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Asina Luna

La filosofia della carne di Riccardo Succi

Metti un luogo improbabile, nell’operosa periferia dell’hinterland milanese – siamo a Peschiera Borromeo – in un posto in cui mai e poi mai ti aspetteresti, in tutta onestà, di imbatterti nell’eccellenza. E invece la sorpresa di trovare Asina Luna, un ristorante che per passione, competenza, titolarità, si è rivelato una delle migliori occasioni avute finora per quanto concerne il regno della carne.

Partiamo dallo chef proprietario, Riccardo Succi, griller master – le sue cotture sono antologiche – e fine conoscitore di frollature, stagionature, qualità, razze e provenienze di ciascuno dei divin bocconi, carnico-centrici, che qui vi saranno serviti.

Che dire, poi, della specializzazione sposata: qui si servono solo lombate e i loro frutti, provenienti sia dalla parte anteriore (dicasi in questo caso costata) o dalla parte posteriore (cosiddetta fiorentina, con presenza di filetto e controfiletto, a differenza dell’anteriore).

L’etica, oltre l’estetica di Asina Luna

Asina Luna è un luogo magico in qui potrete degustare, come abbiamo fatto noi, una giovenca con frollatura di 90 giorni, burrosa, poco carnosa e scioglievole al punto giusto o una splendida davvero Fiorentina di scottona “Bianca del Danubio” frollata 80 giorni nel grasso nobile di vitello – preso dall’involucro dei rognoni – o anche una splendida Fiorentina dalle masserie dei F.lli Varvara di Altamura, che solo qui si trova a questo livello, importante, di frollatura. Si tratta, del resto, di bovini adulti, vissuti allo stato semi-brado, macellati a fine vita e alimentati solo con erba, piante aromatiche, legumi e foglie di ulivo, di razze ed età che variano a seconda dell’animale selezionato di volta in volta.

Abbiamo anticipato il tutto con una tartare di Da Màr® di controfiletto, servita con riduzione di salicornia, anche in questo caso interessantissima.

Il voto è il frutto di un ragionamento importante: abbiamo dato voti altrettanto importanti solo a particolari sushi-master, in Giappone, che di Succi vantavano la medesima perizia. Perché non riconoscere, dunque, un altrettanto valido griller master come Riccardo Succi che, pur lavorando su un mono-tema, è davvero un maestro nel suo settore?

Completano il quadro, da Asina Luna, un servizio preciso e puntuale e una carta dei vini per nulla banale e prezzata piuttosto bene, a eccezione delle bottiglie più famose e importanti.

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La Dispensa: cucina degli ingredienti

In un momento storico in cui si annusa nell’aria una certa insofferenza verso le cucine più creative, o almeno parte di esse, la cucina di ingrediente potrebbe sembrare la risposta più indicata per un ristoratore. Grandissimi prodotti – il meglio del mercato, invero – serviti con il minimo delle manipolazioni: la scoperta dell’acqua calda? Forse… Eppure così facile non è vista anche la penuria di validi locali di questa tipologia: non basta fare la giusta spesa e poi avere un cuoco che non la maltratti. Serve un ambiente confortevole, un servizio attento e professionale, serve anche abilità nel saper fare spendere al cliente cifre importanti senza farlo pesare. E serve trasmettere tanta passione.

Alla Dispensa di San Felice sono, in questo senso, dei Maestri. Lo capisci appena entri e vedi un imponente frigorifero pieno di costate di manzo in maturazione. Un amico commerciante è solito dirmi: “se vuoi vendere, devi far vedere la merce!”. Ecco, come resistere alla tentazione di una vista che farebbe salire l’acquolina qualunque carnivoro sulla terra?

