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Luigi Pomata

Il rapsodo dell’isola

Un solitario aedo. Un bardo di una tradizione millenaria che affonda il suo stesso esistere nel mistero. Un poeta che canta quello che l’archeologo Giovanni Lilliu definì «l’enigma dell’isola delle torri». Un Omero talattico che, nell’avviluppo delle tante domande insolute, compita quell’eterna lotta fra l’uomo e la natura, fra il mare e la terra, fra i mostri e la ragione che da sempre e per sempre scandisce la storia su questo pianeta.

Così è Luigi Pomata, novello Gigante di Mont’e Prama. Un indagatore, seppur solo attraverso erbe e frutta selvatiche, verdure e formaggi, degli eventi della sua terra: la Sardegna. Un ricercatore di quel patrimonio culturale che affonda negli arcani senza risposta della civiltà nuragica e della dea ‘grande madre terra’. Uno studioso delle vicende che hanno visto contrapporsi l’antico pescatore che solcava le acque isolane alla eterna meraviglia pelagica: il tonno rosso. Cucina – quindi – quella di Luigi Pomata. Ma storia, innanzi tutto. Un insieme di domande e di suggestioni che costruiscono un viaggio, tanto stimolante quanto pieno di gusto, alla ricerca dell’essenza dell’isola.

Sedersi a uno dei suoi tavoli, nel pieno di centro di Cagliari, a poche decine di metri dalla Marina Vecchia, nel suo locale dai toni giovani e spigliati, che nella bella stagione si apre su un bel dehors, rimane quindi un’esperienza che – come poche – permette di registrare mente e palato sulle cadenze, gli accenti, le pause, le sottolineature della secolare cultura sarda. E non potrebbe essere altrimenti, considerato che la famiglia Pomata ha, da ben tre generazioni, la ristorazione nel sangue. E che, dalla ‘loro’ Carloforte, hanno visto e partecipato alla storia di quelle tonnare che, sin dal 1587, hanno reso celebre questo scampolo di Sardegna: un territorio che già dalle epoche nuragica e punica era frequentato per la pescosità dei suoi fondali.

Intrecciando storie di mare e storie di terra, la cucina di Pomata imbastisce un crescendo orchestrale che attorno al grande solista, il tonno rosso, sviluppa, fra continue riprese e fughe in avanti, fra suggestioni foreste e intimi localismi, fra tecnica e manualità, una sinfonia che lumeggia le caratteristiche dei singoli ingredienti con le loro peculiarità. Così – per esempio – sin dall’inizio, ergendosi in tutta la sua possanza, il tonno rosso di Carloforte è sì presente in tavola negli articolati amuse-bouche, con il pesto di mare, datterino e cuore di tonno rosso e con la polpetta di quinto quarto di tonno rosso e wasabi. Ma non sono dimenticate le materie prime provenienti dall’interno dell’isola, come la ricotta, le erbe aromatiche, il Vermentino, che concorrono nella creazione di gustosi tacos.

Il grande solista

Di tante domande senza risposta, si scriveva in apertura: quelle che costellano la storia dell’epoche prepuniche, con la loro statuaria carica di enigmi. Domande che ancora riecheggiano per le scoscese altezze del Gennargentu e le piane assolate del Campidano, che si rincorrono nelle pagine di Grazia Deledda, che si insinuano negli anfratti rocciosi delle coste e in quegli scoscesi borghi dell’interno ove vivono i ‘centenari’. E che riaffiorano, come moti carsici, pure fra le strade e i palazzi del caotico capoluogo, ora, nel XXI secolo. Come se un lascito incomprensibile, un’eredità, abbia attraversato il tempo, persistendo nella memoria collettiva.

Quella memoria nella quale Luigi Pomata ‘scava’, scomponendola in singoli pezzi. E quindi riempiendola di gusto ‘nuovo’, come nel caso dell’attualizzazione di uno dei piatti bandiera della Sardegna: la fregola. Così, ai tavoli di Viale Regina Margherita 18, la fregola viene tirata all’onda, come un risotto meneghino, con un brodo di molluschi grigliati (che contribuisce a dare una centrata punta d’amaro), e quindi completata con bottarga, olio di lentischio e iodate erbe di mare. Il risultato è ancora una volta sinfonico: sfuggendo ogni pericolo di eccessiva morbidezza o rotondità, gli ingredienti, fortemente identitari, ‘suonano’ a tempo la giusta partitura.

