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Colletto Agribio Relais

Agri+Bio+Relais

In via di Colletto, nel cuore della bergamasca, non lontano dal Lago d’Iseo, una casa padronale costruita tra filari di viti terrazzate con dieci ettari tra bosco, oliveto e vigneto curati secondo le regole della conduzione biologica. C’è, alla base, un concetto davvero ben pensato ed eseguito di un agriturismo in versione relais.

La struttura è decisamente d’impatto, sia per la cura degli interni che per la bellissima vista, con un ampio dehors a disposizione per la primavera e l’estate. Partiti pochi mesi prima del COVID, hanno deciso di investire su un giovane talentuoso cuoco, Angelo Bonfitto, che è arrivato dall’inizio dell’anno. L’incipit con Filippo Cammarata da Cece e Simo, poi in stage da Romito e Crippa, tre anni da AGA e Osteria della Brughiera e altri tre anni da Camanini forgiano una cucina che ci ha davvero colpito per freschezza, originalità, profondità di gusto e gestione raffinata delle acidità e della aromaticità.

Agri-fine-dining

A modo nostro” è il titolo del menù degustazione che consigliamo, rispetto alla carta, per entrare nel mondo dello Chef, alla scoperta di nuovi gusti e di materie prime di qualità che arrivano da piccoli produttori locali. Il trittico di partenza gioca con la semplicità e il gusto di un brodo di gallina con liquirizia, un sedano rapa con anice e una cialda di finocchietto, sesamo e crauti, tutti centrati e perfettamente contestualizzati. L’apporto di freschezza delle componenti vegetali continua nella tartare di salmerino con barbabietola e sedano acido, molto equilibrato e gustoso. I due primi sono entrambi interessanti: i ravioli ripieni di luccioperca sono spinti da una ottima salsa al lievito di birra e il risotto con Grana, senape all’antica, olio alla salvia e cardamomo ha una grande intensità olfattiva e palatale .

C’è un uso molto intrigante di oli aromatizzati, abbiamo citato il risotto, ma anche il dessert è decisamente originale per l’integrazione di un olio all’alloro in una cagliata di latte, lemon curd e arachidi sabbiate. Piatto assolutamente da fondo scala è rognone, animella, fondo di vitello all’arancia, ravanello fermentato, olio all’aglio orsino e crema di topinambur: una combinazione davvero esplosiva per l’effetto sinergico di tutti gli elementi, per un risultato di grandissimo gusto e intensità, tanto che se ne vorrebbe ancora e ancora.

Il livello complessivo è già alto e, se consideriamo che è una brigata che deve fare i conti con numeri elevati dei coperti, soprattutto nel week-end, e che la partenza è di pochi mesi, ci sono tutte le prospettive per puntare sempre più in alto. La proprietaria è giovane, aiutata dal compagno, e gestisce con i collaboratori la sala trasferendo un caloroso e spontaneo senso di accoglienza, anche col pienone. Un posto che, in definitiva, ci sentiamo assolutamente di consigliare, per una cucina che parte dall’agriturismo per andare decisamente verso il fine-dining: davvero una bella sorpresa!

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L’agriturismo fuori dal mondo

Una delle più alte forme di appagamento risiede nello scovare posticini deliziosi ancora pressoché inesplorati; uno di questi è Il Filo di Paglia, l’agriturismo dal vago sentore hippie immerso nel verde dell’Alta Val di Vara. A ridosso del Parco Nazionale delle Cinque Terre, il rifugio della Famiglia Azaghi è un luogo a dir poco particolare, che fa della naturalità un caposaldo rispettato a tutto tondo.

Dopo aver scelto di abbandonare l’insostenibile ritmo della vita moderna, Marco e Francesca hanno insediato qui la loro oasi, per riconnettersi alla natura e trasmettere valori autentici ai loro figli. Intento perseguito in primis attraverso l’ideazione di una struttura fatta interamente di paglia, legno e argilla, talmente avviluppata dal bosco circostante che, durante il tragitto, il dubbio di essersi persi risulta consistente. Qui Marco, con alle spalle un’esperienza trentennale nelle cucine di locali storici come Il Polpo Mario di Sestri Levante, ha scoperto l’amore per l’allevamento delle vacche di razza Cabannina. Queste, lasciate libere di vivere allo stato brado nei cinque ettari di proprietà, forniscono un latte eccellente con cui vengono prodotti i formaggi “Liberi” a latte crudo e una carne particolarmente tenace e saporita.

