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Consorzio

Ristorante Consorzio, Torino

Nello scrivere la recensione di un posto come il Consorzio è facile profondersi in lodi e si rischia di passare per tifosi di questa trattoria contemporanea.
D’altronde, tutto qui è stato pensato con intelligenza e professionalità ed è realizzato allo stesso modo: una cucina autenticamente aderente alla tradizione ma con dimensioni delle portate coerenti con i tempi di oggi; materie prime e loro fornitori selezionati con grande cura; carta dei vini di formidabile ampiezza, eccezionale per questa tipologia di ristorazione e piena di perle non solo piemontesi; prezzi alla portata di tutte le tasche.
Tutto questo rincuora, in un momento in cui l’alta ristorazione in Italia sta vivendo buona salute (almeno dal lato offerta), ma è difficilissimo trovare ristoranti all’altezza quando si passa alla proposta di cucina di tradizione in location semplici e popolari. Tante le trappole per turisti in cui piatti sciatti sono contrabbandati per tradizionali e servizi di approssimazione imbarazzante sono giustificati dai prezzi abbordabili.
In una fredda sera novembrina, avendo avuto l’accortezza di prenotare il nostro tavolo con congruo preavviso, abbiamo davvero goduto nel fare, per il cibo, la scelta più semplice, cioè il menù degustazione (a prezzi da pizza “gourmet”…) e nel dedicare un bel po’ di tempo alla fantastica offerta di cantina. Qui, tra nomi che fanno sussultare l’appassionato (da Beaufort a Leclapart, da Roagna a Mascarello, da Overnoy a Vatan) abbiamo avuto il piacere di cogliere un pressoché introvabile chenin blanc da sogno, il Genèse Blanc le Jardins de Esméraldins 2000 di Xavier Caillard, vino dal naso di infinite sfumature di fiori, miele, cera e bocca coerente dalla persistenza infinita.
La successione di piatti del menù è piacevolissima sin dall’apertura: un cucchiaio di latte di capra e acciuga, ostrica dei poveri.
Tutto è ghiotto e ben fatto, con sapienza e ottima tecnica e picchi di godimento si toccano con i sontuosi agnolotti gobbi, ripieni di arrosto di vitello, coniglio e maiale, accompagnati dal solo burro fuso. Magnifica e indispensabile da segnalare anche la chiusura dolce, affidata a una panna cotta che si ribella alle stragi fatte in suo nome in millanta (è il caso davvero di dirlo) menù in ogni dove, accompagnata da chinotto o nocciola.
Locale semplice ma capace di trasmettere lo stesso calore della proposta gastronomica, con nota di merito aggiuntiva per la qualità dei calici che saranno scelti con attenzione a seconda della bottiglia che avrete ordinato.
Quando si incontrano posti del genere e se ne riscontra il grande successo (sala piena, sorrisi di gente contenta di uscire di casa e stare così bene) ci si chiede perché le nostre città non siano piene di un’offerta così ben fatta, capace di pescare nelle centinaia di piatti delle nostre diverse storie regionali. Una tappa da consigliare non solo a chi ama la buona cucina ma, soprattutto, in termini formativi, come esempio di riferimento, a chi pensa di lanciarsi in un’iniziativa nell’ambito della ristorazione.

La tavola.
tavola, Ristorante Consorzio, Torino
Amuse-bouche: latte di capra e acciuga.

L’ottima carne cruda battuta al coltello.
carne cruda, Ristorante Consorzio, Torino
Uovo croccante su spinaci, fonduta di cheddar e pancetta croccante. Tecnicamente perfetto e ghiottissimo.
uovo croccante, Ristorante Consorzio, Torino
Agnolotto gobbo. Perfezione nella semplicità, accompagnato dal solo burro fuso. Il ripieno ai tre arrosti (coniglio, vitello e maiale) è memorabile.
agnolotto gobbo, Ristorante Consorzio, Torino
Brasato di Fassone al Ruché con verdure di stagione.
brasato di fassone, Ristorante Consorzio, Torino
Uno chenin blanc formidabile.
Ristorante Consorzio, Torino
Un’osteria deve avere anche la mescita (e avercene così…)
Ristorante Consorzio, Torino

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Giusto due minuti dall’uscita autostradale di Ovada. Poche curve in direzione del centro e poi sulla sinistra apparirà la chiara indicazione che invita a salire lo stradino verticale che porta su , verso la piccola casetta immersa nel verde.

L’interno , impregnato di storia, la lunga storia della famiglia Murchio, impegnata da decenni al servizio del classicismo gastronomico piemontese con uno sguardo alla vicina Liguria.
Le salette intime e raccolte, il calore delle tinte, la luce che entra filtrata dai vetri colorati, suppellettili e quadri ovunque.
Una bomboniera romantica e piacevolmente decadente, un po’ malinconica, ricca di ricordi e di storie.

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Recensione ristorante.

Tra un Barolo e l’altro, tra una cantina e l’altra , una pausa di riflessione davanti a qualche classico della cucina langarola .

La vetrina laterale dell’ingresso principale ostenta una carrellata di torte fresche casalinghe che invitano ad entrare con fiducia , certi che anche il resto sarà coerente alla convincente presentazione dei dolci.
E tutto sommato l’attesa non andrà delusa, tenendo pure in conto l’afflusso di una cinquantina di persone entrate quasi contemporaneamente per riscaldarsi e sfamarsi in una grigia domenica novembrina.
Nonostante ciò il servizio è andato via spedito e le varie portate giunte al tavolo in tempi più che accettabili.

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Recensione ristorante.

Siamo a Campagna, frazione di Arona, posta sul crinale del Vergante e vicinissima alla imponente statua di San Carlo di Borromeo. Luogo dove recarsi in cerca di fresco nelle calde e afose serate estive sul lago Maggiore. Un luogo immerso tra glicini e platani da sempre ritrovo per gli aronesi. Un luogo recuperato e ristrutturato nei primi anni 90. Una trattoria semplice, ben impostata, ma con notevoli ambizioni , tanto da voler proporre una cucina più ricercata, di qualità maggiore.

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