovolante tra acidità, note amarotiche, sapidità e dolcezza, in cui ogni boccone è un storia a sé: straordinarie la lunghezza e la nitidezza con cui i sapori si susseguono al palato. Nella stessa direzione, Lumache, peperone friggitello, origano, erbe soffiate, in cui al palleggio tra la callosità della lumaca e la croccantezza delle erbe soffiate si affiancano una leggera piccantezza, dolcezza, amaro e le note aromatiche dell’origano. Un autentico capolavoro è, poi, Anguilla affumicata, albicocca, alloro, rafano, un altro passaggio di grande intensità olfattiva – l’affumicatura del grasso presente nell’anguilla ricorda il profumo di bacon –, in cui si intersecano la dolcezza e leggera acidità dell’albicocca, la pungente piccantezza e aromaticità del rafano nonché l’amarotico e la naturale sapidità dell’alloro.  

Ebbene sì, Mauro Uliassi, cuoco del mare e della selva, dimostra di essere altresì un maestro nell’utilizzo del vegetale che, tuttavia nella cucina del cuoco di Senigallia, non si risolve mai in fine ultimo – e, quindi limite – né in ostentazione, bensì in uno strumento indispensabile per indagare i confini del gusto, spingendosi ogni anno sempre un po’ più in là. 

L’eleganza della pasta al tonno

Quest’anno è altresì comparso un nuovo capitolo del lavoro sulle paste “classiche” italiane (dopo la pasta al burro del Lab 2020 e quella al pomodoro del 2021), rappresentato da Pasta al tonno. La tradizionale difficoltà nel trovare una amalgama tra spaghetto e tonno in scatola viene superata grazie ad alcuni intelligenti espedienti tecnici: la pasta viene mantecata in padella con un brodo di tonno e katsuobushi sui cui viene grattugiato, a mo’ di Parmigiano, un cubetto ghiacciato fatto del sugo classico (tonno, aglio, olio, peperoncino, capperi e prezzemolo), oltre all’aggiunta di uvetta sultanina, olive verdi, cucunci e capperi (questi ultimi tre essiccati). 

L’ultimo passaggio è Colombaccio scottato, tabacco, cardamomo nero e pompelmo asciugato, un omaggio alle note torbate, controbilanciate dall’acidità del pompelmo che – grazie all’essicazione – contribuisce altresì in termini di consistenza. La parte dolce del percorso – notevole il pre-dessert Sorbetto di mucillagine di cabossa, mango e meringhe – è da tre anni affidata al giovane e talentuoso Mattia Casabianca, dal quale è lecito attendersi future sorprese e una pasticceria sempre più ardita (tra i numerosi maestri figura un certo Jordi Roca), ancora più in linea con l’avanguardia del Lab.

Citiamo il pastry chef ma lo sviluppo incredibile avuto dal ristorante Uliassi negli ultimi anni è in realtà merito di tutto il team creativo, esteso ed articolato, composto da Mauro Paolini, Luciano Seritelli, Yuri Ragini, Mattia Colacicco, Peppe Merlino, Andrea Merloni e Michele Rocchi, ovviamente coordinati e governati dal palato e dal pensiero del Grande Mauro Uliassi.

La Galleria Fotografica:

Il laboratorio infinito di Mauro Uliassi

Voler rimettersi costantemente in gioco, specie dopo tanti anni di successo di critica e di pubblico, non è cosa così scontata. Il ristorante Uliassi è spesso al completo, riceve il plauso quasi all’unisono da parte di clientela e stampa specializzata e l’ultimissimo tassello per il raggiungimento dell’olimpo gastronomico lì a un passo: sirene al cui canto è innegabilmente difficile resistere. Perché rischiare in fin dei conti? Comoda sarebbe la via del consolidamento, del perfezionamento di piatti già ampiamente collaudati, delle certezze, della costanza e della tranquillità che un approccio del genere spesso apporta.