Tutelati entrambi dal Presidio Slow Food, questi ingredienti unici finiscono dritti sulle tavole del “ristorante stallato” assieme alla pasta fresca fatta a mano, alle verdure dell’orto e ai vini naturali selezionati da Sergio, il secondogenito della coppia. Una carta che merita una menzione speciale, perché ogni produttore è introdotto con qualche riga di presentazione, rendendo così la scelta del vino meno impersonale e alla portata di tutti. Così come è calda l’accoglienza di Francesca, in grado di mettere chiunque a proprio agio; che si tratti di un ospite di vecchia data o appena conosciuto, la sensazione è quella di essere accolti in famiglia.

Vecchie ricette e nuovi sapori

Una volta preso posto nella veranda affacciata sul bosco o nella sala dal sapore antico, Sergio illustra il menù stilato di giorno in giorno con il meglio che la sua terra ha da offrire. Impossibile rinunciare all’antipasto gourmet che racchiude un’ampia panoramica delle meraviglie del territorio: preboggion, frittella di borragine e salvia, farinata alle cipolle, tartare al naturale e “old style dry aged smoked beef”. E ancora carpaccio di manzo con crema di Sarazzu, patate con fonduta di Cremosi Cabannini e Musciamme… di manzo. Una vera sorpresa la rielaborazione messa a punto da Marco della tradizionale ricetta ligure, normalmente a base di pesce. Incredibilmente saporita anche la tartare in versione affumicata, che rincontriamo poco dopo sotto forma di tagliata.

Sgavazziamo dunque tra i primi, passando dai Maltagliati alla carbonara di Asparagi d’Albenga coltivati in loco, fino all’antica ricetta dei Trocchioli al ragù bianco; entrambi un po’ indietro di sale. Un golosissimo Cappon Magro di manzo propone ancora una volta la tradizione sotto una luce diversa; non del tutto soddisfacente, invece, il Vitel Brulé con cipolle glassate, dove la magrezza di questo tipo di carne è messa troppo in evidenza. Étoile della serata è la Tagliata di old style dry aged smoked beef, dove l’affumicatura fatta ad arte e la morbida sfumatura del Whisky creano un aroma intenso e dalla persistenza pressoché infinita.

Se, dunque, qualcosa ancora si può migliorare, è anche vero che la qualità delle materie prime e l’accoglienza riservata da questa splendida famiglia fuori dal mondo fanno di questo agriturismo una meta da non perdere qualora ci si aggiri da queste parti.

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Il Tiglio è rinato dalle sue ceneri

Si autodefinisce “cuoco di montagna” e ne ha ben donde, Enrico Mazzaroni. Abbarbicato su pendii scoscesi alle falde del Monte Sibilla, dopo una parentesi di un paio di anni in quel di Porto Recanati, dall’estate 2019 il ristorante ha ripreso a respirare a pieni polmoni aria di casa. Un ritorno a Isola di San Biagio (piccola frazione dell’altrettanto piccolo borgo di Montemonaco) tanto atteso, tanto agognato e forse arrivato nel momento migliore, quando il dolore causato dagli eventi sismici del 2016, lungi dall’essere dimenticato, è stato metabolizzato e stigmatizzato iniettando nelle vene dello chef nuova linfa creativa.

Una transumanza (così è, tra l’altro, chiamato il menù degustazione) dal mare ai monti che porta con sé la consapevolezza che ogni esperienza, anche se nata da eventi sciagurati, può essere foriera di novità e miglioramenti prima di allora neanche lontanamente immaginati.