Ma è il grande solista, il tonno rosso, ad ammaliare i sensi. Luigi Pomata, che di questo pesce ha una conoscenza che pochi possono eguagliare, lo racconta in tutte le sue sfumature. La lotta prometeica fra l’uomo e il mare, fra il pescatore e il ‘mostro’, si riverbera nella grande varietà di tagli e preparazioni proposte in carta. Così il girotonno (sei tagli di tonno rosso in varie declinazioni) è già di per sé un piatto-manifesto: una dichiarazione di amore prima che di stile. Del tonno, come del maiale, nulla si buttava: la sua carne, le sue interiora, le sue uova, sin il suo sperma (chiamato lattume) hanno nutrito decine di generazioni, durante i duri inverni, come durante le lunghe traversate in mare. Così Pomata, sublimandolo in un ideale periplo, pare sottolineare come questo pesce e come questa terra siano fra loro intimamente legati.

Protagonista della tavola, il tonno vive in una molteplicità di proposte. A partire dalla riserva personale del cuoco di filetti e di ventresche. Stagionati per anni in un olio di governo che ne mantiene inalterate le caratteristiche, sono proposti accuratamente sgocciolati, con solo un giro di extravergine e una presa di sale. Il sontuoso, francesizzante, filetto di tonno con scaloppa di foie gras pare poi raccontare, con la sua spinta acido-agrumata e la sua salsa al Cannonau (clone d’oltremontano Grenache), come la Sardegna sia stata terra di frontiera, d’incontro, di rifugio, di rinascita. Se la ventresca in crosta viaggia, quindi, su un binario di rassicurante certezza, sconvolge per la sua bontà il Wagyu non Wagyu (Bottura docet) di ventresca sfiammata, con gli aromi dell’arancia amara e dell’acetosella a distenderne ulteriormente la morbida, dolce grassezza, e la vellutata impalpabilità della tessitura.

A contorno di tutto ciò il servizio di sala si mostra rodato e affabile: sempre pronto a fornire le giuste spiegazioni agli ospiti, appare solo un po’ in affanno nelle serate di punta. Di valore, e di soddisfazione, è l’intelligente cantina. La selezione, che permette di bere bene a prezzi giusti, è vasta ma non sconfinata: oltre a una buona scelta di bollicine italiane e francesi, e a una bella gamma di bianchi, a colpire sono soprattutto le pagine dedicate ai grandi rossi, con la Toscana sugli scudi.

La Galleria Fotografica:

Un ristorante storico cittadino sviluppa un nuovo appeal, più moderno ed elegante

Nel corso principale di Cagliari una famiglia per circa cinquant’anni, senza soluzione di continuità, ha rappresentato uno dei principali punti di riferimento gastronomici cittadini con una degna riproposizione di cucina del territorio.
Da qualche anno la terza generazione, rappresentata da Stefano Deidda, partendo dal consolidato ruolo acquisito nel tempo dal ristorante, ha praticato una significativa innovazione stilistica il cui perno essenziale ruota intorno all’utilizzo del tutto moderno di materie prime non più puramente destinate ad assecondare ricette sicure e affidabili ma ad assurgere al ruolo di protagoniste.
Lo chef ha perseguito questo processo di affinamento attraverso tecniche apprese in molti insigni indirizzi, italiani e non, e al salutare e formativo apprendistato effettuato all’ALMA di Colorno.
Il ristorante, piuttosto lineare e assai classico, è stato diviso in due parti, quasi di pari dimensioni, grazie alla presenza, pressoché d’ordinanza per qualsiasi impresa gastronomica che si rispetti, del bistrot “The Fork” titolare di piatti più semplici e veloci.

Nella sala ammiraglia Stefano Deidda è autore di una cucina pulita, franca, efficace che ha intercettato molto bene i codici gastronomici conosciuti, facendoli suoi, presentando gli ingredienti interpretandone le caratteristiche, senza artifici di sorta, con il risultato di preservare le loro peculiarità.
La sensazione finale è quella di trovarsi davanti a piatti molto validi pur se talvolta eccessivamente semplificati, privi di quelle complessità che avrebbero sviluppato maggiormente le potenzialità che le premesse permettevano di intravedere.

Ecco allora un polpo con crema all’aglio inappuntabile ma che lascia una netta sensazione di scolasticità come l’interlocutoria misticanza con malto e lievito che risente anche di un coté eccessivamente dolce rappresentato dalla rapa.
Ottimi il maialino affumicato alla betulla e lo sgombro croccante a dimostrazione di trovarci in una tavola dove i fondamentali sono molto ben conosciuti e che non dubitiamo saprà portare avanti il percorso evolutivo intrapreso dallo chef.

