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Al Pont de Ferr

“Giovani forchette alla riscossa. In questo spazio di PG, raccogliamo dunque testimonianze, racconti, itinerari e segnalazioni di giovani penne dall’attitudine ‘buongustaia’, che autonomamente hanno trovato affinità con il nostro approccio. Non sarà consentito loro, per ora, di esprimere un voto, ma solo commenti e descrizioni della loro esperienza. Il canale ‘Young Forks’: ai giovani parole e forchette, a voi la lettura”

Novità e certezze

Sui navigli da trent’anni, Al Pont De Ferr è ancora capace di rinnovare, sotto la guida del nuovo chef Luca Natalini – nostra vecchia conoscenza ai tempi di Autem – la propria cucina genuina e raffinata.

 La proposta è semplice, ma tutt’altro che banale: una carta breve prevalentemente di carne che alterna piatti dai gusti rotondi e classici come le cremose lumache alla bourguignonne con spuma di patate all’olio o il piccione cotto nella sua carcassa dal sapore autentico e naturale, a portate dai forti contrasti come l’ottima insalata di anguilla affumicata con aceto di riso. Fiore all’occhiello del menu uno dei signature dish dello chef: la pasta in bianco con vermouth alle prugne, aceto e miele, dove i giochi di acidità esaltano il sapore naturale della pasta. Meno convincenti l’ostrica con tartare di cavallo, dove la carne è poco incisiva, e i dolci non ancora in linea con il menu degustazione.

Ambiente ampio e curato, servizio gentile, ma ancora in rodaggio.

La Galleria Fotografica:

La Milano della moda e delle mode annovera fra i propri tratti salienti, oltre alla ben nota e parodiata ossessione per il lavoro, anche quella che potremmo definire come una vera e propria etica del superfluo, ossia una costante tendenza a trasformare, applicando le categorie di pensiero di ambiti assai più essenziali per l’esistenza, il dettaglio in nucleo, l’apparenza in sostanza. Risulta pertanto difficile pensare ad una collocazione più congeniale della metropoli meneghina per l’operato di Matias Perdomo, uruguaiano con una permanenza ormai di lungo corso entro le frontiere nostrane. Qui sulle rive del Naviglio Grande, in quel Al Pont de Ferr che Maida Mercuri gestisce con passione da ormai oltre un quarto di secolo, Matias ha realizzato quella che è probabilmente la via milanese alla bistronomie. Praticamente una BistronoMi. Cucina a parte, il locale non ha infatti cessato di essere ciò che è sempre stato e che il sito, con puntualità, ricorda all’internauta: una Osteria, non un Ristorante. Una dichiarazione d’intenti insomma, non una fortuita coincidenza d’insegna, e per quanto ciò finisca per coprire di sintomatico mistero il modo in cui il menù degustazione più ampio si possa essere inerpicato fino ai venti euro oltre la tripla cifra, è bene tenere questo aspetto ben presente. Ad ogni modo non mancano le alternative, con ben quattro menù guidati, prezzati fra i 60 e i 70 euro, ed una scelta alla carta non più vasta come in passato ma saggiamente ridotta ad una dozzina di alternative fra piatti nuovi e classici, tutti debitamente millesimati, per cui un’esperienza gastronomica al Pont de Ferr può per molti ancora superare la permanenza in wishlist.
La stile culinario di Perdomo punta molto sull’effetto visuale dei piatti, talvolta in direzione puramente estetizzante e in altri casi, come nel Mosaico di ricciola cruda, quadretti di foie-gras, pompelmo, arance e noci macadamia, in senso ostentatamente ludico, tanto da far affiorare il pensiero che il senso del grottesco e della parodia non sia affatto estraneo alla weltanschauung gastronomica dello chef. Che alla base di alcune creazioni ci sia solo umorismo oppure vero e proprio sarcasmo però non conta poi molto, perché sarebbe riduttivo in ogni caso tentare una lettura della cucina di Perdomo utilizzando solo la chiave più evidente ed esibita, probabilmente non lontana nell’idea dell’”oggetto commestibile” che traspare nella cucina di Davide Scabin. Sono invece dettagli come la cottura formidabile del pestifero astice, un’emulsione di chorizo in cui la nota lattica amplifica con somma misura un altrimenti ordinario polpo e patate o un’efficace incursione nel mondo dei dim sum a dare la misura di quale sia il valore effettivo di Matias, valore in realtà assoluto e del tutto slegato dai limiti che una cucina ancora legata a schiume, spugne e germogli, nel 2013 evidentemente accetta, in chiave storica, come fardello. E il bello è che questo disordine cosmopolita, spesso apparentemente incerto se ricercare l’equilibrio o lo slancio, finisce alla lunga per risultare più affascinante che noioso.

