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Berton

La confortevole avanguardia di Andrea Berton

Da anni Andrea Berton, pur non essendo milanese di origine, rappresenta uno dei volti più rappresentativi della grande ristorazione milanese. È lui – che ha fatto parte della scuola marchesiana nell’epoca migliore, quella di Bonvesin della Riva – lo Chef della Milano più moderna, europea, quella che fa tendenza, punto di riferimento della moda e del design nel mondo. “Ogni giorno passavo davanti al cantiere di Porta Nuova Varesine e pensavo: il mio ristorante nascerà lì” e non si sbagliava lo Chef friulano – che più milanese non si può – e il suo ristorante ha sede proprio nel luogo simbolo della Milano più trendy e moderna.

Il ristorante è elegantemente moderno, di design, così come moderna, buona ed elegante è la cucina di Berton. Cucina “Alta” nell’accezione più nobile del termine. Dai contenuti tecnici importanti, dietro alla quale ci sono grande studio e applicazione e intuizioni brillanti come l’elaborazione del menù “Tutto Brodo”, oggi diventato “Non solo Brodo”, in cui la componente liquida si beve a volte prima, a volte dopo o, ancora, è legata alla preparazione. Un menù, questo, che pur rinnovandosi non perde mai la forza dell’idea iniziale, di complemento del piatto o addirittura esaltazione, come accade nel Brodo di prosciutto crudo, scarpette, pane e piselli che racchiude perfettamente l’incontro tra terra e mare, e porta a scoprire tutti i sapori, boccone dopo boccone, in un’esplorazione continua.

Una cucina tecnicamente indiscutibile e perfettamente integrata nell’anima della metropoli lombarda

La cucina di Andrea Berton è da sempre dotata di una naturale eleganza ben rappresentata, nella nostra ultima esperienza, dalla preparazione di una Lasagna di piccione che accarezza il palato per l’impalpabilità della sfoglia, l’armonia del ragù, la scioglievolezza della carne. Dal nuovo menù “Non solo Brodo” merita una citazione anche Asparagi di terra e di mare, bernese all’olio extra vergine d’oliva e camomilla, piatto servito con, in accompagnamento, un intensissimo brodo di asparagi. Qui il processo creativo parte da un ingrediente che viene esaltato in tutte le sue potenzialità e il risultato gustativo viene perfettamente completato dal brodo servito in accompagnamento. Il resto dell’esperienza denota, come detto, tanta tecnica che – va detto – in qualche passaggio rischia di essere un po’ fine a se stessa finendo per far prevalere la forma sulla sostanza (leggi concentrazione gustativa). Il servizio, molto preciso e dinamico e la carta dei vini, molto ampia che permette, volendo, di divertirsi senza badare a spese completano la proposta di un ristorante che si conferma punto di riferimento assoluto in città.

IL PIATTO MIGLIORE: Asparagi di terra e di mare, bernese all’olio extra vergine d’oliva e camomilla; in accompagnamento brodo di asparagi.

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Andrea Berton, o della cucina leggiadra

Nel quartiere di Milano, sempre più in sviluppo, di Porta Nuova, c’è il ristorante di Andrea Berton. Un locale che si inserisce perfettamente, come modernità ed eleganza minimale, nel contesto urbanistico nel quale è collocato. Il locale e l’universo gastronomico dello chef ben riflettono il fascino intrinseco della frenesia della City, rappresentandone l’indiscusso avamposto. La sua cucina è leggiadra, di indubbia finezza, armonica nello stile e nel gusto. I piatti sono esteticamente belli ed eleganti e riservano piacevoli sorprese al palato, in una dimensione di leggerezza di fondo ma con sapori comunque netti e anche decisi.

Il percorso degustazione che abbiamo intrapreso è un po’ diverso rispetto alle due proposte in carta ed è stato studiato per quelli che, come noi, nell’epoca della prima chiusura per lockdown, avevano approfittato della possibilità di acquisire un buono con la formula 1+1. Il percorso attinge in realtà ad alcuni piatti previsti nelle due degustazioni, ma ne presenta altri, non in carta; abbiamo anche apprezzato che abbiano, al momento dell’ordine, accettato volentieri un cambio rispetto alla loro proposta.