La galleria fotografica:

L’apertura di un ristorante è un processo in cui l’avvio rappresenta senz’altro una delle fasi più delicate.
Cominciare dal nulla o ricominciare dopo uno spostamento, è sempre, comunque, una scommessa che comporta diverse incognite. Cambia poco se lo chef in questione è un professionista navigato e di valore indiscusso come Roberto Petza, che da Cagliari nel 2010 si è trasferito nel cuore del medio campidano, a 60 km dal capoluogo per aprire S’apposentu.
Le complessità logistiche generali e la difficoltà nel reperire e assemblare un affidabile e adeguato staff sono sempre ostacoli difficili da affrontare, indipendentemente dal proprio blasone e di questo abbiamo avuto piena contezza nel nostro precedente passaggio.
Adesso che il processo di trasferimento ha raggiunto la fase di assestamento in un’istituzione territoriale, pur se geograficamente defilata, come casa Puddu (famiglia che in quel di Siddi ha espresso probabilmente il più alto magistero regionale nella produzione della pasta) lo chef è tornato a esprimere i valori che gli riconoscevamo in passato.
La traiettoria ha compiuto il suo percorso, il ristorante è ora a pieno regime con annessa scuola di cucina e tutto, non solo a livello di personale, è tarato a livelli tali che ci permettono di dire che finalmente Roberto Petza incarna pienamente il ruolo che gli compete: ambasciatore della cucina sarda tout court.
Il territorio da S’apposentu è, infatti, rappresentato in modo esauriente ed esemplare.
Esauriente per quanto riguarda l’ampio spettro degli ingredienti utilizzati: un vero e proprio piccolo vademecum filologico della cultura gastronomica regionale che spazia dal mare, presente con un apposito menù, alla tradizione dell’entroterra, che caratterizza ancor di più la ristorazione sarda.
Esemplare, poi, per l’indiscutibile padronanza tecnica con cui ogni pietanza è preparata.
Con tanta attenzione e capacità si potrebbe forse osare qualcosa di più, trascendendo le suggestioni del ricco patrimonio territoriale, anima del ristorante, che lega i menù a una matrice fortemente radicata nella memoria gastronomica locale; ma già così una sosta al S’apposentu, il salotto buono della cucina sarda, rappresenta una tappa imprescindibile per qualsiasi goloso che orbiti in Sardegna e, segnatamente, dalle parti di Cagliari.
Una zuppa di fregua ai pesci di scoglio come si deve, gli impeccabili e golosi ravioli di pecorino e cipolla, la ricciola con verdure in agrodolce, lo squisito polpo in eccellente salsa di senape, sono solo alcuni esempi dell’esperienza che attende chi arriva da S’apposentu, piccola oasi del bon vivre gastronomico isolano, dove è anche possibile attingere da una lista dei vini, per lo più sardocentrica, piacevolmente insolita sia per cantine selezionate che per ricarichi applicati.

Chips di mais con quenelle di ricotta ed erba cipollina, noci e pralina di maialino
chips di mais con quenelle di ricotta, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Pane.
pane, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Grissini e pane carasau.
grissini e pane carasau, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Cozze fritte con semola e alga nori, crema di rucola, bottarga.
cozze fritte, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Le lumache in verde, peculiarità del territorio, con mandorle tostate al profumo di limone.
lumache in verde, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Polpo arrostito con susine in salsa di senape, pane alle erbe e ceci, davvero ottimo.
polpo arrostito, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
S’ou cun bagna: uovo poché con salsa di pomodoro al basilico, verdure e pane croccanti. Un po’ rustico, forse, ma piacevolmente caratteristico.
uovo pochè, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Zuppa di fregua (semola fatta a mano) ai pesci di scoglio con crostini, basilico e agrumi.
zuppa di fregola, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Brodo di pecora, pesciolini di scoglio ed erbe aromatiche con ravioli di formaggio acido (casu axedu).
ravioli e brodo di pecora, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Vellutata di ceci con polpettine di salsiccia al finocchio, gnocchi di formaggio alle erbe, chips di cotenna di maiale.
Vellutata di ceci con polpettine, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Spaghetti con salsa di pomodori al basilico e limone, cozze fresche.
spaghettini con salsa di pomodoro e cozze, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Ravioli di cipolla margherita e pecorino, salsa di pecorino stagionato e noci, fiori di basilico, pepe e pomodoro secco.
ravioli di cipolla e pecorino, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Ricciola di fondale con verdure croccanti e in agrodolce, gamberi freschi su acqua di pomodoro e basilico.
ricciola di fondale, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Stinco di maiale in due cotture: bassa temperatura e ripassato alla brace, melanzane arrostite, pane alle spezie, salsa di prugne.
stinco di maiale, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Sorbetto di susine e crumble di mandorle.
Sorbetto di susine, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Cannolo croccante, crema al cardamomo, pera al cannonau e composta di limoni
Cannolo croccante, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Gelato allo zafferano di San Gavino, gatò di mandorle, miele, sapa.
gelato allo zafferano, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Millefoglie, pesche caramellate, sorbetto di pesca, crema alla liquirizia.
millefoglie, pesche caramellate, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Tortino di cioccolato, gelato alla vaniglia, susine e composta di pere.
tortino di cioccolato, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Petit four
petit four, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Un grande vino: solo uve granazza del territorio di Mamoiada per 16° di grande personalità.
sedilesu, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Interno
interno, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi
Colori…
colori, S'Apposentu, Chef Roberto Petza, Siddi