Mauro Uliassi, e non possiamo che rallegrarcene, fa parte di coloro cui l’immobilità sta stretta. Certo, i cambi carta non si susseguono a ritmi forsennati bensì a una cadenza e a una tempistica ben precisa, secondo una metodica ampiamente collaudata. La presentazione del nuovo “Menu Lab” è sempre un evento molto atteso tra gli appassionati gourmet. La tradizionale pausa trimestrale invernale, oltre a ritemprare giustamente mente e corpo, dopo una stagione lunghissima e pressoché ininterrotta, funge da fucina dove riversare esperienze di viaggio, attente analisi dell’attuale evoluzione gastronomica italiana. Le prime settimane di apertura, ufficialmente ancora all’insegna del “Menu Lab” dell’anno precedente, sono dedicate a limare, calibrare, perfezionare creazioni di per sé di livello già altissimo, cui mancano solamente le prime, selezionate esperienze di sala e il relativo scambio di opinioni e suggestioni per raggiungere la perfetta compiutezza.

Il menu di piatti inediti

Così il nostro percorso, fatta eccezione per alcuni piatti con funzione transitoria e per due piatti di cacciagione richiesti alla carta e già noti, si è svolto all’insegna di inediti, i quali, al netto di un paio di sfumature, ci hanno confermato il livello che d’altronde ci aspettavamo. Rispetto agli scorsi anni Uliassi ci è sembrato voler mirare ancor più che in passato a una maggior diversificazione gustativa e a una costruzione armonica e melodica di notevole impatto.

L’apertura con la Cannocchia marinata, uova di cannocchia e semi di frutto della passione si svolge all’insegna di note fruttate e acide assai pronunciate, forse dal profilo strettamente gustativo un filo sin troppo coprenti in rapporto alla componente ittica. A seguire, la persistenza iodica tipicamente uliassiana della successiva Minestra di seppia cruda e fasolare al profumo di tamerice. E ancora, all’insegna di note acidulo-agrumate con una discreta, piacevole coda balsamico-tostata con la ludica, mediterranea Corona di rombo arrostita, tzatziki all’arancia, semi di finocchio e lino, che riappacifica il palato prima di uno degli highlights della serata. Ha già infatti tutte le potenzialità da futuro signature dish la Pasta con lardo di polpo, polvere di polpo e rosmarino, entusiasmante per equilibrio texturale, per eleganza e finezza estetica e gustativa e per la perizia dello sviluppo sia verticale che orizzontale (quest’ultimo, in particolare, rivelatosi una vera sorpresa, con il lardo che rivela vieppiù la sua vera natura solamente sulla “lunga distanza”).

Di tono accomodante, forse fin troppo, la Spigola d’amo, salsa al vino bianco e verdure croccanti, a cui, al netto di una materia prima di primissimo ordine, gioverebbe, forse, qualche elemento di maggior vivacizzazione e originalità. Si ritorna quindi ai toni più selvaggiamente salmastri tanto cari allo chef con l’inebriante Benvenuto al mare, che avevamo già avuto modo di incontrare in passato, a preludio del nuovamente ludico Collo di rombo in saor e mela all’alloro, sorta di prosecuzione concettuale della versione in Potacchio dello scorso anno, dove freschezza e balsamicità si rincorrono in un bel gioco di persistenze. Mentre si vola altissimi con il Colombaccio con sugo di agnello, di equilibrio pressoché perfetto, dove la salsa, di tiraggio perfetto, stempera e nel contempo sviluppa le suggestioni selvatiche del crudo, rendendole accessibili anche ai palati meno avvezzi.

Il dialogo con la tradizione

Quindi, come non citare il tradizionale e imprescindibile intermezzo sempre più goloso e godereccio, quest’anno nel segno di un rimando al pranzo della domenica della cucina povera delle passate generazioni: la Tagliatella con rigaglie, riduzione di pomodoro al chiodo di garofano e formaggio di Fossa unisce mirabilmente personalità gustativa e immediatezza di lettura e, ne siamo certi, questa volta metterà d’accordo qualsiasi palato.

La Lepre in salmì con croccante di carbonella (oliva nera marchigiana) sfoggia, oltre a una materia prima strepitosa, una maestria assoluta nella gestione degli equilibri interni, con una salsa di un’eleganza e di una leggerezza sopraffina, cui il tocco marchigiano conferisce vivacità texturale e gustativa.

I piatti di cacciagione ordinati alla carta non fanno altro che confermare la grande mano di Uliassi su questa materia e sulle grandi preparazioni classiche, transalpine o strettamente legate al territorio che siano: non semplici riproposizioni nostalgiche di cose già dette, ma riletture costantemente attualizzate e alleggerite da note di freschezza che riescono nel non facile compito di garantire una fruizione del tutto naturale anche nelle più torride serate estive, cosa per nulla scontata quanto potrebbe sembrare.