Classe e gusto camminano di pari passo

Gli amuse bouche introducono egregiamente nel mondo di Andrea Berton, con finestre che si aprono sul mondo, con i tamales, ripieni di pollo e verdure, con il coriandolo piacevole protagonista. La leggerezza, quasi eterea, delle salse torna in più piatti ed è davvero di notevole livello. La versione, completamente vegetale, del cappon magro, veicola una bella freschezza e il ruolo delle salse, oltre che coreografico, è fondamentale nell’innalzare la piacevolezza complessiva. L’insalata di gamberi prevede tre tipologie diverse di crostaceo, gamberetti, mazzancolle e schie, in un gioco piacevole di consistenze, dovute alle diverse cotture, dal crudo al fritto. È un piatto che riserva alcune sorprese per l’accostamento, insolito, con una salsa di mandorle e di lamponi e un bel match di dolcezza e acidità.

L’idea dell’accompagnare i piatti con una componente liquida, declinata in un menù degustazione che da alcuni anni è presente in carta e sul quale ha scritto anche un libro, è decisamente interessante, l’abbiamo apprezzata sia in una portata della parte salata, sia in una della parte dolce. I ravioli con ripieno di aglio, olio e peperoncino, sono serviti con una bruschetta con cicala di mare, che si ritrova come brodo: un trittico concettualmente sequenziale di pasta, pane e brodo, con una bella profondità di gusto e divertente al palato.

Il Sud America torna nella quaglia arrosto, dalla cottura assolutamente perfetta, accompagnata da mais, mole al sesamo e platano, con un gioco di raffinati equilibri grazie ad una indubbia maestria nel dosare i vari elementi, in primis il mole, che è “delicatamente” incisivo. Il calamaro al nero con maionese di pesce e salsa di carota e zenzero, insieme al pre-dessert, sono state invece due portate un po’ sotto le aspettative, mentre nel dolce abbiamo proprio apprezzato la bevanda di accompagnamento: in una piccola caraffa viene versato un liquido che ha tutta la parvenza di una birra, ma che in realtà è un brodo di limone, caramello e rosmarino, delizioso, che innalza e nobilita tutto il dessert.

Un percorso che, nel suo complesso, è stato decisamente e indubbiamente di livello, con un servizio rapido ed efficiente, che ben rappresenta l’anima frenetica milanese. Gusto e classe da Berton camminano, o forse meglio dire corrono, di pari passo.

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La cucina leggiadra di Raffaele Lenzi

A Torno, sul Lago di Como, all’interno dell’hotel Il Sereno, recente struttura ricettiva dal design moderno progettata sia all’esterno che all’interno da Patricia Urquiola, il ristorante è ricavato da una ex-darsena con le arcate aperte direttamente sul lago. La cucina, firmata da Andrea Berton, è gestita da Raffaele Lenzi, giovane chef che vanta esperienze presso hotel di livello, fra cui Bulgari Milano con Elio Sironi, Villa Feltrinelli sotto l’egida di Stefano Baiocco e Armani Hotel. Appassionato di tecniche e cucina orientale, approfondite con uno stage al Bo Innovation di Hong Kong e con una visione di apertura al mondo e alle diverse cucine, Raffaele ha fisico minuto, passione per la maratona ed è sensibile al nutrizionismo, disciplina grazie alla quale elabora un concetto di cucina decisamente salutista, con primazia degli elementi vegetali. Ma non aspettatevi una cucina spigolosa: qui si gioca decisamente più sulla leggerezza e sull’armonia, con pennellate di acido e amaro, elargite sempre con delicatezza.