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A Cagliari sembra imperversare una sorta di buonumore coinvolgente. Ce ne siamo accorti subito dal tono curiosamente cordiale del tassista che ci conduceva in centro città. Ci ha accolti con un “Benvenuto a Cagliari, signore” che tanto stride con l’asprezza delle imprecazioni (causa traffico e stress) dei suoi colleghi di Milano o Roma. Qui tutto sembra filare liscio, pacato, sereno. Passeggiando nel cuore di Cagliari, attorno al maestoso bastione di Saint Remy e in attesa di cenare nel ristorante omonimo, la gente che incontriamo sorride, scherza, sembra allegra e spensierata. E questa è la sensazione principale che ci accompagnerà per tutta la serata, anche in questo intimo ristorante di Cagliari, città oramai orfana da tempo della sua stella Roberto Petza.
A pochi metri dall’ingresso del ristorante non possiamo non notare la bottega di Bob Marongiu, famoso artista sardo autodidatta: dalla prima volta che ammirammo una sua opera sono passati molti, forse troppi anni, ed eravamo coccolati nella sala multicolore di un certo Igles Corelli in quel di Ostellato.
Varcato l’ingresso ecco un altro sorriso: questa volta è quello di Marino Cogoni, patron del St.Remy. Lunga e luminosa carriera nel mondo dell’alta hotellerie, barman in luoghi di mondanità e lusso, Marino da neppure due anni ha scelto di ritornare nella sua Sardegna e assieme alla moglie Silvana di iniziare una nuova avventura a Cagliari. Il locale è uno storico indirizzo ristorativo fin dagli anni ’70 e le sue mura sono state utilizzate in passato come rifugio antiatomico, convento di suore di clausura e deposito di prodotti farmaceutici. Insomma la storia c’è.
Il presente parla invece di molta semplicità e desiderio di far bene. Silvana è autodidatta ed è entrata per la prima volta in cucina all’apertura del locale. Una bella sfida per lei, ma anche per Marino, che la aiuta con la sua esperienza in abbinamenti e creazioni.
La materia prima è di qualità, la lista “taylor-made” sulle potenzialità della cucina: pochi piatti, ispirati per lo più dal mercato, versante ovviamente mare.
Le ricette migliori arrivano quando la volontà di esagerare non prende il sopravvento, valga su tutti l’esempio poco felice del Dentice sfumato al vermentino, capperi, olive, pomodoro secco, porro e spicchi di limone: come diceva il mio illustre maestro di nome Enzo, il classico piatto in cui se togli a caso due o tre ingredienti il risultato migliora.
Ma nel complesso è giusto guardare al St.Remy con occhio benevolo, arrotondando per eccesso la valutazione di un locale in cui si sta bene a prescindere da qualche piccolo intoppo che, con il tempo e i giusti consigli, sarà facilmente eliminato. Ci hanno insegnato che a un sorriso si risponde sempre con un gesto d’affetto e dopo aver trascorso una serata in questa città meravigliosa, non possiamo certo tirarci indietro.

La sala
sala, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Iniziamo con lo splendido Vermentino Is Argiolas 2012
vino, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Tartare di Gamberi rossi di Mazara del Vallo con fragole.
tartare, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Calamaro al vapore, con emulsione di aceto di mele, salsa di avocado e zenzero.
calamaro, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Fico nero, ricotta affumicata, bottarga e riduzione di aceto balsamico.
fico, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Pani: su tutti ovviamente il Guttiau di cui abusiamo sempre.
pani, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Laganelle al limone, julienne di zucchine, vongole e bottarga.
laganelle, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Macarrones casarecci con fiori di zucca, pomodorini saltati e ricotta mustia.
maccarones,Da Marino al St.Remy, Cagliari
Il sorriso contagioso di Cagliari: alle pareti riproduzioni delle opere di Bob Marongiu.
bob marongiu, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Dentice sfumato al vermentino, capperi, olive, pomodoro secco, porro e spicchi di limone.
dentice, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Mousse di ricotta, pinoli e saba.
mousse, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Chiusura: Argiolas Angialis 2009.
vino, Da Marino al St.Remy, Cagliari

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Recensione ristorante.

Avevamo lasciato Roberto Petza nel 2007 in procinto di lasciare S’Apposentu, il suo salotto buono, quel magnifico proscenio all’interno del Teatro Lirico di Cagliari a Santa Alenixedda, ennesima testimonianza di come la burocrazia e la scarsa lungimiranza di certi amministratori possano rovinare anche l’unico fiore all’occhiello gastronomico della città, ed uno dei pochissimi in regione.
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