Passione Gourmet Aoyagi Archivi - Passione Gourmet

RyuGin

Una cucina di grande personalità, un kaiseki moderno e contaminato

Di RyuGin e del suo chef Seiji Yamamoto abbiamo già parlato innumerevoli altre volte. Questa volta vorremmo soffermarci sul motivo per cui questa tavola è così tanto ambita, goduta, intensamente bramata da tutto il nostro gruppo.

Semplicemente perchè l’unione di una grande tecnica, al servizio del gusto e della tradizione locale del Kaiseki, genera un tale prorompente e devastante zenith gustativo da lasciare letteralmente storditi per lungo tempo.

Eh, già… potrebbero sembrare queste preparazioni semplici, banali. Qualche ardita valutazione superficiale ci potrebbe indurre a credere che l’esplorazione di sapori e di tecniche a noi sconosciute, semplicemente esotiche, accostate a lavorazioni tipicamente nostre, creino un connubio che facilmente può ammaliare. Quasi come le sirene di Ulisse.
Tutto ciò potrebbe avvenire e si potrebbe nascondere un rischio concreto.

Peccato che, nel nostro girovagare nella terra del Sol Levante, di cucine di questa tipologia ne abbiamo provate davvero tante. Alcune ci hanno lasciato la sensazione descritta in precedenza, altre ci hanno intrigato e divertito, oltre che a tratti affascinato.
Ma nessuna, RyuGin a parte, ci ha fatto innamorare. Per la sua apparente semplicità, per la sua tecnica affatto esibita. Per le sue temperature perfette. Per le sue consistenze ineccepibili e, ultimo ma non per importanza, per il suo straordinario sapore.

Seiji Yamamoto è un maniaco selezionatore della Materia; ha prodotti che, spesso, non bastano e non sono sufficienti per tutti i commensali della cena. Divertente vedere come il menù degustazione, unica proposta possibile, vede continue e fluttuanti variazioni ai tavoli vicini.
Nessuno degusterà quello che state degustando voi, il problema sarà uno solo: quello che tutti i piatti serviti ai vostri vicini di tavolo vi sembreranno tremendamente buoni. E vorrete subito ritornare per provarli, senza purtroppo riuscirci.

Maniacale nella scelta degli ingredienti e folle nell’uso preciso, metodico e puntuale sia di tecniche ataviche della sua tradizione sia delle più moderne tecniche di cucina d’avanguardia. Ma tutto questo non lo vedrete neanche nell’ombra.

Lo troverete presente nei meravigliosi piatti che Seiji vi porterà, come il pesce palla, avvolto in una coltre, a ricostruire la pelle, lieve quanto intensa, costruita addensando gli scarti dei pesci e il loro collagene concentrato. O come quel paradisiaco Dashi, cucinato con l’acqua del monte Fuji che arriva al ristorante tutti i giorni. E come quel tecnicamente -ma anche gustativamente- ineccepibile roll in tempura di ricci, in cui lo chef è riuscito a friggere l’involucro senza minimamente alterare il contenuto, rimasto quasi freddo. Un’opera di tecnica finissima, per un risultato gustativo entusiasmante.

In definitiva ci troviamo ancora qui, dopo qualche anno, a confermare Ryugin come una delle cinque tappe indimenticabili del nostro lungo cammino di erranti gourmet, alla ricerca del miglior ristorante. E forse un candidato l’abbiamo trovato.

