Per raccontare quanto la famiglia Alciati sia stata, ed è tuttora, un pilastro portante dell’alta cucina langarola ci vorrebbero anni.
Una storia che affonda le radici in questo luogo magico. E che continua a perpetrare una tradizione fatta di grandissima ed accurata selezione di ingredienti, composta da una fila enciclopedica di piatti e di preparazioni, classiche, da far invidia alla Francia intera.
Da Guido è una istituzione e i figli Piero (in sala) e Ugo (in cucina) continuano a portare avanti questa tradizione con grande competenza, senso del gusto e attenzione. Ospitati e accolti nella splendida Villa Reale della tenuta Fontanafredda, luogo di rara magia e fascino discreto.
E anche in quest’occasione, momento in cui un manipolo di amici si ritrova per approfondire l’annata tartufesca 2016, si sono dimostrati ai vertici della cucina classica italiana. Con piccoli tocchi di attualità, usando tecniche moderne, alleggerendo alcuni passaggi e preparazioni. Facendo ciò che un cuoco dotato di buon senso e di ottima tecnica farebbe. Lasciando cioè il più intatto possibile il sapore e il “profumo” dei grandi classici di questa terra. Ma le ragioni del successo di questa famiglia non affondano solo nella grande capacità tecnica ed intelligenza di entrambi i fratelli. Risiedono anche e sopratutto nella capitalizzazione di una storia che ha visto, da generazioni, l’approfondimento e la conoscenza del territorio e dei suoi massimi esponenti. Che significa, in parole povere, saper dove trovare la carne migliore, la verdura migliore, il tartufo migliore… e così via.
Potrebbero vivere di rendita gli Alciati, ed invece continuano ad apportare piccoli ritocchi, impalpabili cambiamenti, qualche piccolo soffio impercettibile per migliorare costantemente ed attualizzare una cucina così perfetta e precisa che più non si può.
Ne sono un esempio gli antipasti, tutti di una precisione tecnica invidiabile ma al contempo di una leggerezza quasi eterea. Ma tutto il pasto, di fatto, scorre via senza batter ciglio. Senza un filo di grasso in eccesso, senza una imperfezione né stilistica né di cottura, né tanto meno di consistenza.
Impresa tutt’altro che facile, ma impresa certamente vinta, non v’è dubbio alcuno!
La splendida facciata della Villa Reale in Tenuta Fontanafredda.
Il tavolo conviviale.
La splendida Molteni.
La cantina.
Cardo di Nizza, acciughe, pera.
Strepitoso Carpaccio di vitella.
Uovo in camicia, di una qualità e precisione tecnica invidiabili, patate, parmigiano.
Gli agnolotti di Lidia al tovagliolo.
Cosciotto di capretto di Roccaverano al forno.
Con olio e pepe fresco.
Recensione ristorante.
La parola d’ordine in questo ristorante potrebbe essere: armonia; dell’ambiente elegante nelle boiserie e parati dai toni tenui e luminosi del bianco e grigio perla, con tavoli vestiti da lunghe tovaglie stropicciate a terra che creano movimento, un ramo in metallo argentato e pesanti portacandele di vetro ad arricchire l’apparecchiatura; del sottofondo musicale a base di grandi classici da Louis Armstrong a Gershwin, forse più adatti alla cena che al pranzo, comunque capaci di rendere più lieto il tempo trascorso.
Raffinato e sobriamente sabaudo anche il servizio, accurato e cordiale, adeguato al stand di quello che è certamente il miglior ristorante di Torino città.