Passione Gourmet caffè Archivi - Passione Gourmet

Il caffè nell’alta cucina

Il caffè è da sempre utilizzato prevalentemente come una bevanda, con il suo effetto stimolante, che dà inizio alla giornata di milioni di persone in tutto il mondo. Sempre sotto forma di bevanda è utilizzato come fine pasto e come collaterale al pasto stesso. La sua degustazione è una vera e propria arte, tanto che ci è sembrato doveroso tracciare un parallelismo con il mondo del vino e approfondire per intero la filiera, a partire dalle piantagioni in cui si coltivano le Cru de Le Piantagioni del Caffè, ormai nostro punto di riferimento in termini di qualità.

Ma fondamentalmente, sia nella sua forma non tostata – verde – ma anche e soprattutto tostato, è un incredibile e versatile ingrediente che si presta ad essere abbinato a molteplici altri ingredienti ed è utile se non fondamentale nella conclusione del cerchio gustativo di un piatto. Le diverse tostature, ad esempio, regalano aromatiche più o meno intense con sfumature di nocciola, vaniglia, cannella che si comportano come una vera e propria spezia, utile alla conduzione ed esaltazione del gusto di ingredienti principali come la carne, la selvaggina e i funghi.

Il caffè come una spezia

Ma anche nelle preparazioni ittiche, magari utilizzando una tostatura più tendente al verde, la “spezia” riveste un ruolo molto interessante. Pensiamo ad un pesce di fondale come la cernia, grassa e consistente, che con una polvere a basso grado di tostatura può avere risvolti interessanti al pari se non superiori all’utilizzo di un pepe. Aromatiche nuove, quasi spiazzanti, per persistenza e lunghezza gustativa espressa. L’aumento di intensità gustativa, donata dalle derive del nostro protagonista, e l’allungamento dei ritorni aromatici del pesce possono portare ad un risultato che, se abbinato ad un carciofo o meglio ancora ad un fungo, ha del sorprendente.

Carlo Cracco e il suo crudo di dentice

Uno dei cuochi, a nostra memoria, che da tempo immemore lo utilizza come spezia e di riflesso come conduttore gustativo è Carlo Cracco. Ricordiamo ancora un crudo di dentice, capesante, lime e caffè che sorprendeva per il risultato gustativo. L’amaro-acido del lime è un connubio formidabile.

Un altro ricordo interessante di applicazione, qui nella sua forma non tostata, è quello che ci presentò lo chef spagnolo Josean Alija nel suo ristorante Nerua di Bilbao. Carciofo, caffè verde, fondo di jamón ibérico ed erbe aromatiche. Anche qui la grassezza del fondo, in abbinamento con la consistenza e il sapore intenso del carciofo, trovavano la chiusura gustativa con l’estratto di caffè verde che riverbera note vegetali molto intense e speziate, in cui la componente che emerge in maniera eclatante è sostenuta dalle erbe aromatiche in abbinamento.

Massimo Bottura e il camouflage

Massimo bottura, in uno dei suoi piatti simbolo, il camouflage, lo utilizza come spezia, annegato in una miriade di altri ingredienti. Però l’evidenza di quanto il gusto si distenda grazie a questo incredibile tocco è palese a tutti quelli che lo hanno assaggiato.

Il mondo dei dessert

La forma di utilizzo più immediata, a memoria, risulta essere l’applicazione nel comparto dolce. Ma come abbiamo evidenziato con gli esempi precedenti anche il comparto salato ne può beneficiare in maniera significativa. Ciò detto dal tiramisù a sorbetti e bavaresi, molteplici sono gli esempi di dolci, anche della tradizione, con una forte connotazione di questo versatile ingrediente.

Stefano Baiocco lo abbina con il cappero

Non mancano anche qui però riferimenti illustri di innovazione, come nello splendido Cappero, caffè e maggiorana di Stefano Baiocco, che a sua volta rimanda a una preparazione del grande Massimiliano Alajmo, altro cuoco che lo usa spesso, spessissimo in qualità di spezia.

Ecco quindi che l’attenzione verso l’impiego del suddetto, meglio se di grande qualità come quello de Le Piantagioni del Caffè, come spezia o come ingrediente, può aprire le porte ad abbinamenti innovativi, performanti e decisamente originali.