L’importanza del fattore umano

E poi c’è il fattore umano, spesso dimenticato quando si decide di aprire una attività ristorativa eppure sempre fondamentale nelle storie di grande successo: i Bontempi sono dei ristoratori straordinari. Roberto e Michele, padre e figlio tra cucina e servizio, con la signora Clara in sala, presenza di garbo ed eleganza non comune. E collaboratori di livello, come Mario Bandera, sommelier, una di quelle persone che non capisci se sono dipendenti o proprietari, in altre parole, un professionista da tenersi ben stretti.

Negli ultimi mesi si è aggiunta anche dell’aria fresca in cucina, con l’arrivo del danese Rasmus Lund Jonasson, una iniezione di creatività che si intravede su alcuni piatti, come il nostro Filetto di black cod, davvero un grande piatto, o il dessert benché quest’ultimo, in verità, sia sembrato meno convincente data la limitata concentrazione del sapore. Ottimo l’appetizer, così come gli spaghetti con ristretto di pesci di scoglio. La costata, s’è anticipato, vale da sola il viaggio anche per qualità della cottura.

È un indirizzo costoso? Sì, lo è perché alcuni ingredienti costano di per sé e perché, poi, non si può negare che, in zona, qualunque cosa costi di più. Eppure si esce con la voglia di ritornare perché i piatti, realizzati da un giovane chef in cui abbiamo intravisto talento e destrezza, sono stati convincenti al punto da farci arrotondare la valutazione per eccesso.

Fate voi le vostre valutazioni; noi, intanto, stiamo già pensando alla cotoletta alla milanese che in questa visita non abbiamo avuto né il tempo né la capienza per ordinare, ma che la prossima volta non ci faremo sfuggire….

“Giovani forchette alla riscossa. In questo spazio di PG, raccogliamo dunque testimonianze, racconti, itinerari e segnalazioni di giovani penne dall’attitudine ‘buongustaia’, che autonomamente hanno trovato affinità con il nostro approccio. Non sarà consentito loro, per ora, di esprimere un voto, ma solo commenti e descrizioni della loro esperienza. Il canale ‘Young Forks’: ai giovani parole e forchette, a voi la lettura”

Il paradiso della carne, in provincia di Padova

Situato ai piedi dei Colli Euganei, a pochi metri dalla piazza del comune di Lozzo Atestino, Tolin, locale aperto nel 2015, si sviluppa come appendice dell’omonima macelleria dove Andrea Tolin, titolare appassionato e competente, serve alcuni tra i tagli più pregiati da capi di Sorana, Limousine e Sarda.

La “gastronomia”, per dir così, si sviluppa su due piani. In entrambi, a farla da padrone un arredamento sobrio e curato, inframmezzato qua e là da vecchi arnesi usati nelle cucine delle famiglie contadine a ricordare il legame tra passato rurale e presente imprenditoriale.

La scelta stilistica è riflesso della cucina: i piatti, serviti dalla signora Lara, moglie di Andrea, sono diretti e intensi. Nessun fraintendimento, nessun orpello, nessuna sovrastruttura. Ci si accomoda per mangiare in famiglia, sentendosi quanto più possibile “a casa” grazie a portate della tradizione culinaria italiana, con particolare attenzione a quella veneta. A coadiuvare la riuscita del servizio, una carta vini attenta alle etichette locali, in particolar modo biologiche e naturali.

Un registro espressivo diretto e accurato

Nel menu, stringato ma non banale, si passa dalla delicatezza dell’antipasto di crudità, carpaccio, tartare e battuta al coltello, all’intensità del famoso Fritolin (fritto misto di lingua, trippa, animelle e cervella), piatto in cui ogni taglio è servito con una panatura modellata sulla consistenza dell’ingrediente: da applausi le cervella impanate “a maglie grosse”, un po’ meno riuscita la trippa.