La filosofia dei contrasti gentili

Vari menù degustazione, dal più classico a quello dedicato a vegetali, tuberi e radici, a quello intitolato “fidarsi”, la sua visione Omakase, che è il più completo. La filosofia dello chef è quella di lavorare sui contrasti, che siano di cotture, di toni, di sapori e, anche, di culture. L’imprinting di Berton c’è e si nota anche dall’uso di liquidi in accompagnamento alle varie portate. Il percorso è come una danza leggiadra, quasi eterea, a partire dagli amuse bouche.

L’Oriente  fa capolino con un tempura di verza con composta di umeboshi e uova Tobiko, incontrando il salmerino del lago, accompagnato da un brodo sgrassante di merluzzo. Il trittico di funghi, con il cardoncello con un interessante pesto alla menta e fiore di loto, la meringa con champignons crudi e il brodo di funghi da gustare come inizio o fine del trittico è un piacevole  percorso di terra. Lo sgombro marinato con una sua deliziosa salsa viene ben accompagnato da taccole freschissime e da un delizioso cipollotto e sgrassato dall’accompagnamento di kiwi, cetrioli, daikon e semi di sesamo. Lo spaghetto pistacchio e ravanelli fermentati potrebbe essere meglio equilibrato, in quanto il ravanello tende a scomparire nella cremosità del pistacchio. Perfetto, invece, il raviolo arrostito in salsa ponzu, ripieno di maialino sfilacciato e avvolto da una foglia di bieta rossa.

L’agnello, poi, è un altro incontro fra varie culture gastronomiche: marinato nel tè Lapsang Souchong , accompagnato da borragine in salsa e in foglia contente una sorta di peperonata, si conclude con un dosa indiano ripieno di riso, lenticchie e un paprika piccante. Decisamente interessante la parte finale, con la piccola pasticceria servita come pre-dessert e un dolce non particolarmente dolce con un notevole sorbetto di acetosella, cilindro con bergamotto e un cappuccio di fiori di sambuco a conclusione.

Una esperienza sicuramente interessante, che trova nel suo tono internazionale e nel Fine Dining,nella sua accezione di finezza, i suoi due elementi cardine, cui manca solo una maggiore profondità di gusto che vada anche a “sporcare”, dove necessario, questa eterea eleganza e renderla, in ultima analisi, più “terrena”.

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Il locale Pizza & Cocktail raddoppia ed evolve

Quando aprì Dry, soltanto qualche anno fa, a Milano le pizzerie di grande qualità, attente agli impasti e ai prodotti, non proliferavano come adesso. Ed è da quell’insegna di via Solferino, pochi metri più avanti di quella che fu la sede del “Corriere della Sera”, che tutto ha avuto inizio.

Ora Milano, a nostro avviso, è seconda soltanto a Napoli e Caserta in quanto a pizza. E probabilmente soltanto per questioni “climatiche”.

Anche Dry ne ha fatta di strada. La sua evoluzione, trainata da successo di critica e pubblico, è culminata, almeno per ora, nella seconda insegna, quella di via Vittorio Veneto. Tra Piazza della Repubblica e Porta Venezia. Centralissimo insomma. E la location è più bella e più ampia. Dopo un anno dall’apertura, qui tutto ruota alla perfezione. Dal servizio alla costanza della qualità del cibo.

Le pizze, sfornate da un forno a gas di ultima generazione, presentano un vero e proprio pedigree: la lievitazione non inferiore a 48 ore (si mangiano tranquillamente due pizze senza batter ciglio) e la materia prima di indiscutibile qualità. Davvero golosa per esempio è la pizza Broccoli gratinati al Grana Padano, scorze di limone caramellato, fior di latte. Eccellente la classica Focaccia con stracciatella e crudo dolce d’Osvaldo. O ancora la Focaccia vitello tonnato con polvere di capperi (firma Berton marchiata a fuoco).

Ma non ci si limita alla miglior pizza di Milano, perché una piccola selezione di insalate e primi piatti (studiati nei minimi dettagli) e un reparto dolciario notevole chiudono un cerchio magico che fa di Dry una tavola davvero poliedrica.