Il pre-dessert, Cipolla, succo di Morlacco e granita di lemongrass e la chiusura,  Squacquerone, granita di sedano e polline d’api, sviluppano ulteriormente il discorso intrapreso con la “Capra ubriaca” assaggiata nel corso della nostra ultima visita, allontanandosi vieppiù dal concetto tradizionale di piatto dolce per abbracciare uno spettro di suggestioni gustative più ampio e in passato relativamente poco percorso da questa cucina (dolce, salato, acido, erbaceo, finanche leggermente amaricante).

A concludere una variegata piccola pasticceria, che pure negli anni ha acquistato molto in termini di finezza e poliedricità.

Non possiamo esimerci dal puntuale encomio al servizio di sala di grande empatia e professionalità, ogni anno sempre più rifinito nei dettagli e capitanato con occhio discreto, ma attentissimo, da Catia Uliassi, e nel quale Filippo Uliassi sta acquistando un ruolo sempre più sicuro. Il futuro a lungo termine di questo tempio della gastronomia sembra assicurato e non potrebbe avere premesse migliori.

La galleria fotografica:

Mauro Uliassi e il suo R’n’B culinario, tra selva marina e caccia

Le onde sottili del mare si spengono al chiaro di luna sulle spiagge di velluto di Senigallia. Lo chef camuffa la stanchezza da fine servizio scherzando con la sua brigata, mentre sorseggia un infuso al biancospino direttamente dalla pentola.
La sorella Catia e il figlio Filippo rassettano la sala, mentre il cuoco passeggia fluttuando sul bagnasciuga, canticchiando Fly me to the moon di Sinatra.
Lo spirito soul di Mauro Uliassi è sintetizzabile in una scena come questa.
Umano troppo umano, capace di cogliere il massimo dalla semplicità che lo circonda, nella vita così come in cucina.

Video-Intervista: “Quanto è importante il confronto con il cliente?”

Dagli anni ’90 questo ristorante aggrappato alla spiaggia, riesce a mettere d’accordo indistintamente critica, incalliti gourmet e una clientela del tutto normale.
Il fattore che fa la differenza risiede nelle personalità dello chef, di sua sorella e di tutta la gang Uliassi: capaci come pochi di ascoltare qualsiasi spunto critico del cliente, mettendosi in discussione e attuando una crescita costante applicata ad ogni dettaglio. L’esito di questo approccio è una cucina rhythm & blues: rigorosa e disinvolta al tempo stesso; radicata nella tradizione in movimento, con infiltrazioni contaminate che si nutrono di viaggi, profumi, sapori e suggestioni mai statici. Un perfetto equilibrio tra selva di mare e caccia. Perché il territorio marchigiano racconta naturalmente una simbiosi tra questi due ecosistemi. Basti pensare all’alzavola, ostriche e granaglie: un piatto che narra il tragitto del volatile che becca i semi lungo le rive del mare e assimila le sfumature iodate degli elementi circostanti.

Video-Intervista: “Come cuocere e trattare la Caccia?”

Inconsapevole e fortunato, o consapevolmente fortunato, Mauro cresce fin da subito in un contesto ristorativo: dal locale anni ’50 dei nonni, transitando per il bar dei genitori, che gli trasmettono una visione empatica della vita e un forte senso pratico nel lavoro. Si immedesima con fantasia e carattere da scavezzacollo, negli amati libri di Huckleberry Finn: pescando, sparando a beccacce e conigli. Affascinato dalla vita di campagna e sperimentando inconsapevolmente la connessione tra mare e caccia. Durante la scuola si mantiene da solo, facendo gavetta in grandi alberghi e ristoranti locali, dove incontra il suo storico maestro Lucio Capannari (Cordon Bleu) e apprende il valore della fatica.

Video-Intervista: “Quali sono i tuoi ‘Maestri’?”