La Galleria Fotografica:


Piccola guida a proposito di quel vasto mondo che è la scelta del caffè ai giorni nostri

Ogni riferimento stilistico a Lina Wertmüller è puramente voluto. Sì, perché parlare di caffè dovrebbe essere cosa semplice in Italia, dove siamo riconosciuti per essere i più grandi estimatori della squisita bevanda. Eppure non appena ci si addentra minimamente nell’ambito, si scopre come esso sia spigoloso e sfaccettato, una supercazzola sui generis, tanto che per comprenderne a fondo i principi servirebbe un articolo scientifico più che una rubrica di attualità. Dopo esserci occupati approfonditamente della biodiversità, della degustazione, dell’inevitabile parallelismo con il mondo del vino e delle diverse piantagioni de “Le Piantagioni del Caffè”, azienda livornese che per noi rappresenta un punto fermo in termini di qualità, particolarmente alto è l’intento che ci prefissiamo quest’oggi: tracciare in modo sintetico ma esaustivo le linee guida che ci permettano di orientarci nella scelta del caffè.

Caffè in grani, macinato, in capsula o in cialda?

scelta del caffè

Fino a qualche decennio fa la scelta possibile era solo una: caffè in grani, macinino manuale e una buona dose di olio di gomito. Questa rimane la scelta ad appannaggio dei puristi dei giorni nostri, coloro che non rinunciano alla sacralità del rito e all’integrità aromatica garantita dalla tostatura del chicco, nemmeno in favore della maggior praticità apportata dalla polvere già macinata rinvenibile oggi in commercio o, nemmeno a dirlo, delle capsule e delle cialde pronte all’uso. Se l’antico rito per qualcuno è sacro e indiscutibile, altri ben si accontentano del compromesso, o addirittura prediligono il trend contemporaneo che vede la comodità pervadere ogni ambito. Dal momento che tra gli estremi l’intermezzo è notevole, analizziamo quali sono gli elementi che incidono su questo tipo di scelta, i benefici e gli svantaggi di tutte le possibili declinazioni del caffè.

1- Il fattore climatico

Il primo appunto da tenere ben presente è che il caffè è materia delicata e gli agenti atmosferici rappresentano veri e propri nemici. Se il contatto con l’aria lo ossida, incidendo drammaticamente su quelle che sono le sue caratteristiche gusto-olfattive, anche l’umidità è un aspetto importante da tenere in considerazione, perché può influenzare i fenomeni di filtrazione e percolazione in fase di preparazione. Tenendo conto di queste problematiche l’opzione preferibile è quella di optare per il caffè in grani, la cui conformazione fisica lo rende più resistente agli attacchi dei suddetti elementi.

2- Il fattore tempo

Le esigenze non sono sempre le stesse, soprattutto in ordine di tempo. La macinatura dei chicchi ad esempio richiede qualche minuto e, nella fretta del primo caffè del mattino, non sempre si può assolvere a dovere. In questo senso l’opzione più pratica è quella di optare per il caffè in capsula, dove la polvere è racchiusa ermeticamente in un contenitore rigido di plastica e/o alluminio che ne preserva l’aroma; la si inserisce nella macchinetta e il gioco è fatto.

3- Il fattore ambientale

Tema onnipresente ai giorni nostri, la sostenibilità ambientale può passare anche per l’amata tazzina. La soluzione che meno impatta a livello ambientale è ovviamente quella del caffè in grani o macinato, dove rimane solo la polvere che può essere poi facilmente smaltita. Le cialde reggono bene il confronto: sono infatti dei “dischetti” di caffè macinato pressato e avvolto nella carta biodegradabile, generalmente compostabile. Anche con le capsule si sono fatti però progressi in questo senso e oggi sul mercato sono presenti diversi marchi che offrono capsule biodegradabili.

4- Il fattore psicologico

Chiedete a un nostalgico di sostituire la sua Moka con una moderna macchinetta elettrica e vi sarete fatti un nemico per la vita. Lo stesso atto della preparazione del caffè per qualcuno è un rito irrinunciabile che passa dal profumo che la polvere sprigiona non appena si apre il barattolo, fino al rumore che pervade la stanza quando la caldaia rilascia il liquido bollente in superficie. Il caffè riveste in questo caso un valore affettivo insostituibile, che nessuna fredda e triste capsula potrà mai colmare.