Qual è il ristorante migliore del mondo? E’ la domanda che più spesso si sente rivolgere l’appassionato che da anni si svena in giro per il mondo alla ricerca del pranzo perfetto.
Ovviamente la risposta non esiste e se ne assume maggiore consapevolezza via via che le esperienze si succedono, che un piatto ti folgora, che una tecnica ti stupisce, che un ingrediente ti sorprende.
Di sicuro, però, ci sono posti che ti stregano al primo colpo, dove torni con l’emozione dell’innamorato, al contempo entusiasta e timoroso di non riprovare il brivido della prima volta.
Ryugin è una di queste tavole magiche e visitarlo a circa un anno e mezzo da una cena memorabile è stato, ancora, uno di quei piaceri la cui memoria faticherà a svanire.
In una stradina di Roppongi, elegante quartiere residenziale della metropoli nipponica, il regno di Seiji Yamamoto è un luogo di delizia in cui, come sempre da queste parti, non è semplice trovare posto (indispensabili: prenotazione con largo anticipo e più che congruo acconto da versare). Ne vale la pena, però, perché non è per niente facile provare due ore così gradevoli, circondati dalla bellezza (piatti e arredi della tavola sono tutti piccoli capolavori), dalla cortesia (un servizio superlativo, perfino in un italiano più che buono), dal buon gusto, non solo gastronomico.
Da Ryugin si prova un menù kaiseki d’impianto totalmente classico, in cui però le singole portate possono prevedere l’uso di tecniche anche d’avanguardia, purché funzionali a esprimere al meglio le qualità di una materia prima superlativa.
La degustazione, che in una sera d’inizio marzo era titolata “scenario invernale” è un succedersi di capolavori dai nomi romantici (“il gusto del vento che cattura l’attimo”; “la terra delle piante di riso”; “un messaggio dalla costa”) che sono il trionfo della stagione. Per tutti, è sapiente il gioco dei contrasti nelle consistenze, la padronanza delle temperature anche nella loro progressione (alla faccia di tante successioni casuali e disturbanti di gradazioni che ci tocca oggi subire, con shock termici che rendono le cene spesso intollerabili). Il piatto più folgorante è il kinki fish di Hokkaido ripieno di melanzana alla griglia, con germogli di Fuki e Taro Potato: un prodigio di cottura alla griglia a carbone che può rappresentare il paradigma di riferimento in materia.
A sforzarsi di trovare un limite (l’alibi per non toccare il fondo scala nella valutazione finale, nonostante la tentazione sia forte) si può dire che i dessert sono sempre gli stessi: la fragola calda e gelata (la scorsa volta fu la mela, ma l’idea è la medesima) e il caldo e freddo di saké: va precisato, però, che si tratta di due dei più alti risultati della pasticceria contemporanea, frutto di lavorazioni quasi maniacali (per i più curiosi, ecco la “semplicissima” preparazione del primo dei due).
Non un passaggio è casuale, non un dettaglio è trascurato. Aggiungiamo una carta dei vini di bellissima ampiezza a prezzi più che sensati, con offerta eccellente anche al bicchiere (Pouilly-Fumé di Dagueneau 2010 per noi), saké celestiali e il più buon tè Ooolong mai provato.
Quando a scriverne vengono i lucciconi ripensando alla serata, vuol dire, probabilmente, che si sta parlando dell’Olimpo della ristorazione mondiale: preparare i salvadanai.

La mise en place. Ogni piatto o posa bacchette qui avrebbe una lunga storia da raccontare.
mise en place, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
Ricci di mare con crema all’uovo. Come recita il menù per questo piatto e il successivo: stagionalità, aroma, temperature e texture…
ricci di mare, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
Sublime accoppiata di lattume di merluzzo grigliato e uova di merluzzo con wakatake.
lattume di merluzzo, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
“Il gusto del vento che cattura l’attimo”: l’enorme vongola di Hamaguri con dumpling di bamboo.
vongola con dumping, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
“Il messaggio dalla costa giapponese, la rcchezza del mare e dell’onda”. 7 piattini di sashimi di commovente bontà, tra i quali brilla il fegato di rana pescatrice.
sashimi, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
“Il profumo della griglia”: kinki fish con melanzana e Taro Potato.
kiki fish, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
Rinfrescarsi la bocca…
zenzero, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
“La grazia della città natale, eredità dell’ambasciatore di Kagawa”: Sanuki Olive Beef cotta su pietra in stile sukyaki con foie gras. Un piatto più “rustico” per appagare palato e stomaco e dare sostanza al pasto prima del gran finale.
Sancii olive beef, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
Il magnifico té Oolong, proveniente da Taiwan e selezionato appositamente per lo chef.
tè oolong, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
“La terra delle piante di riso”: riso cotto in té di fiori di ciliegio con gamberetti Sakura della baia di Suragawan. Definire deliziosa questa chiusura, classica, della sequenza kaiseki prima del dolce è perfino riduttivo. I pickles abbinati sono sublimi anch’essi.
riso cotto in tè di fiori, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
La fragola.
fragola, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
fragola, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo
E il meraviglioso saké in versione gelato e soufflé.
sakè, Ryugin, Chef Seiji Yamamoto, Tokyo

Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo

Conoscere e comprendere appieno il proprio passato, la storia del proprio paese, gli infiniti codici che ne caratterizzano i modi di essere e di fare e, partendo da essi, trascenderli con infinita grazia, è affare di pochi, pochissimi eletti.
Seiji Yamamoto è uno di loro.
La conoscenza cui si fa riferimento è intesa come un metodico e niente affatto vano incameramento di nozioni la cui applicazione, unita a ferrea e militaresca ripetizione dei gesti, rappresenta la strada maestra per giungere prossimi all’agognato concetto nipponico di perfezione, per i giapponesi un mirabile blend dove l’impeccabile forma diventa essa stessa sostanza e la sostanza la più ovvia delle conseguenze.
Questa perfezione, se possibile, appare cangiante, vitale e ancor più mutevole nelle mani di Yamamoto, che con il suo immenso talento e la sua spiccata sensibilità varca le soglie della disciplina da cui è partito, approdando a vette d’indimenticabile eleganza.
L’apprendistato è stato lungo, ma i circa undici anni, dai 22 ai 33, presso il ristorante Aoyagi dello chef Hirohisa Koyama, storico nume tutelare della cucina Kaiseki a Tokyo, l’hanno forgiato a dovere.
Questo percorso gli ha permesso di assimilare col massimo profitto i canoni della tradizione e di intenderla non come un circoscritto cortile, o addirittura un fardello, fatto di rassicuranti regole tramandate da maestro ad allievo che trovano ragion d’essere ed esaurimento in sé stesse, bensì come un mare aperto cui attingere infiniti spunti da sviluppare e proporre nelle forme più disparate.
La cucina Kaiseki, appresa in ogni sua sfaccettatura, rappresenta, quindi, per Seiji Yamamoto non solo un immutabile rituale, caratterizzato dalla successione armonica di pietanze presentate in modo esteticamente curato, ma un’occasione irresistibile offerta al suo estro di trasformare una compassata liturgia in un teatro dove le regole sono un canovaccio, gli ingredienti sono gli attori e lo chef l’ispirato regista che affascina noi spettatori.
Un pasto da Ryugin è un’esperienza memorabile, di quelle che lasciano il segno, un prima e un dopo nell’esperienza di qualsiasi buongustaio degno di questo nome.
Non si tratta solo di spostare semplicemente più in alto l’asticella del gusto, di grandi ristoranti ce ne sono in Giappone e altrove, ma di ammirare e riconoscere la più perfetta sintesi, all’interno della ristorazione, fra tradizione e modernità.
Non tragga in inganno la presentazione, quasi in souplesse, di ciò che viene servito negli splendidi piatti di questa minuscola sala inneggiante a mitologiche figure di draghi nel quartiere viveur di Roppongi.
Proprio dietro tale apparente semplicità, talvolta quasi frugale, emergono complessità e ricchezza di sfumature tali da donare a questa tavola il sommo valore che la contraddistingue.
I brodi, tutti espressi, arricchiti di nuance vegetali, citriche, sapide, ricorrono a tutto quanto è disponibile nella stagionalità dei cicli produttivi giapponesi e, essendo già di per sé elemento chiave della cucina del Sol Levante, meriterebbero tranquillamente un discorso a parte per la compiutezza e l’inarrivabile bontà che li caratterizzano.
Le cotture poi, mai men che perfette, le note affumicate, il sapiente alternarsi di temperature, gli accostamenti sempre ricercati fra elementi che possano suscitare contemporaneamente il più ampio arcobaleno di sensazioni possibile, sono la giusta celebrazione dell’infinita varietà offerta dalla natura del Giappone (non per niente il menù degustazione si chiama “Plating the prodigality of japanese nature”).
Il tutto non trascurando le tecniche più moderne, basti pensare alla divina polvere di castagne che accompagna il pesce persico o la fattura della mela nel dolce a essa dedicato di inaudita concentrazione.
Tecniche, appunto, mirabilmente inserite in un disegno, e non tecnicismi fini a sé stessi, inutili dimostrazioni di sterile abilità.
L’aspirazione alla perfezione dei metodi di questo magnifico chef passa attraverso un utilizzo della modernità a 360°: sua è stata l’intuizione, ad esempio, tanto per rendere meglio l‘idea, di ricorrere all’uso della TAC per mettere a punto un metodo di sfilettatura ottimale per l’hamo, una specie di anguilla di mare, la cui complessità a livello costitutivo ne rendeva da sempre molto ostica l’operazione.
Questo particolare, che solo superficialmente potrebbe essere inteso come puramente aneddotico, è fondamentale per comprendere appieno la levatura di questo chef capace di produrre poi, restando solo ai dolci e al classico, uno dei più sublimi e riusciti soufflé che ci sia mai capitato di assaggiare.
La sintesi di cui egli ha dato dimostrazione non è solo temporale ma anche spaziale, introducendo nel suo menù con infinita sapienza anche elementi occidentali come le uova cucinate, i dessert di stile europeo, o la capacità dei piatti di sostenere accompagnamenti alcolici diversi dall’ortodosso e amato sakè nazionale.
In buona sostanza una tavola da non perdere, quella che sarebbe pura follia non visitare se si mette piede in Giappone con la volontà di avere un’idea delle potenzialità gastronomiche di questo meraviglioso paese. Sostanzialmente quasi infinite.