Il “cuoco di montagna” sempre più “di mare”

Ecco, quindi, che la cucina del nostro “cuoco di montagna“, comunque baricentrata sulla cacciagione, viene arricchita da un uso più frequente rispetto al passato di prodotti ittici; commistioni terra-mare che, rispetto al biennio rivierasco, sono parse più bilanciate e caratterizzate da un’encomiabile distinguibilità dei sapori di tutte le componenti del piatto, ciò che è senza dubbio alcuno evidente riflesso di una ritrovata tranquillità e serenità tra le radure che lo hanno fatto crescere come uomo e come professionista, commistioni particolarmente apprezzate nelle seppie, foie gras e castagne e nel latte fermentato, rognone marinato nella brace, canestrelli e crema del loro corallo.

Nel menù degustazione, che si presenta variegato e mai monocorde, non mancano omaggi a ingredienti tanto cari allo chef, nella specie le cervella di agnello e l’ostrica. Il primo ingrediente, già utilizzato negli anni scorsi in un tanto azzardato quanto apprezzato dessert, viene accostato al tonno per creare un’inusuale sushi marchigiano; il mollusco bivalvo, invece, viene inserito all’interno di un saccottino di pasta friabile che dona al boccone quella croccantezza che, in uno con la freschezza dell’ostrica, sprigiona con veemenza l’energia iodata del mare.

Due chicche del percorso degustativo meritano una menzione particolare ossia burro nocciola, foie gras, limone e caviale e fondo di tordo e cioccolato amaro, cialda fatta con interiora del tordo e frutti rossi, nati come intermezzi defatiganti tra le varie fasi del menù ma caratterizzati da quella nettezza e incisività di gusto che rappresentano la cifra stilistica dello chef.

Infine, non si può parlare compiutamente de Il Tiglio se non si spendono parole di elogio anche per Gianluigi Silvestri, partner in crime in sala di Enrico. Coadiuvato da un giovane e altamente professionale Nicola Coccia, si muove con il savoir-faire tipico di chi conosce perfettamente tutti i segreti del suo lavoro, capace di adattare il proprio atteggiamento agli umori di ciascun tavolo. Perfetto anfitrione.

Il Tiglio si piega ma non si spezza e, anche questa volta come l’Araba Fenice, è rinato dalle sue macerie in un modo tanto convincente che gli appassionati gourmet non potranno che rallegrarsene.

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Un buon agriturismo nell’imperiese

Nel cuore della terra del Rossese, a 3 km dal meraviglioso borgo medievale di Apricale, si trova la piccola località di Isolabona nella quale, fra uliveti e boschi, sorge l’Agriturismo La Molinella.
A gestirlo, con professionalità e competenza, è la famiglia Moro che, alla proposta culinaria, affianca a chi lo desideri la possibilità di soggiornare in una delle 4 camere a disposizione. Oltre alla sala, dove si gode di un’atmosfera calda e accogliente, nella bella stagione si può mangiare sotto un bel porticato immerso nel verde della natura.

La cucina è quella tipica dell’entroterra ligure: contadina, semplice negli ingredienti ma non necessariamente nelle preparazioni, spesso alquanto elaborate tanto che con l’agriturismo come siamo abituati a intenderlo – ottimo rapporto quantità/prezzo e qualità da rivedere –  La Molinella ha poco o nulla a che spartire. Le materie prime, di ottima qualità, sono di produzione propria mentre la cucina, tradizionale, non risulta affatto impegnativa bensì curata e alleggerita.

L’esaltazione della tradizione

Oltre alla sala interna, nella quale si gode di un’atmosfera calda e accogliente, nella bella stagione si può mangiare sotto un bel porticato, immerso nel verde della natura.

Del menu fisso abbiamo apprezzato, in particolar modo, le ricette tradizionali come il brandacujùn, ovvero lo stoccafisso mantecato in olio extravergine d’oliva con le patate, i previ o preti, ovvero gli involtini di cavolo verza ripieni e in umido, e lo stoccafisso alla ligure

Molto caratteristico l’utilizzo, nella buona pasta fatta in casa, del Rossese, che gioca il ruolo da protagonista nella carta dei vini.