5- Il fattore esplorativo

Altro aspetto da prendere in considerazione è quello della varietà di scelta e se si ricerca la possibilità di assaggiare un gran numero di caffè o si preferisce rimanere saldamente fedeli alla miscela del cuore. Inutile dire che la capsula e la cialda monodose, proprio per questa loro caratteristica, permettono di sperimentare un assortimento pressoché infinito di gusti e aromi personalizzati. Tuttavia il mercato viene incontro anche a chi non abbandona la tradizione, con la proposta di miscele in grani o in polvere di caffè di ogni genere e tipo contenute in “pacchi” di varie dimensioni: dal blend di miscele pregiate ai “gran cru” di singola piantagione. Ce n’è per tutti i gusti.

6- Il fattore economico

Ultimo e rilevante parametro è il prezzo. Se a causa del loro packaging, le capsule sono la soluzione più dispendiosa, con un prezzo medio di circa 0.30€ a tazza, il costo di una tazzina di espresso ottenuto con le cialde si attesta intorno ai 0.20€, mentre il prezzo di una tazzina di caffè preparato con la Moka costa all’incirca 0.10€.

Il caffè macinato

Sebbene la praticità di capsule e cialde venga apprezzata da un numero sempre più vasto di consumatori, la soluzione ancora oggi più largamente diffusa e apprezzata è quella tradizionale: il caffè macinato. Qui, però, bisogna distinguere a seconda che la macinatura venga fatta homemade o che si opti per una soluzione già pronta all’uso. Come si è visto la differenza principale risiede nell’integrità gusto-olfattiva. Tradizione vuole che il migliore caffè sia quello acquistato in grani e macinato al momento del consumo, perché solo così sarà possibile conservare al meglio l’aroma e gustare un prodotto perfettamente integro nelle sue caratteristiche organolettiche. Il caffè infatti, dopo solo 15 minuti dalla macinatura perde già all’incirca il 60-70% degli aromi.

Sentite anche voi l’eco del “però” avvicinarsi inesorabilmente? Bisogna infatti tenere conto che la macinatura richiede qualche minuto di tempo e che macinare una quantità maggiore di quella necessaria per riutilizzarla in un secondo momento sarebbe controproducente, perché il declino delle componenti aromatiche vanificherebbe lo sforzo della macinatura fatta a mano. Per ottenere un buon risultato non solo bisognerà agire in fretta, ma si dovrà anche poi considerare che la macinatura deve rispettare alcune regole, che variano a seconda del metodo di estrazione utilizzato. Una polvere troppo fine o, all’opposto, troppo grossolana, potrebbe alterare il risultato finale, provocando perfino uno sgradevole sapore di bruciato. Il tema in questione è quello della granulometria, ossia di quanto dev’essere fine il macinato.

Dimmi cosa vuoi e ti dirò che granulometria avrai

scelta del caffè
Estrazione con Chemex.

Quando si parla di caffè viene automatico pensare all’espresso che beviamo al bar, o alla macchinetta – tradizionale o moderna che sia – che abbiamo a casa. Tuttavia esiste un gran numero di metodi alternativi di estrazione del caffè, ognuno dei quali richiede procedimenti e specifiche apposite.
Se la nostra affezionata Moka necessita di un macinato di media grandezza, 350-700 micron, paragonabile al sale fino affinché la polvere troppo sottile non attraversi il filtro, la Macchina Espresso necessita di un macinato più esile, tra i 180-250 micron. Se utilizziamo la French Press, una caffettiera a stantuffo, necessiteremo invece di un macinato piuttosto grosso, 800-1000 micron; stesso discorso qualora volessimo estrarre il caffè a freddo attraverso Cold Drip o Cold Brew, particolari procedimenti che richiedono anche più di 12 ore di tempo.

La scelta

scelta del caffè
Cold Drip.

Come avrete intuito l’argomento è vasto, anzi vastissimo, e preparare il caffè giusto e nel modo adatto può diventare un grattacapo non da poco conto. Qualora vi avessimo incuriositi e voleste approfondire il mondo del macinato e dei diversi tipi di estrazione, vi consigliamo di leggere questa utile guida de ‘Le Piantagioni del Caffè’. La stessa azienda offre un altro strumento che nella sua semplicità si fa apprezzare: un intuitivo configuratore che vi aiuterà a scoprire quale miscela si adatta meglio ai vostri gusti.