Il tutto senza tralasciare la carta del – facciamo di tutta l’erba un fascio – beverage. Champagne, vini biologici, birre internazionali e signature cocktail.

Ci proviamo a cercare il difetto, ma credeteci, è difficile. Forse si, la dimensione esigua delle pizze, di diametro minore dello standard atteso.

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Varcare la soglia del ristorante Berton è un atto che necessita riflessione, coscienza e attenzione. Non c’è gourmet, appassionato o semplice avventore infatti che possa permettersi il lusso di dare per scontato questo chef e la sua cucina.

Non è un elogio fine a se stesso. Non una adulazione smielata ed evitabile. È la naturale e caustica considerazione che si ha quando ci si trova al cospetto di un cuoco che non sovverte le regole della cucina in alcun modo, ma invece le interpreta in maniera personalissima, facendo apparire straordinario ciò che a molti altri colleghi risulterebbe ordinario.

Va dato atto a Berton di essere un uomo colto, intelligente, sofisticato ed elegante, certo, come già scritto più e più volte. Ciò che non viene mai scomodata è la figura del fuoriclasse. Rimane il fatto però che non trovare nel menù “Tutto Brodo” e “Insalate” tratti distintivi sia davvero impresa ardua. Se poi, come è successo a noi, i piatti vanno oltre l’idea di marketing, allora il bersaglio si può considerare assolutamente centrato.

Certo invece è che Berton, seppur con tratti sottili e quasi impercettibili, si presenti agli ospiti con una cucina scandita da coraggio e irriverenza, con una manovra eversiva mirata ad abbattere, riuscendoci sempre, tutti gli elementi pleonastici all’interno del piatto, ambendo a obiettivi di pulizia e nettezza quasi sempre raggiunti. Il tutto veicolando il gusto, con un moto morbido e piacevolissimo, attraverso l’unico ausilio di un liquido, nella fattispecie del brodo. Dieci passaggi scanditi e caratterizzati dalla presenza di dieci brodi diversi, impiegati come elemento principale, decorativo, di accompagnamento. Uno studio seguito ad una riflessione che realizza la fantasia di qualsiasi gourmet, facendolo approdare sull’isola che non c’è, o che non c’era, dalla quale sarà difficile volersene andare.

Il percorso di degustazione non si discosta da una linea solo in apparenza algida, studiata minuziosamente nelle retrovie delle cucine. Si rivela invece un tessuto tramato di lino e seta, che strizza l’occhio alla bella stagione, snellendosi e spogliandosi delle pesantezze invernali, andando incontro ad un gioco di leggerezze strettamente connesso all’alternarsi di consistenze dei vari passaggi. I contrasti cromatici, con esemplare coerenza, accompagnano cullando la vista lungo tutto il percorso, scostandosi dai toni della propria scala solo e soltanto con l’avvento di piatti ordinati alla carta. È questo il caso delle insalate, fantastica reinterpretazione della classica pausa pranzo italiana.

Ci auguriamo che quanto abbiamo riscontrato in questa visita, e con questo menù, si ripeta con costanza. Non sempre questo è accaduto in passato,  speriamo quindi in un futuro continuativo.

Berton, con questo suo modus operandi, si aggiudica di diritto un posto sul podio delle unicità, rendendosi artefice di una cucina neoclassica decorata da straordinaria avanguardia, fluttuante, apparentemente sussiegosa e inespressiva ma in realtà estrema e temeraria.

All’interno della scatola dorata di finissima eleganza, tra la leggera asimmetria studiata dei tavoli circolari, i rumori impercettibili dettati dalla maestria della sala evocano un parallelismo tra l’arte filosofica e quella culinaria, dando vita ad una cucina francesizzante ma contestualizzata a Milano, asettica ma di grande carattere, comprensibile ma di estrema complessità. Tutto questo sommato si traduce con la cucina di Andrea Berton, che noi siamo contenti e orgogliosi di poter avere a Milano.