I primi sono ridotti a due opzioni, pasticcio di carne o pasta con ragù bianco battuto a coltello: non si tratta di una scelta punitiva ma, al contrario, della volontà di concentrare il gusto, come accade alla pasta, la cui mantecatura regala al palato una rotondità di sapori a dir poco rinfrancante. E poi arriva la vera protagonista, la carne: dall’orecchio di elefante al fegato di vitello alla veneziana fino alle fiorentine – con carni provenienti da incroci di razze Limousine e Sarda, allevate al pascolo, in Sardegna, per quasi due anni, con Andrea a seguirne ogni fase di sviluppo. La costata (o fiorentina) viene servita preferibilmente al sangue, su pietra ollare: al cliente, decidere se cuocerla ulteriormente. Ma la qualità della materia prima è talmente elevata che, osando senza neppure condimento, si resta stupefatti dal gusto preciso e dalla morbidezza di consistenza di ogni boccone.

Tra i dolci spiccano la soave millefoglie con scaglie di cioccolato e l’irresistibile tiramisù con savoiardi sardi. Corposo ma non stucchevole. In chiusura, caffè direttamente dalla moka dalla torrefazione Giamaica Caffè dell’indimenticato Gianni Frasi.

Qualche imprecisione nel servizio, non sempre attento ai dettagli della mise en place, e l’eccessivo protrarsi delle tempistiche tra una portata e l’altra, sono dettagli che non intaccano di una virgola la performance, davvero notevole.

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Carne e Passione. La dedizione decennale di una famiglia per la macelleria ora in una delle migliori tavole di carne del territorio campano

Una delle risorse della nazione è indubbiamente rappresentata dalle province. E’ in luoghi spesso isolati, fuori dalle cronache, inaspettati che si scopriranno tesori e isole di felicità. E’ questo il caso della Braceria di Luciano Bifulco, macellaio di quarta generazione, che ha rinnovato il lustro di questo mestiere abbinandolo a una attività imprenditoriale di livello. Così capita che subito fuori il centro di Ottaviano, dove il Vesuvio comincia ad incombere, si scopra il nuovo locale inaugurato a dicembre scorso proprio di fianco alla macelleria, e lo si incontri sorridente strizzato nella sua giacca nera con il nome ricamato in petto, a raccontarti delle ore appena trascorse in Polonia alla ricerca della manzetta prussiana perfetta.

L’ambiente molto ben illuminato, con un dosaggio perfetto di luce diffusa e spot sui tavoli, riesce ad essere intimo, pur nel suo fuori scala, con l’altezza tagliata da un piano superiore perimetrale che affaccia sulla sala. Molto bella la cantina a vista, dove l’occhio attento individua presto bottiglie importanti e il banco cucina, pulitissimo e senza traccia di fumi, che si apre aldilà di un vetro. Le celle frigo diventano arredo, con i tagli di carne in esposizione unitamente ai salumi e altre sorprese, da scoprire su taglieri o scaffali.

Protagonista, la materia prima

La carne, come prevedibile il main course del locale, è curata personalmente nell’offerta, davvero interessante, direttamente dal patron e dall’incanto del suo sapere enciclopedico sull’argomento, dalle frollature estreme ed in continua evoluzione alla qualità ancora sottovalutata di certa carne italiana, ma la carta è strutturata per andare ben oltre grazie al lavoro dello chef Francesco Vorraro che, parallelamente alla brace e alla composizione di taglieri di salumi, offre spunti di bella cucina per completare l’esperienza a tutto tondo.

Dunque le due pagine dedicate alla carne si aprono con le selezioni di marchigiana e di chianina anche nella versione riserva Bifulco, con frollature prolungate oltre i 100 giorni e proseguono nella seconda con le incursioni nella regione del Mazury in Polonia, in Irlanda, Danimarca approdando necessariamente nel Kobe giapponese. Poi spazio allo chef con la cucina, prima a freddo, con i crudi con tartare e carpacci molto lavorati, una caponata dal sapore estivo ed insalate creative, poi ai fornelli con quattro primi piatti, tra i quali una genovese e un doveroso omaggio ai pomodorini del piennolo vesuviano, qualche antipasto e delle variazioni sulla carne più cucinate, come vitello tonnato e quinto quarto.