Insomma, tenuto conto dei vari i fattori, scelta la miscela, macinata con il giusto criterio e infine estratta la bevanda nel modo che più vi è congeniale, ora sapete tutto quello che c’è da sapere a proposito di quel vasto mondo che è la scelta del caffè ai giorni nostri.

Le Piantagioni del Caffè

C’è un approccio orizzontale e un approccio verticale. Un fare spesso inconsapevole, a tratti passivo, palesa l’approccio orizzontale; uno più consapevole, dedicato e attento, manifesta invece l’approccio verticale. Non è una questione solo filosofica, né riconducibile a una mera ermeneutica comportamentale.

Pasta, pizza, caffè, cosa c’è di più mainstream e, dunque, di orizzontale? Cosa c’è che rischia di appiattire di più di un’omologazione che deriva dal quotidiano e automatico uso e consumo?

Poco o nulla.

Il caffè è nel nostro quotidiano. Bevitori o non bevitori, che siamo. C’è una parola per la bevanda, una parola per la pianta, una parola per il chicco, o per la polvere, la cialda o la capsula. Vuoi un caffè? Una sola parola racconta esperienze disparate.

È così che vogliamo, qui, avvicinarci al caffè. Con fare curioso e attento. De Le Piantagioni del Caffè ne abbiamo scritto qui, qui e qui e, volentieri, perché ne abbiamo compreso e condiviso la mission. Qualità, rispetto, diversità. Il tutto giocato su grandi numeri. Non facile.

Oggi partiamo da una storia che vive di un’attualità perenne. Negli anni ’40 negli Stati Uniti si iniziava a vedere una diminuzione del consumo di caffè. Gli economisti attribuirono la responsabilità alla scarsa qualità del caffè, di specie robusta. In realtà, era solo un problema di riduzione delle spese dai trasporti alla conservazione e questo incise sulla qualità del caffè stesso, a prescindere che si trattasse di robusta o arabica. Serviva, in quel momento, un messaggio sicuro per rinvigorire l’economia americana e, così, fu istituito il Pan American Bureau of coffee, che tendeva a promuovere l’immagine del caffè specie Arabica proveniente principalmente dal Sud America. L’attualità che ci coinvolge, oggi, tutti i giorni è che fu questo bureau a istituire, quasi ufficialmente, nel 1952, la “pausa caffè”. Un momento, quello del coffe-break, che doveva servire da un lato a fermare momentaneamente il lavoro, il business, la lezione, il mestiere e, dall’altro, a incentivare il consumo di caffè attraverso le sue proprietà – definiamole – terapeutiche. E, a proposito di pause caffè nazionali, specie Arabica,  vi presentiamo ora la nostra degustazione di tre diverse espressioni di Arabica, tutte di qualità non meno che eccellente.

Buenos Aires

Questo il nome del caffè, e della piantagione, nasce in Nicaragua, da coltivazioni al confine con l’Honduras, tra i 1200 e 1700 metri sul livello del mare. Il chicco allungato e grosso ha durezza media, che al grinder manuale si fa apprezzare con una macinatura non troppo fine, mentre risulta una polvere perfetta per ottenere un caffè “drip”: goccia dopo goccia, lentamente, si forma un caffè tenace ma elegante, con sentori di violetta al naso; al palato, una buona acidità, non eccessivamente spiccata, si traduce in un gusto lievemente cioccolatoso. Un caffè da distrazione, e da pausa caffè, perfetto!

100

Un blend di Arabica che mette d’accordo Guatemala, Etiopia, El Salvador e Brasile. Non è facile trovare il giusto equilibrio tra caffè di diverse piantagioni eppure, qui, si ritrova un amalgama coerente, perfetto da adoperare nella macchina espresso: cremosità discreta, intensa nel colore brillante, profumi netti e definiti che ricordano il cacao amaro e note di spezie nere, non troppo invasive. Un caffè per momenti di attenzione e concentrazione.