La mise en place.
mise en place, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Chips allo zafferano, al nero di seppia e cialda di parmigiano croccante.
chips, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Brodo di granciporro alle erbe e lemon grass, granciporro, indivia belga e verdure. Basta guardare la brunoise di verdure sotto l’indivia per capire la cucina di Berton. Il resto del piatto è un omaggio alle consistenze con la croccantezza dell’indivia, la morbidezza grassa del granciporro e la lemon grass che verticalizza e allunga al palato il piatto. Il brodo accompagna con garbo.
Brunoise di verdure, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Il pane.
pane, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Grissini e schiacciatine.
grissini, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Insalata di gamberetti e salsa rosa. Il piatto della giornata. Un cocktail di gamberi 2.0. Le schie fritte raccontano le origini friulane dello chef, l’insalata croccante leggermente scottata dona un tocco orientale e la salsa di teste di gamberetti è una chiara citazione francese. Piatto che urla a squarciagola “Andrea Berton!”.
insalata di gamberetti, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Brodo di cicale di mare, ravioli aglio, olio e pepperoncino. Da mangiare in tre step: raviolo, cicala di mare e sorso di brodo. Divertente e incisivo. Qualità della cicala quasi inarrivabile.
cicale di mare, ravioli, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
I ravioli nel dettaglio.
ravioli, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
E la cicala.
cicala, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Brodo di grana padano, spaghetti al pepe e patata, scalogno e scorzone.
spaghetti al pepe e patata, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Risotto alla pizzaiola e mozzarella. Niente brodo questa volta ma piatto che non si discosta dall’amore perverso dello chef per i liquidi. Il risotto è cotto con l’acqua di governo della mozzarella. Risultato notevole, con una piacevole nota lattica-acida che accompagna l’incontro di una tapenade di olive con effetto sorpresa sul fondo del piatto.
risotto alla pizzaiola, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Insalata di cozze con zucchini liguri e zafferano. Una delle insalate proposte da Berton per le pause pranzo estive. Molto bene.
insalata di cozze, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Brodo di gallina, seppia cotta e cruda, riso selvatico e caviale Calvisius Oscietra Royal. Passaggio che gioca su un grande impatto platale dato dal caviale e dal geniale brodo di gallina, armonizzato e trasportato dal gioco di consistenze della seppia cotta e cruda e del riso selvatico soffiato. Piatto straordinario.
Brodo di Gallina, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Spalla d’agnello da latte arrosto, porro e aglio nero. Tanto classic quanto impeccabile.
Spalla D'agnello, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Brodo di vitello e verbena, animella di vitello, ciliege, crema di mandorle e lattuga romana. Molto più complesso di quanto ci saremmo immaginati. La crema di mandorla è l’ago della bilancia del piatto, da dosare accuratamente ad ogni boccone. Ancora una volta il brodo omaggia un’animella di cuore cotta in maniera esemplare, donadole un pizzico di leggerezza grazie all’apporto della verbena. Berton non lascia niente, ma proprio niente al caso.
animella, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Il predessert. Gelato all’olio, coulis di lamponi, pane sabbiato.
prendessert, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Brodo di cioccolato, sandwich al latte, kumquat e sesamo nero. Torna il brodo anche in pasticceria. Dissetante e freschissimo. Interessante l’inversione di consistenze canoniche con il latte reso solido e il cioccolato liquido.
dessert, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Piselli e gelato alla mozzarella di bufala. Dolce notevole che vira sui toni acidi e minerali.
 Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Cioccolato menta e liquirizia. Anche la pasticceria da Berton è notevole.
Cioccolato, menta, liquirizia, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Girella di mango, gelato al tè affumicato, crumble ai frutti rossi e tè verde. Grande dessert. Fresco e sofisticato.
girella di mango, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
Insalata di spaghetti al pomodoro, basilico e olive. Finale a sorpresa (riuscita) attinto dal menu insalate.
insalata di spaghetti, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
I vini in abbinamento.
piccola pasticceria, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
vino, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
vino, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
vino, Berton, Chef Andrea Berton, Milano
vino, Berton, Chef Andrea Berton, Milano