Interno.
Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Mise en place.
520
Granita di vino di prugne e spumante.
Granita di vino di prugne e spumante, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Verdure di stagione, funghi shijtake, germogli, noci macadamia in una squisita salsa di pinoli. Lo chef si presenta da par suo: umami, acidità, armonia, ma, ancor più, intensità nei sapori.
verdure di stagione e funghi shitake, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Granchio, abalone, gelatina di aceto di mele e zenzero, alga wakame, brodo di abalone. Giochi di texture, ma non solo, in un piatto davvero risolto.
granchio, abalone, gelatina, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
granchio, abalone, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Lattume di merluzzo fritto delicatamente con crema alla santoreggia, salsa ponzu per un tocco acido ineccepibile.
lattume di merluzzo fritto, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
lattume di merluzzo
Kinki fish cotto alla brace, melanzana e zenzero il tutto amplificato da un meraviglioso ichiban dashi, brodo chiaro fatto espresso, di fragranza, profumo e bontà incredibili. Cottura fantastica del pesce. Meraviglioso mix di note citriche e affumicate.
kinki fish, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Variazione di sushi, un messaggio dalle coste giapponesi:
rombo con salsa oroshi ponzu e cipolline,
aragosta, salsa soia, wasabi e alga nori,
calamari e uova di aringhe,
ebodai marinato con aceto accompagnato da gelatina di salsa di soia e zenzero fresco,
fegato di pesce rospo con fiore di crisantemo,
divino bonito affumicato con senape giapponese,
al centro flan di fegato di abalone con uova di salmone.
Bonito e aragosta impressionanti in un piatto in cui ogni preparazione è curata in modo magistrale.
variazione di sushi, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Pesce persico di mare con riso tostato cotto alla brace (vera e propria variazione sul tema del sushi, in questo caso cotto), polvere di castagne, noci di kingko, funghi matsutake, avocado con verdure sottaceto su purea di arancia e carota, foglie di pera e zenzero a ripulire.
La grande tecnica al servizio del gusto. Anche qui cottura del pesce didattica. Armonia, in questo caso, ottenuta per modulazione più che per contrasti.
pesce persico con riso tostato, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Polpetta di gambero con zuppa di rapa gelificata allo yuzu (piatto molto kaiseki, delicato, quasi tenue). Altro esempio di tecnica innovativa che attualizza, migliorandola, la tradizione in una preparazione molto apparentemente semplice dall’eleganza ed equilibrio rimarchevoli.
polpetta di gambero, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Filetto di wagyu cotto prima alla brace e poi in stile sukiyaki con uovo pochè.
Magistrale zuppa di miso in brodo di gamberi e squisiti sottaceti.
filetto di wagyu, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Piatto extra menù: riso con orata cotta nel pepe sansho, verdure saltate e yuzu, buono ma non al livello dei piatti precedenti tale da poter essere considerato l’unico piccolo passo indietro.
riso con orata, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
La mela candita….
mela candita, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
La mela è a -190°, e su di essa viene poggiata una golosissima marmellata di mela calda.
Una volta rotto l’involucro un fragrante aroma di mela pervade ogni senso.
Tecnologico e basic allo stesso tempo, ça va sans dire.
mela candita, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Me-ra-vi-glio-so soufflé di sake col suo mochi appaiato al suo gelato.
La quintessenza dell’artigianale abilità e della delicatezza applicate a un dolce.
Un benchmark assoluto.
Contrasti di consistenze corredati da clamorosa concentrazione del liquore in cui il grado alcolico cede il passo al puro sapore.
Il dolce dell’anno.
soufflè di sake, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Roppongi pudding: un vero e proprio crème caramel.
rappongi pudding, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Sabe di wasanbon (zucchero giapponese), sudachi e fichi freschi.
sabe, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Immancabile e buonissimo tè matcha.
tè matcha, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Artiglieria pesante per accompagnare degnamente il pasto.
vino, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
vino, Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Insegna
Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo
Tokyo
Ryugin, Chef seiji Yamamoto, Tokyo