Dambi Uddo

100% Arabica Etiope. Coltivato a più di 2000 metri di altitudine, è un caffè che merita attenzione. Chicco oblungo e grosso, racconta già, da forma e colore, la sua importanza. Consigliata una macinatura fine da espresso, macchina calda, acqua di durezza media (le acque non sono tutte uguali e influiscono sul risultato finale del nostro caffè) pressione non eccessiva della polvere: colore intenso e deciso, leggera patina brillante, cremosità contenuta, buona viscosità. Profumi intensi e avvolgenti che ricordano un campo di piccoli frutti rossi, assolato a mezzodì. Retrogusto e persistenza concreti e intensi. Un caffè ricco e piacevole per palati allenati che amano riconoscersi nei dettagli e nelle sfumature.

* In copertina, da sinistra il Presidente Chairman de Le Piantagioni del Caffè Enrico Meschini durante una degustazione organolettica con Paolo Milani, tecnico assaggiatore vendite Italia.  

Il valore della differenza

Si potrebbe supporre che il lemma “blend” e il verbo “assemblare”, il primo di origine inglese il secondo proveniente, invece, dal francese, abbiano una medesima, condivisa origine germanica. A suggerirlo, un significato comune che, in entrambi i casi, sottende l’unione, la commistione, il miscidarsi tra loro di elementi diversi, al fine di farne un unicum, uno e unico.

In un buon blend, infatti, la parte è tale da dissolversi o, quantomeno, farsi irriconoscibile, nel tutto; fondersi, perdersi, e ritrovarsi, è questo che differenzia il blend dal mosaico e l’assemblaggio dalla giustapposizione. Per realizzare un buon blend, però, è necessario conoscerne nel dettaglio, e molto profondamente, tutti i tasselli e ciascun elemento per se stesso. È un concetto sottile, ma importantissimo, che insiste sul fatto che un bel blend non contempla mai confusione quanto, piuttosto, iper-definizione e iper-caratterizzazione. Come a dire che, per essere sintetici, occorre esser, o esser stati, analitici.

Il diario di bordo della famiglia Meschini

Il paradigma del blend, ovvero la conoscenza, vale tanto nel mondo del caffè quanto in quello della vita tutta.

Lo sanno bene a Le Piantagioni del Caffè dove proprio dalle differenze di ogni singola piantagione arrivano tanto il nome quanto la missione aziendale: caffè provenienti da singole piantagioni, tostati e analizzati singolarmente in modo da poterne valutare al meglio il profilo sensoriale. 

Enrico Meschini, che ha viaggiato in lungo e in largo per l’ecumene terreste, parla di ogni singola piantagione con una cognizione che va ben oltre la mera esperienza e, per chiarirvi cosa intendiamo, eccovi qualche frammento dal suo diario di bordo:

Nel dicembre del 2004 mi trovai a viaggiare per la prima volta in Etiopia, al tempo, paese piuttosto sconosciuto e poco bazzicato dai cercatori di caffè speciali; l’opposto di quello che avviene oggi. Al risveglio in un albergo piuttosto fatiscente, ricordo che mi accorsi che il nostro fuoristrada aveva una gomma forata, così chiamai l’autista perché provvedesse. Dopo poco, mentre io mi godevo il paesaggio di un mondo immerso nel caffè, mi raggiunse, nel freddo pungente delle mattinate del Sidamo e di Yrgacheffe il nostro accompagnatore: Abdallah Bagersh, yemenita di origine ed etiope da tre generazioni di venditori e assaggiatori di caffè. Alla domanda di dove fosse il nostro fuoristrada, cercai di farmi capire nel mio pessimo inglese. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, gli si illuminarono gli occhi ed esclamò “gommista!!” Fu così che scoprii che, nonostante avessimo colonizzato l’Etiopia per pochi anni e piuttosto male, erano rimaste nella lingua amarica alcune parole italiane, in particolare quelle che si riferivano alle automobili, alla biancheria intima e al biliardino, tutti oggetti che furono introdotti durante il periodo di colonizzazione!”

Leggendo questo “diario”, che continua con gli elefanti di Fairland, con lo stordente mercato di Mysore a Raigode, in India, o col pranzo narrato da Prunella Meschini, sua figlia, in quel di Alto Palomar, in Perù e poi ancora in Etiopia, vi succederà di ripensare al mestiere del torrefattore e considerarlo, forse, in una maniera meno convenzionale.

