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Astrid & Gaston – Casa Moreyra

La visione della cucina peruviana secondo Gaston Acurio: un abbraccio che lega i popoli di tutto il mondo

Gaston Acurio è la storia della cucina peruviana. Prima ancora che Ferran Adrià ne rimanesse ammaliato, diffondendolo in mezza Europa, Acurio era già una star nazionale e aveva imbastito un impero gastronomico in patria.
Oggi, al servizio della sua tavola ammiraglia di Lima, c’è la splendida cornice di Casa Moreyra, una tenuta trecentenaria nel quartiere finanziario di San Isidro. Imponente struttura che include un bar, il ristorante che serve un numero impressionante di coperti ogni giorno, e ancora un orto, una cappella, un patio, tre cucine dislocate e diverse sale per eventi privati.
Un posto mastodontico, affascinante e funzionale, rigorosamente di qualità. Come la cucina di Acurio, non certo d’avanguardia, né concettualmente paragonabile a quella del suo allievo Virgilio Martinez, ma sicuramente esaustiva per ben comprendere le culture gastronomiche che hanno influenzato, nel corso degli anni, la tradizione culinaria peruviana consolidatasi in quella che è oggi una delle cucine più in voga in tutto il mondo. Concetto reso chiaro già nell’incipit del menu che recita “La cocina peruana es fruto de un largo abrazo entre todas las sangres del mundo. El abrazo debe continuar”; c’è un po’ di tutto, dall’Italia al Giappone, dalla Cina alla Spagna.

Abilità tra i fornelli, consistenze interessanti e ingredienti favolosi sono la summa di questa tavola, abbondante, comprensibilissima, a tratti molto stimolante, alla quale, però, manca, e ci duole dirlo, quel costante livello di eleganza e finezza che ci si aspetta in santuari blasonati del cibo.
L’esperienza può risultare altalenante, a seconda della scelta. Alla carta c’è infatti il rischio di imbattersi, sebbene in rari casi, in preparazioni deludenti e sproporzionate: come gli udon con ricci di mare, amalgamati in una salsa eccessiva e coprente dal sapore fin troppo amaro al palato, o gli gnocchi di lucuma, in cui l’eccesso di salse finisce per sfocare il gusto degli ingredienti principali. Un peccato visto e considerato i picchi di eccellenza che si raggiungono, in termini di equilibrio e concezione, in piatti come il “Tiradito del amor” o lo splendido “Cuy pekinés” (il porcellino d’india, amatissimo dai peruviani) o, ancora, il ceviche di tuberi, fresco e appetitoso. Consigliamo, pertanto, di orientarsi alla volta di uno dei percorsi degustazione in cui tutto sembra più studiato (dalle proporzioni, e di conseguenza gli equilibri, alla sequenza di assaggi, più chiara e coinvolgente).

L’iperglicemico reparto dolciario è curato da Astrid Gutschene, dolce metà di Acurio che si occupa anche dell’accoglienza, ma anche su questo fronte non molte emozioni da registrare.
La carta dei vini è ben fornita e i cocktail sono di ottimo livello, così come il servizio.

Dopo anni di esperienza ancora oggi, dopo aver ripreso in mano coltelli e padelle, Acurio -che conosce bene la legge del mercato- ha trovato una formula perfetta per appagare tutte le fasce di clientela che, non a caso, imperversano ogni giorno in questo stupendo ristorante.