Stuzzichini iniziali, spunti per gli altrettanti menù tematici.
stuzzichini, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Panzanella di astice. Qui l’elemento nobile, ulteriormente impreziosito da una cottura eccellente, più che protagonista è il sostegno per un’interpretazione schiettamente mediterranea fra cipolla, pomodoro e capperi.
panzanella di astice, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Polpo, patate e chorizo.
polpo patate e chorizo, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Pasta e vongole. Splendida la consistenza della pasta, ma è da segnalare un’eccessiva nota di olio bruciato che rovina l’effetto di quello contenuto nell’emulsione che funge da ripieno.
pasta e vongole, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Ka…ciucco: il finto pomodoro contiene i pesci deliscati (sulla cui consistenza, un po’ interlocutoria, si potrebbe forse lavorare meglio), e viene collocato su una salsa di caciucco di sapidità estremamente pronunciata.
cacciucco, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Black Cod Red Passion. Incubo di ogni fotografo, con il piatto abbagliante, è in realtà una riuscita lettura del pregiato pesce con miso e rapa rossa.
Black Cod, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Mosaico di ricciola cruda, quadretti di foie-gras, pompelmo, arance, noci macadamia. Pompelmo e foie probabilmente hanno visto abbinamenti più centrati, ma il piatto è divertente.
mosaico di ricciola cruda, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Cipolla soffiata, caprino, terra di sesamo, signature dish di Matias Perdomo.
cipolla soffiata, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Al termine del menù dedicato all’acqua (arricchito dai precedenti due piatti) ecco una rivisitazione del tiramisù a tema marino.
tiramisù a tema marino, Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano
Contorte riflessioni postprandiali.
Al Pont De Ferr, Chef Matias Perdomo, Milano

C’è confusione sui navigli. Una zona urbana in cui, tra bar e pub che sfoderano happy hour a cinque euro, paninari ed etnici “all you can eat”, l’eccellenza gastronomica non è proprio di casa.
A fare giustizia nella movida notturna, regalando a Milano e alla fazione cittadina dei gourmet una valida alternativa al nulla, c’ha pensato la vena imprenditoriale e vincente della signora Maida Mercuri, proprietaria e oste dell’ormai celebre Pont de Ferr, al tempo talent scout di quel bravo e simpatico chef uruguagio che è Matias Perdomo, l’anima creativa di questo nuovo progetto.
Il loro Rebelot (che in dialetto lombardo è sinonimo di “confusione”) è un locale che punta a reinventare, in chiave evolutiva, l’ormai approssimativo aperitivo milanese (che spesso si protrae fino alla cena), missione questa che, a poco più di un mese dall’apertura, sembra già vinta col pienone che si registra ogni sera.
Gli ingredienti vincenti sono ormai quelli più ricorrenti nella nuova ondata di locali cittadini: grandi numeri, location strategiche e costi contenuti. Il tutto all’insegna della qualità, elemento che, per sbaragliare la concorrenza, in quest’epoca di crisi è la base imprescindibile per il successo.
Ma in questo caso c’è di più. Sono infatti pochissimi i potenziali competitors di questa nuova insegna che fonde la cultura gastronomica spagnola con l’informalità tipica del bistrot.
Il Rebelot è, infatti, un autentico tapas-bar, probabilmente l’unico degno di nota e non soltanto nel panorama cittadino. Un locale decisamente vivace, economico e, appunto, chiassoso ma, allo stesso tempo curato nei dettagli, a cominciare dalla prolifica proposta gastronomica di sorprendente qualità.
A districarsi dietro i fornelli c’è Mauricio Zillo, trentaduenne brasiliano che, fino a poco tempo fa, era tra le prime linee della cucina dell’adiacente Pont de Ferr. Zillo, che porta con sé un notevole curriculum internazionale nel quale si registrano esperienze in Sudamerica al DOM di Alex Atala e in quel di Sant Celoni dal compianto Santi Santamaria, ha una mano notevole e le sue tapas mostrano un’ampia conoscenza di diverse culture gastronomiche pur avendo, a tratti, una personalità incerta a causa dei diversi rimandi a stili già visti (è probabilmente anche l’unico difetto di Perdomo).
Piccoli assaggi dal gusto tradizionalmente iberico rivisti in chiave moderna con intelligenti innesti di ingredienti e sapori tipicamente italiani e qualche influenza della cucina classica francese. Una cucina dall’identità internazionale che, ove fosse confezionata in maniera più opulenta e curata, sarebbe a tutti gli effetti molto simile a quella proposta da Perdomo.
Ad arricchire la già allettante offerta c’è anche il bellissimo cocktail bar, con una proposta che snobba i soliti miscelati e propone cocktails ripensati da un esperto barman (Oscar Quagliarini), per un’alternativa differente e nuova che sta prendendo sempre più piede anche in ambito gourmet.
Un paio di avvertimenti ci paiono doverosi: occhio a non esagerare con le ordinazioni anche se è un tapas bar. Si rischia, infatti, di vedersi arrivare un conto abbastanza impegnativo. La scelta migliore per evitare spiacevoli sorprese e per farsi un’idea complessiva di come si mangia è quella di puntare sui menù da quattro a sei portate, appositamente studiate per contenere il costo dell’esperienza, una serie di tapas selezionate dallo chef (cambiano frequentemente) e con le quali si può restare in una fascia prezzo che non supera i 30 euro. Inoltre attenzione ai momenti di pienone del locale, in cui (e l’abbiamo riscontrato in una ulteriore visita) la qualità non potrebbe essere la medesima, il servizio potrebbe andare in affanno e le cotture e i piatti potrebbero subire imprecisioni ulteriori.