Come quella volta che, per raggiungere la piantagione di El Hato, in Guatemala, dopo molti km di piantagioni sulla ruta Panamericana, un cono “di fumo irregolare, ora sottile ora più corposo” si levò dal vulcano Pacaya, o quell’altra in cui, a Samambaia, in Brasile, nei primi di luglio Enrico dovette indossare  tutti i vestiti che aveva a causa di una geada notturna: “fortunatamente senza grandi conseguenze per il raccolto e per la qualità del caffè – conclude – se non un grande scossone nelle quotazioni del caffè alla borsa di New York.

Diversità e biodiversità

E queste sono solo alcune delle storie che popolano, animandolo dall’interno, il fantastico mondo de Le Piantagioni del Caffè: un mondo fatto di diversità e biodiversità che, non a caso, è un concetto che rientra a pieno titolo nei parametri di certificazione della qualità dei caffè BIO e FAIRTRADE, così come vi rientra anche il rapporto diretto, nel loro caso strettissimo, con i produttori che si sono distinti per operare in maniera rispettosa e conservativa.

Ed è dunque così, attraverso un certosino percorso di conoscenza del terroir che, non ci stancheremo mai di dirlo, contempla anche e sopratutto il fattore umano con quel suo irriducibile nucleo di variabili, che nascono caffè che permettono anche a chi li assaggia di penetrare in profondità nella conoscenza dei singoli scenari, siano essi immortalati in purezza – Di Piantagione o Dirompenti – oppure orchestrati nella sinfonia di blend – Specialty People Blends – che sono, ciascuno, un potentissimo frammento di mondo.

* in copertina, il mastro tostatore de Le Piantagioni del Caffè, Andrea Onida

Un modo nuovo di guardare al caffè

Le Piantagioni del caffè, torrefazione di Livorno condotta dalla famiglia Meschini che, dal 1994, si dedica alla produzione di caffè di qualità, ha come obiettivo centrale quello di valorizzare l’intera filiera del caffè.

Ecco quindi che, come accade nel mondo del vino – ne abbiamo parlato diffusamente qui – si sceglie di raccontare il caffè mettendo in luce le caratteristiche del territorio in cui nasce e delle mani che lo producono: caratteristiche uniche e intrasferibili.

I caffè di piantagione sono, infatti, 6 tipologie di caffè 100% Arabica raccolti da singola piantagione e tostati e lavorati singolarmente. Una separazione che consente di preservare i sentori unici di ogni appezzamento e di poter dunque apprezzare “in purezza” la maestria conferita dagli uomini che lo coltivano.

Per fare ciò Prunella Meschini, responsabile dell’attività di ricerca del caffè crudo, visita i paesi produttori al fine di scovare le materie prime più caratteristiche e interessanti. La sua finalità è, a tale proposito, duplice: sovrintendere personalmente all’evoluzione delle materie prime e stabilire un rapporto diretto e solido con i produttori. Questo rapporto diretto, e lo scambio culturale che ne deriva, permette all’azienda di accrescere il proprio know-how e ai produttori di affinare le tecniche di produzione, migliorando contestualmente anche le proprie condizioni di vita.

È il caso specifico di Alto Palomar che, oltre a godere della “Certificazione Caffè Biologico” comune a Dambi Uddo, Suke Quto e La Pradera – a testimonianza di come l’azienda sfrutti la naturale fertilità del suolo, promuova la biodiversità dell’ambiente ed escluda l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli Ogm – è insignito della “Certificazione Fairtrade”, che garantisce migliori condizioni di vita e di lavoro per i produttori e i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo.

Partiamo, dunque, alla volta di Sud America e Africa per scoprire le peculiarità di questi 6 Gran Cru.

I 6 caffè “di piantagione”

Perù 

Alto Palomar – CACE Alto Palomar – 100% Arabica
Non molto distante da Lima, nella regione del Junín e più nel dettaglio in quella cornice incantata che è la valle di Chanchamayo, la coltivazione del caffè è tanto praticata da aver fatto guadagnare alla zona già negli anni ‘30 l’epiteto di cafetalera. Siamo nel cuore della selva alta, un luogo costellato di cascate e campi di orchidee, abitato da numerose specie di farfalle che rendono il luogo ancor più poetico. Qui, tra i 1200 e i 1800 m di altitudine, 120 piccoli coltivatori riuniti nella Cooperativa Agraria Cafetalera Ecologica (CACE) Alto Palomar si servono di tecniche di agricoltura biologica e di attività esclusivamente manuale per dare vita a quello che è uno dei migliori caffè Bio e Fairtrade.