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La rivoluzione gourmet di rifugi e agriturismi dolomitici di alta quota non è un fenomeno recentissimo: sono molti ormai i luoghi in cui fare una sosta di alto livello, tra una sciata e l’altra o nel bel mezzo di una lunga camminata estiva.
Val Badia in primis, dove il livello medio è molto alto, ma anche Val di Fassa, Val Gardena e via scorrendo.

La conca Ampezzana ha sempre rappresentato un caso a sé: la forte allure mediatica e il sicuro pieno turistico dei decenni scorsi non ha mai invogliato particolarmente a investire con convinzione sulla qualità del cibo. Non parliamo solo ovviamente di ristoranti (e a Cortina non manca qualche indirizzo di qualità) ma in generale di una attenzione diffusa sull’argomento cibo.
Qualcosa è cambiato e sta cambiando anche a Cortina, ci si sta virtuosamente rendendo conto che il buon cibo può essere un volano ideale per il turismo e che, al giorno d’oggi, il turista non si accontenta più della storia e del panorama (e su questo, a nostro avviso, Cortina è senza rivali), ma cerca servizi, hotel curati e, certamente, buon cibo.

Alla ventata di freschezza generale sta contribuendo in maniera significativa Riccardo Gaspari, con il suo “El Brite di Larieto”.
Un vero e proprio Agriturismo a 1664 metri di altezza, dove il kilometro zero in cucina diventa una ovvia conseguenza più che uno slogan.
Una stalla (a fianco del ristorante), tanti animali liberi (ricordatevi di chiudere il cancello quando arrivate con l’auto!) e un caseificio in cui sfruttare l’ingrediente principe di questo luogo: il latte.
E in effetti i piatti migliori di Riccardo ci sono sembrati proprio quelli che vedevano il latte o il formaggio come ingrediente centrale.
A pranzo una proposta semplice, adatta appunto a chi decide di fare una breve sosta di qualità.

A cena la carta si allarga, lasciando spazio a piatti moderatamente creativi, sempre rassicuranti nel gusto. La folgorazione avvenuta anni fa sulla via Stella di Modena (e la frequentazione da allievo di quella cucina) si vede e avverte in molti passaggi, in primis nella scelta lungimirante di rivedere in chiave critica i grandi classici della cucina locale, alleggerendoli e migliorandoli tecnicamente.
Non manca nemmeno un evidente omaggio al “Maestro” Bottura, come il “Panino al formaggio”, un viaggio nelle diverse consistenze del formaggio, con il prodotto autoctono sostituto del parmigiano reggiano.

Una cena convincente: sapori semplici, ben definiti, di cui godere in un ambiente molto bello e curato (a cui, pare, abbia contribuito in maniera determinante la moglie dello chef), con attenzioni da ristorante importante (cestino del pane e burro da urlo, appetizer, pre-dessert…).
Carta dei vini in divenire ma già apprezzabile, molto valida la proposta di birre artigianali.
Inutile dirvelo: sosta più che consigliata.

Il pane e il burro (il burro montato è uno dei migliori mai assaggiati).

pane, burro, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno
Appetizer.
appetizer, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno

Panino al formaggio: diversi modi di interpretare il formaggio del nostro Caseificio.
Crema di formaggio latteria fresco (6/7 mesi), tortino di ricotta e latteria invecchiato (18 mesi circa), piccolo panino al formaggio con il latteria invecchiato, mousse di formaggio, cialdina di puccia (pane tipico con farina di segale e semi di cumino), completato dal mosto cotto e la mostarda di pere fatta in casa.

panino, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno

Panada.
Crema di pane nero servita con uovo cotto a bassa temperatura e cicoria croccante.

panada, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno

Gnocchi Soreghina.
Gnocchi di patate ripieni di formaggio con spuma di stravecchio.
Davvero fantastica la consistenza di questi gnocchi: perfetti.

gnocchi, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno

Costola di bue brasata servita con purè di patate.

costola di bue, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno
Predessert.
predessert, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno

Strudel con panna.
Strudel ben fatto ma è la panna che vi resterà in mente, gusto incredibile.

strudel, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno

Macedonia di frutta con gelato al pino mugo.

macedonia,El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno
La Bionda Trentina: una Hell prodotta a Trento.
birra, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno
sala, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno
sala, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo, Belluno