Conserva un animo ribelle e da viveur, non curandosi troppo del percorso professionale, fino all’incarico di insegnate in un istituto alberghiero a soli 23 anni. Poi la svolta: è grazie a una cena preparata per il compleanno di Chantal (primo vero amore e sua futura moglie) che Mauro scopre il piacere di cucinare per gli altri, acquisendo consapevolezza del suo talento ai fornelli. Supportato dalla famiglia, decide di acquistare un ristorante sulla spiaggia, ingaggiando sua sorella Catia nel progetto: figura cardine nell’accoglienza e nel servizio in sala, dotata di incredibile charme, competenza e sensibilità in veste complementare al lavoro promosso in cucina. Nasce così il Ristorante Uliassi, tracciando un percorso fatto di successi e cambi di rotta dettati dalla voglia di migliorare.

Video-Intervista: “Raccontaci l’esperienza a El Bulli da Ferran Adrià”

Dai volumi intensi di lavoro del ’98, con una cucina di mare solida e lineare; l’identità muta dopo il viaggio verso la Mecca di Ferran Adrià. Immerso nel mondo di El Bulli, insieme a chef come Moreno Cedroni e Massimo Bottura, Mauro viene travolto dall’enfasi di ricerca creativa del maestro e dal suo messaggio di libertà espressiva. Rientrato a Senigallia, grazie al team storico composto da Luciano Serritelli, Michele Rocchi e Mauro Paolini (marito di Catia), rimette in moto il processo di sperimentazione, partorendo il concetto di “LAB”. Un menu sperimentale che cambia ogni anno dopo la chiusura stagionale del ristorante.

Nel 2003 nasce il primo piatto di caccia, Tagliatelle tordi e raguse, a sancire un nuovo tratto distintivo. Dopo la seconda stella Michelin, ancora voglia di crescita: l’ingresso del figlio Filippo, a movimentare con professionalità e freschezza il servizio in sala, e l’idea “StreetFoodGood”, promuovendo il cibo da strada di qualità su un food-truck itinerante.

Oggi, il Lab 2017 sintetizza eleganza e profondità di sapori salmastri, in perfetto binomio terra/mare; equilibrio millimetrico nella sequenza dei piatti, contraddistinti da una ricerca evolutiva sui tagli meno nobili del pesce.
L’excursus professionale di Uliassi prosegue autentico, tutelando una cucina dalla forma tanto godibile e immediata, quanto complessa e innovativa per chiunque abbia volontà di coglierne le sfumature più raffinate.
“OhYeah!”

Video-Intervista: “Cos’è l’autenticità in cucina e come si ritrova nel Lab 2017?”

Se per la stragrande maggioranza delle persone Senigallia è solamente una tra le centinaia di cittadine balneari della riviera adriatica, per i fissati del cibo la frase “vado a Senigallia” può significare solo ed esclusivamente due cose.

A due passi dalla famosa rotonda sul mare che ispirò Bongusto, sorge questo ristorante, a sua volta ispiratore… di buongusto. Per posizione un vero e proprio stabilimento balneare, senza però lettini né ombrelloni ma con una cucina tra le migliori al mondo, che ha da poco compiuto i venticinque anni di attività: partendo da poco più di un bar/ristorante non ha mai smesso il suo continuo crescendo, e si presenta oggi in una forma strabiliante, al massimo del suo splendore.
Il menù Lab di Uliassi è diventato nel tempo quasi un appuntamento, una vera e propria tappa fissa della stagione, che lo scorso anno ha ottenuto riscontri positivi praticamente all’unanimità. E quest’anno il Lab 2016 non è certo da meno, con una serie serrata di piatti fenomenali, con il filo conduttore del mare e illuminate divagazioni territoriali, culturali e storiche. E se il mare appunto, la sua sapidità e le sue note iodate e salmastre sono presenza praticamente costante nei piatti di Uliassi, è in quelli di terra che la stoffa dello chef emerge prepotentemente, tanto che -oltre al già citato Lab- il “Menù Caccia” è uno dei must di questa tavola, tra le migliori declinazioni di selvaggina della penisola.