Un luogo davvero interessante, che da settembre sarà aperto anche per il pranzo, a testimonianza di una offerta che puo’ contemplare una gran cena, magari abbinando lo chateaubriand riserva 150 giorni di frollatura con un supertuscan prelevato dalle verticali della cantina, ma anche un light lunch di qualità a costi contenuti.

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La riscossa del Wagyu da Yazawa: la carne più preziosa al mondo, dal Giappone a Milano con furore

Il Wagyu. Costosissimo e osannato come pochi cibi al mondo.
E’ davvero questa la migliore carne sul mercato? Non ci sbilanciamo, ma a discredito dei sabotatori di questa prelibata e unica materia prima, si possono menzionare rispettabili ricerche dalle quali emergono proprietà salutari più interessanti rispetto a qualsiasi altra carne “rossa” esistente.
Tralasciando ogni aspetto scientifico in merito, o gli affascinanti aneddoti connessi al trattamento riservato a questa razza bovina, il Wagyu servito da Yazawa, importante catena internazionale di ristoranti specializzati in BBQ, è, a nostro avviso, un prodotto di eccelsa qualità. Probabilmente il meglio che si possa trovare a Milano.

Già questo basta a fare di questo locale, a due passi da Brera, una tappa imprescindibile per gli amanti del Sol Levante. Pochi, anzi pochissimi ristoranti etnici in Italia servono preparazioni così autentiche e di ineccepibile qualità. Certamente il costo non è popolare (ma a pranzo ci sono convenienti set lunch), ma stiamo parlando dei tagli più pregiati del manzo Wagyu Kuroge, “allevato esclusivamente in Giappone secondo tradizioni secolari, dove ottiene il grado A5. Il livello della perfezione”.
Ciò detto, dopo diverse visite, crediamo che questa cucina, guidata dallo chef Tsuyoshi Noikura, profondo conoscitore della tecnica yakiniku -ovvero la griglia- nonché maestro selezionatore di bovini, meriti di esser presa in debita considerazione.
Lasciarsi guidare in un percorso è fondamentale. Una serie di piccoli assaggi introducono alla tradizione culinaria giapponese: si susseguono tecniche e ingredienti in un vassoio di antipasti misti che va dal carpione alla griglia, dalle verdure al pesce fino, ovviamente, alla carne. Al centro del percorso, il protagonista indiscusso: il Wagyu, servito a fette sottili disposte in ordine di marmorizzazione. Si va dalla meno venata alla più grassa, per la quale le papille gustative toccano l’apice del cosiddetto “quinto gusto”, ossia l’umami. Alla preparazione ci pensano direttamente i clienti usando la griglia incastonata al centro del tavolo. Tempo di cottura ideale: tre secondi: “ichi… ni… san”.

Il percorso salato si chiude con lo shime, un fine pasto a base di carboidrati come l’ottimo riso con Wagyu semifreddo, zenzero marinato e nori. Perfino i dessert sono di buon livello: necessariamente occidentalizzati, ma con l’ingrediente principale rigorosamente giapponese. Buoni il gelato al matcha e la panna cotta allo yuzu.
Anche la vasta carta può regalare soddisfazioni: ad assaggi eccellenti come il tofu fresco con ragù piccante di Wagyu o le meravigliose crocchette in stile giapponese possono seguire gli spaghettoni udon in un elegante brodo al curry con Wagyu o il Sukiyaki, tipico piatto della famiglia giapponese. Un tegame con un intenso brodo a base di soia e zucchero, sottili fettine di controfiletto, tofu e verdure miste e un uovo in camicia, il tutto cotto a bassa temperatura.
Cantina fornita di importanti vini italiani e francesi, una bella selezione dedicata ai sakè e qualche birra giapponese. Servizio consono al costo dell’esperienza. Da non perdere.