Colombia

Samaria – Finca Samaria – 100% Arabica
Situata nel cuore delle montagne tropicali della Colombia, Finca Samaria è una storia d’amore per il caffè e per il duro lavoro che inizia con Gerardo Escobar Mesa ed Enriqueta Ceballos, la coppia di immigrati di Antioquia che arrivò nella regione di Risaralda a metà degli anni ’30. A più di ottant’anni di distanza, la quarta generazione perpetua la tradizione e produce un caffè ottenuto da 120.000 piante sparse lungo i 14 ettari di proprietà, coltivate con cura e senza sostanze chimiche su un fertile terreno vulcanico a un’altitudine di 1.500 metri. Per garantire che gli aromi non vengano alterati, Finca Samaria utilizza esclusivamente acqua di sorgente della fattoria.

El Salvador

La Cumbre – Finca La Cumbre – 100% Arabica
Fondata nel 1872 dal bisnonno di Margarita Lucia Díaz de López e dal 2004 condotta da suo figlio Emilio Lopez Diaz, Finca La Cumbre viene portata avanti dalla stessa famiglia da sei generazioni nella regione di Ilamatepec, dove si coltiva caffè su colline vulcaniche a 1500 m di altitudine. L’azienda è oggi ricompresa nel gruppo “Cuatro M Cafes” di cui Emilio è il fondatore: la tradizione familiare rimane il punto focale, ma è l’innovazione a fare grande quest’azienda.

Brasile

Cachoeira da Grama – Fazenda Cachoeira da Grama – 100% Arabica
La Fazenda Cachoeira da Grama appartiene alla famiglia Carvalho Dias dal 1890, di cui Gabriel de Carvalho Dias è stato responsabile della gestione fino al 2016, quando Bourbon ha assunto l’amministrazione della fattoria. L’azienda si trova a 3 miglia dal confine di stato del Minas Gerais e presenta caratteristiche delle zone montuose di Mogiana e di Sul de Minas. Qui tutto viene svolto manualmente tra i 1100 e 1250 metri di altitudine poiché la particolare topografia non consente alcun tipo di meccanizzazione. La sostenibilità sociale e ambientale è un punto focale dell’azienda agricola che ha sviluppato un programma di piantagione di specie autoctone per perpetrare un migliore equilibrio ecologico.

Etiopia

Dambi Uddo – Dambi Uddo Farm – 100% Arabica
La foresta di Dambi Uddo si trova a poche decine di chilometri dal paese di Shakisso, noto per la produzione di caffè dalle note speziate. Il caffè di foresta prodotto da questa azienda agricola proviene da un terreno di 15 ettari denominato Wadessa, situato ad un’altitudine di circa 2.150 metri. La wadessa è un albero endemico frondoso che cresce fino a circa 20 metri di altezza e il cui legno è molto pregiato, motivo per il quale è considerato a rischio di estinzione. Il bosco offre terreni argillosi particolarmente fertili, fertilità ulteriormente accresciuta dal modello agroforestale di Dambi Uddo, nel quale la vegetazione garantisce la presenza di una lettiera in continua decomposizione perfetta per nutrire il suolo. Le radici degli alberi aiutano a contenere gli effetti dell’erosione e impediscono che il terreno si secchi trattenendo l’acqua in profondità. La produzione di caffè gioca così un ruolo importante in questo sistema e ne garantisce il futuro a lungo termine.

Yrgalem – Sel. Yrgalem – 100% Arabica
La regione è quella del Sidamo, nella zona meridionale dell’Etiopia, dove gli studiosi individuano che la pianta del caffè abbia avuto origine e antiche testimonianze citano un succo estratto dai suoi semi utilizzato come medicinale. Il caffè qui prodotto ad un’altitudine compresa tra i 1500 e 1800 metri, esula dalla definizione in senso stretto di “caffè di piantagione”, perché qui viene coltivato dai tanti piccoli produttori locali, in quantità assai limitate, direttamente nei loro giardini, i coffee garden. I produttori consegnano il proprio raccolto alla “washing station” di Abdullah Bagersh, uno dei più grandi esperti di caffè etiopi, dove egli mette a punto la selezione finale.