Ma se la qualità di questa cucina -almeno su questi lidi- è cosa ormai da tempo nota, e migliaia di battute sono già state spese, questa volta è il caso di soffermarsi un momento sul servizio di sala, gestito meravigliosamente da Catia e Filippo Uliassi (rispettivamente sorella e figlio dello Chef, per i tre che ancora non lo sanno), tra i più efficaci e premurosi mai incontrati, disponibili, cordiali e con l’unico obiettivo di far star bene il cliente.
E dire che il servizio non è stato dei più semplici: il forte vento alzatosi in tarda mattinata non ha permesso di usufruire dei tavoli esterni, costringendo a riorganizzare all’ultimo i tavoli all’interno. Un numeroso tavolo accanto al nostro, portava con sé un prontuario di idiosincrasie ed intolleranze da far impallidire un santo. Due tavoli erano con bambini piccoli, e quindi con necessità specifiche… e il tutto è stato gestito serenamente, in contemporanea e senza un plissé, con una naturalezza invidiabile ed un savoir faire consono al blasone del ristorante, ma purtroppo non sempre così scontato, tutt’altro.

Per esperienza generale, mix tra cucina e ospitalità, uno dei ristoranti più completi della penisola, dove stare bene a tutto tondo. Esortiamo dunque in extremis chi ancora non abbia avuto modo di godere del nuovo Lab, di rimediare quanto prima.

Chapeau, famiglia Uliassi… anzi #uliassigang, come piace loro definirsi.

Un angolo dell’accogliente sala, in stile marinaro.
Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Uno dei tavoli, elegantemente apparecchiati.
Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
L’aperitivo, ad anticipare la carta, ormai storico: Loacker di foie gras e nocciola, Oliva all’ascolana (con una mandorla al posto del nocciolo)…
aperitivo, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
…e pane, burro, alici e tartufo, smodatamente goloso. Ad accompagnare un Kir Royal e delle cialde croccanti alle alghe.
pane, burro, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Solo per i bambini invece, viene preparato un differente benvenuto: lecca lecca di gambero.
Sempre a disposizione dei bimbi uno splendido coperto Flowerssori a loro dedicato, con vassoio in legno e stoviglie su misura ad incastro. Applausi.
lecca, lecca, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Arriva la carta. Ogni esemplare porta in copertina un disegno di Catia Uliassi.
Sceglieremo il Lab2016, con l’intrusione di alcuni piatti del Lab2015
Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Il pane, vario e ottimo.
pane, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
“Benvenuti al mare”: brodo di vongole, anemoni di mare, fegato di seppia e polvere di alghe. Un eccellente benvenuto da bere, per aprire le danze. Intenso e profondo.
benvenuto, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
benvenuto, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Gambero rosso agli agrumi. Salse concentratissime accompagnano un gambero di qualità non umana.
gambero rosso, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Bagnasciuga.
Bagnasciuga, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Pancotto, mandorle e granita di ricci di mare.
pancotto, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Rane e Lumache: centrifugato di levistico, noci, olio di noci, lattuga e finocchio marino.
rane, lumache, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Ricciola alla puttanesca. Un inno alla mediterraneità.
ricciola, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Omaggio a Mario Giacomelli: seppia al nero, asparagi e fave.
Un (eccellente) omaggio a uno dei più grandi fotografi di bianco e nero, nato e vissuto a Senigallia nonché amico di Mauro.
mario giacomelli, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Bollito di orecchie di maiale e murici. Ottimo piatto, a tratti estremo tra la tenacità delle orecchie di maiale e la piccantezza della mostarda (qui in salsa), come ogni bollito che si rispetti.
bollito di orecchie, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Sogliola alla maître d’hotel. La reinterpretazione di un classico, sparato tra le stelle.
sogliola, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Fusilli, acetosa, acetosella, rabarbaro e ricci di mare.
fusilli, acetosella, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Spaghetto Latini, tartufo nero, olio di canapa.
spaghettini latini, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Royale di germano.
germano, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Fragole, panna, mascarpone e meringhe al cardamomo. Nonostante l’apparente grassezza, in realtà un predessert rinfrescante e che per nulla appesantisce.
predessert, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
La torta di mele. Un buon dessert, ma di livello inferiore al resto del menù.
torta di mele, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Cremoso alla crusca, crostini di grano arso e gelato di yogurt acido. Si risale un po’ con questo dolce, tra toni bruciati e acidità.
cremoso, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
L’eccellente piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
I vini del pasto, selezionati dal sommelier Ivano Coppari.
vini, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Vino, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
vino, braida, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche
Dal tavolo, uno sguardo all’esterno…
Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia, Ancona, Marche