A regola d’arte il gazpacho.

Leggermente troppo sapido il merluzzo con pata negra.

Eccellente invece il Calamaro con la sua tinta, crema di mandorle e cedro, piatto semplice, capace di toccare le corde gustativo-emotive di tutti.

Buono il Tonnetto dell’Adriatico con zucchine trombetta, olive taggiasche e ricotta di pecora.

Ancora un assaggio di mare: Polpo grigliato con manioca fritta,

Per poi approdare in Spagna con un grandissimo piatto (sebbene soltanto d’assemblaggio): Tartare di vitello con anguilla affumicata, con l’insieme gustativo che rievoca il gusto tipico dello chorizo spagnolo. Abbinamento terra-mare riuscitissimo.

Poi c’è un intermezzo un po’ avulso dal contesto, ma anch’esso di riuscitissima fattura: la Scaloppina di foie gras, ciliegie, polvere di alga nori e cioccolato amaro in cui il classico abbinamento francese foie/frutta estiva viene sdoganato con l’utilizzo dell’alga.

Gustativamente parlando, si colloca tra Italia e Spagna la guancia di Maiale con peperone e salsa al pomodoro e peperone, il piatto più rustico e dal gusto più tradizionale della serata.

Si rimane in Spagna con la costoletta di agnello dei Pirenei con una salsa bbq fatta in casa e sentore di cannella. Altro piccolo pezzo di bravura.

Interessante, infine il Controfiletto di vitello arrosto con taccole e salsa allo chorizo.

Dolci freschi e prevalentemente a base di frutta di stagione: Albicocche glassate, mandorla e rosmarino.

Panna cotta alla liquirizia e ciliegie.

Pesca caramellata, panna e basilico.

e, a chiudere, Albicocca, rucola e yogurt.

La nostra bottiglia di accompagnamento (siamo tradizionalisti, non riusciamo proprio a pasteggiare con i cocktail).

Tavolo al bancone.

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Matias Perdomo, uruguagio di passaporto, nato a Buenos Aires e folgorato sulla via di Girona. Dai Roca l’esperienza che lui ritiene più significativa, e la cui traccia nei suoi piatti si ritrova costantemente, contaminata da una verve da giramondo che a volte trova il centro, forse quando si arrischia meno, e a volte no. Matias Perdomo è il nuovo fronte della neobistronomia milanese, in quel Pont de Ferr, posizionato nella movida navigliesca, sempre aperto e mai stanco, mai sazio, mai vinto.

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